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William Stok , artista internazionale post moderno

Luglio 2013 – Lo spazio Tandini di Milano ha recentemente ospitato l’artista William Stok, italiano per nascita, londinese per adozione. L’associazione culturale, che sorge all’interno di uno dei primo edifici in cemento armato del ‘900 e che vuole essere punto di promozione e valorizzazione della cultura e dell’arte internazionale, ha dedicato una serata alla proiezione di un film dedicato alla vita dell’artista.
William Stok, artista italiano trapiantato negli anni 70 a Londra, ha esposto le sue opere nelle più prestigiose gallerie europee. A scoprirlo negli anni ‘80 è stato il critico Charles Jencks , il principale teorico dell’arte post-moderna. Sono gli anni delle opere definite “classiche”, in cui William Stok è impegnato a realizzare grandi opere su carta partendo da foto in bianco e nero ritraenti come soggetti amici e conoscenti dei quali ricalca i lineamenti su tela bianca con la sanguigna. “Mi posizionavo al centro dell’immagine ricalcata su carta, una volta poggiata sul pavimento, lasciavo che il colore riempisse gli spazi da me creati: il colore si spargeva in modo casuale ed incontrollato, creando un’affascinate gioco di chiaro scuri che io stesso non avevo cercato. Il foglio intriso dall’acqua della tempera creava delle affascinati e sinuose ondulature e tutto questo era la mia opera d’arte, che io stesso non avevo ricercato. Il colore si era impossessato di tutto. Allo stesso tempo l’immagine ricalcata si impossessava del colore contenendolo “ . Emerge dunque il tema del “contenitore” che ritroviamo sempre negli stessi anni in alcuni quadri che propongono come unico soggetto la casa: contenitore dei nostri suppellettili e di noi stessi. I quadri hanno tutti la stessa dimensione e vi è sempre un elemento fasciante di colore blu che incornicia la casa “Questi quadri vengono sempre disposti in gallerie in sequenza ed alla stessa distanza per diventare delle finestre che in galleria ricostruiscono la facciata di un edificio. Vi è anche espresso in tema del fotogramma, già esistente nei lavori classici, e che userò anche nelle mie opere successive”.
La collezione Possesion inaugura una serie di produzioni che raccolgono molti dei temi affrontati fin ora, ma presentano anche un mutamento sostanziale nel linguaggio dell’artista.
Ispirato dal movimento del “readymade” di Duchamp, William Stok sperimenta e realizza opere partendo da oggetti di uso comune per esplorare uno dei bisogni più primitivi sai del mondo animale sia di quello umano: il bisogno di possedere, accumulare, conquistare oggetti come trofei di conquista per farli diventare parte integrante del proprio vivere e quindi del proprio essere.
Oggetti che sul piano materico risultano imprigionati e sostenuti da una composizione artistica realizzata utilizzando dei tondini metallici, in realtà sul piano ideologico sono il tentativo di renderli disegni nello spazio, che acquistano attraverso il metallo nuova lucentezza. Il peso della scultura è ribaltato e gli oggetti sono liberati nell’aria. Oggetti apparentemente di uso banale rivivono come protagonisti di una visione prospettica guidata e di una composizione artistica consequenziale. Non c’è solo idea che una nuova prospettiva ovvero una nuova visione permettano a chi osserva di scoprire un nuovo significato, un nuovo stimolo poiché l’oggetto orinario non esiste più. Quello che vede, che gli si palesa davanti agli occhi è qualcosa di nuovo che fino ad allora non era mia esistito. L’occhio è lo strumento attraverso la quale possiamo “impossessarci” di un’immagine, ma allo stesso tempo anche l’immagine si sta impassendo del nostro intelletto che la sta registrando. Ogni tondino rappresenta un movimento dell’occhio del quale l’artista ne proietta idealmente la linea del suo cono visivo. A miriadi di spostamenti oculari , poiché l’occhio umano non sta mia fermo, corrisponderanno miriadi di linee di coni ottici ideali. “L’esempio è dato dalla scultura con la silhouette della figura di metallo che guardando proietta una serie di cerchi che sono la concretizzazione del punto dove l’occhio nel tempo si è fermato.”
Questo rapporto bilaterale che regola l’atto dell’osservare un oggetto ha sempre affascinato William Stok. Infatti quando era ancora studente iniziò a realizzare delle cornici di 14 metri all’interno delle quali inseriva dei veri alberi presi qua e là. L’idea che la i due oggetti fossero interconnessi era espressa da una serie di palanche che partendo dall’enorme cornice si vanno restringendo verso l’albero e si dilatavano invece dall’albero alla cornice nel tentativo di suggerire un passaggio dimensionale dall’asse dell’oggetto all’asse dell’osservatore. Le palanche anche in questo caso sono utilizzata come ripresa ideale delle linee prospettiche dei quadri rinascimentali che partono dal vertice (l’albero), per raggiungere il limiti del quadro (la cornice). La cornice è anche il piano d’incontro delle linee del cono visivo che hanno come vertice l’occhio del fruitore che si è posto di fronte alla cornice. Questo aspetto ci porta alla produzione più recente dove l’elemento “occhio” si fa soggetto prediletto delle opere successive.
Nel 2002 William Stok subisce una serie di interventi agli occhi presso il Moorfields Eye Hospital di Londra e durante questi trattamenti iniziò a fare delle ricerche e rimase affascinato dalle immagini di occhi che lo circondavano ogni giorno. Una volta dimesso questa particolare esperienza si tramutò in una serie di dipinti suggestivi ritraenti gigantografie di occhi (larghe circa 3 metri) realizzati utilizzando tempere all’uovo oppure piccole miniature a pastelli su canavas. L’aspetto intrigante di questa sua ricerca era indagare il rapporto “fisiologico” mutevole che c’è tra la cornea, l’iride e la pupilla. I dipinti realizzati non sono da considerarsi come un attento studio anatomico dell’organo della vista, ma come immagini astratte e significati o scuri che si palesano nella mente dell’artista e di chi le osserva.
In questi ultimi anni, invece, la produzione artistica di William Stok si è concentrata sulla realizzazione di dipinti e sculture di forme apparentemente astratte che suggestivamente vengono ricongiunte ad immagini di oggetti reali che in fase di creazione non erano state pensate ma che si sono progressivamente palesate nella mente dell’artista. “Non sono alla ricerca di chissà quale significato, l’oggetto reale è semplicemente un oggetto. L’aspetto interessante è come l’astratto preso singolarmente non ci dice nulla, ma una volta elaborato prima dai nostri occhi con l’atto del guardare e poi dalla nostra mente diventa qualcosa di concreto e parte della nostra memoria.” La foto affiancata all’opera pittorica o alla scultura suggerisce il “titolo”, ma mai il significato. William Stok vuole suggerirci il punto da cui tutto nasce, il significato ed il valore che uno da agli oggetti è del tutto arbitrario ed individuale.

