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Dicono che la liquirizia fa male:……..mica vero, anzi!!!

La radice di liquirizia, in fin dei conti una banale radice di una pianta selvatica e infestante che imperversava nei terreni delle campagne, quasi ad essere saldata e non volersene “sradicare “ allorquando c’era da renderli coltivabili: è questo il ricordo che ne rievoca chi ha vissuto e/o vive in Calabria, visto che la migliore qualità, come sottolineato dall’Enciclopedia Britannica, “is made in Calabria”.

 

Eppure riserva una infinità di proprietà inimmaginabili, al punto che è stata nriconosciuta pianta medicinale dell’anno 2012; ed ovviamente i veri intenditori cercano il meglio, riuscendo a reperirla su portali di prodotti tipici calabresi.

 

Perché sembra banale, ma anche una radice va trattata a modo…..proprio come si usa in Calabria: qui infatti, vengono estratte secondo un antico e particolare rituale in autunno, quando la vegetazione va in letargo, e comunque da piante di almeno 3 anni. “Sanificate” ed epurate dalle radichette laterali, tagliate a barrette di 10/15 cm. si procede al processo di essicazione, all’ombra o in ambiente riscaldato (mai superiore ai 40°), conservandola poi in sacchetti o in vetro, evitando comunque luoghi umidi, considerato il carattere igroscopico del prodotto.

 

E gli effetti benefici che la radice di liquirizia può regalare sono tantissimi, oltre al suo classico, arcinoto e scontato uso (in quanto prodotto lavorato) dolciario e per confettame: sicuramente come sedativo della tosse ed espettorante (specialmente in preparazioni destinate ai bambini); come antispasmodico e coadiuvante nei processi digestivi, per i bruciori di stomaco e le gastriti; come terapia dell’ulcera, visto che in essa è contenuto l’acido glicirretico suggerito per tali patologie; masticata è un buon emolliente antinfiammatorio della bocca e delle gengive, calma le irritazioni della gola dei fumatori, schiarisce la voce e migliora l’alito; secondo il resoconto di un apposito studio pubblicato sul Journal of Natural Products “…per la salute di denti e gengive non è necessario spendere soldi per dentifrici iperpubblicizzati…è sufficiente consumare radice di liquirizia”; molti ex fumatori, o quelli che da poco hanno “divorziato” dalle tanto amate/odiate bionde, fanno fronte alle crisi di astinenza “ciucciando” uno stecco di radice di liquirizia.

 

E, “UDITE UDITE”, sembra che la radice di liquirizia sia opportuna anche nel trattamento del diabete di tipo 2 contenendo le amorfrutins, un gruppo di sostanze naturali con effetto anti-diabetico: a questa conclusione è giunto uno studio condotto dai ricercatori del Max Plnck Institut of Molecular Genetics di Berlino. Certo il solo uso di liquirizia non sarà sufficiente a curare il diabete (la concentrazione è infatti troppo bassa): tuttavia i ricercatori hanno sviluppato processi di estrazione speciali, per ottenere adeguate concentrazioni di amorfrutins.

 

E poi è il caso di “sfatare (o almeno ridimensionare) una nomea”……che sconsiglia l’uso della liquirizia in caso di ipertensione: il dott. Fabio Firenzuoli del Centro medicina integrativa, Az. Ospedaliera Univ. Careggi di Firenze, afferma infatti che “…la polvere della radice di liquirizia rispetto all’estratto secco di liquirizia rilascia sicuramente meno «glicirrizina» (responsabile appunto della pressione arteriosa alta)”.

 

Sicuramente la radice di liquirizia è eccezionale per la preparazione in casa del Liquore di liquirizia, secondo la ricetta appresso consigliata

Ingredienti: 10 bastoncini di radice di liquirizia, 300 ml di alcool, 200 g di zucchero e 400 ml d’acqua. Mettere le radici di liquirizia in un contenitore, ricoprile con l’alcool e lasciare macerare per 25/30 giorni, trascorsi i quali far bollire l’acqua con lo zucchero e, una volta che quest’ultimo si sarà sciolto, spegnere il fornello e lasciar raffreddare. Unire l’alcool filtrato, mescolare e lasciar riposare per circa 1 ora, dopodiché procedere al relativo imbottigliamento.

 

Liquirizia…..altro che una semplice, volgare e per tanti versi odiata pianta sconosciuta, dunque. Ed ovviamente, come per qualunque cosa, mai eccedere !!

 

Giorgio Candia www.saporidellasibaritide.it – Corigliano (Cs)

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Il ricettario dei liquori “nuovi”: la vodka alla liquirizia calabrese.

La vodka, un liquore fresco che rievoca immagini e ambientazioni decisamente estive: magari servita in un bel bicchiere ghiacciato, gustata freddissima sotto un ombrellone, per rinfrancarci con il suo sapore esclusivo ed unico. E di varianti e gusti, negli anni, ne sono stati proposti tantissimi: alla pesca, al limone, al melone, alla menta….una sequela che difficilmente ha termine, considerando le infinite preferenze degli estimatori.

Si va facendo sempre più largo, di recente, la Vodka alla liquirizia, una combinazione di aromi che si sposa alla perfezione sia per il suo carattere deciso ed unico; ma anche, anzi forse perché rappresenta un ingrediente fondamentale per numerosi cocktail: il Mojito Nero (Rum, Soda, Vodka a Liquirizia, Lime, Zucchero di canna, Menta); Giotto (un “cicchetto” ottenuto con Vodka alla liquirizia e Triple Sec); Blacktail (Vodka alla Liquirizia, Rum e liquore al caffè miscelati in egual proporzione); Ice Drink (Shaker di Vodka alla Liquirizia con una pallina di gelato alla crema e poco ghiaccio); Alexia (Shakerdi Vodka alla Liquirizia, Rum e crema di latte in egual proporzione e con abbondante ghiaccio, servita nella doppia coppetta cocktail)……..giusto per menzionare i più noti.

Ma..…c’è un “ma”: i veri intenditori della liquirizia, e del relativo liquore in particolare, sanno benissimo che la miglior produzione qualitativa di questa semplice radice è calabrese, come peraltro affermato dall’Enciclopedia Britannica, secondo la qualela migliore qualità is made in Calabria”. Dunque.….occhio ai tarocchi, anche in tal caso!!!

E secondo voi saremmo capaci di mettere in moto il “fai da te” e preparare in casa una buona vodka alla liquirizia??? Vediamo un po’ e testiamo le nostre capacità da “bricoleur, in cucina”, visto che è praticamente estate, il periodo ottimale per il consumo di questo liquore da servire tassativamente “ghiacciato”, o da riservare ed utilizzare quale ingrediente-base per i vari cocktail che consumeremo all’occorrenza.

Non c’è assolutamente da farsi prendere dal panico, dato che in commercio c’è la polvere di liquirizia, reperibile on line presso siti di vendita on.line di prodotti tipici calabresi, che ormai rappresenta un ingrediente esclusivo, facilmente utilizzabile (in quanto assolutamente solubile) per vari usi di cucina (per preparare in casa il liquore alla liquirizia, il gelato, il risotto zafferano e liquirizia o quello limone e liquirizia, il tiramisù alla liquirizia,……..)

Allora, andiamo per gradi, e prendiamo appunto di questa ricetta della Vodka alla liquirizia.

Ingredienti: 100 gr di polvere di liquirizia calabrese, una buona vodka “base”, 100 gr di zucchero (per ammorbidire il gusto secco della vodka, addolcendo nel contempo il tradizionale “amaro” della liquirizia).

Basta miscelare il tutto per ottenere un liquore già pronto per il consumo “sin da subito”, mentre col trascorrere del tempo si otterrà una migliore “amalgama” dei vari ingredienti.

All’occorrenza, ed ove si preferisca un sapore più “dolce” ed una gradazione alcoolica più “blanda”, sostituire lo zucchero con uno sciroppo di zucchero preparato in casa (bollire per qualche minuto 100gr di zucchero in 50 ml di acqua): al solito “de gustibus non disputandum est”…..per cui la variazione delle dosi, o delle modalità di preparazione, dipende dalla propria “personalizzazione”.

Che ne dite… quasi quasi verrebbe voglia di “mettersi in affari”, non è vero??

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Giorgio Candia www.saporidellasibaritide.it – Corigliano (Cs)

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Che bello…il gelato fatto in casa anche se non ho la gelatiera!!!

Un buon gelato con ingredienti sani e genuini, ed in particolare “buono”???

O ti rivolgi ad una gelateria artigianale di fiducia, oppure metti in moto la gelatiera e te lo fai con le tue manucce, in casa. Ed allora chi la gelatiera proprio non ce l’ha,o vuol rimanere sull’artigianale “in senso stretto”…. comunque prediligendo le cose fatte in casa??? E che problema c’è…vediamo un attimino!!!

Ad esempio, un gelato alla liquirizia calabrese fatto in casa e senza gelatiera …preferendo quella in polvere facilmente acquistabile su siti e.commerce di prodotti tipici calabresi: questo perché la polvere di liquirizia (conosciuta da molti anche come puro succo di liquirizia, e quella calabrese è comunque il “non plus ultra) si scioglie meglio, non lascia grumi…insomma diffonde alla perfezione nel preparato il suo indiscutibile sapore.

Allora..pronti con carta, penna & calamaio??? Eccovi la relativa ricetta!!

Gelato alla liquirizia senza gelatiera.

Ingredienti per 6 persone: 100gr di polvere di liquirizia, 300ml di latte, 350ml di panna, 150gr di zucchero

In un pentolino ponete la polvere di liquirizia, il latte e lo zucchero; avviate a fiamma bassa avendo cura di mescolare in continuazione finché i vari ingredienti non assumano omogeneità, sciogliendosi alla perfezione: occhio però…sempre a fiamma bassa e mai portando a bollore!!! Ad amalgama completata spegnete la fiamma e lasciate raffreddare; montate la panna a neve ed unitela nella liquirizia miscelando bene.

Mettete il composto in un contenitore con coperchio, riponetelo in freezer, avendo cura di girarlo e miscelarlo ogni 40 minuti, evitando così il congelamento e la cristallizzazione….ripetendo l’operazione per almeno altre 4/5 volte e sempre a distanza di 40/45min l’una dall’altra. Trascorse 5/6 ore in freezer il gelato è pronto per il consumo.

Visto come è semplice???….e voi che diffidavate!!!

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Autore: Giorgio Candia www.saporidellasibaritide.it – Corigliano (Cs)

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Influenze & raffreddori: farmaci???….no, grazie!!!

Disquisendo di “prodotti tipici calabresi” la prima idea o immagine che se ne ha è quella di squisitezze alimentari dal sapore forte, in particolare salumi, sottoli e tante altre prelibatezze di gastronomia caratterizzate prevalentemente da peperoncino piccante ed altri ingredienti decisi, da degustare magari a ritmo di tarantella & quadriglia……..

Eppure la gastronomia della regione propone molto di più, tra le varie delizie alimentari. Come tra i Mieli & suoi derivati, dove non è difficile trovare delle vere e proprie chicche regionali che poco o nulla hanno a che fare con la descrizione sopra significata; prendiamo in analisi, ad esempio, una referenza delicata, a valenza salutistica e che va opportunamente considerata in particolare durante il periodo autunnale: lo Sciroppo Propoli & Miele di Eucalipto, da assumere prima dell’arrivo della stagione fredda per creare una vera e propria barriera naturale contro Sinusiti, Influenze, Raffreddori, Riniti, ecc.;  in pratica una valida alternativa ai farmaci ed alle alchimie chimico-industriali per far fronte ai disturbi dovuti alle basse temperature.

La propoli tradizionalmente rappresenta, infatti, un antibiotico naturale che protegge da molti microrganismi: si pensi che già in natura viene opportunamente utilizzato dalle api per erigere un muro di difesa dianzi l’ingresso dell’alveare, evitando che indesiderati intrusi (insetti, piccoli roditori, ecc. ) entrino nell’arnia; o come “cemento mastice” per richiudere le fessure che si creano nell’ alveare, per verniciare le pareti interne dell’arnia e per disinfettare gli alveoli e le celle reali.

Diffusa nella medicina popolare come antibatterico disinfettante, negli ultimi anni è stata oggetto di approfonditi studi e continue applicazioni pratiche con conclusioni sorprendenti: la Propoli può senza dubbio essere considerata un antibiotico naturale, le cui proprietà battericide ed antivirali esplicano una azione antimicrobiotica davvero efficace, combattendo le affezioni create da numerosi germi patogeni senza provocare nessuno degli effetti collaterali frequenti nei moderni farmaci.

Dunque la Propoli, unita poi alla delicatezza e squisitezza del miele di eucalipto calabrese ed infusi di erbe aromatiche, beh……se ne ottiene uno sciroppo che è davvero il massimo!!!!! Miele di eucalipto ed infusi di erbe aromatiche, come è risaputo, svolgono infatti una azione balsamica, regalando un immediato sollievo alla gola e al naso chiuso, particolarmente indicati in caso di tosse e malattie da raffreddamento. Utilissimi, infine, ai fumatori che sicuramente avranno ammorbidita e calmata la fastidiosa tosse secca spesso presente e legata al vizio del fumo.

 

Quest’anno facciamo “prevenzione” con lo Sciroppo Propoli & Miele: ne basta davvero poco, ogni giorno, per esser pronti ad affrontare gli acciacchi ed i fastidi della brutta stagione ormai alla porte.

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La spesa di ortofrutta, sul web….e pure con lo sconto!!!

Quali potrebbero essere le primizie della bella stagione, in Calabria, che possono esser commercializzate mediante l’innovativo sistema del commercio elettronico, con certezza in pratica che arrivino a destinazione in ottimali condizioni??? E’ indubbio, infatti, che il territorio offre in questo periodo una infinità di prodotti ortofrutticoli ambiti ovunque, coltivati come al solito con un occhio attento alla natura…..sicuramente di qualità: ma proporli tutti mediante un sito di vendita on.line di prodotti tipici sarebbe pressoché impossibile, visti i problemi di “tenuta” delle relative referenze.

 

Allora, vediamo un po’……scegliendone quelle che non “soffrirebbero durante il trasporto.

