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Dicono che la liquirizia fa male:……..mica vero, anzi!!!

La radice di liquirizia, in fin dei conti una banale radice di una pianta selvatica e infestante che imperversava nei terreni delle campagne, quasi ad essere saldata e non volersene “sradicare “ allorquando c’era da renderli coltivabili: è questo il ricordo che ne rievoca chi ha vissuto e/o vive in Calabria, visto che la migliore qualità, come sottolineato dall’Enciclopedia Britannica, “is made in Calabria”.

 

Eppure riserva una infinità di proprietà inimmaginabili, al punto che è stata nriconosciuta pianta medicinale dell’anno 2012; ed ovviamente i veri intenditori cercano il meglio, riuscendo a reperirla su portali di prodotti tipici calabresi.

 

Perché sembra banale, ma anche una radice va trattata a modo…..proprio come si usa in Calabria: qui infatti, vengono estratte secondo un antico e particolare rituale in autunno, quando la vegetazione va in letargo, e comunque da piante di almeno 3 anni. “Sanificate” ed epurate dalle radichette laterali, tagliate a barrette di 10/15 cm. si procede al processo di essicazione, all’ombra o in ambiente riscaldato (mai superiore ai 40°), conservandola poi in sacchetti o in vetro, evitando comunque luoghi umidi, considerato il carattere igroscopico del prodotto.

 

E gli effetti benefici che la radice di liquirizia può regalare sono tantissimi, oltre al suo classico, arcinoto e scontato uso (in quanto prodotto lavorato) dolciario e per confettame: sicuramente come sedativo della tosse ed espettorante (specialmente in preparazioni destinate ai bambini); come antispasmodico e coadiuvante nei processi digestivi, per i bruciori di stomaco e le gastriti; come terapia dell’ulcera, visto che in essa è contenuto l’acido glicirretico suggerito per tali patologie; masticata è un buon emolliente antinfiammatorio della bocca e delle gengive, calma le irritazioni della gola dei fumatori, schiarisce la voce e migliora l’alito; secondo il resoconto di un apposito studio pubblicato sul Journal of Natural Products “…per la salute di denti e gengive non è necessario spendere soldi per dentifrici iperpubblicizzati…è sufficiente consumare radice di liquirizia”; molti ex fumatori, o quelli che da poco hanno “divorziato” dalle tanto amate/odiate bionde, fanno fronte alle crisi di astinenza “ciucciando” uno stecco di radice di liquirizia.

 

E, “UDITE UDITE”, sembra che la radice di liquirizia sia opportuna anche nel trattamento del diabete di tipo 2 contenendo le amorfrutins, un gruppo di sostanze naturali con effetto anti-diabetico: a questa conclusione è giunto uno studio condotto dai ricercatori del Max Plnck Institut of Molecular Genetics di Berlino. Certo il solo uso di liquirizia non sarà sufficiente a curare il diabete (la concentrazione è infatti troppo bassa): tuttavia i ricercatori hanno sviluppato processi di estrazione speciali, per ottenere adeguate concentrazioni di amorfrutins.

 

E poi è il caso di “sfatare (o almeno ridimensionare) una nomea”……che sconsiglia l’uso della liquirizia in caso di ipertensione: il dott. Fabio Firenzuoli del Centro medicina integrativa, Az. Ospedaliera Univ. Careggi di Firenze, afferma infatti che “…la polvere della radice di liquirizia rispetto all’estratto secco di liquirizia rilascia sicuramente meno «glicirrizina» (responsabile appunto della pressione arteriosa alta)”.

 

Sicuramente la radice di liquirizia è eccezionale per la preparazione in casa del Liquore di liquirizia, secondo la ricetta appresso consigliata

Ingredienti: 10 bastoncini di radice di liquirizia, 300 ml di alcool, 200 g di zucchero e 400 ml d’acqua. Mettere le radici di liquirizia in un contenitore, ricoprile con l’alcool e lasciare macerare per 25/30 giorni, trascorsi i quali far bollire l’acqua con lo zucchero e, una volta che quest’ultimo si sarà sciolto, spegnere il fornello e lasciar raffreddare. Unire l’alcool filtrato, mescolare e lasciar riposare per circa 1 ora, dopodiché procedere al relativo imbottigliamento.

 

Liquirizia…..altro che una semplice, volgare e per tanti versi odiata pianta sconosciuta, dunque. Ed ovviamente, come per qualunque cosa, mai eccedere !!

 

Giorgio Candia www.saporidellasibaritide.it – Corigliano (Cs)

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Il ricettario dei liquori “nuovi”: la vodka alla liquirizia calabrese.