Per ulteriori informazioni:
Ufficiostampa.it
Via Vittorio Emanuele II, 20 – 20900 Monza
T. + 39 039.2308.568 F. + 39 039.9796.304
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William Stok – artista internazionale post-moderno

Luglio 2013 – Lo spazio Tandini di Milano ha recentemente ospitato l’artista William Stok, italiano per nascita, londinese per adozione. L’associazione culturale, che sorge all’interno di uno dei primo edifici in cemento armato del ‘900 e che vuole essere punto di promozione e valorizzazione della cultura e dell’arte internazionale, ha dedicato una serata alla proiezione di un film dedicato alla vita dell’artista.
William Stok, artista italiano trapiantato negli anni 70 a Londra, ha esposto le sue opere nelle più prestigiose gallerie europee. A scoprirlo negli anni ‘80 è stato il critico Charles Jencks , il principale teorico dell’arte post-moderna. Sono gli anni delle opere definite “classiche”, in cui William Stok è impegnato a realizzare grandi opere su carta partendo da foto in bianco e nero ritraenti come soggetti amici e conoscenti dei quali ricalca i lineamenti su tela bianca con la sanguigna. “Mi posizionavo al centro dell’immagine ricalcata su carta, una volta poggiata sul pavimento, lasciavo che il colore riempisse gli spazi da me creati: il colore si spargeva in modo casuale ed incontrollato, creando un’affascinate gioco di chiaro scuri che io stesso non avevo cercato. Il foglio intriso dall’acqua della tempera creava delle affascinati e sinuose ondulature e tutto questo era la mia opera d’arte, che io stesso non avevo ricercato. Il colore si era impossessato di tutto. Allo stesso tempo l’immagine ricalcata si impossessava del colore contenendolo “ . Emerge dunque il tema del “contenitore” che ritroviamo sempre negli stessi anni in alcuni quadri che propongono come unico soggetto la casa: contenitore dei nostri suppellettili e di noi stessi. I quadri hanno tutti la stessa dimensione e vi è sempre un elemento fasciante di colore blu che incornicia la casa “Questi quadri vengono sempre disposti in gallerie in sequenza ed alla stessa distanza per diventare delle finestre che in galleria ricostruiscono la facciata di un edificio. Vi è anche espresso in tema del fotogramma, già esistente nei lavori classici, e che userò anche nelle mie opere successive”.
La collezione Possesion inaugura una serie di produzioni che raccolgono molti dei temi affrontati fin ora, ma presentano anche un mutamento sostanziale nel linguaggio dell’artista.
Ispirato dal movimento del “readymade” di Duchamp, William Stok sperimenta e realizza opere partendo da oggetti di uso comune per esplorare uno dei bisogni più primitivi sai del mondo animale sia di quello umano: il bisogno di possedere, accumulare, conquistare oggetti come trofei di conquista per farli diventare parte integrante del proprio vivere e quindi del proprio essere.
Oggetti che sul piano materico risultano imprigionati e sostenuti da una composizione artistica realizzata utilizzando dei tondini metallici, in realtà sul piano ideologico sono il tentativo di renderli disegni nello spazio, che acquistano attraverso il metallo nuova lucentezza. Il peso della scultura è ribaltato e gli oggetti sono liberati nell’aria. Oggetti apparentemente di uso banale rivivono come protagonisti di una visione prospettica guidata e di una composizione artistica consequenziale. Non c’è solo idea che una nuova prospettiva ovvero una nuova visione permettano a chi osserva di scoprire un nuovo significato, un nuovo stimolo poiché l’oggetto orinario non esiste più. Quello che vede, che gli si palesa davanti agli occhi è qualcosa di nuovo che fino ad allora non era mia esistito. L’occhio è lo strumento attraverso la quale possiamo “impossessarci” di un’immagine, ma allo stesso tempo anche l’immagine si sta impassendo del nostro intelletto che la sta registrando. Ogni tondino rappresenta un movimento dell’occhio del quale l’artista ne proietta idealmente la linea del suo cono visivo. A miriadi di spostamenti oculari , poiché l’occhio umano non sta mia fermo, corrisponderanno miriadi di linee di coni ottici ideali. “L’esempio è dato dalla scultura con la silhouette della figura di metallo che guardando proietta una serie di cerchi che sono la concretizzazione del punto dove l’occhio nel tempo si è fermato.”
Questo rapporto bilaterale che regola l’atto dell’osservare un oggetto ha sempre affascinato William Stok. Infatti quando era ancora studente iniziò a realizzare delle cornici di 14 metri all’interno delle quali inseriva dei veri alberi presi qua e là. L’idea che la i due oggetti fossero interconnessi era espressa da una serie di palanche che partendo dall’enorme cornice si vanno restringendo verso l’albero e si dilatavano invece dall’albero alla cornice nel tentativo di suggerire un passaggio dimensionale dall’asse dell’oggetto all’asse dell’osservatore. Le palanche anche in questo caso sono utilizzata come ripresa ideale delle linee prospettiche dei quadri rinascimentali che partono dal vertice (l’albero), per raggiungere il limiti del quadro (la cornice). La cornice è anche il piano d’incontro delle linee del cono visivo che hanno come vertice l’occhio del fruitore che si è posto di fronte alla cornice. Questo aspetto ci porta alla produzione più recente dove l’elemento “occhio” si fa soggetto prediletto delle opere successive.
Nel 2002 William Stok subisce una serie di interventi agli occhi presso il Moorfields Eye Hospital di Londra e durante questi trattamenti iniziò a fare delle ricerche e rimase affascinato dalle immagini di occhi che lo circondavano ogni giorno. Una volta dimesso questa particolare esperienza si tramutò in una serie di dipinti suggestivi ritraenti gigantografie di occhi (larghe circa 3 metri) realizzati utilizzando tempere all’uovo oppure piccole miniature a pastelli su canavas. L’aspetto intrigante di questa sua ricerca era indagare il rapporto “fisiologico” mutevole che c’è tra la cornea, l’iride e la pupilla. I dipinti realizzati non sono da considerarsi come un attento studio anatomico dell’organo della vista, ma come immagini astratte e significati o scuri che si palesano nella mente dell’artista e di chi le osserva.
In questi ultimi anni, invece, la produzione artistica di William Stok si è concentrata sulla realizzazione di dipinti e sculture di forme apparentemente astratte che suggestivamente vengono ricongiunte ad immagini di oggetti reali che in fase di creazione non erano state pensate ma che si sono progressivamente palesate nella mente dell’artista. “Non sono alla ricerca di chissà quale significato, l’oggetto reale è semplicemente un oggetto. L’aspetto interessante è come l’astratto preso singolarmente non ci dice nulla, ma una volta elaborato prima dai nostri occhi con l’atto del guardare e poi dalla nostra mente diventa qualcosa di concreto e parte della nostra memoria.” La foto affiancata all’opera pittorica o alla scultura suggerisce il “titolo”, ma mai il significato. William Stok vuole suggerirci il punto da cui tutto nasce, il significato ed il valore che uno da agli oggetti è del tutto arbitrario ed individuale.

