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24 Ottobre 2017

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Facile.it: sono oltre 20.000 gli italiani senza più punti sulla patente

Era il 1 luglio 2003 e in Italia veniva introdotta una modifica sostanziale al codice della strada; la patente a punti. Si parte da un credito di 20 e ogni infrazione provoca una riduzione di quel tesoretto che però, in caso di buona condotta, ogni 2 anni (1 per i primi tre anni di patente) viene accresciuto fino a raggiungere un massimo di 30. Quanti sono, però, gli automobilisti italiani che non sono stati in grado di amministrare correttamente quel gruzzolo e oggi sono arrivati a 0? Secondo un’analisi di Facile.it, veramente tanti; più di 20.000.

8 le regioni sopra la media nazionale

Il portale specializzato nel confronto di polizze assicurative ha rielaborato dati ufficiali del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti risalenti a maggio 2017, evidenziando come siano ben 8 le regioni con percentuali di patentati a 0 punti superiori alla media nazionale (0,053).

Mettendo in rapporto il numero totale dei residenti abilitati alla guida con quelli che hanno esaurito i loro 20 punti, la regione che si trova al primo posto in classifica è il Friuli Venezia Giulia (0,070) che precede la Calabria (0,067) e la Campania (0,065). Passando da una lettura percentuale a una in termini assoluti, è invece la Lombardia ad avere il maggior numero di patentati a 0 punti; in regione sono ben 3.991, quasi 1.800 in più di quelli della Campania (seconda con 2.195) e più del doppio di quelli del Piemonte (terzo con 1.793 automobilisti che non hanno più alcun punto sulla patente).

Se si guarda ai dati in ottica provinciale, in termini assoluti Napoli è l’area con il maggior numero di automobilisti a 0 punti (1.560) davanti a Milano (1.355) e Roma (1.347), mentre in rapporto al numero dei patentati il primato spetta a Vibo Valentia (0,112) che precede Brescia (0,104) e Reggio Calabria (0.098).

Le differenze di genere

L’analisi di Facile.it ha considerato anche le differenze che, in termini di punti sulla patente, si riscontrano fra uomini e donne; se hanno finito il proprio credito punti lo 0,083% degli automobilisti di sesso maschile, la percentuale crolla allo 0,010% fra le donne; hanno invece raggiunto il massimo credito disponibile, 30 punti, il 47,94% degli uomini ed il 57,80% delle donne al volante.

Quanto incidono i punti della patente sul premio RC auto

Nel nostro Paese vige il sistema del cosiddetto Bonus Malus e, quindi, il comportamento dell’automobilista e la sua “storia” assicurativa in termini di incidenti incidono in maniera notevole sul calcolo del premio RC.

Dai dati dell’Osservatorio Assicurazioni auto di Facile.it (https://www.facile.it/assicurazioni/osservatorio/rc-auto-italia.html) si vede come l’incidentalità registrata nelle diverse regioni sia in stretta relazione con quanto pagano gli automobilisti per circolare. La perdita di punti e, ancora più grave, la sospensione della patente, indicano comportamenti alla guida più pericolosi che possono anche portare a incidenti, con impatti sul premio di assicurazione pagato.

«Cambiare classe di merito», spiega Mauro Giacobbe, Amministratore Delegato del portale di comparazione, «comporta un aggravio di costo che può essere pari anche ad oltre il 15% del premio precedente. Se consideriamo poi il caso di un automobilista cui negli ultimi 5 anni è stata ritirata la patente o che ha meno di 20 punti su di essa, alcune compagnie applicano maggiorazioni davvero importanti e il best price disponibile aumenta di oltre il 10%; per un automobilista quarantenne in terza classe di merito che guida a Milano un’utilitaria di cilindrata 1.2, passa da 239,43 euro a 264,00 euro»

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Facile.it: on air il nuovo spot

Facile.it (https://www.facile.it), il portale leader in Italia nel confronto delle tariffe di assicurazioni, prestiti, mutui, ADSL, gas, luce e conti correnti, lancia il nuovo spot televisivo intitolato Vuoi dire qualcosa anche a me?! e on air dal 22 ottobre 2017.