 

Sicuramente la proposta di un buon portale calabrese non può fare a meno delle patate novelle della Sila, prodotto ritenuto superiore in quanto viene coltivato nel Parco Nazionale, ad oltre 1000 metri di altezza, nella zona di Camigliatello Silano e dintorni, consentendole di avere forti connotazioni organolettiche e di essere l’unico prodotto di alta montagna del centro Mediterraneo. Ciò le riserva un sapore unico, forse per il fatto di possedere una percentuale di amido decisamente superiore alla media, rendendola più saporita e nutriente di quellache ordinariamente si riesce a trovare in commercio.

 

 

Tra queste spicca sicuramente poi quella “rossa”. Sorprende infatti in tutti gli usi, ma sembra dare il meglio di se stessa nella preparazione in casa degli gnocchi. Il problema di alcune patate, infatti, è quello di avere troppa acqua nella loro consistenza; di conseguenza quando si impastano non legano uniformemente con la farina, ma creano i cosiddetti “grumi”, sicché la preparazione diviene un po’ più dura; la “rossa calabrese”, invece, quando la si impasta con la farina si lega perfettamente con essa senza formare grumi. Si ottiene così una consistenza di farina e patata in ugual misura, sì da aver il vero gnocco di patate.

 

Altra eccellenza del periodo estivo della regione è rappresentata dalla treccia di Cipolle di Tropea, appena raccolte e confezionate, affinché possano essere poste in vendita nel periodo migliore: bella, rosseggiante e soprattutto saporita e profumata, dagli infiniti elementi salutistici riconosciuti unanimemente a questo naturale prodotto agricolo calabrese.

 

E poi, del peperoncino fresco piccante della Calabria..…ne vogliamo proprio parlare??? Rappresenta, in pratica, l’icona della gastronomia regionale, visto che la fa da padrona un po’ in tante prelibatezze gastronomiche: disporne di quello appena raccolto è davvero una chicca da non farsi mancare, da utilizzare nelle varie esigenze di cucina, ovvero da conservare per la bisogna successiva di tutto l’anno.

 

Ci sono, infine, un paio di “squisitezze” che sembrano a prima vista banalità…eppure rappresentano un indispensabile quanto essenziale completamento delle “cosucce” da tenere sempre a portata di mano: l’aglio in bulbi e l’origano selvatico a mazzetti, due “prodottini” che consentono di fare la differenza a qualunque preparazione gastronomica, in particolare per il loro aroma e profumo: non dimentichiamo, infatti, che sono sempre i particolari che connotano in modo originale qualunque cosa….anche, anzi specie, dietro ai fornelli.

 

E se queste specialità le acquistassimo tutte insieme, visto che più o meno tornano sempre utili ed essenziali in casa, magari riuscendo a spuntare un “taglio prezzo” sull’assortimento?? Più o meno come avviene quando facciamo acquisti di ortofrutta…un kilo di questo, una retina di quello, magari un assaggino di quest’altro…ed alla fine ci “scappa” pure lo sconto sul totale complessivo!!

 

Detto…fatto: qualche avveduto portale di vendita on line di prodotti calabresi ha indossato i panni del fruttivendolo, proponendo un assortimento di primizie calabrese….col taglio prezzo!!

 

I tempi sono quelli che sono……e sfruttare un risparmio anche, anzi specie su internet, non guasta mai!!!!!!

Giorgio Candia – www.saporidellasibaritide.it

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Dalla Calabria…con sapore: il peperoncino piccante!!

I primi tepori della primavera, in Calabria, iniziano come ogni anno a regalare qualche “sciccheria” gastronomica della natura, che forse si qualificano come tra le migliori in assoluto; tra queste sicuramente il peperoncino piccante, frizzante e schietto come non mai, assolutamente naturale, dal sapore deciso e sicuramente unico nelle sue eccellenti qualità…..ed oltre; icona della gastronomia e della cucina della zona, viene proposto anche sul web tramite portali di prodotti tipici, nei quali si può spaziare su una offerta che va dal peperoncino fresco ed appena raccolto, ai sottoli e patè “piccanti”, ai famosi salumi dal sapore “deciso”, alla pasta elaborata con questa esclusiva spezia, alla marmellata di peperoncino…..e molto altro ancora!!!

Sicuramente ciò che rende “sua maestà il peperoncino calabrese” un prodotto di una spanna superiore rispetto ad altri similari è la naturalezza ed il rispetto della tradizione in tutti i suoi processi di coltivazione e produzione; si affaccia, infatti, sul mercato in genere (…e quindi anche sui siti di e.commerce) quando il primo sole caldo ne consente l’ottimale maturazione (fine aprile/inizi di maggio), piuttosto che in tutti i periodi dell’anno (ciò significherebbe una produzione in serra, con contestuale forzatura di coltivazione),regalando la sua disponibilità sino ad autunno inoltrato.

….e poi??? Nessun problema, visto che gli stessi portali di prodotti tipici che propongono il prodotto “fresco” sul web dispongono, tra le varie referenze, anche di un interessante trito di peperoncino essiccato e macinato…..senza nessun altro ingrediente: in pratica scaglie e semi di peperoncino calabrese,utile ed indispensabile in cucina per ogni esigenza eventuale, sì da regalare un tocco “deciso” alle varie pietanze. Ed è qui che la tradizione regionale fa la differenza: raccolto, infatti, di fresco, viene essiccato pazientemente e lentamente al sole, mai in forno, salvo che per qualche istante a fine procedimento di essiccazione, per assorbire eventuali tracce di umidità che potrebbero successivamente creare muffe o altro!!!

In tal modo, e per tutto l’anno, si può disporre di vero peperoncino piccante da utilizzare all’occorrenza nelle varie esigenze di cucina.

Praticamente…quel tocco di sapore calabrese, da tenere sempre a portata di mano!!!

Giorgio Candia http://www.saporidellasibaritide.it – Corigliano (Cs)

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Il web.commerce calabrese che “prende per la gola”….anche nella pasticceria!!

Crisi o non crisi gli acquisti sul web rappresentano ormai una realtà anche in Italia: vi ricorriamo un po’ per tutto, dalla prenotazione di viaggi, ai prodotti elettronici, ai libri….e perché no, anche per acquistare “tipicherie di gastronomia”, prodotti di nicchia difficilmente offerti dalla distribuzione, tradizionale o organizzata che sia.

Tra questi ultimi una menzione particolare va fatta per i prodotti tipici calabresi che per la loro peculiarità, la squisitezza ed originalità hanno un “quid” di particolare che li distingue da quelli di altre regioni (senza ombra di dubbio anche essi eccezionali in termini di gusto ed esclusività). Alcuni siti di vendita on line di specialità della Calabria, visto che la domanda delle referenze regionali è tendenzialmente ben recepita e gradita dai sempre più numerosi internauti, ad un offerta di referenze già abbastanza “assortita” (ricordiamo che si tratta comunque e nonostante tutto di prodotti di nicchia!!) hanno accostato anche delle delizie dolciarie di buon grado e livello, in particolare prodotti elaborati secondo i più esclusivi canoni della tradizione ed artigianalità (non industriale…giusto per intenderci), e comunque preparati con ingredienti assolutamente naturali: ed ecco proposte sulle vetrine virtuali, così, tutte quelle “chicche di pasticceria”, i mignon, che stimolano la gola, il palato e la curiosità!!

<<Ma sì…..che male c’è concedersi qualche peccatuccio di gola, di tanto in tanto??!! E poi, visto che ci troviamo a realizzare l’acquisto di salumi, sottoli, formaggi, ecc. un paio di queste “fornobontà” val proprio la pena assaggiarle!!>>

Evvai, allora, con queste tentazioni di gola, partendo in primis, dalle rinomate e particolarmente elaborate “peschette”, che richiedono per la loro preparazione arte e maestria da parte di esperti pasticcieri: dolci dal bellissimo impatto visivo, costituiti da un morbido corpo di pasta biscotto ripieno di crema nocciola ed imbevute in bagna alkermes, limone o mandarino; sono questi liquori, infatti, che connotano e danno colore in maniera particolare alle varietà proposte.

Chiaramente non può mancare il classico assortimento di dolcetti di pasta di mandorle, gustosissimi e squisiti per via del cuore morbido che si scioglie in bocca, racchiuso da un guscio leggermente consistente: dolcetti di origini antichissime dove la tradizione di pasticceria calabrese ha fortemente conservato la ricetta tradizionale, garantendone così la bontà di sempre. Le varie tipologie proposte vanno ad esempio da quelli alla fragola, al limone o al pistacchio; ai fior di mandorla o quelli più tradizionali e canonici con la ciliegina al centro.

E l’assortimento continua, spaziando dai fiocchetti di pasta frolla farciti con marmellata di limone, albicocca, crema di nocciola, ciliegia o ricoperti di cioccolata; ai “boccioli” ed “occhi di bue”, deliziosi dessert di pasta frolla farciti con marmellata di limone, albicocca, crema di nocciola o cioccolato; o ancora i morbidi pasticcini al cocco,…..

Il tutto a prezzi decisamente competitivi…perché chi gestisce un e.commerce deve saper “prendere per la gola & farvi risparmiare”!!!!

http://www.saporidellasibaritide.it 

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…la nduja calabrese cambia “abito” e si propone (anche) in barattolo di vetro.

Racconta un proverbio calabrese :

 

“Mangia nduja cu r’a cipulla ca ti criscia ‘a mirulla. (Mangia nduja con cipolla che ti cresce il cervello)”!!

 

Chi apprezza la buona cucina già sa di cosa si tratta, ma non si finisce mai di sottolineare l’esclusivo sapore ed i caratteri di questa prelibatezza calabrese, nota a livello nazionale ed internazionale. Essenzialmente si tratta di un “salume atipico” visto che, rispetto ad altri salumi calabresi acquistabili anche tramite siti di prodotti tipici calabresi (giusto per esser certi che siano quelli “buoni ed originali), è “morbida & spalmabile”, quindi non si può affettare né tantomeno usare a “tocchetti”: strano ma vero!!!

 

In origine la Nduja calabrese veniva prodotta nei comuni allocati in provincia di Vibo Valentia, anche se ormai un po’ in tutta la Calabria si trovano produzioni di ottima qualità. Nel rispetto della ricetta tipica viene preparata con carne di suino (quella destinata alle salsicce, il guanciale e la pancetta, evitando le frattaglie), grasso (sempre di suino), peperoncino (piccantissimo, trito) e conserva di peperoni (dolci); alcune volte anche cotenna preventivamente sbollentata. Messo a riposare l’impasto, si provvede poi ad inserito in budello cieco naturale (orbo), quindi stagionato (affumicandolo con erbe aromatiche): ma il segreto della produzione tipica ed artigianale è che si riesca a cogliere quel giusto grado di morbidezza ed un esatto equilibrio tra gusto e piccantezza”, propri della tradizione.

 

 

Ed eccola pronta e servita, l’eccellenza della gastronomia regionale più nota ed apprezzata in “ogniddove”, da sperimentare in vari usi di cucina, oltre ovviamente a quello più conosciuto (spalmata su bruschette e crostini).

 

Eppure in commercio si ritrovano spesso “vasetti” contenenti la nota nduja…..come mai?? Nulla di strano, è tutto sotto controllo: è il suo utilizzo pratico che ne ha consigliato l’adozione di questo nuovo “packaging”!!


La pezzatura media di questa referenza, nella versione “tradizionale” budello, si aggira infatti intorno al mezzo kilo e dato che è un “prodotto di nicchia” (nel senso che non viene consumato con sistematicità) si è creato un problema di “conservazione” dopo averne gustato anche un bel po’ a tavola: allora, come lo preserviamo il restante??? Congelarla non è il caso, anzitutto perché il problema si riproporrebbe al successivo utilizzo; inoltre qualunque alimento, una volta scongelato, non è consigliabile riporlo nuovamente in freezer.

 

“Naturalmente” qualche esperto buongustaio ha provato a togliere la nduja dal classico budello ponendola in un vasetto di vetro, pigiandola a dovere nel suo interno affinché si evitasse ogni “zona vuota che ne avrebbe pregiudicato la tenuta e la conservazione, coprendola superiormente con dell’olio extravergine.

 

Caso risolto, visto che i risultati sono stati più che soddisfacenti: con tale metodo, infatti,si riusciva a conservare la ’nduja almeno per qualche mese!!

 

Un’occasione da non perdere, dunque, da parte delle aziende più “aperte” alle esigenze del cliente: ecco servita la confezione “sottovuoto, in vetro”, decisamente più versatile, maneggevole e pronta per l’uso: con la “pastorizzazione” si regala alla nduja così proposta anche anni di durabilità, comunque mantenendo inalterate le sue peculiarità in termini di sapore ed offrendo un servizio in più agli “estimatori” del prodotto.

 

Quindi….se il prodotto di base è di buona fattura e qualità, è indifferente preferirne la confezione in ”budello” o al contrario in “vetro”: resta solo un problema di “praticità & versatilità” d’uso!!

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Quei banali aromi della cucina calabrese che fanno la differenza…di gusto!!

Il vero sapore, a tavola, impone una attenzione ed una ricerca certosina anche di quei piccoli ingredienti e particolari che riservano quel qualcosa in più a tutte le preparazioni, in cucina. Bazzecole, pensiamo a prima vista, in realtà vere e proprie perle di gusto, che regalano un sapore di “tempi andati” ad ogni pietanza, specie ai giorni nostri nei quali siamo abituati ad una alimentazione quasi piatta ed insignificante, presi come siamo dal corri e fuggi quotidiano…..anche a tavola!!

 

Una ragione validissima che qualche sito di prodotti tipici calabresi ha adeguatamente considerato, riservando ai propri utenti alcune di queste chicche di una spanna decisamente più in su rispetto a quanto si riesce ad acquistare comunemente nel commercio ordinario.

 

Ecco, ad esempio, l’aglio calabrese: bulbi di colore bianco con venature tendenti al rosa, che si qualifica come uno dei migliori in assoluto in commercio, specie se paragonato a quello proveniente dall’est Europa, magari più economico, sì…ma praticamente insipido. Saranno le caratteristiche intrinseche del terreno della regione, il fatto che viene coltivato, raccolto e preservato in maniera assolutamente tradizionale (estirpato a giusta maturazione dai campi, essiccato e conservato in ambienti freschi ed asciutti, si da poter mantenere il suo gusto per i periodi a venire) ed altre infinite ragioni che lo rendono unico ed esclusivo nel palato.