Per ulteriori informazioni:
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Rabarama a Forte dei Marmi

Dal 21 Giugno,  il famoso litorale della città di Forte dei Marmi diventerà una sorta di esposizione open space  delle sculture monumentali di Rabarama allestita nei giardini dell’Hotel Augustus Lido e dell’Hotel Principe Forte dei Marmi e nelle spiagge di sette tra i più prestigiosi stabilimenti balneari: Bagno Piero, Bagno Augustus, Bagno Annetta, Bagno Orsa Maggiore, Bagno La Fenice, Bagno Pennone e Bagno Gilda.

L’esposizione si colloca all’interno della seconda edizione dell’evento “Volarearte”, che vedrà protagonista l’artista Rabarama, con un nuovo progetto dislocato in tre luoghi differenti ma tutti strettamente e culturalmente connessi tra loro: la città di Pisa, la città di Forte dei Marmi e la città di Lucca.

Dopo il grande successo di “ANTICOnforme”, la mostra che l’ha vista protagonista indiscussa a Firenze nell’estate 2011, Rabarama torna in Toscana, regione a cui l’artista è legata in maniera indelebile. Lo fa attraverso nuovi lavori con i quali vuole riaprire quel dialogo serrato e immediato che da sempre ha con il fruitore d’arte, al quale offre la possibilità di confrontarsi, mediante il linguaggio del corpo e attraverso la sua pelle, con tematiche scottanti e decisamente attuali: quali le mutazioni genetiche, l’ambiguità umana e l’identità dell’uomo contemporaneo, spinte da una forza primigenia e visionaria, remota e senza tempo. Metamorfosi formale e aspirazione di libertà assoluta, queste sono le linee guida di Rabarama, considerata dalla critica e dal collezionismo più esigente un’artista completa grazie ai continui riconoscimenti ufficiali sia sul mercato italiano che internazionale. La sua produzione è alquanto eclettica e sfaccettata, diversificandosi nell’utilizzo dei materiali. In occasione di questa collaborazione con la Fondazione Henraux, verranno esposte tre inediti lavori monumentali in marmo bianco Altissimo, i quali rappresentano l’ultima metamorfosi di una ricerca ormai ai confini della metafisica. In modo particolare spicca “Alis Grave Nil” (Nulla è pesante per chi ha le ali), opera realizzata in marmo bianco ispirata al volo ed espressamente ideata proprio in onore della collaborazione con “Volarearte”.

Dopo la stagione estiva a Forte dei Marmi, in autunno, l’esposizione si sposterà dal litorale verso la città di Lucca in occasione del 500° anniversario del Lodo Papale, dove si vedranno coinvolte le mura e le piazze del centro storico. Cinquecento anni fa la Versilia legò il suo destino a Firenze. Fu Papa Leone X, figlio di Lorenzo il Magnifico, a fare di questa terra un possedimento mediceo, a gettare il seme di uno sviluppo che, muovendo da Michelangelo Buonarroti e dai magnifici marmi versiliesi, approda alle eccellenze turistiche e culturali dei giorni nostri. Cinquecento anni dopo la Versilia celebra la sua storia e la Fondazione Henraux sviluppa un progetto di arte contemporanea per unire la storia, il marmo e l’innovazione tecnologica sotto il cappello di questo anno 2013.

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L’artista e pittore Mauro Lacqua omaggia l’universo femminile, giovedi 27 giugno presso lo Spazio Giulio Romano 8

Associazione Culturale Rosaspinto

presenta

 

Il tempio dell’Amore

 

27 Giugno 2013

Spazio Giulio Romano 8

20:30

L’incantevole Spazio Giulio Romano aprirà le sue porte ad un evento appassionante. Un omaggio alla donna e alla sua sensualità. I suoi più reconditi segreti diventano il fil rouge di un evento che elegge la donna epicentro di manifestazioni artistiche di diversa natura. Protagoniste saranno le opere di Mauro Lacqua e della sua indagine sull’universo femminile che ha ispirato questo evento. Artista da sempre affascinato dalle sperimentazioni materiche, che ci presenterà opere dipinte a mano con Grigi Lunari su retro di vetro raffiguranti volti femminili colti in momenti di estrema naturalezza e sensualità. Seducenti figure che emergono dall’oscurità come accarezzate dalla pallida luce lunare.

 

Una  rosa di artisti ha colto il Manifesto di Mauro Lacqua omaggiando la figura femminile.

 

 

Napoleão César,stilista che mediante l’arte del ricamo realizza capi unici, dalle fitte e preziose decorazioni. Capi sartoriali che si trasformano in abbracci avvolgenti di stoffe eleganti, conferendo uno stile raffinato ed unico.

 

 

Gianluca Sirotti, scultore di arte gentilefa del suo corpo uno strumento per plasmare con forza e modellare con altrettanta sensibilità opere in ferro che, come morbido tessuto, si piega al suo volere sotto la spinta del suo estro artistico. Terminerà inoltre dal vivo una delle sue installazioni.

 

Vlaire presenta la nuova linea di lampade da tavolo VT X-ray, occhi luminosi sospesi nel vuoto.

 

DANCE ODDITYdi Pier Giovanni BellottoOsteoporosys Dance Theatre

Più di un semplice inno alla danza, Dance Oddity è un espediente per indagare e sperimentare le potenzialità espressive del corpo.

Dance Oddity vuole essere una prima risposta alla domanda: “perché danziamo?”

Colonna sonora della serata una selezione electro-swing di  Tommaso Laganà a.k.a. WestBanhof.

 

La critica d’arte dottoressa Sabrina Leoanarda Martello farà una presentazione delle opere di Mauro Lacqua e Gianluca Sirotti.