Protagonista della campagna, firmata ancora una volta dall’agenzia Nadler Larimer & Martinelli con la produzione di The Bigmama, è un giovane latin lover che, all’uscita di un locale, si avvicina con aria ammiccante a un’avvenente ragazza. L’obiettivo è chiaro, conquistarla, e con un «Ciao cara, come stai?» cerca di rompere il ghiaccio. Ma la missione del nostro Dongiovanni si complica immediatamente, complice l’insorgere di un grosso – e muscolosissimo – ostacolo.

È il fidanzato della ragazza che si affianca ai due e, con aria tutt’altro che amichevole chiede al ragazzo: «C’è qualcosa che vuoi dire anche a me?!»Lo sventurato, che certo non eccelle in doti seduttive, dimostra però grande ingegno e, per evitare problemi di sorta con il colosso, risponde prontamente «Sì, ho risparmiato sulla polizza auto. E ora scappo. Al mare»

A risolvere la situazione sarà, come negli episodi precedenti l’ormai famosissima formula magica, diventata vero e proprio cultFacile.it! Facile.it!! Facile.it!!!”… e per scoprire la fine bisognerà guardare lo spot!

La pianificazione partirà con un primo flight da 30’’ e vedrà coinvolte le principali reti televisive nazionali. La campagna sarà in programmazione su Mediaset, Sky e Discovery e sui principali canali web a cominciare da YouTube.

Girato a settembre 2017, lo spot porta la firma del regista venezuelano Angel Gracia e vede nel ruolo di produttore esecutivo Lorenzo Borsetti. Dario Primache è responsabile della direzione creativa, Cesare Danese direttore della fotografia, Roberta Costa art director e a Doriano Zurlo copywriter.

Confermata la colonna sonora usata negli ultimi spot dell’azienda, la canzone “You Sexy Thing” degli Hot Chocolate.

Link spot:  https://www.facile.it/spot-tv.html

 

Scheda tecnica:

Titolo: Vuoi dire qualcosa anche a me?!
Agenzia: Nadler Larimer & Martinelli
Regista: Angel Gracia
DOP: Cesare Danese
CDP: The Bigmama
Executive Producer: Lorenzo Borsetti
Post Produzione video: Videozone
Post Produzione audio: Top Digital
Direttore Creativo: Dario Primache
Art: Roberta Costa
Copywriter: Doriano Zurlo

 

 

 

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La SEO è ancora importante oggi?

Periodicamente, si ripresenta il dibattito se la SEO “sia morta oppure no”. Alla base di tale constatazione vi è il fatto che i motori di ricerca (ci si riferisce soprattutto a Google) diventano sempre più intelligenti e dunque in grado di interpretare ricerche e bisogni degli utenti, restituendo i risultati più appropriati.

Dunque gli “abracadabra” sulle parole chiave, ottimizzazione codice e altre attività alla base della search engine optimization non servono più. In realtà chi è abituato a lavorare con i motori di ricreca sa bene che non è proprio così. Se da un lato è vero che Google è diventato più raffinato, dall’altro non lo è poi così tanto (per quanto sia evoluta la tecnologia, questa, almeno ancora, non è paragonabile all’interpretazione umana).

Ancora oggi bisogna conoscere i motori di ricerca e come funzionano, se si vogliono offrire siti con maggiori opportunità di posizionarsi in modo eccellente. La visibilità passa ancora per le tecniche e le best practices a livello SEO. Queste naturalmente evolvono e oggi la qualità dei contenuti che si offrono ha un peso certamente più rilevante rispetto a qualche anno fa.

Ma evolvono anche i motori di ricerca. Esiste un mondo al di fuori di Google e il fatto che ad oggi tale mondo sia inifluente (quote di mercato alla mano), non significa che lo sarà per sempre. Quindi se si dispone di un sito web e si vuole fare di internet il proprio terreno di marketing, ancora oggi una consulenza SEO è il punto di partenza.

Ovviamente è impossibile fare previsioni di lungo periodo. Il mondo 3.0 evolve a una velocità impressionanate e imprevedibile. Allo stato attuale però, quello che si può affermare è che fin quando esisteranno i motori di ricerca, sarà necessario anche ottimizzare i contenuti per quest’ultimi. La SEO allora non è morta ed è ancora importante, a patto che si adatta e segua le evoluzioni tecnologiche.

 

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«End Polio Now»

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  • 24 Ottobre 2017

Manca pochissimo all’eradicazione della polio, una malattia altamente contagiosa che colpisce soprattutto i bambini di età inferiore ai 5 anni, ma per arrivare al traguardo finale è necessario continuare a combattere. Per questo, Rotary Italia aderisce alla Giornata Mondiale della Polio che da oltre dieci anni si festeggia martedì 24 ottobre, per volere di Rotary International.