 

Obietterete “ma l’aglio non ha un buon odore”; chi sa di cucina racconta che se viene usato cotto lascia solo il suo aroma alle pietanze, e nulla più !!! Ove invece, e per una qualunque ragione, lo si usi crudo, basta poi masticare foglie di prezzemolo o di menta…o ancora qualche chicco di caffè, ed il pericolo “alito cattivo” è decisamente ridimensionato.

 

Altro ineguagliabile aroma che la cucina calabrese riserva ai suoi tanti estimatori è rappresentato dall’origano selvatico che viene raccolto nelle colline della pre-sila, in genere tra la primavera e l’estate, allorquando la fioritura è al “top”; viene poi assemblato a mazzetti ed essiccato tassativamente all’ombra (il sole potrebbe essere pregiudizievole, in tal senso!!) dopodiché basta sbatacchiarlo su di un panno, sì da raccoglierne l’essenza che regala il suo odore e profumo già nei primi istanti: se lo si vuol conservare per più tempo (specie per gli usi di cucina a valenza “invernale”) è sufficiente tenerlo in contenitori di vetro ben sigillati.

 

Ed eccolo qui, pronto a regalare la sua magica fragranza ed aroma ad insalate, salse, bruschette, carne, pesce e molti tipi di pietanze tipiche meridionali: ce ne sarete infinitamente grati per avervene suggerito l’esistenza.…perché di pari gusto, in giro, ne troverete ben pochi!!

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Marmellate calabresi di cedro, di kiwi e di bergamotto: e come si fa a non esser tentati da questi peccati di gola??

Cedro, bergamotto e kiwi della Calabria: un trio di frutti dell’agricoltura regionale che riesce a strabiliare, con sapore, nei suoi vari utilizzi della gastronomia regionale. Vediamo un po’…..

 

Il cedro è essenzialmente un agrume coltivato un po’ in tutta la regione, in particolare nel tratto tirrenico della provincia di Cosenza (in particolare nella zona denominata appunto “Riviera dei Cedri”) sposandosi alla perfezione con un habitat naturale, caratterizzato da un microclima ideale per via delle temperature miti durante tutto l’anno e senza particolari escursioni termiche. Il cedro, infatti, è una pianta mediterranea che non preferisce i venti freddi provenienti da nord e le temperature rigide. I terreni ideali per una coltivazione ottimale sono quelli di argilla calcarea mista a sabbia e humus, con presenza di azoto e potassio, propri della Calabria.

 

Si tratta di un arbusto che arriva sino ai 4 metri di altezza, con fiori profumatissimi dal colore rossastro verso l’esterno e bianchi nell’interno, frutto ovoidale dalla buccia ruvida e spessa che costituisce il 70% circa della massa totale.

 

Il suo succo viene utilizzato dall’industria alimentare, per ottenerne bibite analcoliche, frutta candita, liquori, ecc: ma è nell’arte pasticceria che offre il meglio di sé, considerando le peculiarità ed il gusto che regala nelle creme per dolci e nei prodotti tipici della regione.

 

Il bergamotto rappresenta una ulteriore eccellenza della produzione agricola della regione, anch’esso un agrume dal frutto a forma sferica di colore giallastro, con fioritura nei mesi invernali. L’habitat ideale di produzione è il reggino, sotto l’Aspromonte in particolare, a cavallo in pratica tra il Tirreno e lo Ionio.

 

L’ essenza che se ne ottiene garantisce una discreta imprenditorialità agricola della zona: ne e’ ben noto in Italia oltre che all’estero, infatti, l’uso nella industria profumiera, visto che i suoi 300 e più componenti chimici e l’olio essenziale “fissano” il bouquet aromatico dei profumi, esaltandone la freschezza e la fragranza; così come riconosciuto è il suo utilizzo nell’industria farmaceutica, per il potere antisettico ed antibatterico del frutto.

 

Ciononostante non dimentica quella che è la sua “mission”principale: trattandosi di un agrume, viene largamente usato nell’industria alimentare e dolciaria come aromatizzante di liquori, the, caramelle, canditi, ecc.

 

Il kiwi è una pianta da frutto che originariamente nasce in Cina, ma che fu portata in Nuova Zelanda all’inizio del secolo scorso: fu proprio qui che prese questo curioso nome, per via della somiglianza con l’omonimo volatile. Una quarantina di anni fa se ne sperimentò l’impianto in Italia e grazie ad una buona domanda da parte dei consumatori ben presto la produzione nazionale raggiunse dimensioni considerevoli, affrancandosi come il maggior produttore a livello mondiale.

 

La Calabria, grazie al suo clima caldo-umido ed alle caratteristiche strutturali dei terreni, consente un buon rapporto della pianta con l’ambiente, “elevando” così la regione quale la maggior produttrice nazionale: il kiwi calabrese, infatti, è considerato tra i migliori al mondo per qualità organolettiche, da alcuni ritenuto superiore anche a quello neozelandese.

 

Oltre a zuccheri semplici, sali minerali e fibre il kiwi contiene la massima quantità di vitamina C (dunque consigliato contro le malattie da raffreddamento), un notevole apporto di vitamina PP, di vitamine del gruppo B e di minerali come il calcio, il fosforo, il magnesio, il sodio, ma soprattutto il potassio con le relative funzioni equilibratrici sul cuore.

 

Se queste sono le caratteristiche intrinseche di questi tre frutti prodotti in regione, anche i suoi derivati ed elaborati non possono essere da meno: come, ad esempio, le relative marmellate e confetture acquistabili su portali di prodotti tipici calabresi.

Le qualità proprie di queste delizie del gusto sono facilmente desumibili dalla relativa etichetta: vengono infatti preparate sempre e comunque nel segno dell’artigianalità, della tradizione e della bontà; lavorando solo frutta coltivata tassativamente nelle campagne calabresi; nessun utilizzo di conservanti (“proprio come si faceva una volta”, in pratica) e, soprattutto, un contenuto di frutta da “strabiliare” (80/82%)……praticamente il non-plus-ultra!!

 

Aprite un attimo la vostra dispensa e provate ad indagare nelle etichette di quelle che avete in casa: non troverete più del 40/50% di frutta contenuta.…siamo disposti ad accettare scommesse!!!

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…freschi o lavorati i funghi della Calabria sono sempre una vera delizia!!

Sarà per via della ideale collocazione geografica, delle caratteristiche geomorfologiche della regione, del particolare clima mediterraneo e temperato du cui gode anche nel periodo estivo, di una serie di altre infinite ragioni…fatto è che la Calabria ha una buona, anzi eccellente produzione di funghi: almeno 3000 specie, senza tener conto di quelle microscopiche!!

 

Questa risorsa naturale riveste una grande importanza, sia per la soddisfazione dei tanti ricercatori che per il valore economico integrante per l’economia di molte popolazioni montane. Grazie alla abbondante presenza, i funghi in Calabria sono molto utilizzati nella cucina, visto che infiniti sono i piatti a base di funghi assaporati nella ristorazione calabrese.

 

 

In particolare l’altopiano della Sila, per la presenza dei laghi ( Cecita, Ampollino e Arvo) si caratterizza per la disponibilità del rinomato Lactarius delicius, detto “Rossitto, rosito pinicolo “, poiché possiede un colore rosato ed in genere si trova sotto secolari pini o comunque boschi di conifere. Il “re” per antonomasia della “micologia silana” ha il cappello con forma a ombrello, presenta decorazioni squamose da biancastre a marrone-grigiastre, regolari e persistenti. Le lamelle sono fitte, larghe, ventricose, facilmente separabili dal cappello bianco-crema, a sfumature rosaceo-brune quando è in maturità. La carne è bianca e immutabile, con odore lieve di nocciola e sapore unico.

 

Oltre ad essere apprezzati “freschi di raccolto” ed in svariate ricette (p. es. cotti arrostiti sulla brace con aglio e pancetta) la tradizione gastronomica calabrese usa conservarli (..tassativamente!!) in olio d’oliva, acquistabili su siti di prodotti tipici calabresi che li propongono nelle loro vetrine virtuali. Indubbiamente una varietà che solo in Calabria ha quel sapore eccezionale ed originale che lo contraddistingue, visto che tipologie assimilabili a questo si ritrovano anche in altre regioni…eppure con un gusto decisamente meno deciso.

 

Chiaramente in Calabria non manca anche il classico Porcino (Boletus Edulis), ed un’altra infinita varietà di fughi (Amanita caesarea, Calocybe Gambosa / Ordinato, Cantharellus cibarius, Suillus granulatus, Calvatia utriformis, Macrolepiota procera, Suillus luteus, ecc.) anche essi utilizzabili come sott’olio misti che accompagnano qualunque pasto della regione. Si sposano bene, ad esempio, con le deliziose patate silane.

 

Se invece c’è da dare un sapore più deciso ad una pietanza a base di funghi (pasta o carne/lombatine), o anche laddove ci sia da guarnire crostini e tartine rustiche la cucina calabrese ha pronto il piccantino di funghi, diciamo una sorta di tocco di magia non eccessivamente deciso per la sua piccantezza, visto che è gradevole anche per i palati meno “ferrati” al gusto forte del miglior peperoncino calabrese.

 

Qualunque sia la varietà di fungo calabrese, questo viene raccolto secondo un rituale metodico, comunque efficace. I professionisti (i “Fungiari“) hanno esperienza di tutte le zone della Sila e le molteplici specie esistenti. Un buon “fungiaru” conosce tutte le regole per la salvaguardia del sottobosco e le rispetta. E’ capace di alzarsi alle prime luci dell’alba per raggiungere, senza il rischio di essere seguito da altri “cacciatori”, i suoi posti segreti, quelli dove l’umidità, la terra, le radici favoriscono la nascita dei funghi e dove lui torna di volta in volta sicuro di non essere deluso. Come contenitore per la raccolta utilizza un cestino di vimini, mai le buste di plastica; li pulisce dal terriccio sul posto e li deposita nel cestino con la parte imeniale rivolta verso il basso per facilitare la caduta delle spore. Se durante la ricerca trova funghi sconosciuti o velenosi li lascia comunque senza danneggiarli poiché sono utili all’equilibrio del bosco; non ne raccoglie mai se crescono vicino a strade molto trafficate dagli automezzi o vicino a mini discariche lasciate qua e la da qualche “buontempone” (resti di frigoriferi, lavatrici o pezzi di lamiera vari) poiché i funghi assorbono le sostanze tossiche che essi causano e non spariscono con la cottura.

 

Il rispetto dell’equilibrio naturale??…un comandamento, in Calabria!!!

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Pitta ‘nchiusa calabrese: come dire…portare in tavola il meglio della pasticceria regionale!!

La pitta ‘mpigliata (o pitta ‘nchiusa) è un dolce calabrese di pasta sfoglia di antichissima origine popolare, a base di frutti raccolti alla fine dell’annata agraria e conservati poi per la bisogna in cucina della stagione invernale (mandorle, uvetta, noci, pinoli, fichi secchi che in autunno non mancano mai in questa terra) proposto nel proprio assortimento da alcuni siti di vendita on line di prodotti tipici calabresi (sempre e tassativamente prodotta secondo ricetta tradizionale), ovvero da acquistare solo in qualificate pasticcerie della zona.

Nella tradizione popolare della regione rappresentava un dolce da fine pasto offerto in occasione dei matrimoni, festeggiati ovviamente in casa; recita, a tal proposito, un documento del 1728 nel quale vengono stabiliti gli obblighi ed impegni dei rispettivi sposi (una sorta di vero e proprio contratto di matrimonio!!):“……a far la bocca dolce ai commensali penserà la famiglia dello sposo, che a fine pranzo dovrà offrire la pitta ‘mpigliata preparata anzitempo curando che la stessa sia di finezza giusta”.

Se tanto mi da tanto, visto che in tempi andati doveva essere una grande preparazione, ai giorni nostri rappresenta un “signor” dolce di pasticceria da gustare in ogni occasione in cui ci sia da festeggiare, Pasqua e Natale in particolare, chiudendo con gusto, tradizione ed artigianalità una qualunque occasione conviviale con gli amici.

Come viene preparata: l’esecuzione della “Pitta” richiede maestria e soprattutto molta fantasia. Per la predisposizione della sfoglia si impasta anzitutto la farina con vino moscato bianco o vermouth, lievito naturale e un pizzico di sale. Questa viene poi stesa ricavandone una sfoglia rotonda e due quadrate sulle quali si versa un ripieno misto preparato con noci, pinoli, uva passa, miele, zucchero, cannella e fichi secchi.

Questi ultimi vengono creati a ‘mo di rettangolini, arrotolati e disposti come un fiore (…appunto ‘nchiusi, come dire racchiusi o raccolti) sulla sfoglia più grande rotonda, preventivamente cosparsa di miele, zucchero e cannella. Si cuoce il tutto in forno caldo ed in caso di eccessiva secchezza si bagna con acqua e miele.

L’arte pasticciera calabrese vuole che non ci sia da rispettare una forma prestabilita per questo eccezionale dolce: infatti, e se nella versione più comune questa viene proposta nella tradizionale forma “circolare” nulla esclude che non possa assumerne altre, a totale discrezione delle capacità e della fantasia del pasticciere di turno.

…..una vera delizia dunque, della serie “leccarsi le dita”!!!

Giorgio Candia http://www.saporidellasibaritide.it – Corigliano (Cs)

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Regali di fine anno…e stavolta sarà davvero un enigma: vediamo un po’ come risolvere…risparmiando!!

Ebbene si, ci siamo: si avvicina un momento importante dell’anno, quello in cui dobbiamo un attimo pensare ai regali di Natale. E quest’anno sarà più difficile che mai, visto che ci dobbiamo dibattere tra la classica esigenza di destinare qualcosa che sia davvero “sorprendente ed originale”, e quella del “portafogli” che langue sempre ed ancor di più rispetto alle passate festività: “crisi docet”!!