 

Madrina eccezionale della serata sarà Sarah Avolio.

 

C/O Spazio Giulio Romano

 Via Giulio Romano 8, Milano

 MM3 Porta Romana

Rosaspinto   

 www.facebook.com/pages/ROSASPINTO  

 [email protected]

 

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UNA GRANDE MOSTRA DI UGO ATTARDI A LATINA: “IL VIAGGIO DI ULISSE”

Sabato 16 giugno 2012 alle ore 18, inaugura presso l’Ex Garage Ruspi a Latina la mostra UGO ATTARDI. IL VIAGGIO DI ULISSE ( a cura di Silvia Pegoraro e Carlo Ciccarelli), che sarà visitabile sino al 29 luglio 2012: 65 opere tra dipinti, sculture e disegni, tutte provenienti dall’Archivio Storico Ugo Attardi di Roma.
Alquanto interessante la sede espositiva: una grande e luminosissima autorimessa per autobus degli anni Trenta, recentemente restaurata e riqualificata dal Comune di Latina.
L’evento – che rientra nelle Manifestazioni per l’80° Anniversario della Fondazione della città di Latina – è promosso dal Consiglio Regionale del Lazio, dal Comune di Latina e dallo stesso Archivio Storico Ugo Attardi (di cui è procuratore Carlo Ciccarelli e del cui consiglio direttivo fa parte Andrea Attardi, figlio dell’artista). L’organizzazione è affidata a Ulisse Gallery Contemporary Art e all’Associazione Orizzonti Culturali di Roma.
Catalogo SILVANA EDITORIALE, con testi, oltre che dei curatori, di Andrea Attardi e dello stesso Ugo Attardi .

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Ugo Attardi (1923-2006), pittore e scultore di fama internazionale, è stato uno dei più validi e poliedrici artisti italiani del Novecento, legato a un concetto di arte come “viaggio” e ricerca interminabile . Di qui anche la sua passione per il mito, e in particolare per il mito di Ulisse, personaggio animato da un’inestinguibile sete di conoscenza e di scoperta, inquieto e tormentato come fu lo stesso Attardi.
Come scrive Carlo Ciccarelli, procuratore dell’Archivio Storico Ugo Attardi e co-curatore della mostra: “L’aspetto più importante del lascito umano ed artistico di Ugo Attardi, per chi l’abbia conosciuto, è la solida voglia di vivere che ha animato la sua vita e che traspira dalle sue opere; una voglia inevitabilmente percorsa da angosce, frutto, molto spesso, del desiderio di vincere la volgarità dei soprusi”.
Ugo Attardi è fra gli artisti contemporanei che meglio hanno saputo appropriarsi del mito attraverso le immagini, creando un eccezionale trait-d’union tra il mito stesso, il mondo dell’ignoto, del sogno e della magia, della grandezza e dell’orrore, e la realtà cruda e prosaica, spesso misera, altrettanto piena di orrore, ma non di grandezza, della contemporaneità. In essa Attardi è riuscito a svelare, proprio tramite la presenza del mito – soprattutto quello di Ulisse, che sempre lo ha particolarmente affascinato – il meraviglioso mistero che comunque, in quanto vita, presenza, carnalità e pensiero, la anima. Il mito è immagine, è figura che senza posa si agita nella mente e nell’immaginario dell’uomo, e che s’incarna nelle immagini – nelle figure – create dall’arte: per questo ad Attardi non è bastata più la ricerca astrattista, alla quale si era dedicato come co-fondatore del gruppo Forma 1 (1947) e si è sentito irresistibilmente attratto verso la figurazione :
“Ho una visione delle cose del mondo possessiva e carnale, e non riuscivo a inverarla in atti e immagini di pura astrazione: sentivo la mancanza della sottile magia della finzione, la finzione propria della figurazione”. Un percorso, un viaggio, tormentato e affascinante, quello di Attardi, che questa mostra vuole documentare.
Il suo stile si potrebbe definire, con espressione ossimorica, ma proprio per questo carica di promesse e contraddizioni, realismo visionario: un’arte che certo non cancella i fantasmi del reale, l’eterna ossessione della referenzialità, e dell’illusione ottica, ma li immerge nel magma vibrante e inarginabile dell’immaginario individuale, di una visione che è sguardo rivolto al reale, ma è sempre anche sogno, immaginazione, allucinazione, luce calda e trasfigurante, o fredda e tagliente, comunque irreale, colore e materia scultorea sontuosi, sensuali, inquietanti.
La trasfigurazione onirica del dato sensibile è potente e sorprendente, e in certi lavori il pittore-scultore Attardi sembra “scorticare” le figure, in un empito che va addirittura oltre l’istanza espressionista, ricostruendone un involucro vivo e bruciante di colori incandescenti e di forme nervose e guizzanti, un fastoso miraggio.
Attardi stupisce e disturba, persuade e violenta, grazie alla sua potente retorica visiva. Chiama in gioco meraviglia, seduzione, provocazione: processi psicologici che violano il canone classico – pur così presente alla sua visione “mitologica” – per immergerlo nell’aura fosca di una grande estetica “barocca”. Essa va a contaminare, gioiosamente o dolorosamente, comunque sempre vitalisticamente, in una sintesi originale, i suoi soggetti “classici”: prima di tutto il corpo umano. Infatti i corpi dipinti sin dalla sua prima fase figurativa (dopo quella astratta di Forma 1) esprimono una sorta di immensa “nostalgia” per la scultura, di desiderio indomabile per la corporeità tangibile della terza dimensione. Un desiderio approdato infatti, nel 1967, alla realizzazione di opere scultoree : tra il ’69 e il ’71 lavora al grandioso Arrivo di Pizarro; degli anni ’70 sono altri monumentali gruppi scultorei in legno, come quelli del ciclo Cortés e la bellezza dell’Occidente (1974-76) o Il ritorno di Cristóbal Colón (ca.1974-1980).
Incise con una precisione ossessiva e acuminata, le figure scolpite da Attardi sprigionano un “perturbante” (unheimlich…) senso di ansia e di angoscia. Con il passar del tempo, tuttavia, le loro forme febbrili vanno placandosi in una compagine più tradizionalmente “classica”, per quanto sempre tesa e vibrante, che sembra voler essere la misura ideale dei personaggi della mitologia e della letteratura classica che esse rappresentano, come il monumentale Ulisse del 1996, o l’Enea del 2003 (tra le ultime opere dell’artista).
Ma è il corpo femminile quello che in Attardi più colpisce e con più efficacia rappresenta la sua cifra espressiva e il paradigma della sua poetica. Dominanti, maestose e regali, feline e inquietanti, aggressive e languide – dalla Circe delle opere ispirate all’Odissea alle danzatrici delle Milonghe argentine, dall’altera e minacciosa Donna Cantante scolpita nel 1984, alla “regina” del quadro Mendicante implora Regina africana (1993) – le donne di Attardi incarnano la matrice stessa del mito originario, la sintesi tra il dolore e l’amore, tra la vita e la morte, tra il bello e l’osceno.