 

Una data scelta poiché commemora la nascita di Jonas Salk, inventore del vaccino contro la poliomielite, e durante la quale, con eventi in tutto il mondo, si ricordano i grandi traguardi raggiunti grazie alla collaborazione e al sostegno di tantissime persone. Per la polio, infatti, non esiste una cura, ma è prevenibile con un vaccino. E di passi avanti ne sono stati fatti tanti grazie all’impegno della Global Polio Eradication Iniziative, fondata nel 1985, e composta da Rotary International, OMS Organizzazione Mondiale della Sanità, CDC Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie, UNICEF Fondo per i bambini delle Nazioni Unite e Bill & Melinda Gates Foundation.

 

In particolare, dal 1988 a oggi sono stati ridotti del 99% i casi di contagio e sono stati immunizzati contro la polio oltre 2,5 miliardi di bambini in 122 Paesi. Nel settembre 2017, Rotary International ha peraltro approvato ulteriori contributi per un totale di 49,5 milioni di dollari per sostenere gli sforzi di eradicazione della polio in Africa e Medio Oriente. Tra i risultati più significativi raggiunti, quello della Nigeria che a luglio scorso ha celebrato il primo anniversario di assenza di nuovi casi di poliovirus selvaggio mentre ad agosto, nell’intero continente africano, non sono stati registrati nuovi casi. Oggi solo 3 paesi al mondo restano endemici.

Progressi straordinari che anche quest’anno Rotary celebrerà realizzando eventi speciali durante tutta la giornata con l’obiettivo di accrescere la consapevolezza del pubblico circa l’importanza dell’impegno nell’eradicazione di questa terribile malattia. E anche l’Italia, con Milano, farà la sua parte: martedì 24 ottobre a partire dalle ore 21, su Palazzo Pirelli risplenderà il logo «END POLIO NOW», testimonianza di un impegno deciso e convinto nella lotta contro la polio. L’iniziativa è cura del Rotary Club Aquileia.

 

Per info:

https://www.endpolio.org/world-polio-day

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ll perfetto Isolamento, la tenda a rullo.

Le tende a rullo rappresentano una situazione decisamente molto pratica e perfetta per ogni tipologia di finestra. Le installazioni, infatti, possono essere molteplici come, del resto, i tessuti. Tutto, dunque, dipende dalle specifiche esigenze sia relative all’oscuramento che all’isolamento termico. Una cosa è certa: chi è alla ricerca di tende funzionali e confortevoli non può che scegliere le tende a rullo. Il funzionamento delle tende a rullo è semplice come, del resto, lo è l’installazione. Ma vediamo discendere più nel dettaglio e di capire quali sono le caratteristiche di questa tipologia di tenda.

Tenda a rullo: le caratteristiche

Come detto in precedenza, la tenda a rullo è la soluzione ideale per ogni genere di esigenza. Sia che si abbia a che fare con un appartamento che con un ufficio, infatti, questa tenda ben si adatta al contesto. Un aspetto da non trascurare riguarda, pii, il fatto che installare le tende a rullo è semplicissimo e che esse non richiedo una manutenzione eccessiva. Sotto il profilo tecnico, la tenda a rullo non altro che una striscia di tessuto che viene avvolto sull’apposito rullo. Come è facile intuire, si può procedere con l’installazione sia su un infisso che, volendo, sul soffitto. In alternativa, la tenda a rullo può essere installata anche all’interno di un’anta. Inoltre, bisogna tenere presente che si può optare sia per la versione manuale che per quella motorizzata. Tra i modelli a disposizione ci sono anche quelli dotati delle guide laterali o del cassonetto. Questa ultima alternativa, tra l’altro, evita ogni genere di oscillazione in modo tale da non alterare la condizione del tessuto. Il meccanismo che sta alla base del funzionamento della tenda a rullo è semplicissimo. Oltre a quanto già detto, per poter funzionare sono necessari sia un sistema frenante che uno decelerate in modo tale da proteggere il tessuto. Per fare in modo che la tenda resti sempre tesa, viene montato anche un secondo tubo che ha la funzione di contrappeso.

