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L’origine italiana e le certificazioni CSR rassicurano il consumatore

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  • 17 Luglio 2020

La provenienza nazionale, il rispetto per l’ambiente, l’eticità della filiera, la tutela dei lavoratori e del benessere animale sono elementi distintivi sempre più segnalati in etichetta. Il sell-out del paniere dei prodotti CSR monitorati dall’Osservatorio Immagino ha raggiunto i 3,8 miliardi di euro.

Avere comportamenti etici e comunicarli ai consumatori si conferma una strategia vincente per le aziende del largo consumo. Loghi, “bollini” e claim che certificano l’origine delle materie prime, le modalità produttive, il rispetto dell’ambiente e dei lavoratori sono percepiti come rassicuranti dagli shopper e i marchi che ne hanno fatto uso hanno ottenuto maggiore spazio sugli scaffali della grande distribuzione. Lo rileva la settima edizione dell’Osservatorio Immagino di GS1 Italy, realizzato in collaborazione con Nielsen, che ha preso in esame un paniere di 111.639 prodotti di largo consumo che sviluppano l’82% del fatturato italiano di ipermercati e supermercati.

Italianità

L’immagine rassicurante più diffusa sulle confezioni è la bandiera del paese d’origine (prevalentemente quella italiana): si trova sul 13,4% dei prodotti del paniere Immagino (+0,5% rispetto al 2018), e pesano il 14,6% del giro di affari complessivo che è pari a 36 miliardi di euro (Figura 1). Le vendite hanno riguardato principalmente affettati, pasta di semola, surgelati, sughi, detersivi per stoviglie e preparati avicunicoli.

Responsabilità sociale

Un ruolo importante lo svolgono anche le certificazioni legate alla Corporate social responsibility (CSR) presenti sul 7,4% dei prodotti che costituiscono il 10,6% delle vendite (3,8 miliardi di euro).

In particolare, l’Osservatorio Immagino ha individuato otto certificazioni dell’area CRS. Le più rilevanti per giro d’affari sono FSC (Forest Stewardship Council), che ha sviluppato il maggior incremento delle vendite (+1,0% annuo), Sustainable cleaning (+0,4%), relativa alla detergenza, e Friend of the sea (+0,3%), riferito ai prodotti ittici ottenuti in modo sostenibile. Nei 12 mesi analizzati hanno aumentato la loro presenza sui prodotti le certificazioni Ecocert (+19,6% delle vendite) che certifica l’origine naturale o biologica delle materie prime impiegate in alimenti, cosmetici, detersivi e tessuti; UTZ (+16,2%), che garantisce la produzione sostenibile di the, caffè e cioccolato; Fairtrade (+8,5%), che garantisce il rispetto di migliori condizioni dei lavoratori nei paesi in via di sviluppo, ed Ecolabel (+4,4%) che attesta il ridotto impatto ambientale delle aziende che hanno ottenuto l’utilizzo del logo. Al contrario i prodotti presentati in etichetta come Cruelty free (esenti da test sugli animali) hanno accusato una flessione delle vendite di -3,4%, principalmente per la riduzione dell’offerta nei cibi per cani, nelle salviette per bimbi, nei dopo shampoo, nelle creme trattamento corpo e nei prodotti per la pulizia del viso.

Marchi europei

Si allarga l’offerta di prodotti biologici provenienti dall’Unione europea, riconoscibili dal logo EU Organic che arriva al 6,8% del paniere dell’Osservatorio Immagino, in particolare formaggio grana, uova, panificati senza glutine, surgelati vegetali e frutta secca sgusciata. Si registra però un rallentamento della crescita del valore delle vendite (+2,1% annuo rispetto a +6,2% del 2018 sul 2017).

Il marchio CE è invece presente solo sul 2,1% dei prodotti del largo consumo con un’incidenza dell’1,6% del valore delle vendite. Rispetto al 2018 l’offerta di beni dotati di questo riconoscimento è salita di +4,9% ed è aumentato il giro d’affari soprattutto di uova di Pasqua, dentifrici e prodotti per incontinenti.