NOTA BIOGRAFICA

UGO ATTARDI (Sori, Genova, 1923 – Roma, 2006)
Nato presso Genova da genitori siciliani, all’età di un anno si trasferisce con loro a Palermo, dove il regime fascista li costringe a tornare, a causa dell’attività sindacale del padre. Fondamentale nel suo percorso d’artista l’approdo a Roma, nel 1945, dove frequenta lo studio di Guttuso, e già nel 1947 entra nel vivo del dibattito artistico partecipando (insieme ad Accardi, Consagra, Dorazio, Guerrini, Perilli, Sanfilippo e Turcato) alla fondazione di “Forma 1”, il primo gruppo astrattista italiano del secondo dopoguerra. Poco dopo avverte però un rinnovato impulso verso la figurazione, sia pure visionaria e problematica, e si allontana definitivamente dall’esperienza astratta, senza tuttavia dimenticarne alcune conquiste formali: dà vita a una personale poetica “classico-espressionista”, fondata su una drammatica compresenza degli opposti: bellezza “classica” e deformità, tenerezza e violenza, fisicità e onirismo.
A partire dagli anni Cinquanta partecipa più volte alla Biennale di Venezia e alla Quadriennale di Roma, e tiene grandi mostre personali nei più importanti spazi espositivi italiani. Nel 1961 aderisce al gruppo “Il Pro e il Contro”, accanto a Calabria, Farulli, Gianquinto, Guccione e Vespignani.
Scrive il romanzo L’erede selvaggio, pubblicato nel 1970, e per il quale ottiene nel 1971 il Premio Viareggio per la narrativa.
Nel 1967 avvia una fervida attività di scultore e nascono, dopo L’ Addio Che Guevara del 1968, alcuni gruppi lignei tra cui L’Arrivo di Pizarro del 1969-71, e bronzi improntati a forte sensualità.
Sue sculture monumentali sono collocate nelle principali capitali europee e mondiali. Fra di esse Il Vascello della Rivoluzione (1988), a Roma, presso il Palazzo dello Sport; Nelle Americhe, del 1992, a Buenos Aires; il celebre Ulisse, del 1996, a New York; Enea (2004), presso il porto della Valletta (Malta). Il grande Cristo del 2002 è entrato a far parte delle collezioni dei Musei Vaticani.
Nel 2006 l’artista riceve dal Presidente Carlo Azeglio Ciampi il titolo di Grand’Ufficiale della Repubblica, per i suoi meriti artistici e per aver saputo diffondere e valorizzare in tutto il mondo il genio e la creatività italiani.
Muore a Roma il 21 luglio dello stesso anno.

SCHEDA TECNICA

Mostra: UGO ATTARDI. IL VIAGGIO DI ULISSE
A cura di: Silvia Pegoraro, Carlo Ciccarelli
Sede: Ex Garage Ruspi, Largo Giovanni XXIII, Latina
Periodo espositivo: 16 giugno – 29 luglio 2012
Inaugurazione: sabato 16 giugno 2012, ore 18.00
Orari: 10.00-13.00 ; 16.00-20.00
Ingresso: libero
Informazioni: Organizzazione Ulisse Gallery Contemporary Art (Via dei Due Macelli, 82 – Roma), Tel. +39.0669380596 ; Fax. +39.06.6780771 ; Email [email protected] ; Sito: www.ulissegallery.com
Catalogo: Silvana Editoriale

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REGALARE ARTE 2011: Arte sotto l’albero

Dopo le due mostre ospitate all’interno del circuito del Festival della Fotografia di Roma, “La scelta di Maria” di Chiara Coccorese e “Metropolis” di Stefano David e dopo la prima personale delle sculture di Tommaso Pellegrini
la Galleria Fondaco ripropone in collettiva le opere dei suoi artisti.

Dal 24 novembre al 24 dicembre, con due giorni di festa – venerdì 2 e sabato 3 dicembre – la Galleria Fondaco ospiterà nuovamente Arte sotto l’albero, opere a partire da € 30,00 per sostenere l’impegno di sempre: divulgare, diffondere e rendere accessibile l’arte, cogliendo ogni occasione, soprattutto quella di un regalo importante.
Gli straordinari multipli in carta e in resina di Enrico Castellani, le incisioni e le litografie mini e maxi di Maria Angeles Vila, le serigrafie dei Cuori di  Mojmir Ježek, i multipli in bronzo di Loredana Baldin e di Tommaso Pellegrini, le fotografie di Dino Ignani, di Chiara Coccorese, di Luca Donnini, di Stefano David, l’arte ri_prodotta e ri_producibile, anche di nomi già molto conosciuti come Mario Ceroli e Piero Guccione, in mostra insieme alle opere uniche di Gerdine Duijsens, di Cristiana Pacchiarotti, di Irene Campominosi,  per offrire un’ampia possibilità di scelta.

Regalare arte è alla sua terza edizione con l’idea di cogliere l’occasione del Natale per fare un regalo d’arte.
La Galleria Fondaco offre un’ampia e diversificata offerta d’arte accessibile per chi vuole arte da acquistare per se, da regalare, da utilizzare nella comunicazione.
Opere di pittura, fotografia, scultura, grafiche e oggetti d’arte, fino a 6.000,00 euro

 

GALLERIA FONDACO
ARTE SOTTO L’ALBERO
24 novembre – 24 dicembre 2011
a cura di Francesca Marino e Flora Ricordy

Venerdì 2 e sabato 3 dicembre due giorni di festa alla Galleria Fondaco.