Isolamento e oscuramento

Le tende a rullo vanno incontro sia alle esigenze i coloro che vogliono un oscuramento pressoché totale ma anche di chi ha intenzione di utilizzare le tende come strumento per l’isolamento termico. Per quanto riguarda questo ultimo aspetto, è interessante tenere conto del fatto che, soprattutto se installate nella parte esterna, offrono la possibilità di risparmiare moltissima energia grazie alla loro funzione isolante. Proprio grazie alle tende a rullo, infatti, si ha la possibilità di gestire sia la luce che il calore. In riferimento ai materiali di realizzazione, le tende a rullo possono essere fatte sia in tessuto naturale che in Pvc o utilizzando altri materiali comunque ignifughi. Appare chiaro, quindi, che chi ha intenzione di acquistare una tenda a rullo può beneficiare del perfetto isolamento, a seconda delle proprie esigenze. Tra le caratteristiche peculiari delle tende a rullo, infatti, c’è proprio la loro versatilità che le rende ideali in ogni genere di ambiente e perfette sia per gli amanti del buio totale che per tutti coloro che non vogliono rinunciare alle tende ma non hanno alcuna intenzione di schermare in maniera eccessiva i raggi del sole.

Installazione sull’anta o sul soffitto

Un’ultima analisi deve essere effettuata in merito all’installazione delle tende a rullo. Come già detto, esse possono essere posizionate sia sul soffitto che sull’anta. Questa seconda ipotesi, però prevede una riflessione approfondita in merito agli spazi. L’ingombro, infatti, potrebbe essere non indifferente e, pertanto, questa soluzione è sconsigliabile nell’eventualità in cui si dovesse fare i conti con ambienti non troppo spaziosi. Nel caso in cui, poi, si avesse la necessità di un oscurare totalmente l’ambiente si potrebbe scegliere l’opzione con il cassonetto. Infine, le tende a rullo, anche se possono coprire ogni genere di finestra, sono comunque leggerissime e, pertanto, possono essere regolate anche manualmente. Insomma, chi ha la necessità di installare una tenda nel proprio appartamento o nel proprio ufficio con le tende a rullo non ha che l’imbarazzo della scelta. L’unica cosa da fare è capire le dimensioni delle finestre sulle quali installare le tende e procedere con l’acquisto. Dopo aver fatto ciò, non resta altro che godere di queste tende che, tra l’laltro, saranno in grado di donare un tocco di classe ad ogni tipologia di ambiente.

fonte: mefitende roma

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Le infezioni ospedaliere sono l’evento avversi più frequente

Conseguenza di interventi chirurgici e terapeutici sempre più complessi in pazienti metabolicamente e immunologicamente più compromessi, le infezioni ospedaliere in Italia causano, ogni anno, più vittime degli incidenti stradali, oltre a costituire un fenomeno di notevole impatto socio-economico. Grazie al monitoraggio della loro incidenza, all’adozione di programmi di prevenzione nelle strutture sanitarie e all’innovazione tecnologica in sala operatoria, come l’utilizzo di suture con antibatterico, il 30% delle infezioni chirurgiche è, oggi, potenzialmente prevenibile ed evitabile. Fotografia e analisi dello scenario nazionale.

infezioni-ospedaliere-in-italiaIn tutto il mondo, le infezioni correlate all’assistenza (ICA) sono l’evento avverso più frequente in sanità e costituiscono la complicanza più frequente e grave nella cura di pazienti ospedalizzati. Una problematica rilevante seppure ancora misconosciuta, soprattutto a livello media, che solo in Italia causa, ogni anno, più vittime degli incidenti stradali: 4.500-7.000 decessi contro 3.419 vittime della strada (dati 2015).
Sotto il termine di ICA, o più in generale di infezioni ospedaliere, rientra qualsiasi tipo di infezione che può occorrere durante il ricovero in ospedale, o anche dopo le dimissioni di un paziente, del quale, al momento dell’ingresso nella struttura sanitaria, non c’era né manifestazione clinica, né incubazione. In Italia, non esiste un sistema stabile di sorveglianza delle infezioni ospedaliere, ma sono stati condotti numerosi studi multicentrici di prevalenza, sulla base dei quali si stima che, ogni anno, circa il 5-8% dei pazienti ricoverati contragga un’infezione ospedaliera, ovvero si verifichino 450-700 mila casi dovuti soprattutto a infezioni urinarie, seguite da infezioni della ferita chirurgica, polmoniti e sepsi. Le ICA non costituiscono solo un problema sanitario, ma anche un fenomeno di notevole impatto socio economico: con un costo correlato ad una singola infezione ospedaliera di circa € 9.000 – 10.500. Complessivamente, l’impatto economico delle ICA sul Sistema Sanitario Nazionale è superiore a un miliardo di Euro l’anno, con un prolungamento della degenza pari al 7,5-10% delle giornate di ricovero. In questo scenario, le SSI (Surgical Site Infections) sono tra le più costose. Complessivamente, il 30% delle ICA (135 – 210 mila casi) è potenzialmente prevenibile ed evitabile.