La vodka, un liquore fresco che rievoca immagini e ambientazioni decisamente estive: magari servita in un bel bicchiere ghiacciato, gustata freddissima sotto un ombrellone, per rinfrancarci con il suo sapore esclusivo ed unico. E di varianti e gusti, negli anni, ne sono stati proposti tantissimi: alla pesca, al limone, al melone, alla menta….una sequela che difficilmente ha termine, considerando le infinite preferenze degli estimatori.

Si va facendo sempre più largo, di recente, la Vodka alla liquirizia, una combinazione di aromi che si sposa alla perfezione sia per il suo carattere deciso ed unico; ma anche, anzi forse perché rappresenta un ingrediente fondamentale per numerosi cocktail: il Mojito Nero (Rum, Soda, Vodka a Liquirizia, Lime, Zucchero di canna, Menta); Giotto (un “cicchetto” ottenuto con Vodka alla liquirizia e Triple Sec); Blacktail (Vodka alla Liquirizia, Rum e liquore al caffè miscelati in egual proporzione); Ice Drink (Shaker di Vodka alla Liquirizia con una pallina di gelato alla crema e poco ghiaccio); Alexia (Shakerdi Vodka alla Liquirizia, Rum e crema di latte in egual proporzione e con abbondante ghiaccio, servita nella doppia coppetta cocktail)……..giusto per menzionare i più noti.

Ma..…c’è un “ma”: i veri intenditori della liquirizia, e del relativo liquore in particolare, sanno benissimo che la miglior produzione qualitativa di questa semplice radice è calabrese, come peraltro affermato dall’Enciclopedia Britannica, secondo la qualela migliore qualità is made in Calabria”. Dunque.….occhio ai tarocchi, anche in tal caso!!!

E secondo voi saremmo capaci di mettere in moto il “fai da te” e preparare in casa una buona vodka alla liquirizia??? Vediamo un po’ e testiamo le nostre capacità da “bricoleur, in cucina”, visto che è praticamente estate, il periodo ottimale per il consumo di questo liquore da servire tassativamente “ghiacciato”, o da riservare ed utilizzare quale ingrediente-base per i vari cocktail che consumeremo all’occorrenza.

Non c’è assolutamente da farsi prendere dal panico, dato che in commercio c’è la polvere di liquirizia, reperibile on line presso siti di vendita on.line di prodotti tipici calabresi, che ormai rappresenta un ingrediente esclusivo, facilmente utilizzabile (in quanto assolutamente solubile) per vari usi di cucina (per preparare in casa il liquore alla liquirizia, il gelato, il risotto zafferano e liquirizia o quello limone e liquirizia, il tiramisù alla liquirizia,……..)

Allora, andiamo per gradi, e prendiamo appunto di questa ricetta della Vodka alla liquirizia.

Ingredienti: 100 gr di polvere di liquirizia calabrese, una buona vodka “base”, 100 gr di zucchero (per ammorbidire il gusto secco della vodka, addolcendo nel contempo il tradizionale “amaro” della liquirizia).

Basta miscelare il tutto per ottenere un liquore già pronto per il consumo “sin da subito”, mentre col trascorrere del tempo si otterrà una migliore “amalgama” dei vari ingredienti.

All’occorrenza, ed ove si preferisca un sapore più “dolce” ed una gradazione alcoolica più “blanda”, sostituire lo zucchero con uno sciroppo di zucchero preparato in casa (bollire per qualche minuto 100gr di zucchero in 50 ml di acqua): al solito “de gustibus non disputandum est”…..per cui la variazione delle dosi, o delle modalità di preparazione, dipende dalla propria “personalizzazione”.

Che ne dite… quasi quasi verrebbe voglia di “mettersi in affari”, non è vero??

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Giorgio Candia www.saporidellasibaritide.it – Corigliano (Cs)

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Che bello…il gelato fatto in casa anche se non ho la gelatiera!!!

Un buon gelato con ingredienti sani e genuini, ed in particolare “buono”???

O ti rivolgi ad una gelateria artigianale di fiducia, oppure metti in moto la gelatiera e te lo fai con le tue manucce, in casa. Ed allora chi la gelatiera proprio non ce l’ha,o vuol rimanere sull’artigianale “in senso stretto”…. comunque prediligendo le cose fatte in casa??? E che problema c’è…vediamo un attimino!!!

Ad esempio, un gelato alla liquirizia calabrese fatto in casa e senza gelatiera …preferendo quella in polvere facilmente acquistabile su siti e.commerce di prodotti tipici calabresi: questo perché la polvere di liquirizia (conosciuta da molti anche come puro succo di liquirizia, e quella calabrese è comunque il “non plus ultra) si scioglie meglio, non lascia grumi…insomma diffonde alla perfezione nel preparato il suo indiscutibile sapore.