Orario dicembre: da lunedì a sabato 10.00-13.30 e 16.00-19.00

GALLERIA FONDACO
Via degli Zingari 37 Roma
T. +39 06 4873050
[email protected] – www.fondaco.eu

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TOMMASO PELLEGRINI-Sculture e video

Galleria Fondaco – Roma – via degli Zingari 37- giovedì 27 ottobre 2011 – ore 19.00

 

Inaugurazione della prima esposizione romana delle opere di Tommaso Pellegrini

La bellezza e il mistero dell’arte primitiva americana e aborigena australiana contaminata da Rothko e dalla pop-art americana e cinese di fine anni ’90, opere in legno, terracotta e bronzo, figure totemiche e fortemente simboliche che sempre richiamano al figurativo anche quando tendono all’astrazione. Tommaso Pellegrini è un giovane artista che ha integrato la formazione artistica con esperienze vissute con gli indiani d’America e con gli aborigeni australiani che lo hanno avvicinato alla cultura sciamanica, parla 5 lingue, ha attraversato la Cina del nord, la Mongolia, la Siberia, il Canada e l’Australia.
I suoi video riescono, con la stessa naturalezza riconoscibile nelle sculture, a regalare una fresca e leggera passeggiata per le vie di Barcellona, ma anche ipnotiche e ossessive evocazioni di ritmi tribali o riti magici propiziatori.

Sono Tommaso Pellegrini, sono un artista di 32 anni, dopo essermi laureato in cinese e arte cinese antica e contemporanea e aver vissuto in Cina ho cominciato a lavorare come architetto di interni e a dedicarmi a quella che era l’espressione artistica più vicina ai miei gusti.

Sono rimasto affascinato dai racconti degli indiani d’America e degli aborigeni australiani – con i quali ho vissuto per un breve periodo di tempo –  per un semplice motivo: il loro rapporto con la natura e la magia del mondo degli animali; mi sono dedicato quindi alla scultura lignea e alla terracotta cercando di imitare la bellezza e il mistero dell’arte primitiva americana e aborigena australiana ispirandomi anche a Rothko e alla pop-art americana e cinese (di fine anni ’90).

Ho trovato, in materiali come legno e bronzo e nella figura del totem, una forma di arte spirituale  semplice e basica e ho cercato di unirla al design contemporaneo. Ho un master in design e architettura di interni a Barcellona.

Con la terracotta cerco invece di esprimermi nell’arte figurativa, che per me è sempre una sfida e una tradizione antica da non perdere mai.

Mi appassiono anche di musica, suonando flauto shakuhachi, clarinetto e contrabbasso, amatorialmente.

Ho frequentato  l’istituto d’arte etnico di Pechino, l’Accademia d’arte di Carrara e l’Istituto per la lavorazione delle pietre dure Pietro Tacca, ho lavorato per “Circo Massimo” (Raitre), parlo 5 lingue e ho viaggiato attraversando la Cina del nord, la Mongolia, la Siberia, il Canada e l’Australia nella ricerca dei simboli totemici che contraddistinguono le culture sciamaniche di questi luoghi.

In giovane età poi ho avuto la fortuna di partecipare e assistere a delle cerimonie sciamaniche pellerossa (Huicioles) per vari periodi.   Settembre 2011

 

 

TOMMASO PELLEGRINI

Sculture e video

27 ottobre-12 novembre 2011

GALLERIA FONDACO

Via degli Zingari 37 – Roma

Lunedì-Venerdì 10.00-13.30 / 16.00-19.00

Sabato 10.00-13.30 / pomeriggio su appuntamento
Mostra a cura di Francesca Marino e Flora Ricordy

L’artista sarà presente all’inaugurazione

Contatti: +39.06.4873050 
www.fondaco.eu
 [email protected]

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Due sculture di Pietro De Laurentiis al Maxxi

ASSOCIAZIONE CULTURALE PIETRO DE LAURENTIIS – WWW.PIETRODELAURENTIIS.IT

Due sculture di Pietro De Laurentiis al Maxxi

Due sculture di Pietro De Laurentiis, saranno in esposizione al Maxxi di Roma nell’ambito della mostra “Luigi Moretti, dal razionalismo all’informale”, a cura di Bruno Reichlin e Maristella Casciato, che rimarrà aperta dal 30 maggio al 28 novembre 2010.
Si tratta di due opere, “Gallo” e “Bufalo”, già esposte dallo stesso Luigi Moretti durante la “Mostra della casa abitata”, tenutasi a Palazzo Strozzi a Firenze nel 1965, occasione in cui l’architetto romano riprodusse fedelmente il suo studio, al punto tale da trasferirsi per una settimana a Palazzo Strozzi, mettendo in mostra se stesso al lavoro.
“Gallo” è un bronzo a tuttotondo, fuso a cera persa, attualmente di proprietà del Museo Barbella di Chieti. È stato esposto durante la VII Quadriennale Nazionale d’Arte di Roma del 1955.
“Bufalo”, proveniente da una collezione privata, è un bronzo, fuso a cera persa, è già stato esposto in una personale di De Laurentiis alla Galleria Montenapoleone di Milano nel 1959.
Ad accompagnare la mostra morettiana che inaugura il Maxxi, il volume “Luigi Moretti. Razionalismo e trasgressività tra barocco e informale”, a cura di Bruno Reichlin e Letizia Tedeschi, edito da Electa, contenente – tra l’altro – un saggio di Francesco Moschini dedicato al rapporto tra lo scultore Pietro De Laurentiis e l’architetto Luigi Moretti.

ASSOCIAZIONE CULTURALE PIETRO DE LAURENTIIS
www.pietrodelaurentiis.it
Via S. A. Merici 70 – 00162 ROMA
Tel. 333 2922088

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“CONVERGENZA 2010”

COMUNICATO STAMPA
“CONVERGENZA 2010”
Mostra Internazionale d’Arte Contemporanea.
Con la partecipazione di tredici artisti provenienti da 9 paesi di quattro continenti. Tre scultori e dieci pittori inaugureranno la neo nata Associazione Culturale “Atelier degli Artisti, nel centro di Roma a Trastevere.
In segno di una tanto desiderata fratellanza universale daranno inizio alle attività dell’Atelier degli Artisti”.
Non esistono al mondo uomini non interessanti. I loro destini sono come le storie dei pianeti. Ognuno ha la sua particolarità, non ha un pianeta che gli sia simile. E se uno viveva inosservato e amava questa sua insignificanza, proprio per la sua insignificanza egli era interessante tra gli uomini. Ognuno ha il suo segreto mondo personale. In quel mondo c’é un attimo felice. (E. Evtushenko)
Detto di due o più soggetti, convergere è andare verso lo stesso punto muovendosi da direzioni diverse.In questa occasione quindici artisti d’origine geografico diverso ,uniti dall’amore per l’arte sia pittura che scultura si sono riuniti senza distinzione di percorso artistico e anni di lavoro in questo campo,tutt’ insieme sia emergenti che affermati. Sarà la presentazione di una variata gamma di mondi ed’espressioni.
Joeliton Da Paixao(Brasile), Ruben Darìo Martinez(Colombia)Cèsar Perèz, (Perù)Ana Zambrano(Colombia),Alione Badara(Senegal)Madina Mbodj(Senegal)Ra Kajol (Bangladesh)Uttam Kumar Karmaker(Bangladesh) Fumio Sasaki Giappone),Lee Sun(Corea del Sud),Elena Ducu(Rumania),Genaro Leva(Italia)Massimo Petrucci(Italia).
Inaugurazione : giovedì 6 Maggio 2010 ore 18:00
Dove: Associazione Culturale “Atelier degli Artisti :Via Arco di San Calisto 40, Roma .
Orario :Dalle 18-alle 22