prevenzione-infezioni-in-europaIn Italia la prevalenza delle infezioni chirurgiche è più alta rispetto a molti altri Paesi europei (6.3% in acuto e 6.1 nelle RSA) tale da collocare il nostro paese prima del Regno Unito, della Germania e della Francia. Anche per questo è fondamentale stimare il peso economico delle infezioni ospedaliere in Italia. Analizzare i costi ad esse correlati, mediante database amministrativi, è stato lo scopo della ricerca “Burden economico delle infezioni ospedaliere in Italia”, realizzata dal Prof. Francesco Saverio Mennini, Research Director CEIS Economic Evaluation and HTA (EEHTA), Facoltà di Economia, Università di Roma Tor Vergata. Fonte dei dati sono state le Schede di Dimissione Ospedaliera (SDO nazionali) e le Schede di Dimissione Ospedaliera Regionale. Le infezioni ospedaliere sono state individuate mediante i codici ICD9CM di diagnosi, selezionando così tutti i ricoveri acuti, in regime ordinario, che presentavano in diagnosi principale o secondaria uno dei codici ICD9CM individuati, con data di dimissione compresa tra il 1 gennaio 2006 ed il 31 dicembre 2014. «La prospettiva del nostro studio – precisa Mennini – è stata quella di mettere in luce quanto pesano, in termini di impatto economico diretto e indiretto, le ICA in Italia, sia dal punto di vista della salute del paziente, sia della loro incidenza sul SSN. Partendo dal presupposto che, come prova lo studio, le infezioni ospedaliere compaiano in circa 3 casi ogni 1.000 ricoveri acuti in regime ordinario, la loro valorizzazione mediante valutazione delle giornate aggiuntive per singolo DRG ha comportato una stima media annua di € 69,1 milioni. Mentre la valorizzazione delle ICA mediante DRG specifici (418 e 579) ha comportato una stima media annua di € 21,8 milioni. Numeri che devono far riflettere soprattutto sul tema dell’appropriatezza, cioè sull’adozione di misure innovative, come trattamenti e device tecnologici, con l’obiettivo di migliorare la qualità dell’assistenza nel limite delle risorse disponibili. La nostra indagine è proseguita andando ad includere i costi per le visite specialistiche ambulatoriali e per la spesa farmaceutica sempre relativa ai pazienti dimessi dopo una ICA, ma il nostro vero auspicio è quello di realizzare un Osservatorio permanente sulle infezioni ospedaliere, in collaborazione anche con il Ministero della Salute. Una struttura di controllo che possa monitorare annualmente il quadro nazionale delle ICA, mettendo in luce quanto il criterio dell’appropriatezza, si pensi ad esempio in termini di ricoveri e di innovazione tecnologica, può fare per contenere il problema».

Nel caso delle infezioni ospedaliere, i microrganismi che penetrano all’interno del paziente vivono in una struttura che ha subìto una modificazione dal punto di vista microbiologico. Ecologicamente, quegli stessi microrganismi che stanno nelle strutture sanitarie sono ‘diversi’, perché hanno subìto la pressione selettiva da parte delle terapie antibiotiche effettuate. In ospedale, soprattutto nei reparti critici, dove si fa largo uso di antibiotici, ci sono dei microrganismi ‘resistenti’, ovvero che resistono al farmaco d’elezione che dovrebbe debellarli, tanto che oggi si stima che il 16% delle infezioni nosocomiali sia causata da batteri ‘resistenti’, il che rende più complesso il trattamento e la guarigione.