 

Beh, mettiamo in moto la mente, allora…anzi facciamo lavorare e diamo fondo alla nostra capacità, dimostrando che nel “fai da te” siamo davvero imbattibili: che poi non ci vuole mica tanto, nessuna esperienza o capacità particolare, specie se il web può darci una mano, per questa necessità.

Dunque, tra i regali davvero graditi, la gastronomia fatta in casa va per la maggiore e riceve i migliori consensi da parte di chi riceve un pensiero. Allora….liquore alla liquirizia calabrese fatto con le nostre manucce, un ottimo digestivo per ogni occasione, specie ed in particolare se viene gustato “ghiacciato”: con poco più di 30 €uro riusciamo a risolvere almeno per 5 o 6 regali.

 

Non ci credete??? Prendete la calcolatrice!! Questo specchietto vi da idea della reale spesa cui ci dobbiamo esporre. Secondo queste semplici indicazioni riusciamo ad ottenere circa 6 bottiglie tipo “bordolese” da 700ml.

 

Per la relativa ricetta, secondo i canoni della vera gastronomia calabrese, possiamo ricorrere agli stessi portali che vendono ormai da anni on line la polvere di liquirizia (…la migliore in senso assoluto!!), con un positivissimo riscontro da parte degli utenti serviti….ma in sintesi, eccola qui:

 

Ingredienti:200 gr di liquirizia in polvere, 1,5 litri di acqua, 1.2 kg di zucchero raffinato, 1 litro di alcool a 95°.

 

Preparazione: scaldare l’acqua portandola quasi ad ebollizione, sciogliere prima lo zucchero e poi la polvere di liquirizia facendola cadere a pioggia poca per volta con un cucchiaino da caffè e girando in continuazione con un cucchiaio o un mestolo. Finita la polvere spengere il fuoco e far raffreddare lo sciroppo fino a temperatura ambiente sempre mescolando. A questo punto unire l’alcool girando con il mestolo per amalgamare bene sciroppo e alcool, finito ciò imbottigliare.

 

Si consiglia la preparazione in una pentola di circa 5 litri di materiale con poca aderenza, che non faccia attaccare il contenuto nella cottura (l’alluminio va benissimo). Una volta imbottigliato il liquore di tanto in tanto scuotere le bottiglie, per far si che eventuali grumi di liquirizia in formazione specialmente sul fondo si sciolgano prima di solidificarsi troppo.

Un paio di considerazioni sul costo di preparazione e sulle precauzioni da seguire:

 

utilizzare sempre bottiglie verdi/marroni (bordolesi), in quanto, e specie nei primi giorni successivi alla preparazione, gli ingredienti han bisogno di un po’ per amalgamarsi alla perfezione: più passa il tempo, più il composto alcool/acqua/zucchero/liquirizia si unirà al meglio. In ogni caso è sempre bene usare la solita precauzione “agitare prima dell’uso”.

 

il costo complessivo considera il quantum necessario per ottenere circa 6 bottiglie di liquore di liquirizia calabrese, considerando anche il costo delle bottiglie (facilmente reperibili riciclando quelle del vino) e quello dell’acqua (..ma proprio perché vogliamo essere pignoli in matematica): ci sono margini ulteriori di risparmio, insomma!!

 

se poi volete essere “perfezionisti” basta una etichetta adesiva da annettere alla bottiglia…vi caratterizzerà e vi farà ricordare sicuramente; presso cartolerie e/o copisterie vi potrete facilmente rifornire. Noi vi suggeriamo una nostra idea su come impostarla.……a voi la fantasia !!!

Visto??? Regali fai da te economici, (soprattutto) graditi e facili……come sciogliere un cucchiaino di zucchero nel caffè!!

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Una rossa tutta gusto e salute: la cipolla di Tropea.

Chi lo avrebbe mai detto che sarebbe giunto il giorno in cui la prelibata Cipolla Rossa di Tropea sbarcava sul web??? Eppure è così: questa esclusiva ricercatezza, quella vera ed originale, finalmente naviga in rete ed approda sulle vetrine virtuali di portali e.commerce di prodotti tipici calabresi!!!

Coltivata da novembre nelle campagne di determinati territori (calabresi in particolare per potersi a giusta ragione avvalere del titolo di prodotto IGP), viene raccolta nella tarda primavera, affinché possa essere posta in vendita nel periodo migliore: bella, rosseggiate e soprattutto saporita e profumata.

Ma le caratteristiche essenziali del prodotto non si fermano al suo elemento prettamente gastronomico, dato che chi la conosce già ne apprezza in genere solo il suo gusto e la sua originalità culinaria. Si tratta infatti di una prelibatezza in senso lato…anche nel suo rovescio della medaglia, visto che ormai ci sono infinite pagine che sottolineano gli elementi salutistici riconosciuti a questo naturale prodotto agricolo calabrese.

Ne è’ provata infatti la sua azione benefica a livello dermatologico; per i dolori artritici, nei raffreddori (per il contenuto di vitamina C), per la sua valenza antiemorragica. Il contenuto di elementi della vitamina E, quali il magnesio, lo iodio, lo zinco, il selenio,il ferro risultano essenziali poi nella dieta per la prevenzione del cancro. Il consumo di cipolla ci assicura un aumento dell’attività fibrinolitica del sangue, dunque, contro le malattie cardiovascolari e infarto.

E della sua digeribilità…ne vogliamo proprio parlare??? Ecco, un consiglio spassionato ci sentiamo di darvelo per tutte le occasioni in cui si fanno pasti piuttosto grassi: accompagnare a questi, contorni di cipolle di Tropea fritte o lessate, in quanto le sostanze in esse contenute permettono di neutralizzare l’azione coagulante che questi grassi provocano nel nostro sangue e nel contempo evitano che questi grassi si trasformino in colesterolo.

E se invece cercate delle ricette originali per guastare il prodotto, ecco le varie “chicche” d’uso consigliate dagli stessi portali che pongono in vendita il prodotto. Giusto per stuzzicarne la curiosità e l’appetito vi proponiamo ad esempio TONNO, FAGIOLI E CIPOLLA DI TROPEA”. Un buon tonno di qualità, cosicché anche l’olio al suo interno può essere utilizzato e non buttato come accade di consueto; dei fagioli in vetro; della cipolla di Tropea affettata finemente e ammollata per un paio d’ore in acqua tiepida con aceto e zucchero. Una volta scolata condirla con sale, pepe e l’olio del tonno, ed unitela agli altri ingredienti.

Naturalmente un prodotto di punta della gastronomia calabrese quale è la Cipolla rossa di Tropea, non può fermarsi alla sola “materia prima” visto che tanti sono i relativi derivati. Ad esempio la Cipolla di Tropea in agrodolce, un contorno che accompagna tutti i secondi, ovvero utilizzata come ottimo ingrediente per insalate miste ed in particolare per insalate di pomodori freschi. Può essere gustata con l’aperitivo o per completare sfiziose ricette.

Passando poi ad una vera esclusività della regione, la Confettura di cipolla di Tropea, un accostamento che a prima vista potrebbe sembrare “poco ortodosso”, ma che una volta assaggiato rileva tutta la sua esclusività in vari usi: ideale ad esempio per la carne lessa, sul formaggio pecorino stagionato, sul caciocavallo, gorgonzola ed anche sulle frittate in genere.

Cipolla rossa di Tropea, dunque….perché il vostro palato vi ringrazierà sicuramente!!!

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Alimentazione da laboratorio?? No, grazie…

frodi-alimentari1Frodi e sofisticazioni alimentari, forzature chimiche sui prodotti gastronomici, offerte “da sballo” su referenze tradizionalmente di spicco, sapori artatamente contraffatti in laboratorio….. In una economia dove i numeri ormai fanno la differenza ci propinano chissà quali “alchimie alimentari studiate a tavolino”, con disprezzo del gusto e del territorio di provenienza, e con un occhio rivolto solo ed esclusivamente al prezzo: conquistare fette di mercato sembra essere il credo unico delle aziende…ad ogni costo!!

”Fermate il mondo, voglio scendere!!” si comincia ad udire da più parti, gridato ormai a gran voce da chi consapevolmente ha capito che questa tendenza rappresenta un’eredità, un macigno che pesantemente ricadrà sulle generazioni future: si apre insomma un’attenzione rivolta alle cose buone di un tempo, ai metodi tradizionali di produzione, quando le delizie della tavola richiedevano passione, ricette artigianali e soprattutto tanta pazienza.

Come ad esempio al tipo di coltivazione ( e relativi derivati) condotta anni addietro, la cosiddetta “agricoltura integrata” ( o produzione integrata), che prevede l’adozione di tecniche compatibili con la conservazione dell’ambiente e la sicurezza alimentare mediante minimizzazione nell’uso di prodotti chimici (fitofarmaci): rappresenta per il consumatore una certezza dell’origine, della genuinità e della freschezza delle produzioni. Si riesce, in pratica, a proteggere le risorse ambientali attraverso un basso impatto, reso possibile dall’uso coordinato e razionale di tutti i fattori della produzione, zappatoreriducendo al minimo il ricorso a mezzi tecnici esterni ed estranei (cagionevoli per la natura e la salute dei consumatori), sfruttando al contrario le risorse naturali in grado di sostituire gli additivi comunemente utilizzati nell’agricoltura convenzionale: vaghi ricordi insomma di duro lavoro nei campi, fatto di sudore, polvere, fatica.…ma dalle infinite soddisfazioni!!

In particolare:

-la fertilizzazione dei terreni viene ottenuta con sostanze organiche;

-le lavorazioni del terreno vengono condotte prevenendo la degradazione della sua struttura e l’erosione;

– il controllo delle piante infestanti viene effettuato “naturalmente” limitando il ricorso al diserbo chimico. Sono compatibili con questo obiettivo, ad esempio, le false semine, le rotazioni colturali, il diserbo meccanico, ecc.

E’ evidente che da questa metodologia di coltivazione si riescono ad ottenere cibi sani e sicuri, preservando nel contempo le risorse ambientali. Come ad esempio l’olio calabrese commercializzato sul web da siti di prodotti tipici calabresi che hanno basato la loro “mission” aziendale nell’offerta di referenze genuine ed esclusive in fatto di salubrità.

olio-calabriaOlio di ottima qualità, 100% italiano e non di incerta origine, con caratteristiche date dalla posizione geografica e perfette condizioni meteorologiche che solo la collina litoranea calabrese è in grado di offrire, con controllo continuativo che va dalla fioritura sino alla raccolta. La tecnica è quella tradizionale, prevedendo l’uso di pettini manuali e meccanici, su reti e poi in cassette da 20 kg. Il sistema più diffuso di estrazione è a ciclo continuo a freddo (T. max 27 ° C), l’olio viene estratto quotidianamente entro 2 ore massimo dalla fine della raccolta e tenuto in contenitori di acciaio inox a norma CEE. L’olio viene conservato in ambienti freschi, asciutti e lontano da fonti di calore ad una temperatura compresa tra i 12 e i 20°C.

Le caratteristiche proprie del prodotto si possono così riassumere brevemente:

VISIVO:tra il verde ed il giallo oro, lievemente opalescente.

OLFATTIVO: armonico, intenso, dell’oliva colta al giusto punto di maturazione.

GUSTATIVO: leggermente piccante, amarognolo ed intensamente fruttato.

ACIDITA’: bassa acidità, con valori compresi tra 0,2-0,6% di acido oleico.

Rimarcare la qualità dell’olio della Calabria è superfluo, ma val la pena ricordare ( a mero titolo di esempio) importanti riconoscimenti ed attenzioni ottenute a livello internazionale. Quali quelle del professor White, enologo di grande fama di origine americana trapiantato in Nuova Zelanda, il quale condusse uno studio sul prodotto calabrese già 20 anni fa, deducendone che si tratta di una eccellenza tra le migliori esistenti sul mercato italiano e della Comunità europea, l’unico al mondo a garantire dai rischi di infarto.

olive-tondoE non dimentichiamolo, l’olio extra vergine di oliva è alimento simbolo della dieta mediterranea, un prezioso nutrimento dagli innumerevoli pregi adatto ad ogni età. Per cui val la pena scegliere e consumare solo e sempre prodotti di “spessore”. Altro che prezzi da gassosa ed offerte speciali: vale sempre il principio che “non si fa niente per niente”!!

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Prelibettazze pasquali della pasticceria calabrese.

Beh, anche a Pasqua la pasticceria calabrese si da’ da fare e fa parlare di sé con le sue tipiche produzioni di periodo, realizzate con arte, maestria e secondo i più rigidi canoni tradizionali, rispettando le più artigianali ricette gastronomiche della regione.

 

Un modo per festeggiare con delizia e sapore la Resurrezione di nostro Signore, proposta con varie ed accattivanti referenze da siti di commercio elettronico della zona che sulle proprie vetrine virtuali evidenziano un offerta allestita sempre con interessanti e veraci “chicche” della gastronomia locale.

 

Un tempo, quando ancora merendine e brioches erano di là da venire, le massaie si mettevano d’impegno realizzando enormi quantità di questi tradizionali dolci, che sarebbero serviti poi a deliziare grandi e piccini per più e più tempo…diciamo fino agli inizi dell’estate almeno. Ai giorni nostri poche ormai sono le “casalinghe” che ancora si dedicano a questa “nobile arte” pasticciera di periodo: ma chi ancora riserva uno spazio del prezioso tempo a questa “pia opera di gusto” lo fa cercando di conservare i canoni e le ricette più antiche.

 

 

Interessante, in particolare è la gallinella con uova sodo, davvero una stravaganza in termini di lavorazione ed originalità, in particolare per i più piccini: come dire “anche l’occhio vuole la sua parte”!! Si tratta infatti di un dolce di pasta a forma di gallinella, con uovo sodo. La sua lucentezza è data dalla spennellatura, a fine lavorazione e prima della cottura, di tuorlo d’uovo sbattuto. Tra gli ingredienti farina, lievito, sale, semi di anice, uova sode ed aromi naturali, che consentono di mantenere la fragranza di questa ricercatezza per più e più tempo!!

 

La gurpinella (o chinulille pasquali) è un originale fagottino lavorato cotto in forno, con uva sultanina e mandorle tritate. Anche in tal caso la sua lucentezza è data dalla spennellatura, a fine lavorazione e prima della cottura, di tuorlo d’uovo sbattuto. Ed ancora una volta la sua preparazione viene realizzata solo con ingredienti naturali (farina, lievito, sale, semi di anice, aromi naturali, ripieno di uva passa e mandorle).