 

GS1 Italy è l’associazione che riunisce 35 mila imprese di beni di consumo. Ha l’obiettivo di facilitare il dialogo e la collaborazione tra aziende, associazioni, istituzioni per creare valore, efficienza, innovazione, per dare più slancio alle imprese e più vantaggi al consumatore. Offre soluzioni concrete come i sistemi standard GS1, per favorire la visibilità e l’efficienza della catena del valore. Il più conosciuto è il codice a barre, usato in Italia e in oltre 150 paesi al mondo, permette lo scambio di informazioni tra Industria e Distribuzione con chiarezza, semplicità e senza errori. Propone inoltre tecniche, strumenti, strategie operative: sono i processi condivisi ECR.

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Nasce la sesta benefit corporation italiana

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  • 7 Gennaio 2015

Da oggi nel ristretto circolo delle Benefit Corporation italiane ed europee c’è anche Little Genius International® (www.littlegenius.it), azienda nata come scuola per nativi digitali da un’idea della dr.ssa Ruhma Rinaldi (educatrice esperta in sviluppo sostenibile e sociologia della medicina, oltre che moglie del sottoscritto). L’obiettivo perseguito insieme negli anni era quello di realizzare una struttura che favorisse, nei propri alunni, un’educazione volta ad enfatizzare e incoraggiare l’analisi critica, il pensiero creativo, l’opportunità e la libertà di pensiero, iniziando o migliorando la lingua inglese nei bambini attraverso una metodologia specifica e strumenti didattici sviluppati appositamente.

Questa interessante avventura aveva anche altri obiettivi, in particolare, sul piano imprenditoriale, l’intenzione era di fare innovazione molto spinta nel settore educativo fornendo metodologie focalizzate sulle generazioni di nativi digitali e fondando un’”Impresa marcatamente Etica”: etica nei rapporti con i clienti ma anche in quelli con i fornitori, collaboratori e dipendenti; intimamente connessa con il tessuto sociale e ambientale del territorio in cui nasceva. E questa è proprio la filosofia delle Benefit Corporation (B corp) nate come idea per creare un modello imprenditoriale che sia la soluzione di sintesi tra le società for profit e quelle no profit.Questo, in un’ecosistema d’impresa come quello italiano in cui anche gli enti preposti al sostegno d’impresa per statuto, invece di aiutare le imprese, le ostacolano con burocrazia pedante o ben peggio.

In questo contesto la Little Genius è riuscita a creare un metodo unico a livello globale denominato ICE® Infinite Child Evolution e cedibile a qualunque scuola che ne richieda l’uso in licenza; idee, metodi e marchi depositati che ora ne fanno un’azienda di punta sul piano dell’innovazione di settore, non tanto in Italia in cui all’innovazione c’è attenzione solo nei ns circoli di ‘esperti’ e per il resto rimane una buzz word in bocca a politicanti e arrivisti, quanto sul piano internazionale come spesso capita, avendo ricevuto riconoscimenti da Università e centri ricerca esteri e anche ‘repliche’ più o meno legittime dato che negli anni si è volutamente lasciato che il metodo e il brand stesso si diffondessero secondo una logica ‘open source’, fatto che oggi, data la filosofia applicata in maniera strutturata di B Corp si è preferito portare a profitto-beneficio attraverso un piano di licensing a pagamento che rende anche più agevole il controllo qualitativo e la garanzia che i proventi generati dall’uso di metodi, marchi e strumenti siano correttamente utilizzati (molte scuole Little Genius nate nel mondo – Qatar, Mauritius, Vietnam, USA, India ecc. –  stanno invece puntando al mero profitto sfruttando nome e metodo).

Little Genius International® è, dunque, a partire da dicembre 2014, una Benefit Corporation riconosciuta e certificata a livello internazionale (www.bcorporation.net/community/little-genius-international). È solo la sesta in Italia ad ottenerla e quella che ha conseguito il punteggio tra i più alti fino a questo momento.

