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Inflazione, un incubo non soltanto per le banche centrali

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  • 10 Novembre 2021

Per le banche centrali è cominciato un percorso lungo una “nuova normalità”. Ma questo scenario ha dei contorni che non sono ancora ben definiti.
Di sicuro è partita la riduzione delle misure di emergenza legate alla pandemia, sotto la pressione della crescita dell’inflazione.
Tuttavia la parola chiave rimane “pazienza”, e i diversi istituti centrali stanno seguendo approcci differenti.

Il tema caldo è l’inflazione

inflazioneLa FED ha appena formalizzato l’annuncio del tapering, e ridurrà gli acquisti di 15 miliardi di dollari al mese. Di questo passo, a metà del 2022 finirà il suo quantitative easing. Tuttavia non parla ancora di rialzo dei tassi di interesse, malgrado la narrativa transitoria parlando d’inflazione stia cambiando.
La BCE, la Banca Centrale Svizzera e quella giapponese sono invece all’altro estremo dello spettro: per adesso non si muovono.

Un problema per banche centrali e asset manager

L’inflazione però non è più soltanto un problema delle banche centrali. Se per oltre un decennio non è stata mai considerata tra i principali rischi sui mercati finanziari, adesso il suo ruolo diventa importante anche per gli opera o fa l’interemdiario.
Sebbene le pressioni inflazionistiche siano ancora considerate in larga parte temporanee, lo scenario potrebbe cambiare. Non c’è certezza che il picco di inflazione sia temporaneo.

I nuovi strumenti protettivi

Per questo motivo gli asset strategist dei broker autorizzati si sono messi in posizione d’allerta, e stanno riallocando il portafoglio alla luce della possibilità di un’inflazione potenzialmente persistente. Tre sono le asset class privilegiate in questo scenario.

In primo luogo i bond sovrani inflation-linked (ILB), che sono strutturalemente connessi all’andamento dell’inflazione, poiché indicizzati al livello dei prezzi. il vero problema è che uesta “protezione” costa cara, visto che il loro costo in molti mercati è alto. In sostanza, offrono rendimenti che al netto dell’inflazione sono bassi o negativi.

Azioni cicliche e asset ad altro rischio

Il secondo strumento sono le azioni cicliche, ossia quelle che seguono l’andamento del ciclo economico. L’inflazione si associa a una fase espansiva dell’economia globale, e alcuni titoli tendono a performare bene in un contesto di prezzi crescenti. Sono i titoli value.

Il terzo strumento protettivo sono gli asset ad alto rendimento. Ad esempio i bond globali high yield e oppure i titoli di debito dei mercati emergenti, al limite anche gli Etf mercati emergenti. Dal momento che offrono rendimenti molto elevati, possono superare l’effetto erosivo dell’inflazione.

A prescindere da quello che scelgono di fare, va ribadito comunque che è impossibile avere certezze sul livello di inflazione dei prossimi anni, ma in molti casi è meglio muoversi per tempo piuttosto che aspettare.

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BCE ostaggio dell’euro: valuta troppo forte per il tapering

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  • 6 Settembre 2017

Ci sono Mario Draghi e la BCE al centro dell’interesse dei mercati finanziari. L’Eurozona sta vivendo una fase molto delicata, non soltanto perché a breve ci sarà l’appuntamento elettorale in Germania, ma anche perché si deve decidere se e fino a quando continuare il Quantitative Easing. Il programma di acquisto titoli voluto un paio di anni fa per sostenere la crescita sembra essere giunto al capolinea. Tuttavia i vertici della BCE sono rimasti spiazzati dal crollo del dollaro e dal conseguente apprezzamento dell’euro. Tutto questo infatti complica terribilmente i piani.

L’euro ostacola i piani della BCE

bce draghiLa valuta unica da diversi mesi sta avanzando costantemente e gradualmente contro il biglietto verde. Ha spazzato via tutte le resistenze tecniche importanti (qui si può approfondire il tema come calcolare supporti e resistenze), comprese quelle dall’alto valore psicologico: prima 1,10, poi 1,15 e adesso sta testando 1,20. Morale della favola? L’euro troppo forte blocca la crescita dell’inflazione che resta ben lontana dal target del 2%. Con questa premessa, parlare di tapering sembra molto complicato.

Per questo motivo i mercati finanziari guardano con grande interesse soprattutto a quello che sta succedendo in Europa. Nessuno sa cosa passa per la testa dei banchieri europei. Decideranno di spostare ancora più in là nel tempo il processo di normalizzazione? Chissà. Forse potrebbero fare il contrario e annunciarlo per fine anno/inizio 2018. Il rischio nel primo caso è trovarsi ancora più spiazzati da una valuta che sale le scalette del Renko senza sosta. Il pericolo nel secondo caso è dare ancora maggiore spinta ad un euro già forte di suo, finendo per vanificare tutti gli sforzi fatti in questi due anni.

Potrebbe andare a finire come dicevano i latini: “in medio stat virtus“. In questo caso significherebbe rivedere l’idea di tapering spinto, abbandonandola a favore di un processo a fasi intermedie nella diminuzione, comunque graduale, degli acquisti di bond.

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