 

Il “pisaturo” (cullura, cuculi o cuzzupe) conosce una duplice versione: quella con uva sultanina, oppure quella con uovo sodo. Come si vede l’uovo sodo ricorre sovente nelle preparazioni di questo periodo per festeggiare, in particolare, in occasione della tradizionale Pasquetta, da trascorrere tassativamente con scampagnate all’aria aperta della primavera appena iniziata: e non potrebbe essere diversamente, visto che è simbolo di ri-nascita . Anche il pisaturo nella versione con uovo sodo assume una forma caratteristica, interessante ed accattivante, diremmo quasi a forma di bambolina.

 

Menzione a parte va fatta per la Riganella, in quanto la sua origine non è “strettamente calabrese” bensi delle varie comunità albanesi che si sono integrate secoli fa in varie zone del nostro meridione, a seguito delle persecuzioni turche ed ottomane. Ed ecco che i centri delle Presila Greca hanno fatto proprio questo dolce, con qualche variante anche nel nome (lariganata). Nei rituali calabresi è sempre presente il significato di rigenerazione ciclica della vita , che si esprime attraverso le forme, legate nella maggior parte dei casi al cerchio ed alla spirale. E’ difficile darne uno spessore storico certo; ma è inevitabile qualche confronto con mosaici tardo-medioevali. Tanto per cambiare, anche in tal caso la relativa preparazione ricorre solo ad ingredienti genuini:farina tipo “o”, olio di oliva, lievito, zucchero, latte, mandorle,marmellata, uva sultanina.

 

…..prego scegliere, dunque: anche la Pasqua calabrese ha molto da offrire, in questo periodo!!

Giorgio Candia – www.saporidellasibaritide.it

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Turismo gastronomico: l’ampio assortimento dei patè della Calabria.

I veri cultori della buona tavola, si sa, sono sempre alla ricerca di stravaganze ed originalità che magari difficilmente si riescono a reperire nella comune distribuzione, tradizionale o moderna che sia. Un modo per deliziarsi in modo originale, anche nelle piccole cose o negli assaggini che di tanto in tanto vengono proposti come pre-pasto quotidiano oppure in occasione di ricorrenze particolari, momenti in cui le preparazioni messe in bella mostra ai commensali richiedono una cura ed una attenzione più “ricercata” per far davvero bella figura. Ecco, dunque, che crostini, assaggini e tartine varie vanno adeguatamente preparati con salsine, creme e patè di una spanna superiore rispetto al normale.

 

Sono davvero tante le proposte della gastronomia calabrese in fatto di patè, prelibatezze prodotte con sapienza e cura oltremodo artigianale, delizie davvero uniche acquistabili presso siti di commercio elettronico della regione che operano in rete con consolidata esperienza e riconosciuta ed oltremodo provata affidabilità (…in rete, non si sa mai a chi ci si affida!!).

 

Disquisendo di ricercatezze calabresi, senza dubbio la fa da padrona su tutti il patè di peperoncino, punta di diamante delle proposte di questa famiglia di prodotti, un sapore schietto e che univocamente viene ritenuto gradevole e di indiscusso pregio, visto che conosce tra i suoi ingredienti solo materie prime assolutamente naturali: peperoncini piccanti calabresi, olio di oliva, aceto di vino e sale, elaborati ad arte per ottenerne un composto che stupirà di certo voi stessi e gli ospiti .

 

E che dire, poi, del patè di olive (nere o verdi) oppure di quello di carciofi, che oltre a strabiliare nella preparazione di antipasti risulta oltremodo versatile allorquando c’è da risolvere “quattro & quattrotto” il problema del “primo” piatto: due spaghetti, un tocco di patè, un filo d’olio, magari una buona spruzzatina di formaggio grattugiato (grana, parmigiano o pecorino che sia, a seconda delle preferenze)…ed il gioco e bello e fatto.

 

E se invece abbiamo l’esigenza di esaltare il sapore di un secondo a base di pesce, torna più che utile ed opportuno, a tal proposito, il patè di capperi: qui il pepe nero, la sensazione procurata dal leggero tocchetto di peperoncino ed il retrogusto di aceto che si riesce appena a percepire, riservano alle preparazioni a base di ittici una esclusività davvero unica, riservata agli esperti della buona cucina.

 

O se è il caso di rafforzare un piatto a base di funghi…eccovi servita la relativa crema di ricercati funghi calabresi, scelti tra i migliori che il verde ed incontaminato altopiano della Sila può naturalmente offrire.

 

L’ampia varietà proposta continua a spaziare ancora su tipologie dal gusto eccezionale ed inimitabile, quali il patè di di pomodori secchi (beninteso, di veri pomodori calabresi…altro che roba asiatica!!); la crema di Lampascioni, le famose cipolline selvatiche che nella regione ancora i contadini riescono a fatica a reperire; la crema di rape, il patè di melanzane o quello di fave.

 

Ed è normale che tutte le referenze prodotte con ingrediente base “sua maesta il peperoncino calabrese” godono del patrocino dell’Accademia Italiana del peperoncino, nata ed operante già dal 1994 con lo scopo di creare, approfondire e diffondere una vera e propria cultura del peperoncino.

A voi la scelta, dunque…..ed ovviamente complimenti per gli usi, gli accostamenti e le sperimentazioni che sarete capaci di creare: il segreto per aver successo in cucina è sempre quello di avere una buona fantasia ed un eccezionale spirito creativo!!

 

Autore : Giorgio Candia – www.saporidellasibaritide.it

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Divagazioni di gusto, con le clementine calabresi….

Ed ormai le clementine calabresi della Piana di Sibari si fanno sempre più strada!!!

clementineUnanimamente apprezzato come uno dei migliori prodotti tipici calabresi, con il riconoscimento Igp, le sue qualità organolettiche particolari, il sapore unico ed inconfondibile e la quasi totale assenza di semi (..ne potrete rinvenire più o meno una manciata in una intera cassetta!!) ne hanno fatto una delizia inconfondibile e ricercata nel periodo invernale, di una spanna decisamente più in alto rispetto agli analoghi agrumi spagnoli e magrebini: saranno i fattori ambientali e climatici di quello spicchio di Calabria dove viene coltivato, ma forse anche la limitatezza del periodo di produzione che caratterizzano tale referenza, acquistabile ormai anche sul web in quantitativi opportuni alla bisogna familiare, ricorrendo a portali di prodotti calabresi.

Eppure, proprio il limitato periodo di disponibilità dell’agrume (in genere da ottobre a febbraio inoltrato) ha spinto avvedute aziende calabresi ad effettuare delle sperimentazioni di prodotto, si da rendere fruibili “i lavorati” dalle clementine 365 giorni all’anno…praticamente sempre!! Non si può, economicamente parlando, lavorare solo per 3 o 4 mesi all’anno, e poi chiudere bottega!!!

clementinemdTrattandosi di un frutto dalle peculiarità salutistiche uniche, tutta vitamina C e salute, è scontato che il primo lavorato che ne potesse derivare fosse la marmellata di clementine, dicitura oltremodo esatta in quanto a norma di legge, e secondo una direttiva del 1982 dell’Unione Europea, il resto dei prodotti che sono a base di frutta ma non di agrumi può essere chiamato solo “confettura”. In tale magico ed accattivante “orcio” l’82% della frutta contenuta racconta tutta la corposità di un prodotto esclusivo, di gusti e retrogusti infiniti, di una purea lavorata naturalmente (…proprio come si usava una volta!!) senza addensanti e/o pectine varie che ne riducano i tempi di preparazione, facilitandone nel contempo la produzione. E’ sempre vero, infatti, che le cose davvero buone hanno bisogno di tanta pazienza e passione.

specialitaE dalla semplice marmellata di clementine si è poi passati a evoluzioni alternative, quali quella di Clementina & liquirizia, o di Clementine & peperoncino, due interessanti innovazioni nate dall’unione con altre peculiari eccellenze della gastronomia calabrese. Elaborazioni allettanti, che stimolano la curiosità dei cultori del gusto, di chi è insomma alla ricerca di qualcosa di nuovo che delizi il palato, e dove i siti che li propongono in assortimento nelle vetrine virtuali ne suggeriscono chicche d’uso originali ed accattivanti.

clementine-golosinepicSe c’è poi da festeggiare un connubio del gusto, ma di quelli coi fiocchi, beh le clementine si sposano benissimo col cioccolato: ed ecco sul podio delle sciccherie dolciarie le Clementine golosine, spicchi di clementine candite e ricoperte di puro cioccolato fondente, un prodotto tassativamente naturale e senza conservanti, una delizia della serie “…una tira l’altra”!!

clementine-caramellateE se poi c’è da chiudere un pranzo con un tocco di originalità (magari accompagnando con un tonificante amaro), guarnire un gelato o una macedonia in maniera decisamente diversa dal solito…beh, signore e signori eccovi le Clementine caramellate, prodotto anche qui ultranaturale, visto che conosce come ingredienti solo clementine, zucchero ed acqua.

Le clementine calabresi: perchè oltre al frutto fresco e naturale c’è “moooooolto” altro da gustare!!

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I costi di spedizione non sono più un problema

Come ormai tutti sappiamo, il problema più grosso che impedisce il decollo del settore dell’e-commerce in Italia è quello relativo alle spese di spedizione, specie nei cosidetti prodotti a basso costo come quello dell’enogastronomia dove spessissimo le gravose spese di spedizione spingono i consumatori a rinunciare all’acquisto, rinunciando quindi, alla possibilità di deliziare il proprio palato rimembrando vecchi ricordi e antichi sapori.

C’è un’azienda che ha deciso di andare controtendenza, decidendo di offrire i costi di spedizione più bassi d’Italia nel settore dell’e-commerce enogastronomico, si chiama Sapori dei Sassi, è un negozio elettronico che seleziona e commercializza prodotti tipici del sud Italia. Solo ricercate prelibatezze provenienti da Puglia, Basilicata e Calabria, limitatissime produzioni di piccole aziende agricole, ma al tempo stesso, un’offerta vastissima che spazia dai classici salumi e formaggi, passando per conserve, miele biologico, farine, vini, olio extravergine e persino latticini freschissimi e il famoso pane di Matera.

Per acquisti di importo inferiore a € 70,00 le spese di spedizione richieste per qualsiasi località in Italia sono di soli € 6,90! Per acquisti superiori a € 70,00 i costi di spedizione scendono a € 5,90 mentre per acquisti superiori a € 110,00 i costi di imballaggio e trasporto in Italia sono GRATIS!

Ci si augura che anche altri merchant cerchino di imitare la decisione presa da questi intraprendenti imprenditori e che un giorno non molto lontano anche in Italia possa finalmente decollare il settore degli acquisti on line.

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Internet, che bella invenzione: porta in “ognoddove” le tipicità del territorio – Il caso del pepe rosso calabrese.


Avete presente un tipico balcone estivo dei centri rurali calabresi, con tante piantine di fiori in bella mostra, ed in evidenza i “filari” di pepe rosso appesi ad essiccare naturalmente al caldo sole del nostro meridione?? Ecco, è proprio da li che proviene il pepe rosso macinato che si può acquistare su siti di prodotti tipici calabresi presenti sulla rete, e che lo propongono in quantità ottimali per le necessità familiari.

Vediamo un po’ di conoscere l’intera filiera attraverso la quale si ottiene questo eccezionale ed indispensabile insaporitore di cucina, tassativamente secondo tradizione e metodologia esclusivamente artigianale.

Il pepe rosso viene messo a coltura in orto già con il primo timido sole della stagione primaverile, viene curato con amore e passione proprio come natura vuole, senza cioè l’ausilio di concimi e forzature varie, irrigato alla bisogna tenendo particolarmente conto della più o meno accentuata calura estiva.

Una volta giunto a giusta maturazione, quando il suo bel faccione racconta di tutto il sapore in esso racchiuso (in genere in piena estate), viene raccolto ed i singoli pezzi sono pazientemente “cuciti” (‘mpilati) dalla parte del gambo con spago o filo ben resistente, avendo cura di avvicinarli quanto più e possibile l’uno all’altro.

Ecco, i filari son belli e pronti: sembra finita?? Mica vero!! Adesso inizia un lavoro di guardiania non indifferente, perché se il sole deve fare il suo lavoro di naturale essicazione, almeno fino a settembre, i filari vanno gelosamente preservati da qualsiasi forma di umidità che su di essi, casualmente, possa abbattersi: quindi, con gli occhi sempre rivolti ai mutamenti meteorologici, evitare che prendano una qualunque “burrasca estiva”, un po’ di foschia…..insomma qualunque minaccia risulti pregiudizievole per la qualità del prodotto finale. Un infinito e maniacale tragitto “dentro/fuori” che solo la passione per le cose buone riuscirà poi a compensare.

Sono rituali che ormai difficilmente si ritrovano nelle produzioni industriali moderne: di “pepe rosso macinato” sì che se ne trova, in commercio, ma tutta l’elaborata procedura sopra raccontata si salta, o meglio, si riduce a pochi minuti, provvedendo più facilmente ad infornare i peperoni rossi maturi.

La modalità “tradizionale”, invece, non prevede l’infornatura (una temperatura superiore a 70° può infatti alterare la qualità del prodotto) se non un attimino,sempre e comunque dopo l’essiccatura naturale al sole per come descritto, per levare definitivamente ogni traccia di eventuale umidità residua.

Per ridurre il pepe in polvere anticamente si utilizzavano i tradizionali “sazieri” (mortai, in pietra o in legno): ed è ancora vivo il ricordo di massaie calabresi che, legata la capigliatura in comodi “frazzulittuni” (le bandane, dei tempi moderni) provvedevano a questo lungo e laborioso lavoro. Ai giorni nostri anche in Calabria il procedimento è decisamente facilitato (fortunatamente!!) da “polverizzatori” e mixer di fattura meccanica, avendo naturalmente cura di levare preventivamente il gambo da ogni singolo frutto.