prevenzione-infezioni-in-europa_2In questo ambito, i pazienti chirurgici rappresentano una categoria molto significativa a livello globale, infatti, il 32% delle infezioni nosocomiali è un’infezione chirurgica (SSI), conseguenza di interventi chirurgici e terapeutici più complessi in pazienti metabolicamente e immunologicamente più compromessi, come spiega Marco Montorsi, Responsabile di Unità Operativa Chirurgia generale e digestiva Humanitas Research Hospital e Presidente della Società Italiana di Chirurgia: «gli interventi di alta chirurgia a maggior rischio di infezioni sono quelli nei quali coesistono alcuni riconosciuti fattori di rischio sia legati al paziente (ad esempio elevato BMI, Diabete Mellito di tipo 1 non controllato, dialisi, terapia corticosteroidea/immunosoppressiva), che fattori di rischio legati alla procedura (durata dell’intervento, ipotermia, intervento d’urgenza, chirurgia viscerale specie colo rettale, chirurgia complessa, re-interventi , chirurgia su tessuti irradiati). In generale, sono gli interventi di chirurgia oncologica addominale complessa che prevedono resezioni intestinali a essere maggiormente a rischio di SSI».

I pazienti che contraggono una SSI sono 5 volte più esposti al rischio di una nuova ospedalizzazione, 2 volte più esposti al rischio di degenza in una unità di terapia intensiva e 2 volte più esposti al rischio di morte. L’OMS sottolinea infatti come queste infezioni, causate dalle incisioni fatte durante gli interventi chirurgici, mettano a rischio la vita di milioni di pazienti ogni anno.

Le SSI sono, inoltre, le ICA più frequenti e le più onerose. Ogni SSI è stata associata approssimativamente a una degenza postoperatoria aggiuntiva di circa 7-11 giorni. Il 77% dei decessi nei pazienti con SSI sono attribuibili direttamente all’episodio infettivo. «Causate da microrganismi presenti nell’ambiente, che solitamente non danno luogo a infezioni, le SSI insorgono più frequentemente in pazienti ad alto rischio sottoposti a chirurgia addominale durante il ricovero o, in qualche caso, anche dopo la dimissione e possono avere diverso grado di gravità, fino ad essere letali – precisa Enrico Opocher, Direttore del reparto di Chirurgia Epato-Bilio-Pancreatica e Digestiva – Ospedale San Paolo di Milano –. Per questo è fondamentale, abbattere il rischio di contrarre un’infezione adottando, fin dall’ingresso in sala operatoria, una serie di correttivi che vanno ad intervenire sui fattori di rischio modificabili, come suggerito dalle raccomandazioni dell’OMS nelle ‘Global Guidelines for the Prevention of Surgical Site Infection’ elaborate nel 2016. Tra questi l’antisepsi della cute tramite il lavaggio accurato delle mani, la corretta profilassi antibiotica, l’utilizzo di soluzioni antisettiche a base di clorexidina per la preparazione del sito chirurgico e le suture rivestite con antibatterico (Triclosan). Seguendo, infatti, delle semplici misure di controllo è possibile abbattere di un terzo l’insorgenza delle SSI».

prenvenzione-infezioni-sito-chirurgico-linee-guida-omsElaborate per migliorare la lotta contro le SSI e, globalmente, la sicurezza la qualità e la sostenibilità dei sistemi sanitari, le nuove ‘Global Guidelines for the Prevention of Surgical Site Infection’ dell’OMS sono state pubblicate su “The Lancet Infectious Diseases” il 3 novembre 2016 e includono un elenco di 29 raccomandazioni concrete, stilate da 20 dei maggiori esperti mondiali, frutto di 27 revisioni sistematiche, condotte tra il 2013 e il 2015, per fornire evidenze di supporto allo sviluppo di tali raccomandazioni. Le linee guida comprendono 13 raccomandazioni per il periodo che precede l’intervento chirurgico, e 16 per la prevenzione delle infezioni durante e dopo l’intervento. Una di queste raccomandazioni riguarda, nello specifico, l’utilizzo di suture rivestite con triclosan al fine di ridurre il rischio di SSI indipendentemente dal tipo di intervento. Il Triclosan è un antibatterico efficace, ben tollerato e sicuro, che distrugge le membrane cellulari dei batteri (quindi è battericida sia su Gram + che -) ed è attivo anche su miceti, micobatteri e spore. Le suture con antibatterico, quindi, non solo non rappresentano più un fattore che contribuisce all’eventuale insorgenza di un’infezione della ferita chirurgica, ma riescono, infatti, a diminuire di circa il 30% il numero di batteri a livello di incisione chirurgica dove la maggior parte delle infezioni postoperatorie hanno origine, riducendo significativamente anche l’adesione dei batteri alla sutura. Con importanti conseguenze anche sulla spesa ospedaliera di gestione delle infezioni del sito chirurgico. Alle raccomandazioni dell’OMS, si aggiungono altre evidenze scientifiche a supporto del valore delle suture con antibatterico (triclosan) rispetto a quelli comuni, anche “The Centers for Disease Control and Prevention Updated Guideline” e la valutazione EUNetHTA, la rete europea per la valutazione delle tecnologie sanitarie (Health Technologies Assessments – HTA). In particolare, l’aggiornamento della Centers for Disease Control and Prevention Guideline for the Prevention of Surgical Site Infection, pubblicato nel 2017, consiglia di utilizzare il filo da sutura rivestito di Triclosan, per la prevenzione delle infezioni del sito chirurgico (raccomandazione 2.C, Nonparenteral Antimicrobial Prophylaxis). Questa valutazione viene sostenuta anche da EUnetHTA, nelle conclusioni del documento “Antibacterial-coated sutures versus non-antibacterial coated sutures for the prevention of abdominal, superficial and deep incisional, surgical site infection (SSI). L’analisi di diversi studi ha infatti evidenziato una diminuzione di infezioni del sito chirurgico, con l’utilizzo di filo da sutura rivestito con Triclosan.