Cosa vuol dire essere una Benefit Corporation (B Corp)? Qualcuno la definisce una Terza Via tra le aziende for profit e le realtà no profit. Storicamente le seconde sono quelle depositarie delle iniziative a favore del bene comune inteso nel suo senso più alto, mentre le prime agiscono soltanto per massimizzare i ricavi e minimizzare gli sforzi, addirittura, arrivando anche a forme di vero e proprio danno sociale e ambientale, spesso al limite od oltre il livello dell’agire criminale.

La Terza via è il For benefit, la B Corp, ossia una società che pur essendo attenta al profitto si struttura a agisce per essere non solo un motore dell’economia, ma anche del benessere sociale, del progresso della collettività, del rispetto e del miglioramento dell’ambiente.

In questo quadro, la Little Genius ha da sempre attuato scelte attente al contesto in cui opera, sia organizzando e promuovendo attività a favore di soggetti deboli o disagiati, sia scegliendo i propri fornitori tra le aziende del territorio (quindi favorendo l’economia locale), sia ancora, operando in un edificio in bioarchitettura unico in Italia e attuando una rigorosa campagna di risparmio energetico e di utilizzo di materiali ecologici e riciclabili. Proprio lo stesso edificio che ospita la scuola è tra i più avanzati d’Italia sul piano della bioarchitettura, unico ‘edifico che respira‘.

 

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Responsabilità sociale delle imprese online: Hera al secondo posto in Italia

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  • 28 Maggio 2014

Hera scivola in seconda posizione nei Lundquist CSR Online Awards ma rimane sul podio in Italia con 62,75 punti.

 

Il nuovo sito Web di Hera offre contenuti pertinenti e dettagliati, supportati da una serie di strumenti facilmente fruibili, come la newsletter VedoHera, che offre informazioni aggiornate sulle attività di responsabilità sociale delle imprese, la cosiddetta CSR (Corporate Social Responsibility). Anche la sostenibilità è ben integrata nel sito Web aziendale, in particolare nella sezione Servizi.

 

L’analisi delle migliori 100 aziende italiane* (tra cui le 20 principali imprese non quotate) è stata segnata da due debolezze strutturali: poche aziende sono impegnate a riferire delle misure adottate in merito alla sostenibilità e tra le aziende virtuose, molte non presentano le informazioni basilari sui propri siti Web. Ciò significa che sono state estromesse dai CSR Awards due aziende su tre, con una classifica ridotta a 35 nomi:

Delle prime 80 aziende quotate, il 38% non pubblica alcun rapporto di sostenibilità o di CSR; tra queste alcuni nomi di primo piano nel settore dell’industria, della moda e dei media

 

• Tra le restanti società quotate e le 20 società non quotate, 32 non riportano informazioni basilari sulla sostenibilità sui propri siti Web aziendali, raggiungendo in media solo 6 punti su 25 nella nostra valutazione “core” (il taglio è stato stabilito al di sotto degli 11 punti)

 

• Barilla, Holcim Italia e Ferrero sono state le uniche società non quotate valutate in tutti gli aspetti

 

La ricerca dei CSR Online Awards è volta a valutare le modalità con le quali le aziende fanno uso del proprio sito Web aziendale e delle relative proprietà digitali per comunicare informazioni sulla responsabilità aziendale e sulla sostenibilità e impegnarsi con le parti interessate. Ciascuna azienda è stata valutata sulla base di una serie di parametri, attribuendo un punteggio massimo di 100. Le valutazioni sono state effettuate da un gruppo di analisti di Lundquist tra il dicembre 2013 e il marzo 2014, con diversi specialisti impegnati a valutare una serie di aspetti (contenuti, rapporti, social media, esperienza dell’utente, ecc.)

Come in tutte le edizioni dello studio, il modello di valutazione si è basato su un sondaggio tra gli utenti somministrato a esperti di Corporate Responsibility, professionisti della sostenibilità e parti interessate, nonché ai responsabili di CR/sostenibilità delle aziende valutate.

 

Distanziandosi dalla precedente struttura del protocollo (suddiviso in tre aree: contenuto, esperienza dell’utente e impegno continuo), la valutazione si è incentrata su sette “pilastri”: Concreto, Esaustivo, Fruibile, Continuo, Social, Integrato e Originale. Tutto ciò al fine di poter disporre di una valutazione più flessibile e rimarcare l’importanza di settori come esperienza dell’utente, interesse dei contenuti e social media.