Allora..pronti con carta, penna & calamaio??? Eccovi la relativa ricetta!!

Gelato alla liquirizia senza gelatiera.

Ingredienti per 6 persone: 100gr di polvere di liquirizia, 300ml di latte, 350ml di panna, 150gr di zucchero

In un pentolino ponete la polvere di liquirizia, il latte e lo zucchero; avviate a fiamma bassa avendo cura di mescolare in continuazione finché i vari ingredienti non assumano omogeneità, sciogliendosi alla perfezione: occhio però…sempre a fiamma bassa e mai portando a bollore!!! Ad amalgama completata spegnete la fiamma e lasciate raffreddare; montate la panna a neve ed unitela nella liquirizia miscelando bene.

Mettete il composto in un contenitore con coperchio, riponetelo in freezer, avendo cura di girarlo e miscelarlo ogni 40 minuti, evitando così il congelamento e la cristallizzazione….ripetendo l’operazione per almeno altre 4/5 volte e sempre a distanza di 40/45min l’una dall’altra. Trascorse 5/6 ore in freezer il gelato è pronto per il consumo.

Visto come è semplice???….e voi che diffidavate!!!

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Autore: Giorgio Candia www.saporidellasibaritide.it – Corigliano (Cs)

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Turismo del gusto – Il vino Cirò della Calabria

Quando si parla di vitivinicoltura calabrese viene “naturalmente” in mente ai più (…forse anche ai meno esperti in materia!!) il Cirò, senza dubbio il vino più noto della regione!!!

Si tratta di un prodotto conosciuto e prelibato che ha origini in secoli passati, ma non pochi…bensì tanti, tanti, tanti da non averne idea: diciamo pressappoco nell’VIII secolo a.C, allorquando giunsero nell’area Jonica calabrese di Punta Alice coloni dalla Grecia, fondando Krimisa. Forti della loro esperienza in materia, e comunque meravigliati dalla particolare fertilità dei terreni “conquistati”, iniziarono la coltivazione in zona dei vigneti e vitigni; la zona del cirotano, infatti, è tradizionalmente carezzata da venti di scirocco e tramontana, con clima secco ed al tempo stesso ventilato: terreni sabbiosi e profondi che consentono di ottenere un vino di grande struttura ed eleganza. Non da meno è la originale collocazione della zona, tra il mare e le montagne della Sila, che conosce escursioni termiche tra il giorno e la notte non indifferenti: in tal modo i grappoli maturano lentamente, con un indiscutibile equilibrio di aroma e gusto. Fatto è che i greci seppero dare un grande valore a questi vigneti, al punto tale che un appezzamento di terra coltivata a vite valeva per sei volte un campo di cereali.

Condizioni come detto ideali, visto che hanno consentito di ottenere un “nettare degli dei” preferito dal muscoloso Milone, discepolo di Pitagora e vincitore di sei olimpiadi; e la tradizione si è ripetuta, dato che è stata riportata in auge anche in occasione delle Olimpiadi del 1968, in Messico, allorquando tutti gli atleti partecipanti hanno gustato (nei limiti del lecito) il Cirò come vino ufficiale: chiamiamola una prima forma di sponsorizzazione di un evento sportivo…….di decenni ormai passati !!

Fatto è che anche ai giorni nostri il Cirò gode della fama di riservare intrinsecamente virtù terapeutiche, visto che (…tra il serio ed il faceto!!) diversi medici lo consigliano a chi vuole recuperare le forze dopo una lunga malattia, sottolineandone i poteri tipici di un eccezionale cordiale; comunque un “tonico opulento e maestoso per la vecchiaia umana che vuole coronarsi di verde ancora per anni”. Vero è che Hugh Johnson, autore di un ben noto atlante dei vini, lo pregia quale “Barolo del mezzogiorno italiano”.

Il vino Cirò rappresenta senza dubbio alcuno una vera occasione di riscatto per una regione che stenta a decollare nell’economia, e che dovrebbe invece cercare di “affrancarsi” facendo leva proprio sulla gastronomia, oltre che sul turismo e sulla natura. Passi comunque importanti sono sicuramente rappresentati, in tal senso, dalla Denominazione di Origine Controllata (Doc) ottenuta nel 1969, con relativo disciplinare di produzione; e del consequenziale Consorzio di tutela Vini Cirò DOC che ne ha racchiuso il comprensorio di produzione, garantendo la “vera & originale” produzione; e comunque dall’impegno di una imprenditoria vitivinicola della zona, che annovera cultori del buon vino e delle tradizioni della zona, per raggiungere mercati nazionali sempre nuovi e diversi, comunque preservando l’affascinante legame tra l’uomo, la terra e la sua storia.