Ingresso : gratuito
Info:

Responsabile – Galleria: Kelly Costa :06/96844351;

[email protected]
A cura di : Dulcinea Brito : [email protected]
Ufficio Stampa e Grafica : Socorro de Jesus Aranda: [email protected] ; [email protected]

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L’OPERA NON PIANGE. Incontro con Vittorio Giusepponi, Paolo Balmas e lo staff di Embrice

Galleria Embrice – Roma, Via delle Sette Chiese, 78 – Tel. 06.64521396 – www.embrice.com

L’OPERA NON PIANGE.
Incontro con Vittorio Giusepponi, Paolo Balmas e lo staff di Embrice
a conclusione della mostra “MALEDUCATA PER DEFINIZIONE”.

sabato 31 ottobre 2009, dalle ore 18.00.

A conclusione della mostra “Maleducata per definizione”, la galleria Embrice promuove un incontro con Vittorio Giusepponi, Paolo Balmas, e gli amici di Embrice per una riflessione sulla scultura e le materie di Vittorio.

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VITTORIO GIUSEPPONI: “MALEDUCATA PER DEFINIZIONE”.

Galleria Embrice – Roma, Via delle Sette Chiese, 78 – Tel. 06.64521396 – www.embrice.com

VITTORIO GIUSEPPONI: “MALEDUCATA PER DEFINIZIONE”.

A cura di Paolo Balmas
Coordinamento di Carla Corrado e Gianluca de Laurentiis

Inaugurazione: venerdì 16 ottobre 2009, ore 18.00 – 22.00

Da venerdì 16 ottobre 2009 – a venerdì 31 ottobre 2009. Orario: 18 – 20, chiuso la domenica.

La galleria Embrice apre la stagione 2009/2010 il prossimo venerdì 16 ottobre con una personale di Vittorio Giusepponi.
Nato ad Offagna in provincia di Ancona nel 1950 e da anni a Roma, Vittorio Giusepponi si è confrontato, nei suoi cicli di lavoro, con la materia nelle sue diverse accezioni: legno, marmo, carta, vetro. In quest’occasione ci propone l’esperienza con la materia nella sua progressione da argilla a ceramica: un’ulteriore tappa del suo essere scultore. Perché “fare lo scultore vuol dire lavorare con la materia, e lavorare con la materia vuol dire imparare che la materia è maleducata per definizione. O fai ciò che lei vuole sia fatto o non sarai mai un artista. Non farai mai qualcosa di vivo.”

È d’altra parte lui stesso ad ammettere – in senso programmatico – che è il confronto con la materia a determinare dalle fondamenta il suo essere scultore: “Nella scultura, è il materiale che ti sceglie, che determina che tipo di artista sarai, cosa esprimerai di te stesso. La statua di legno, oppure di marmo, si carica. Prende dall’universo la sua energia. Non è un miracolo, ma un potere, un potere quasi incredibile, ma assolutamente reale. È un po’ come per l’albero che prende diverse sostanze dalla terra e poi dà frutti, frutti che si aprono sull’esterno incidendo sulla nostra vita dal punto di vista della qualità. Un’opera di scultura, svolge questo compito continuamente.
L’opera sa come gestire il suo apparire, siamo noi che non lo sappiamo e dobbiamo impararlo.
Noi non sappiamo sempre come reagire ai cambiamenti atmosferici, a volte il sole ci da fastidio, a volte se piove ci mettiamo a piangere. L’opera non piange, a meno che non sia una fontana o che non sia la tradizione popolare volerla veder piangere.”

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L’Associazione Pietro De Laurentiis dona una scultura in favore delle opere danneggiate dal terremoto dell’Aquila

COMUNICATO CONGIUNTO ASSOCIAZIONE PIETRO DE LAURENTIIS E FONDAZIONE VENANZO CROCETTI

L’Associazione Pietro De Laurentiis aderisce all’appello della “Fondazione Venanzo Crocetti” e dona un bronzo dello scultore abruzzese, per il recupero delle opere d’arte danneggiate dal terremoto dell’Aquila. La scultura è stata già consegnata alla Fondazione Crocetti che, nei mesi scorsi, aveva preso l’iniziativa di raccogliere opere d’arte significative per organizzare un’asta di beneficenza.
L’asta si terrà il prossimo 23 agosto a Castelbasso (Teramo). L’intero ricavato sarà utilizzato, sotto la responsabilità degli organizzatori, per il ricupero di opere d’arte danneggiate dal terremoto. La scelta delle opere danneggiate da ricuperare sarà fatta dai competenti uffici delle sovraintendenze abruzzesi e dagli uffici del presidente della Giunta Regionale.
La decisione di aderire all’iniziativa è stata presa per rendere un dovuto omaggio alla terra natia di Pietro De Laurentiis.
L’opera, un bronzetto del 1982, fuso a cera persa, si inquadra nell’ambito della pluridecennale esplorazione di Pietro De Laurentiis sulle possibilità espressive delle superficie. La scultura di Pietro De Laurentiis si pone, infatti, sin da subito il problema del rapporto tra spazio e forma “ben sapendo,” come chiosava Filiberto Menna nel 1987, ”che occorreva attraversare la propria morte tridimensionale prima di recuperare, con pienezza di diritti, una nuova spazialità”.
Già nel 1959 Giulio Carlo Argan notava che le forme plastiche del maestro abruzzese si muovono in uno spazio “stranamente bidimensionale, o comunque abnorme o di scarsa profondità.” All’interno del quale – sottolineava Eugenio Battisti nel 1963 – “dimostrano di possedere degli autentici valori di liricità, proprio nell’incresparsi insistente della superficie, dalle cui continue rotture e modulazioni sorgono, a volte, effetti quasi drammatici.”