 

A questo link il white paper 6th CSR ONLINE AWARDS

http://www.gruppohera.it/binary/hr_press_comunicazione/news/White_Paper_6th_CSR_Online_Awards.1401206604.pdf

 

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Forum della sostenibilità: tutti i numeri, le idee e i contributi della prima edizione

La giornata dedicata alla responsabilità sociale di impresa e allo sviluppo sostenibile si è chiusa con un bilancio positivo: circa 500 partecipanti, 41 relatori e 19 tra best practice e case history presentate.

La sostenibilità dna per l’azienda. Questo il concetto chiave emerso dalla prima edizione del Forum della sostenibilità frutto della interconnessione delle parole chiave della giornata #profitto #coscienza #condivisione #resilienza #potenziale. 

Durante il meeting, organizzato da Comunicazione italiana il 31 ottobre presso lo Spazio Oberdan di Milano, tavoli di lavoro si sono susseguiti per tutta la giornata e hanno visto aziende, istituzioni e mondo del no profit confrontarsi sulle strategie migliori di promozione della sostenibilità, del ruolo sociale dell’azienda e dei suoi diversi aspetti che comprendono l’ambiente, l’alimentazione e l’etica in senso generale.

L’esperienza di intelligenza connettiva che top manager, imprenditori, professionisti della comunicazione, rappresentanti istituzionali e csr director hanno potuto fare nel contesto dell’evento, unito alla visione di sostenibilità ampiamente condivisa, ha gettato le basi affinché il Forum della sostenibilità non rimanga un appuntamento istituzionale fine a se stesso, ma un vero e proprio percorso di condivisione, di studio, analisi, progettazione e collaborazione, nel contesto di una business community strutturata.

Angelo Trocchia, presidente Unilever Italia, ha definito il Forum “un momento di condivisione e contaminazione di idee” e ha dichiarato: “Incontrare chi crede davvero nello sviluppo sostenibile, è sempre il modo migliore per dar vita a nuove collaborazioni e nuovi progetti in grado di accelerare il cambiamento”.

Stefania Lallai, Communication & CR manager TNT Express Italy, ha apprezzato il Forum soprattutto per la “condivisione di contenuti e giuste energie, dove l’esposizione delle best practice è stata una formula vincente”. Mentre per Anna Adriani, direttore relazioni esterne e ufficio stampa di Illycaffè, l’incontro è stato “uno scambio di esperienza tra aziende, persone e consulenti per capire insieme quali siano le prossime frontiere e le sfide della sostenibilità. Tema che deve essere un modo di fare business e non una sovrastruttura”.

Tra le tematiche importanti emerse nelle discussioni ci sono da un lato la definizione stessa di Csr e dall’altro la sua valorizzazione. Sul primo punto Mario Molteni, direttore di Altis – Università Cattolica, ha esposto un’analisi che differenzia le aziende fra quelle che pensano in senso globale alla sostenibilità della propria organizzazione e struttura da quelle che sviluppano qualche attività sporadica di Csr “perché oggi non si può non farla”. La discussione fra ruolo sociale dell’azienda e valorizzazione della stessa è stata traghettata da Davide Porro, presidente Diesis Group, che grazie all’esperienza differenziata per molti ambiti d’intervento, tipica delle agenzie di comunicazione, ha portato la testimonianza di come siano le aziende che decidono di governare la sostenibilità, e non di assecondare le mode apparenti, ad avere successo in termini di reputazione presso il pubblico, di come questo successo sia amplificabile con campagne di comunicazione costruite su contenuti concreti e di come i risultati debbano e possano essere misurabili.