Le infezioni correlate all’assistenza costituiscono, dunque, un duplice problema per la sanità pubblica, legato sia agli aspetti di umanizzazione delle cure, sia di risk management. Infatti, oltre agli effetti dannosi sulla salute dei pazienti, a compromettere la qualità del servizio, le infezioni comportano l’allungamento dei tempi di cura con la somministrazione di ulteriori terapie, aumentando i costi diretti ed indiretti dell’assistenza ed evolvendo talvolta in sinistri con responsabilità civile o penale. «La gestione del rischio clinico in sanità, di cui le infezioni chirurgiche (ICA) costituiscono un elemento importante, è l’insieme delle azioni messe in atto per misurare i fenomeni, comprenderne le cause e migliorare la qualità delle prestazioni sanitarie al fine di garantire la sicurezza dei pazienti – spiega Enrico Burato, Direttore SC Qualità Accreditamento Risk Management Ospedale Carlo Poma, Mantova e componente dal 2005 del Gruppo di lavoro di risk management in Regione Lombardia–. Si tratta di un compito complesso che richiede di attuare misure sia preventive che correttive ed una capacità di creare rete tra tutti gli stakeholders interessati dal fenomeno. Compito del Risk Manager è, quindi, quello di individuare gli strumenti per valutare e governare i rischi, ricercandone i miglioramenti nel sistema di gestione complessivo, sviluppando strumenti efficienti e identificando le conseguenze sanitarie ed economiche derivanti dall’esposizione al rischio stesso dei pazienti. Oggi in Regione Lombardia la prevenzione e il controllo delle infezioni correlate all’assistenza sanitaria sono un obiettivo prioritario di sanità pubblica e di miglioramento della qualità delle prestazioni di ricovero e cura che deve essere perseguito con una logica di sistema e con la collaborazione di tutte le figure professionale interessate dal problema all’interno di ogni singola struttura sanitaria».

Un impegno multidisciplinare in cui si inserisce di diritto anche il farmacista ospedaliero, la cui funzione oggi sta cambiando radicalmente, come precisa Mario Giacomo Cavallazzi, Specialista in Farmacia Ospedaliera I.R.C.C.S. Istituto Ortopedico Galeazzi: «si tratta di un professionista chiamato a coniugare la necessità di migliorare l’assistenza al paziente, il monitoraggio dell’appropriatezza dell’uso di farmaci e dispositivi medici e la capacità di razionalizzare i costi. Il farmacista ospedaliero opera quindi in stretta collaborazione con il medico avendo come riferimento centrale la patologia, l’assistenza, il percorso di cura e il benessere del paziente, garantendo un uso sicuro ed efficace del farmaco e l’ottimizzazione dell’appropriatezza e aderenza della terapia, attraverso un miglioramento del processo di valutazione, acquisizione, prescrizione e uso razionale dei farmaci e dei dispositivi medici. Partecipando attivamente anche al processo di acquisizione di farmaci e device innovativi all’interno dell’organizzazione sanitaria, il farmacista è il riferimento per la valutazione delle nuove cure attraverso l’analisi farmacoeconomica degli interventi».

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