Associazione Pietro De Laurentiis www.pietrodelaurentiis.it  – Fondazione Venanzo Crocetti www.museocrocetti.it

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Marco Milia “urban necessity”

                                                              

                Marco Milia  Urban necessity “I sottili trampoli che s’alzano dal suolo a gran distanza l’uno dall’altro e si perdono sopra le nubi sostengono la città. Ci si sale con scalette. ( …) Nulla della città tocca il suolo tranne quelle lunghe gambe da fenicottero a cui si appoggia e, nelle giornate luminose, un’ombra traforata e angolosa che si disegna sul fogliame.” Così Italo Calvino nel 1972 descriveva ne “Le città Invisibili” la città di Bauci. Così il giovane artista romano Marco Milia dà forma alle sue città immaginarie, quelle che crea da circa quattro anni, da quando ha iniziato una ricerca sul contesto urbano-architettonico, lo stesso che è presente in tutte le sue opere. Una suggestione letteraria come quella di Calvino diventa quindi “soltanto” un pretesto d’ispirazione dal quale partire per condurre un’indagine sulla città, una analisi che non è né puramente architettonica né esclusivamente di origine urbanistica ma è di più: è uno sguardo mentale che tiene conto degli spostamenti, dei mutamenti delle infinite forme che il tessuto urbano può assumere. Una città vista quasi come se fosse un’entità dotata di personalità propria con cui interagire, al fine di riappropriarsi di uno spazio, di occuparlo e viverlo con rispetto e cura. Tutto questo è racchiuso nelle opere “Discesa da Bauci II” del 2007 e nella più recente “Città dorsale”( 2008) in cui la metropoli è rappresentata con sembianze simili a quelle umane, con una colonna vertebrale che crea volume e occupa lo spazio in maniera imponente.Acciaio inox e legno-sabbia sono i materiali usati e assemblati con rara abilità da Milia per plasmare le sue città e dare vita alle sue opere: vuoti, pieni, ombre e luci fanno il resto, proprio come in una città immaginaria.                                               Valentina Bernabei   

Opening 23.04.09 ore 18.00 èstilegalleryvia chiana 15 00198 Roma

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Fiera dell’arte contemporanea a Lisbona

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  • 27 Ottobre 2008

Le opere di arte contemporanea, quelle cioè prodotte durante il XX e XXI secolo, proprio perché di recente realizzazione a volte risultano poco conosciute ai più, o comunque poco comprese.

Non è facile, questo è il giudizio dei non addetti al lavoro, ma non solo, comprendere il senso di certe installazioni di arte contemporanea, o cogliere l’essenza di certi dipinti o sculture, e stabilire quali opere abbiano un valore effettivo e quali invece no.

Chi volesse chiarirsi le idee su questi argomenti, trovare delle risposte a queste questioni, e soprattutto, conoscere e imparare a conoscere l’arte contemporanea, dovrebbe recarsi alla Fiera dell’Arte Contemporanea di Lisbona e magari soggiornare in appartamenti affitto vacanze, che si svolge ogni anno nella capitale portoghese. L’ottava edizione della fiera si svolgerà dal 20 al 24 novembre, con un’anteprima il 19, negli spazi della Feira Internacional de Lisboa (FIL), situata sulla riva settentrionale del fiume Tagus, un edificio circondato da ampi spazi aperti, ma anche da varie aree di divertimento e dedicate allo shopping, l’ideale per passare dei piacevoli momenti anche prima e dopo aver visitato la fiera.

All’interno degli spazi della fiera sarà invece possibile immergersi completamente nel mondo dell’arte contemporanea, grazie agli spazi espositivi dedicati a circa settanta gallerie, portoghesi e internazionali, che avranno la possibilità di far conoscere i lavori degli artisti da loro scoperti. In particolare, saranno presenti 45 gallerie portoghesi e 25 straniere, di cui 21 spagnole, mentre le restanti proverranno dal Brasile, dal Mozambico, dalla Germania e dalla Corea. Tutti gli espositori sono però accomunati dall’alta qualità delle opere artistiche che propongono, e che garantiscono così l’alto livello dell’evento. Tutti gli espositori sono stati infatti scelti seguendo dei criteri precisi, quali la qualità delle mostre tenute nelle suddette gallerie, la collaborazione comprovata con gli artisti, la presenza ad altre fiere internazionali, la presenza delle opere degli artisti in collezioni pubbliche o private, la capacità delle gallerie di promuovere i propri artisti anche al di fuori dei confini nazionali, la collaborazione con altre gallerie a livello internazionale. Questi criteri hanno permesso di selezionare delle gallerie particolarmente valide, e i visitatori, ma anche i professionisti e i collezionisti, visitando la fiera troveranno sicuramente opere di grande qualità e valore (dai dipinti ai disegni, dalle sculture alle opere fotografiche, dalle installazioni a lavori sperimentali) sia di artisti conosciuti che di giovani emergenti.

Da qui si comprende anche l’obiettivo della mostra, che è quello di promuovere e vendere grandi opere di arte contemporanea, fornendo una panoramica esauriente in materia, nonché mettere in relazione gallerie e artisti con collezionisti, musei e professionisti. Un altro obiettivo della fiera è quello si insegnare alle persone a conoscere e apprezzare l’arte contemporanea, fornendo varie informazioni in materia attraverso un significativo numero di pubblicazioni e perché no, scoprire il territorio permettendo soluzioni ed offerte per il pernottamento in bed and breakfast a Lisbona estremamente vantaggiose.

L’intento didascalico della mostra è evidente anche se prendiamo in considerazione un evento che caratterizza particolarmente questa fiera, ossia l’“Art Kids”, che si propone di far conoscere l’arte contemporanea a bambini dai 3 ai 12 anni con un fitto programma di attività, come per esempio una specie di caccia al tesoro durante la quale i bambini sono chiamati a scoprire in quali stand siano esibite determinate opere, e dei laboratori dove possono creare il proprio capolavoro.

Una fiera adatta a tutte le età e a tutti i livelli di competenza, per imparare a conoscere, capire e amare l’arte contemporanea.

Lisbona è una città ricca di arte e cultura, e la Fiera di Arte Contemporanea ne è solo un esempio. Approfittate di questo evento per conoscere a fondo anche la città: prenotate subito uno dei tanti ostelli gioventù a Lisbona economici.

Biglietti: 8 euro, ridotti (studenti, bambini e pensionati) 4 euro
Date: 19-24 Novembre 2008
Dove: Feira Internacional de Lisboa (FIL), Lisbona, Portogallo

Distribuzione a cura di Michele De Capitani
Prima Posizione Srl – E-mail marketing

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