Sono stati anche gli interventi che hanno raccontato attività concrete del ruolo sociale delle imprese ad aver attirato l’attenzione della platea. Paola Fanelli, Csr director di BNL/BNP Paribas, ha descritto il progetto realizzato in collaborazione con l’associazione Libera di Don Ciotti, un’attività Csr di inclusione sociale che supporta alcuni extracomunitari della periferia torinese nella formazione professionale e nell’inserimento nella società. Fabrizio Politi, il fondatore di SixthContinent, ha illustrato la realtà del social network economico che permette ai consumatori di scoprire le imprese che impoveriscono il mercato, distinguendole da quelle che invece producono effetti economici virtuosi (attualmente è presente un database di 600mila aziende in 42 Paesi) selezionate attraverso un criterio che prende in considerazione il fatturato, l’utile netto e il numero di dipendenti e dar loro la possibilità di scegliere come orientare i propri acquisti.

Fabrizio Cataldi, fondatore di Comunicazione italiana ha dichiarato: “Questa prima edizione del Forum ha riscosso il successo che speravamo, creando dibattito e confronto tra gli attori coinvolti quando si parla di Csr. Il Forum ha permesso la condivisione di best practice e strategie, condividendo le problematiche e i punti di forza dei vari player e permettendo la creazione di un network per lo sviluppo di future iniziative. La sostenibilità è un argomento fondamentale per lo sviluppo delle aziende, soprattutto in un periodo di crisi, laddove le aziende più brave hanno saputo trovare anche nuove opportunità. Quanto emerso in questa giornata di lavoro ci ha spinto a ipotizzare altri momenti di confronto con le aziende anche con format differenti”.

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Responsabilità sociale on-line: Hera prima in Italia

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  • 13 Novembre 2012

La multiutility in cima alla classifica stilata dalla società Lundquist, che valuta la comunicazione su web in tema di responsabilità sociale delle 100 maggiori società italiane quotate.

Hera si conferma ai vertici nazionali nella comunicazione della responsabilità sociale sul web. Lo afferma la prestigiosa classifica elaborata da Lundquist in cui viene monitorato l’impegno delle 100 maggiori società italiane nel comunicare sul web i risultati di natura sociale, etica e sensibilizzazione ambientale. Nel 2010, la multiutility era salita sul gradino più alto del podio, nel 2011 era arrivata terza: quest’anno ha nuovamente scalato la classifica, piazzandosi al primo posto con 76,5 punti su 100 e scalzando Gruppi come Fiat e Unicredit. In Italia sono state analizzate 100 grandi società, anche tra le non quotate, tra quelle che pubblicano un bilancio di responsabilità sociale. E la media è purtroppo molto bassa: 34 punti su 100.

La ricerca, attraverso una valutazione di 68 parametri, valuta la quantità e la qualità con cui le aziende mettono sul web informazioni utili a misurare l’impatto sociale, ambientale ed economico della propria attività. Per esempio, l’interattività (uso di social media, blog o podcast) e la comunicazione visuale (video e grafici).Per Hera questo significa la valutazione di centinaia di informazioni, proposte attraverso diversi strumenti on-line. Ad esempio, la pubblicazione in tempo reale delle emissioni dei termovalorizzatori gestiti, l’evidenza della qualità dell’acqua erogata per ciascun comune, il dettaglio con cui viene rendicontato il valore aggiunto economico prodotto per il territorio, il livello delle perdite idriche nelle reti, la tracciabilità della raccolta differenziata o l’indice di frequenza degli infortuni all’interno del Gruppo. O la web-chat sulla responsabilità sociale d’impresa, che viene condotta subito dopo la presentazione del Bilancio di Sostenibilità: uno dei primi esempi in Italia, estesa da quest’anno anche al report tematico sulla qualità dell’acqua potabile, In buone acque.

La prima posizione di Hera, secondo la motivazione del premio, parla di ottime performance in tutti i campi. In particolare, “il sito si presenta molto user-friendly, ricco di informazioni – spiega Lundquist – ed è supportato da strumenti di dialogo web-based come applicazioni, web chat, social network”.

 

Dalla ricerca sono emerse varie considerazioni sulla situazione italiana rispetto alla comunicazione web delle aziende in tema di responsabilità sociale. Secondo i dati di Lundquist, che ha condotto più di 400 interviste, solo il 12% delle grandi aziende italiane usa Facebook o Twitter per i temi CSR. Solo 10 su 100, ancora, sono quelle presentano in maniera interattiva i dati. Infine, ben il 47% delle maggiori società quotate in Italia non investe nella rendicontazione formale di temi CSR. Molte fra quelle più grandi, non redige affatto alcun bilancio di sostenibilità.

