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IL FILO COTTO NERO: PRODUZIONE E USO

Il filo cotto nero è un prodotto molto utilizzato ma pochi sanno come viene prodotto e soprattutto perché si chiama ‘cotto’: se ad una prima vista questo aggettivo pare quasi derivare da un modo di dire, in realtà esso deriva da una lavorazione fondamentale e attuata proprio per dare quelle caratteristiche di robustezza e di reazione al carico di rottura che lo rendono diverso da tutti gli altri tipi di fili.

Il filo cotto nero viene prodotto con due lavorazioni susseguenti. La prima è quella di trafilatura che consiste, appunto, nella trafilatura del materiale di partenza (vergella) e la sua trasformazione in filo. A questo segue la cottura che consiste in un trattamento termico di cottura. Questo avviene in forni di ricottura elettrici che operano in atmosfera controllata. Questo momento della lavorazione è molto importante perché riporta la struttura delle fibre alla condizione di partenza grazie all’abbassamento del carico di rottura. Con questa operazione di cottura il filo recupera le sue originali capacità di allungamento ed acquista un’elevata duttilità. Per rendere il prodotto più resistente anche agli agenti atmosferici, questo viene poi sottoposto ad un terzo trattamento che è quello della zincatura. Questo tipo di filo è diverso dal filo cotto bianco che, anche dopo la lavorazione, mantiene la brillantezza e la pulizia di superficie che a volte sono necessarie per determinati usi.

filo cotto

Il filo così trattato viene usato principalmente in edilizia per la legatura di ferro ma anche per varie applicazioni connesse alla logistica. Nell’industria, invece, questo è usato come materiale per le recinzioni, per la creazione di vari tipi di rete come quella a maglia sciolta, da pascolo, elettrosaldata e per tutta la legatura di residui. Nel settore agricolo questo si vede spesso nelle vigne, nei frutteti ma anche nelle serre o comunque in tutte quelle circostanze in cui bisogna avvalersi di una legatura solida e duratura.

Per prendere in considerazione le lavorazioni da svolgere quotidianamente dobbiamo far riferimento al settore imballaggio dove il filo cotto, grazie alla sua bassa resistenza meccanica e alla sua malleabilità, è adatto a legare balle di materiali di scarto o di riciclo: i materiali che possono essere legati insieme sono dei più disparati (cellulosa, fibre, residui). Quando un singolo operatore forma da solo i gruppi di materiale, molto utile è l’attoricigliatore tiralegacci professionale. Questo utilizza dei legacci di metallo con due occhielli ai lati. Dopo aver passato il legaccio attorno alla parte da chiudere o agli estremi del filo, prendendo insieme questi due occhielli e con un’azione torcente da parte dell’operatore, si può attuare un fissaggio che diverrà praticamente permanente. I legacci si possono trovare sul mercato con diverse misure. Anche le matassone di filo nero cotto hanno diversi pesi e lunghezze.

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