Ed eccolo qua, il pepe rosso macinato è bello e pronto, gelosamente custodito in contenitori da cucina che ne preservino la fragranza ed il gusto fino alla nuova produzione, pronto da essere utilizzato per ogni leccornia della gastronomia regionale (…e non solo!!), in primis per dare quel bel tono accattivante ai tipici salumi calabresi, la cui rinomanza è ben nota in ogniddove. O per regalare un po’ di saporito colore alle gustose patate della Sila, nell’ uso “umido” in particolare; oppure sul baccalà;……

A voi la scelta dell’utilizzo più opportuno che ne farete!!

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Prevenzione dei fastidi della stagione invernale: farmaci?? No, grazie, meglio rimedi più “naturali”…

Che belli, i ricordi dell’estate appena trascorsa, la canicola della stagione che ci consentiva di uscire ad ogni ora con indumenti decisamente “leggerini”, le eccezionali giornate assolate che ci regalavano ogni tipo di lecita trasgressione.

Purtroppo l’autunno ci riporta al consueto tran-tran della vita ordinaria, lo stress, il corri e fuggi e (…ahinoi!!) si comincia a fare i conti con i primi fastidi della stagione fredda. Saranno le escursioni termiche tra notte e giorno, lo stare nuovamente in ambienti chiusi (scuole, uffici,..) dove bacilli e virus vanno a nozze e si trasmettono con grandissimi facilità, e ci accorgiamo di un certo “solleticare” alle vie respiratorie, discreto e silenzioso, che suona come un campanello di allarme per la nostra salute. Piccole noie, ma fastidioso “toc toc” che bussa alle porte del nostro benessere!!

D’altronde non scopriamo mica l’acqua calda, anche le statistiche e le previsioni del ministero della salute parlano chiaro: è in arrivo, con anticipo rispetto agli ultimi anni, la prima ondata dell’influenza stagionale che rischia di relegare al letto la popolazione italiana, accompagnata dall’abbassamento graduale delle temperature, con un picco di “allettati” previsto per il prossimo mese di dicembre.

Utile risulta, quindi una attività di prevenzione contro questi tediosi e piccoli malesseri; trovarsi, insomma, pronti e discretamente protetti per combatterli opportunamente ed in tempo utile. E la natura ha tante di quelle soluzioni a tal riguardo, che ci consentono di evitare interminabili file dal medico curante e costose panacee di tipo farmaceutico, composte solo da eccipienti chimici e altre magagne ai più sconosciuti.

Su portali di vendita on line di prodotti tipici calabresi, ad esempio, si ritrova lo sciroppo propoli,miele ed eucalipto, che parte appunto da elementi assolutamente naturali per prevenire e combattere le influenze stagionali.

In particolare, la propoli rappresenta un antibiotico naturale che protegge dai molti microrganismi che si possono incontrare durante le stagioni fredde. Il nome Propoli deriva dal greco “PROPOLIS” che tradotto letteralmente significa “davanti alla città“: infatti questo prodotto viene usato dalle api per erigere un muro di difesa immediatamente dietro l’ ingresso dell’ alveare, allo scopo di evitare che indesiderati intrusi ( insetti , piccoli roditori ecc. ) entrino nell’ arnia. E’ stata usata nella medicina popolare come antibatterico, disinfettante, anestetizzante per ferite, piaghe, ulcere, ecc. e negli ultimi anni se ne è rivalutata la sua indubbia efficacia sulle vie respiratorie

Del miele sono più che conosciuti i notevoli effetti benefici che esso svolge sulle vie respiratorie in particolare, per le sue proprietà emollienti e decongestionanti. E sul benessere della persona in generale, sui muscoli (aumento della potenza fisica e della resistenza), sul cuore (azione cardiotropa), sul fegato( protezione e disintossicazione), sull’apparato digerente (specifica funzione stimolante e regolatrice), sui reni (azione diuretica) e sul sangue (apporto antianemico e fissazione del calcio-magnesio).

L’eucalipto, infine, svolge notevoli effetti di natura espettorante, facilitando la respirazione in pazienti “costipati” nei bronchi: proprio il caso di chi è soggetto a raffreddori!!

Lo sciroppo così proposto è arricchito di preziosi oli essenziali (infusi di erbe) con azione balsamica, dà un immediato sollievo alla gola e al naso chiuso ed è indicato in caso di tosse e malattie da raffreddamento. Utile ai fumatori che sicuramente avranno ammorbidita e calmata la fastidiosa tosse secca spesso presente e legata al vizio del fumo.

Quindi, e come al solito, la natura insegna: vale sempre il detto “prevenire è meglio che curare”!!

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Consigli calabresi per la conservazione del peperoncino piccante

Bene, siamo quasi alle porte dell’autunno, ci siamo fatti una buona scorta di peperoncino calabrese fresco, o magari lo stiamo man mano acquistando su qualche portale di prodotti tipici calabresi che ne dispone sulle proprie vetrine virtuali, qualche “furtarello” lo abbiamo pure perpetrato, giusto per gustare della schiettezza e freschezza del prodotto appena raccolto, ed adesso ci si presenta uno dei più “arditi dilemmi” dell’arte culinaria: come poterne conservare per più è più tempo il sapore, almeno fino alla nuova stagione??

Non guasta, a tal proposito, qualche piccolo e semplice segreto senza per ciò stravolgere la nostra calda ed accogliente cucina, tramutandola in sofisticato laboratorio alimentare!!

Il metodo più semplice e che sembra essere il più banale, è quello del freezer, provvedendo a creare piccoli sacchettini di prodotto proporzionati alla bisogna media.

Il metodo dell’essicazione, in Calabria, avviene naturalmente,  esponendoli al sole ed avendo cura di metterli all’ombra se il sole è particolarmente caldo (..ed in questi giorni qualche bella giornata ancora ci viene regalata!!). Non essiccare mai i peperoncini nel forno perché una temperatura superiore a 70° C ne altera le qualità: al limite un rapido passaggio in forno può essere consigliata solo a fine essicazione.

Quello che sembra essere il sistema con i migliori risultati, invece, è il seguente: tagliare i peperoncini a metà per lungo, cercando di lasciare una punta ed un picciolo per ogni metà, e disponetene uno strato su un piatto piano con i semi verso l’alto; cospargeteli con una buona presa di sale fino; disponete un nuovo strato di peperoncini sezionati ad angolo retto rispetto ai precedenti, cospargete anche questi di sale; continuate fino ad esaurimento, quindi coprite con un altro piatto e ponetevi sopra un peso di almeno 3 – 4 kg. Dopo un paio d’ore sgocciolate, capovolgete il tutto, rimettete il peso e lasciate ancora un paio d’ore. Trascorso questo tempo ri-sgocciolate e con uno spazzolino togliete l’eventuale eccesso di sale dai peperoncini, asciugateli il più possibile con un tovagliolo facendo attenzione a non perdere i semi e metteteli sott’olio (a voi la scelta, ma quello consigliato – ovviamente- è quello extra vergine!!!). L’eccezionalità di questo metodo sembra stia nel fatto che il sale priva i peperoncini dell’acqua, non intaccando assolutamente il loro sapore: dopo 15 giorni disporrete di peperoncini che, per gusto e sapore, sembreranno come appena raccolti, oltre all’olio aromatizzato meravigliosamente.

Un metodo intermedio sembra sia quello di conservare i peperoncini per come sopra descritto, ma un attimo appassiti: è un sistema consigliato quando, a forza di aspettare ad avere una buona scorta di prodotto i peperoncini hanno perso la loro “verve” di freschezza.

Anche la soluzione “sotto aceto” sembra dia buoni ed apprezzabili risultati. Lavate ed asciugate i peperoncini (freschi!), stipateli in un vaso con tappo ermetico (di quelli usati per conservare frutta, funghi marmellata ecc) colmate con aceto non troppo forte ed una discreta quantita’ di sale, avvitate il tappo, mettete a bagnomaria e fate bollire per 5 – 6 minuti togliendo dall’acqua quando e’ quasi fredda. La sterilizzazione si puo’ evitare ma dopo qualche settimana i peperoncini si ammosciano notevolmente (la cosa avviene anche a quelli sterilizzati una volta aperti, quindi evitate i vasi troppo grandi). E’ un metodo che si consiglia, in particolare, quando c’è da conservare peperoncini ancora verdi o non completamente maturi.

In ogni caso, e qualunque sia la metodologia di conservazione scelta, si consiglia di tener sempre presente una avvertenza: dopo aver maneggiato il peperoncino conviene lavare le mani più e più volte, evitando di strofinare gli occhi con le dita per più e più tempo, oppure più semplicemente utilizzare dei guanti usa e getta per tutta la durata della preparazione.

 

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Freschi liquori per avvolgenti profumi: quelli calabresi!!

Liquori in tutte le stagioni?? Un po’ strano, ma è così!! Certo d’inverno un tonificante liquorino non guasta mai, a fine pasto o in qualunque occasione della giornata è sempre ben gradito.

Ma d’estate……ne vogliamo parlare?? Eppure ci sono degli elisir gradevoli in ogni momento dell’anno, anche, anzi specie nella stagione più calda. L’importante che abbiano quel tocco di schiettezza, originalità e (..soprattutto!!) una contenuta gradazione alcolica (25/30° max).

Ecco, ad esempio, i liquori della tradizione calabrese, di antica ricetta e fatti ancora artigianalmente, proprio come quelli della nonna, che si scoprono navigando in rete su qualche sito di commercio elettronico di prodotti tipici calabresi: realizzati a base di frutti tipici ed erbe spontanee della regione, gli elementi peculiari che contraddistinguono questi prodotti sono appunto il sapore originale, l’aroma inconfondibile delle cose naturali, la gradevolezza al palato per via del contenuto livello di alcool.

Si spazia, così, dal liquore alla liquirizia, ovviamente quella calabrese, “la migliore in assoluto” considerando che di proposte analoghe in giro ce ne sono numerose, ma che hanno un po’ tutte un sapore per così dire “annacquato”; viene preparato con aromi, essenze, e profumi di piante (radici di liquirizia) tipiche della zona, seguendo un processo artigianale di macerazione a freddo.

O ancora quello di mandarini clementine tassativamente provenienti da zona tipica di produzione, dai retrogusti infiniti che raccontano delle verdi e pianeggianti zone della Calabria nelle quali vengono coltivati; o quello introvabile di alloro, che si caratterizza in particolare per le sue virtù altamente digestive; ed ancora quello di finocchietto selvatico, opportunamente raccolto in primavera e lasciato pazientemente a decantare per ottenere un preparato corposo e delicato al tempo stesso, molto simile a quegli affascinanti liquori sedicenti terapeutici, di sapore medioevale, frutto della mirabile pazienza dei frati.

Per favorirne un consumo anche “estivo” vengono proposti in originali bottiglie “anfora” termoresistenti, si da poterle tenere comodamente in freezer e servire “a temperatura ok” al momento più opportuno: ed ogni volta (garantito!!), è una vera festa, una indicibile esplosione di sapori, che sorprende il palato lasciando in bocca tutto il sapore delle buone cose del nostro meridione.

E la loro valenza “anticanicolare” si svela ancor di più allorquando li utilizziamo per caratterizzare ogni tipo di gelato, ovvero per regalare quel tocco di esclusività su ogni tipo di macedonia di frutta: e per entrambi gli usi è proprio il momento più opportuno.

Il loro segreto sta in una parola forse dimenticata, in epoche di stress e corri e fuggi continui, ma che sovviene sempre quando c’è da parlare di cose buone: la pazienza nell’attendere che il preparato sia pronto a puntino per il consumo. Ecco, la naturalezza  ed eccezionalità di questi prodotti unici nel gusto, dalle mille valenze ed usi, consente di scoprire e degustare un lato forse poco esplorato della gastronomia della Calabria: l’arte della distilleria.

Sembra più che scontato ricordarlo, ma un piccolo promemoria non guasta mai: il migliore modo per poter gustare in modo eccezionale queste delizie, è uno solo – la moderazione – in ogni momento dell’anno!!

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Gusti esclusivi, sapori corposi, vasetti originali: ecco le marmellate calabresi di agrumi!!

Preparare la marmellata in casa è una pratica ormai in disuso, forse solo qualche nonna o qualche mamma-chioccia ci delizia ancora con questi sapori naturali, che rievocano sensazioni della nostra infanzia più o meno lontana.

 
 

C’era tutto un rituale da rispettare, che si concretizzava nella scelta della frutta migliore a secondo dei più opportuni periodi di maturazione, dove polpa e buccia venivano fatti a pezzettini e cotti pazientemente in pentoloni, con un continuo e costante mescolare e ri-mescolare, senza l’ausilio di pectine chimiche, conservanti, coloranti, correttori e forzature varie che potessero in qualche modo facilitare questo arduo, ma nel contempo piacevole compito.

  

 

Ecco, era con questo procedimento tramandato da generazioni che si ottenevano le migliori conserve di frutta, da tenere in dispensa come in uno scrigno e da consumare per la prima colazione, per la preparazione di dolci e (…perché no!!) da regalare, giusto per dimostrare che in cucina “ci so fare!!”: il modo migliore per protrarre nel tempo il raccolto, godendone per tutto l’anno.

 
 

E che dire delle marmellate di agrumi, le sole che si possono definir tali a norma di legge, visto che secondo una direttiva del 1982 dell’Unione Europea, il resto dei prodotti che sono a base di frutta ma non di agrumi può essere chiamato “confettura”.

Quegli stessi sapori, quegli aromi originali e quel gusto genuino che si possono ancora gustare nei vasetti di marmellate di agrumi della Calabria proposti in rete da portali di prodotti tipici calabresi che, nella loro strategia aziendale, hanno sempre mirato alla qualità piuttosto che al prezzo delle referenze proposte.

 
 

Le loro vetrine virtuali, infatti, propongono solo marmellate di frutta fresca proveniente da zona tipica di produzione (..e la Calabria può dire la sua nella produzione di arance, limoni, e clementine in particolare!!), utilizzata in tutte le sue parti (polpa e buccia), e tassativamente senza conservanti

 

 

 

L’82% della frutta contenuta racconta tutta la corposità di prodotti esclusivi, di gusti e retrogusti infiniti che si ritrovano nelle varietà arance, arance rosse ed arance e limoni (due originalità che difficilmente si ritrovano sugli scaffali della grande distribuzione), e di clementine (altra chicca ancora più esclusiva, visto che proviene dalla zona in cui il prodotto è coperto dal marchio di tutela Igp).