“L’indagine di Lundquist ci rende particolarmente orgogliosi, visto l’impegno che Hera ha sempre dimostrato nella comunicazione al cittadino delle proprie azioni di responsabilità sociale – spiega Maurizio Chiarini, Amministratore Delegato Hera e Presidente di Impronta Etica, associazione per la promozione e lo sviluppo della responsabilità sociale d’impresa – Siamo determinati a continuare in questa direzione, migliorandoci sempre di più per una comunicazione completa e trasparente delle nostre performance economiche, ambientali e sociali. Allo stesso tempo, ci impegneremo nel diffondere la cultura della responsabilità sociale nel nostro paese, dove c’è sicuramente bisogno di fare uno scatto in avanti su questi temi”.

 

 

 

 

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Sustainability Day Enel: CSR centrale anche per le imprese dei paesi emergenti

• Nella sede di Endesa a Madrid i maggiori esperti mondiali: la responsabilità sociale dell’impresa, una cultura globale che promuove la crescita.

• 280 top manager di aziende internazionali intervistati dall’Economist Intelligence Unit: la sostenibilità al centro delle strategie aziendali anche nei mercati emergenti.

Madrid, 15 febbraio 2011 – Le aziende riconoscono alla sostenibilità un ruolo centrale nella strategia a lungo termine ed è sempre più diffusa la consapevolezza di come l’attenzione alle pratiche di sostenibilità ambientale, sociale e di governance favorisca le prospettive di un’impresa al pari di una buona gestione finanziaria. Per questo, anche le imprese dei paesi emergenti la mettono al centro delle loro strategie e la considerano un’opportunità per rafforzare le relazioni con clienti e investitori delle economie sviluppate.

Oggi al Sustainability Day organizzato dall’Enel, sono state presentate le conclusioni del rapporto dell’Economist Intelligence Unit “Futuro sostenibile: promuovere la crescita tramite la sostenibilità” . La giornata mondiale dedicata alla Responsabilità Sociale d’Impresa organizzata dal Gruppo, si è svolta presso la sede di Endesa a Madrid, e ha messo a confronto esperti internazionali, manager di fondi etici, rappresentanti della società civile e delle istituzioni internazionali, con l’obiettivo di proporre nuove strategie globali di crescita sostenibile. La ricerca è stata realizzata, per conto di Enel, intervistando oltre 280 top manager di imprese internazionali, in Asia, Europa Occidentale e Nord America.

“L’adozione e la promozione di valori etici e sociali, condivisi a livello globale, è un dovere delle imprese in un mondo che cambia sempre più velocemente” – afferma Fulvio Conti, Amministratore Delegato del Gruppo Enel. “Integrare business e sostenibilità è fondamentale per creare nuovi valori che mantengano fiducia e affidabilità nell’operato di impresa. Il raggiungimento di una competitività sostenibile è possibile non solo con una strategia di crescita basata su solidità finanziaria e redditività ma anche sul coinvolgimento dei diversi attori sociali e su una politica di gestione delle risorse ambientali definita e condivisa. In particolare, in un mondo dove due terzi della popolazione non ha raggiunto un adeguato livello di benessere, è responsabilità delle utility elettriche che l’energia di domani sia abbondante, a costi ragionevoli e rispettosa dell’ambiente”.

Il “Sustainability Day” è un’occasione per promuovere una cultura orientata alla responsabilità, che porti verso un modo innovativo di concepire la sostenibilità aziendale a livello globale. L’evento è stato presieduto dal professor Mervyn King, presidente della Global Reporting Initiative e membro dell’advisory group del settore privato per la Banca Mondiale sulla Corporate Governance. Dopo gli interventi di Fulvio Conti, Borja Prado, Presidente di Endesa, e del Ministro spagnolo alla Presidenza Ramon Jauregui, si è discusso di come ripensare le strategie imprenditoriali per promuovere la crescita. Al panel hanno partecipato: Andrea Brentan, Amministratore Delegato di Endesa, Christiana Figueres, Segretario Esecutivo UNFCCC, Enrico Giovannini, membro della Commissione Stiglitz e Presidente Istat, Teresa Ribera, Segretario di Stato spagnolo per il Cambiamento Climatico, Deepa Gupta, Cofondatore India Youth Climate Network, Emma Howard Boyd, Direttore Jupiter Asset Management, Eduardo Montes, Presidente UNESA, Aldo Olcese, Presidente sezione business e finance della Accademia Reale Spagnola di Economia.