 
 

Potreste obiettare: ma le marmellate son tutte uguali!! Sbagliato; aprite un attimo la vostra dispensa e provate ad indagare nelle etichette di quelle che avete in casa: scommettiamo che non trovate più del 40/50% di frutta contenuta?? E ricordatelo: il loro consumo maggiore è fatto dai bimbi!!

 
 

Una particolare lavorazione caratterizza poi la marmellata di limoni: a primo impatto ci si aspetta un prodotto un po’ più acre e deciso, dunque ideale per i palati più forti. Ed invece no, perchè prima della lavorazione il frutto viene leggermente bucherellato sulla buccia ed immerso per qualche istante in acqua bollente: ecco un accorgimento tramite il quale si riesce a levare l’asprezza tipica dell’agrume, preservandone in ogni caso tutto il suo gusto.

 

Alla produzione di marmellate per così dire “storiche” si è provveduto ad accompagnare una evoluzione di prodotto, sempre sfruttando altre eccellenze tipiche della regione, quali la liquirizia ed il peperoncino.

 
 

Ed ecco partorita la confettura di clementine e liquirizia che si accompagna bene a formaggi cremosi con componenti acidule e struttura compatta. La “crescenza” o lo “stracchino” ad esempio, anche facendo riferimento al bel contrasto cromatico medioscuro/candido. Spalmata su di una semplice torta al cacao con copertura di cioccolato o zucchero a velo, appalesando l’eccezionale accordo cioccolato/liquirizia/marmellata, di certo apprezzato da grandi e piccini.

 

E quelle di clementine e peperoncino, o arance e peperoncino, non eccessivamente piccanti, beninteso: si tratta di un sapore che completa quello della frutta, un retrogusto ben gradito anche da chi non è abituato al sapore “deciso” del peperoncino. E’ consigliata per originali antipasti, su crostini, tortine, pane arrostito, formaggi in genere. Oppure per dare un tocco di originalità alle scaloppine di vitello, pollo o sulle carni lesse in genere (è consigliabile porre il prodotto a fine cottura). O mista con la ricotta, per guarnire salatini e pizzette da antipasto. O nell’uso dolciario: crostate (c.d. Crostata del diavolo), torte, bocconotti ed altre delizie avranno così un tono decisamente diverso.

 
 

E visto che anche l’occhio vuole la sua parte, anche il packaging è stato curato a modo: il vaso orcio usato in numerose referenze quasi consiglia di non aprirle e consumarle, quanto di riporle in cristalliera, piuttosto che in cucina.

 

Torna sempre, insomma, il claim ricorrente per ogni prodotto di nicchia: deliziarsi con novità, nel rispetto della tradizione. E stavolta sorprendendo anche la vista!!

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Mettete in moto la gelatiera…c’è quello al gusto liquirizia da sperimentare!!

Che sciccheria, il gelato alla liquirizia: eccezionale d’estate (…è il gusto trendy della prossima stagione); esclusivo ed intrigante in ogni momento per via del suo sapore forte e corposo, che delizia sempre; altamente digestivo alla fine di ogni pasto importante. E’ un gusto che non molte gelaterie hanno ancora sperimentato tra le loro proposte, ed allora, all’occorrenza, ecco che sovviene il “fai da te”, anche perché, come in molti sanno, l’esclusività e l’originalità distingue e sorprende sempre gli ospiti, i commensali, insomma amici e conoscenti: della serie….“fare un figurone”!!

 

E se il gelato fatto in casa deve essere davvero buono ed unico, è inutile sottolinearlo, “occhio agli ingredienti”!!

 

Le varie ricette in rete lo propongono utilizzando la liquirizia in tozzetti, da spezzettare e tritare all’occorrenza: ma quanta fatica!!….e quanti residui, a fine lavoro!! Oppure con le classiche rondelle di liquirizia, che regalano più il sapore di gomma arabica che altro.

 

Indubbiamente la migliore preparazione si ottiene utilizzando la polvere di liquirizia, “tassativamente calabrese” (o puro succo di liquirizia), proposta in rete da siti di vendita on line di prodotti tipici calabresi: infatti, come asserito dall’autorevole Enciclopedia Britannica argomentando sulla materia prima – la migliore qualità di liquirizia “is made in Calabria”; essa proviene dalle medesime aziende che producono le confetterie derivate da questa fantastica ed esclusiva radice, mosse da uno dei principi essenziali del nostro sud secondo il quale, anche dalla liquirizia, “non si butta via nulla”.

In tali casi, infatti, il preparato che se ne ottiene non avrà residui e grumi, dato che la materia prima regala tutta la sua corposità ed il suo esclusivo gusto al gelato, sciogliendosi integralmente con estrema facilità.

 

Il procedimento suggerito per ottenere “il re” dei gelati alla liquirizia è il seguente:

 

Ricetta del gelato alla liquirizia calabrese.

 

Ingredienti: polvere di liquirizia 100 g, latte 300 g, zucchero 150 g, panna 350g.

 

Preparazione: mettete in una casseruola il latte con lo zucchero e la liquerizia. Fate scaldare a fiamma bassa mescolando spesso ma senza mai far bollire fino allo scioglimento della liquerizia. Fate poi raffreddare e incorporate la panna montata. Versate nella gelatiera per circa una mezz’ora.

 

All’occorrenza, guarnire le coppette con foglioline di menta (magari surgelate) o altra ghiottoneria (confettini al cioccolato, ecc.), visto che il connubio di gusto si sposa davvero alla grande.

 

Naturalmente la polvere di liquirizia va bene se ne preferite una spolverata anche su altre tipologie di gelato: alla panna, al cioccolato, al pistacchio…..tanto, la liquirizia non vi dirà mai di no!!

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Dalla buone terre calabresi il ritorno delle patate rosse, quelle silane!!

Negli ultimi anni molte specialità tipicamente artigianali hanno lasciato spazio a produzioni industriali, per buona parte derivanti da processi tecnologici esasperati, che poco concedono ai sapori originali della materia prima, offrendo al contrario gusti quasi “appiattiti”, qualcuno senza nemmeno esagerare più di tanto li ha definiti “plastificati”. In un ottica decisamente diversa invece si muove la produzione artigianale: quella della difesa del gusto originale, dei sapori di un tempo, peraltro non molto lontano.
 
E’ ovvio che, in questo processo non massivo, i prodotti alimentari artigianali non sempre sono costanti (la qualità del latte per un formaggio varia da una stagione all’altra, il sapore delle carni per un salume dipende dall’alimentazione del capo di bestiame utilizzato), ma sicuramente sono sempre ricchi di caratteri distintivi oltre che decisamente più salubri e naturali. Normale che si tratta per lo più di prodotti di nicchia, per i quali occorre un lungo processo di educazione alimentare, sì da farne esaltare le loro intrinseche caratteristiche per convincere ad un eventuale acquisto il pubblico degli estimatori del gusto e del palato.
 
A buon titolo tra queste produzioni un po’ dimenticate si può annoverare la patata silana rossa, acquistabile su portali di prodotti tipici calabresi che la propongono sulle loro vetrine virtuali.
 
Ma cosa sono le patate rosse e cosa hanno di veramente particolare rispetto alle normali patate acquistabili ordinariamente nei mercati??
 
La storia è presto detta. Intorno agli anni 20 del secolo scorso (…ahinoi, ma è ormai il caso di dire “il secolo scorso”) questa patata dalla buccia rossa veniva coltivata stabilmente in Calabria ed in Sila in particolare, dove si trovava benissimo grazie alla tipologia dei terreni e spesso con discreto contenuto di sostanza organica. Le più buone nascevano (e nascono) vicino a boschi di castagno e di faggio.
Nell’altipiano silano (qualcuno autorevolmente ha scritto “un pezzo di Svizzera casualmente caduto di mano al Creatore quando ideò la nostra penisola” ) già la pataticoltura in genere è una base di reddito essenziale per le popolazioni, visto che il prodotto è rinomato e ricercato per le sue caratteristiche, il suo sapore e le sue connotazioni organolettiche: la particolarità delle patate silane deriva certamente dal fatto che nasce ad oltre 1000 metri di altezza, caratterizzandosi, dunque, come l’unico prodotto di alta montagna del centro Mediterraneo. Ha la caratteristica di possedere una percentuale di amido decisamente superiore alla media, rendendola così più saporita e nutriente di quella che ordinariamente si riesce a trovare in commercio.
 
Però la nostra patata rossa aveva (ed ha) un grosso difetto: una scarsa resa e quindi nel secondo dopoguerra venne pian piano soppiantata da altre varietà più produttive (e redditizie). All’inizio del nuovo millennio, qualche produttore più lungimirante nella visone dei mercati futuri, che andava sempre più verso le produzioni “scontate ed appiattite nel gusto e nel sapore”, ha ben pensato di ripiantarla di nuovo: e quale miglior terreno e miglior ambiente si poteva utilizzare se non quello silano, già di suo naturalmente “vocato” e predisposto alla pataticoltura in generale, e quelle da seme in particolare??
I risultati non si sono fatti attendere; anche se le quantità sono relativamente scarse, la qualità è altissima. Sono stati fatti addirittura dei panel di degustazione dove la nostra rossa ha stravinto a man bassa grazie alla consistenza della polpa ed all’alto contenuto di sostanza secca. In altre parole, la rossa è soda e compatta dopo la cottura, sia che si tratti di bollitura o stufatura, sia di frittura. Quindi è adattissima sia per fare gnocchi e tortelli che per una croccante patatina fritta.
 
Si presenta infatti burbanzosa e tondeggiante, con quella sua bella buccia rosseggiante che nasconde sempre e comunque una corposa e soda polpa bianco/giallo. Poi è bella tonda e difficilmente prende quelle forme bozzoidali e segaligne tipiche delle patate che compriamo al supermercato.
Ma è comunque a tavola che ci si inchina di fronte a questa patata. Sorprende in tutti gli usi, ma sembra dare il meglio di se stessa nella preparazione in casa degli gnocchi. Il problema di alcune patate, infatti, è quello di avere troppa acqua nella loro consistenza; di conseguenza quando si impastano non legano uniformemente con la farina, ma creano i cosiddetti “grumi”, sicchè la preparazione diviene un po’ più dura. Questa patata, invece, ha poca acqua sia per il fatto che viene coltivata ad un’altezza di 1000 m e più (patata di alta montagna), sia per la particolarità dello specifico tubero; quando la si impasta con la farina si lega perfettamente con essa senza formare grumi. Avrete così una consistenza di farina e patata in ugual misura, così da aver il vero gnocco di patate. Considerazioni analoghe possono farsi nelle preparazioni di gateau, purè, ed altri sfornati.
 
E che dire se poi la si sperimenta come patata fritta?? Ammesso sempre che riusciate a mangiarla prima dei vostri figli.

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Dolci e tradizioni del Natale in Calabria.

Vivere nei grandi centri significa tante volte non rinnovare degli usi e delle consuetudini di una volta, cose che più di ogni altra fanno rievocare l’aria delle feste natalizie, quella dei bei tempi ormai passati, quando il periodo di fine anno era il rinnovarsi di modi di vivere particolari, di una solidarietà tra le genti unica, e non festa di mero ed esclusivo consumismo, quando ci si ricorda delle persone più care giusto “perché si fa così”. E ciò perché il frenetico tran-tran quotidiano ci porta a non aver più tempo per le piccole cose che danno un gusto unico alla vita.

Nei piccoli centri calabresi ci sono invece usi che si ripropongono di anno in anno, in particolare quello di “mettere la frissura” il primo dicembre, un modo come un altro per dare il benvenuto al periodo dell’ avvento. Si provvede, cioè, alla produzione in casa di dolci tipici della tradizione locale, un sapore, un aria, un gusto unico che inebria i vicoli dei vari centri, e dove è consuetudine, oltretutto, offrire vicendevolmente parte della propria produzione ai vicini e parenti più prossimi, laddove i più piccini sono dediti a far da fattorini nello scambio di piatti e guantiere, ricevendone in cambio qualche piccola mancia.

Alcune di queste “prelibatezze” di pasticceria si possono acquistare su siti di commercio elettronico di prodotti tipici calabresi, che si rivolgono ad affidabili pasticceria per poter disporre di queste golosità ottenute secondo norma (confezionamento, etichette e quant’altro), dunque con un grado di sicurezza ed igiene all’altezza delle aspettative.

E tra le varie ghiottonerie dolciarie del periodo si ritrova, così la giurgiulena. Il sesamo, si sa, è alimento basilare nella cucina araba in genere, ed il nostro meridione è stato per lungo tempo influenzato da questo popolo, in Calabria in particolare ha lasciato l’uso del prodotto in questo dolce tipico natalizio: la giurgiulena. Si tratta di un torrone lavorato con miele, mandorle, zucchero, confettini colorati ed aromi di arancia in modo tradizionale, sì da mantenere per lungo tempo la sua fragranza e il suo sapore inconfondibile, tagliato a tozzetti romboidali.

La pasta confetto
rappresenta un’altra originale ghiottoneria decembrina. Di forma irregolare, c’è chi punta ad una forma quasi sferica, chi la preferisce di forma oblunga. La ricetta originale non prevede l’uso di lievito chimico, in quanto la pasta confetto deve crescere in padella con un movimento lento e costante, conferito all’olio di cottura in movimento. Terminata l’operazione di cottura le forme sferiche si addensano in una pentola mediante il miele.
 
I crustuli, turdilli o cannaricoli calabresi, sono dei tozzetti di pasta frolla, ove ingredienti essenziali per la relativa produzione sono farina, acqua, vermouth, olio di oliva, miele, sale. Una chicca di questo prodotto: nei decenni passati questo era sì uno dei tipici dolci natalizi, ma in epoca di ristrettezza e di magra come allora, allorquando le merendine e le brioss erano di là da venire, i crustuli si conservavano nei tradizionali “tarzaruli”, contenitori di creta o argilla dotati di apposito coperchio in legno, e si consumavano fino a primavera inoltrata.
 
La riganella è un dolce e/o pane tipico del rituale delle comunità Arbëreshë (albanesi), presenti in vari centri in Calabria (ma anche in Basilicata, Puglia e Sicilia) per sfuggire secoli addietro ai saccheggi dei turchi; ma anche delle comunità delle Presila Greca con qualche variante anche nel nome, ove viene detta “la riganata”. Nei rituali calabresi è sempre presente il significato di rigenerazione ciclica della vita, che si esprime attraverso le forme, legate nella maggior parte dei casi al cerchio ed alla spirale. E’ difficile darne uno spessore storico certo; ma è inevitabile qualche confronto con mosaici tardo-medioevali .
 
Sono tutte produzioni assolutamente naturali, senza l’uso di addensanti e conservanti, come tassativamente richiesto dalle ricette tradizionali.
 
Qualche “ peccatuccio di gola” che nel periodo natalizio val proprio la pena regalarsi: per la dieta……magari ne parliamo a gennaio!!

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Idee regalo per Pasqua: cosa scegliere, eventualmente.

Non le medesime esigenze natalizie, ma c’è sempre qualcuno di cui è il caso di ricordarsi, anche a Pasqua.

Certo per Pasqua non ci sono le esigenze di regalistica di fine anno, ma c’è sempre qualcuno di cui è comunque il caso di ricordarsi, o del quale ci siamo “sbadatamente”  dimenticati durante le festività natalizie. Anzi, forse il nostro  regalo può risultare ancor  più apprezzato, se ben fatto, in quanto inatteso. 

Anche in questo caso, dunque, sorge il problema di poter trovare qualcosa che sia veramente originale, suscitando il gradimento da parte di chi riceve la nostra attenzione.Ed anche stavolta, quindi, può tornare utile ed opportuno valutare cosa, in realtà, avremmo preferito che gli altri ci dedicassero come gradito pensiero: è infatti una condizione per cosi dire “di reciprocità. 

L’uovo di Pasqua, le classiche colombe e quant’altro lasciano ormai il tempo che trovano, sanno ormai di faciloneria e soluzione semplicistica, quasi scontata, tipica di chi ha scarsa fantasia ed limitata alternativa.

 Dunque occorre trovare qualcosa che ci faccia, anche per tale occasione festiva, distinguere dagli altri, quindi che si faccia ricordare veramente. Stretti dalla attuale contingenza economica, ci siamo spesso privati di sciccherie e golosità varie, ma almeno durante le festività vorremmo concederci qualche trasgressivo “peccato di gola”.

Può tornare utile, quindi, ricorrere alla rete, optando per confezioni regalo di enogastronomia, magari realizzati con prodotti tipici calabresi, che è possibile commissionare presso siti e.commerce proprio di quelle zone: una scelta calibrata a seconda delle nostre esigenze di spese e/o di assortimento con varie delizie al peperoncino (patè o sottoli vari), salumi tipici, marmellatine accattivanti e qualche sfiziosità ulteriore, “scovata” tra le delizie tipiche della tradizione culinaria calabrese. 

Se poi c’è da inviarli a qualcuno direttamente, nessun problema: questi siti provvedono al caso specifico. Li confezionano a modo (cellophanandoli opportunamente), vi annettono un augurale biglietto strutturato per l’occasione, e ne garantiscono il necessario ed opportuno servizio per  la buona riuscita della consegna (track, monitoraggio dello stato della spedizione e servizi accessori vari). Essenziale sarà fornire, con dovizia di particolari, i recapiti dei destinatari (indirizzo, telefono e quant’altro), si da dar buon corso al recapito relativo. 

L’importante, in ogni caso, è che le nostre scelte colgano veramente nel segno, con prodotti di buona qualità e levatura (che i sottoli, ad esempio, siano in ottimo olio di oliva, o che le marmellate abbiano un contenuto di frutta ottimale), dalla genuinità garantita (etichette e certificazioni la faranno anche stavolta da padrona), e che rappresentino delle vere “sciccherie” (originali e non facilmente reperibili nella grande e/o tradizionale distribuzione), insomma che possano veramente stupire chi le riceve. 

L’effetto sarà di sicuro impatto; se poi ciò comporta qualche rinuncia in più alle nostre spese dei successivi mesi, poco male: saremo però sicuri di aver davvero colpito nel segno, ed aver fatto la nostra bella figura !!

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Il caviale calabrese: una chicca per intenditori.

Cos’ è e dove acquistare questa chicca tutta calabrese. Avvertenze d’uso: diffidare dalle imitazioni.

Per i più si chiama rosamarina, per altri sardella salata, alcuni ancora la conoscono come garo, bianchetto, o mustica,  altri infine la definiscono come il caviale calabrese.

Comunque la si nomini, si tratta in ogni caso dell’originale preparato proveniente dai mari di quella regione, punta di diamante dei prodotti tipici della gastronomia calabrese, acquistabile anche presso siti di commercio elettronico di quelle zone.

La sua disponibilità, anche in rete, non è sempre garantita, in quanto la originale rosamarina, come fortemente  sottolineato dai relativi produttori e commercializzatori della referenza, è pesantemente vincolata dal fermo biologico, vigente in particolari periodi dell’anno, dato che la ricetta madre richiede che si utilizzi “tassativamente” neonata di mare calabrese (in genere sarde ed acciughe) e visto che il menzionato stop alla pesca è opportunamente imposto per garantire il ripopolamento della fauna ittica.

Tale vincolo di pescaggio pone notevoli problemi di redditività per le tante aziende ittiche, prevalentemente a conduzione familiare, le quali, mediante la commercializzazione del prodotto, riescono ad ottenere un adeguata fonte di sostentamento, e considerato che, tra impiegati diretti ed indotto, coinvolge ed interessa migliaia di addetti della Calabria. Ecco dunque che sovente ne è stato sollecitato dalle popolazioni il prolungamento del periodo in cui l’attività di pesca è lecitamente ammesso, richiedendosi adeguati provvedimenti straordinari in materia. La stragrande maggioranza dei pescatori esercita, infatti,  la piccola pesca artigianale a strascico, storicamente utilizzata nella pratica del novellame, ma che nel contempo crea indubbi disagi e disfunzioni nell’eco-sistema marino.

Sicché occorrerebbe opportunamente studiare una soluzione che contemperi e medi le contrapposte esigenze: quelle legittime dei pescatori, che nel prodotto trovano una essenziale fonte di mantenimento per le famiglie; e quelle più che giuste del rispetto e della tutela dell’ ambiente marino. Tuttavia, per come attestato dalla ricerca scientifica, la relativa pesca non minaccia affatto l’equilibrio riproduttivo di altre specie, in un periodo in cui si manifesta una grande abbondanza di pesce azzurro, che, se scarsamente remunerativo in taglia adulta,raggiunge nella forma giovanile un elevato pregio e valore commerciale.

Giustificata, dunque, nella cultura popolare calabrese, l’attestazione di “caviale”, tanto da assurgere a vera e propria tipicità tradizionale nazionale, come attesta l’inserimento della rosamarina calabrese nell’elenco dei prodotti tipici stilato dal ministero delle Politiche agricole e forestali.

Disponendo della materia prima, con tutta l’esperienza e secondo il più ferreo rispetto della tradizione ittica, questa viene opportunamente lavata in acqua dolce, riposta su ripiani di marmo, adeguatamente immessa in salamoia entro recipienti di terracotta (terzaruli) per alcune settimane, amalgamata con peperoncino rosso macinato (all’occorrenza, dolce o piccante), e confezionata in opportuni vasetti. Il relativo composto si presenta, così, come una pasta di colore rosso, odore intenso, sapore più o meno piccante. Pronta per l’uso, si conserva per un periodo, in genere, discretamente lungo ( 6/12 mesi), mantenendola a temperature fresche.

La originalità e squisitezza della rosamarina, che spinge tendenzialmente verso una latente domanda da parte del mercato in ogni periodo dell’anno, ha fatto sì che anche per questa referenza si sia, inopportunamente, provveduto a creare un mercato del “falso” o del “taroccato”. Si ricorre, infatti, ad offrire un prodotto simile, ma che poco o nulla a che vedere con quello indigeno della Calabria, utilizzando pesce di provenienza asiatica (Cina), in particolare neosalanx tangkahkeii o pesce ghiaccio di acqua salmastra dolce. Ma per i buongustai del caviale dei poveri non esiste problema, la differenza in termini di gusto e di sapore è facile da individuare. Per i curiosi della buona cucina, invece,  vale la regola di chi sa ben acquistare: occhio all’etichetta!!

Per quando riguarda le modalità più opportune per gustare questa sciccheria gastronomica, i siti di commercio elettronico che commercializzano il prodotto “originale”, per come sopra inteso, propongono delle vere e proprio chicche d’uso nelle relative schede tecniche, spaziando dall’utilizzo su crostini e bruschette, per originali antipasti,condendola preventivamente con dell’olio, affinché questo possa assorbire parte del sale utilizzato nella preparazione, e magari un po’ di cipolla sminuzzata finemente; ovvero sulla pizza; o ancora integrando e rendendo alternativa la classica pasta, aglio ed olio.

Non c’è che dire, un caviale tutto da provare, ma a prezzo certamente più abbordabile rispetto al suo decisamente più rinomato omonimo.

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Chicche calabresi: la liquirizia Amarelli.

Se pensate che tutte le caramelle alla liquirizia siano uguali, non è il caso che continuiate a leggere.

In rete vi sono vari siti di commercio elettronico che propongono prodotti tipici calabresi, ma scovando più approfonditamente alcuni di loro fanno della liquirizia Amarelli una apposita famiglia di prodotto, per l’amore che li lega a quella regione, la vicinanza con la fonte di approvvigionamento, la possibilità di scelta nelle varie proposte che l’azienda produttrice offre.

La pianta della liquirizia (Glycyrrhiza glabra) è conosciuta ed impiegata da molti secoli e cresce in molti paesi, ma – secondo quanto afferma l’autorevole Enciclopedia Britannica – la migliore qualità di liquirizia “is made in Calabria”.


La storia della relativa trasformazione è molto antica. La famiglia dei Baroni Amarelli si dedica all’estrazione del succo di liquirizia già dal 1500, alternando alla cura del proprio patrimonio agricolo anche un forte impegno militare e culturale. Nel 1731 viene fondato l’attuale “concio” Amarelli, alla cui attività fu dato particolare impulso nel 1800 con il miglioramento dei trasporti marittimi e con i privilegi e le agevolazioni fiscali concesse dai Borbone a queste industrie tipiche.
Dal 1840 in poi vi è testimonianza dell’attività di Domenico Amarelli e dei suoi discendenti, fino a giungere a Nicola, che nel 1907 ammodernò la lavorazione con due caldaie a vapore. Da allora la Amarelli ha incrementato sempre più la sua attività, rimanendo erede pressoché unica di una tradizione tipica della Regione Calabria.
 
La gamma dei prodotti comprende tutto quanto si può ricavare dalle radici di liquirizia, svariando e stimolando la curiosità e il palato dei loro internauti:si va,così, dalla liquirizia pura e dal profumo naturale, in tozzetti più grossi (Medaglie) o a pezzetti di più piccole dimensioni, da tenere sempre con se’ per qualunque evenienza (Spezzata e Spezzatina);  con l’aggiunta di aroma di anice (Rombetti) o di menta (Favette); alle liquirizie gommose profumate all’arancia della Calabria (Morette); oppure agli accattivanti “bottoncini” aromatizzati alla violetta (Senatori), un gusto unico che si dirama per tutto l’ambiente circostante; o, ancora, ricordando i pastigliacci a forma di macchinine , di pesciolini o altre strane forme, di una infanzia più o meno lontana (Assabesi);  ed infine, delizie per i più piccini, la liquirizia  confettata (Bianconeri) , o quella celata in opportune pietruzze di mare (Sassolini). 

E che dire, poi, se il gelato fatto in casa, o da specializzate “gelaterie”, utilizza la polvere di liquirizia Amarelli, sì da farne una preparazione originale, dal gusto sincero della vera liquirizia calabrese; ovvero utilizzarne un po’ in svariati usi di cucina (ad esempio il risotto allo zafferano,o il classico liquore alla liquirizia), con un connubio dolce/amaro di tutto riguardo?? A richiesta può essere commissionata presso gli stessi portali, e disponibile in virtù di una forte tradizione meridionale, secondo la quale “non si butta via nulla”, neanche gli scarti della lavorazione.

 La particolare attenzione che la famiglia Amarelli ha dedicato al prodotto ha portato alla inaugurazione di un apposito Museo della liquirizia “Giorgio Amarelli”, inserito in un antico fabbricato di famiglia opportunamente restaurato. Ne è stata voluta fortemente la realizzazione, nel desiderio di presentare al pubblico una singolare esperienza imprenditoriale, nonché la storia di un prodotto unico del territorio calabrese: in mostra preziosi cimeli di famiglia, utensili agricoli, una collezione di abiti antichi e, infine, macchine per la lavorazione della liquirizia, documenti d’archivio, libri e grafica d’epoca. Interessante ed allettante è la visita che si può svolgere alla struttura, visto che è consentito assistere a buona parte della filiera, dalla estrazione della radice, alla creazione dei filati di liquirizia, alla concreta produzione oltre che, naturalmente, avere opportuna notizia della storia aziendale e delle modalità di coltivazione della radice. 

 

Una eventuale opportuna passeggiata in loco denota come si sia creato un riuscito connubio di artigianalità e tecnologia in tutte le fasi di trasformazione, a partire dalla materia prima fino al prodotto finito, considerando che buona parte della stessa avviene nell’antico “concio”, luogo tradizionale di produzione, supportando la stessa con reparti ormai sofisticatamente computerizzati, ma sempre sotto la supervisione del “mastro liquoriziaio”, il quale sorveglia opportunamente il giusto grado di solidificazione dei filati di liquirizia. La pasta densa, lucidissima assume le svariate forme, mediante macchinari all’uopo creati sulla scorta dell’esperienza aziendale, e delle esigenze del mercato. Se ciò serve a stuzzicare la vostra golosità, val la pena ridimensionare la nomea secondo la quale la liquirizia fa aumentare la pressione sanguigna:sarà pur vero, ma come per tutti gli alimenti, basta essere moderati negli usi!! E poi che dire delle sue proprietà terapeutiche contro influenza e raffreddore?? Provare per credere… 

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