A gennaio 2011 Enel e la controllata Endesa, sono state scelte per entrare a far parte del Global Compact LEAD, l’iniziativa del Global Compact delle Nazioni Unite che riunisce le 54 migliori aziende mondiali, punti di riferimento per l’elaborazione di un modello globale di sostenibilità economica, sociale e ambientale. Enel inoltre fa parte, per il settimo anno consecutivo, del Dow Jones Sustainability STOXX Index, indice di riferimento per i mercati, che include le migliori aziende al mondo secondo criteri stringenti di sostenibilità.

In occasione del Sustainability Day, è stato pubblicato un numero di Oxygen, rivista di Enel che promuove il dialogo scientifico, interamente dedicato alla Corporate Social Responsibility. Per la prima volta, Oxygen sarà disponibile anche su iPad, in italiano e in inglese. Per l’evento, Enel ha creato il sito dedicato www.enelsustainabilityday.com dove sono stati seguiti i lavori in diretta, sono disponibili la ricerca e le interviste ai partecipanti, il numero di Oxygen e una mappa interattiva dell’area espositiva. Su Twitter, Enelsharing (http://twitter.com/enelsharing) gli aggiornamenti sui lavori.

All’esterno dell’Auditorium, sono stati esposti i progetti di sostenibilità più significativi realizzati da Enel ed Endesa: dal Codice Etico agli investimenti in ricerca e innovazione, dagli esempi di dialogo coi territori al rispetto per l’ambiente alla Corporate Governance.

Enel ha anche neutralizzato le emissioni di CO2 prodotte per la realizzazione dell’evento (un totale di 58 tonnellate) attraverso la piantumazione di 420 alberi nell’area deforestata di Mbam Kim in Camerun.

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La metafora del barbiere di Stalin e i lavoratori (ir)responsabili

In che senso la metafora del barbiere di Stalin può oggi parlare a noi tutti? È l’interrogativo su cui invita a riflettere Paolo D’Anselmi nel suo libro “Il barbiere di Stalin. Critica del lavoro (ir)responsabile” edito dall’Università Bocconi.

D’Anselmi reinterpreta la Corporate Social Responsibility (Responsabilità Sociale D’Impresa) come la disponibilità a dare conto del proprio lavoro.

Dà conto del proprio lavoro solo chi è esposto alla concorrenza, non chi è protetto da un ordine professionale, da un monopolio, dalla natura del proprio contratto, …

La responsabilità delle organizzazioni, sembra dire D’Anselmi, è qualcosa di molto vicino alla somma delle responsabilità individuali di ciascuno di noi. Chi non da conto del proprio lavoro è come se evadesse dal lavoro.

Così, alla stessa maniera del barbiere di Stalin che non si sentiva responsabile dei crimini del dittatore mentre gli aggiustava i celebri baffi, anche noi ci dichiariamo sistematicamente innocenti pur essendo immersi nell’irresponsabilità sociale che caratterizza l’Italia: ogni giorno vediamo o subiamo misfatti, disservizi, ingiustizie. Eppure non c’è ne sentiamo responsabili.

L’autore calcola, quindi, che dei 23 milioni di lavoratori italiani, oltre 6 milioni (il 27%) rientrano nelle categorie poco soggette a concorrenza; sono quei lavoratori che – non dovendo dar conto del proprio lavoro – sono (ir)responsabili, come il barbiere di Stalin.


Paolo D’Anselmi, Il barbiere di Stalin. Critica del lavoro (ir)responsabile, Università Bocconi Editore, 2008

Contatti e info: http://www.ilbarbieredistalin.it

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