Le tipologie proposte ovviamente passano da un Rosso di colore rubino ed odore gradevole, delicato ed intensamente vinoso; dal sapore secco, caldo ed armonico, corposo in quanto a gradazione alcoolica (12.5%) ottenuto dalla vinificazione di Gaglioppo (95%) Trebbiano Toscano e Greco Bianco (5%); accompagna alla perfezione ogni tipo di carne, in particolare gli arrosti. Un Rosato più o meno intenso, dall’odore delicato e dal sapore secco ma fresco, comunque armonico e gradevole; anche stavolta di buona corposità (12.5%) ottenuto da Gaglioppo (95%), Trebbiano Toscano e Greco Bianco (5%); si abbina alla perfezione con carni in umido, salumi e formaggi in genere. Per finire un Bianco dal colore giallo paglierino, di odore vinoso gradevole, sapore armonico delicato e vivace ed un più contenuto grado alcoolico (11%); viene ottenuto da Greco Bianco (90%) e Trebbiano Toscano (10%). Accompagna ottimamente primi, grigliate e piatti di pesce.

Come previsto dal disciplinare di produzione il vino Cirò Doc deve avere un invecchiamento obbligatorio di 9 mesi. E’ Cirò classico quello prodotto esclusivamente nei comuni di Cirò e Cirò Marina, mentre il Cirò riserva è quello invecchiato almeno tre anni e con gradazione alcolica di 13,5°.

Concludendo, un vino che viene da “mooooooolto lontano, nel tempo”……e che è riuscito a far breccia in numerosi estimatori del gusto, tra cui il critico del New York Time Eric Asimovche lo annovera tra le migliori 20 bottiglie di “vini inesplorati” al mondo sotto i 20 dollari.

E noi che lo abbiamo praticamente dietro l’angolo….perché non dovremmo apprezzarlo magari ricorrendo alla vendita sul web, preferendo invece perdere questo diVino piacere calabrese????

 

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Bontà calabresi ” a prescindere”: la soppressata.

Recita un vecchio detto calabrese di chiaro taglio gastronomico “Tra tutte e ‘mpusaglie, a supressata sa ra meglia” (ovvero…tra tutte le leccornie, la soppressata è la migliore): e francamente non può essere diversamente, visto che in regione si appartiene alle schiera degli “intenditori per eccellenza” di salumi !!

La soppressata è una tipicità di varie parti d’Italia, magari ed ognuna con una propria variante e caratterizzazione, ma è in Calabria che questa prelibatezza si connota come una sciccheria di una spanna superiore: sarà per la particolare arte norcina della zona, per la modalità con la quale si provvede all’allevamento dei suini, della
ricetta tradizionale che viene “tassativamente” seguita nella relativa preparazione e che riesce a cogliere un giusto equilibrio tra la carne e gli altri ingredienti (anzitutto il peperoncino, dolce o piccante che sia!!)..…fatto è che la soppressata calabrese è la più famosa, con tanto di marchio DOP (Reg. CE n.134/98.) che impone un preciso protocollo e controllo di tutte le fasi di produzione. Ed anche questa sciccheria gastronomica, così come tanti altri prodotti tipici calabresi, ha ormai imparato a navigare sulla rete, dato che è tranquillamente acquistabile sulle vetrine virtuali di siti di e.commerce della regione.
 
La vera soppressata calabrese viene preparata di solito utilizzando prosciutto, spalla di suino e il lardo della parte anteriore del lombo vicino al capocollo. Il tutto viene tritato a grana media, unendo aromi naturali (sale, pepe nero in grani, peperoncino dolce/piccante e, in alcune zone, finocchio), e comunque rispettando la proporzione del 12-15% di grasso. Va da sé che deve trattarsi di maiali calabresi o di regioni limitrofe comunque allevati in Calabria, di taglia grande (peso di circa 1,5 quintali) ed almeno 8 mesi di età.
 
L’impasto va inserito in budella naturali di suino, per le quali è prevista una preventiva e laboriosa opera di “pulitura e sanificazione”; ne viene eliminato infatti manualmente il grasso, poi lavate in acqua tiepida, quindi messe a bagno in acqua, aceto e limone, infine risciacquate in acqua. Riempite le “sacche”, queste vengono forate e legate a mano con spago naturale, ottenendone una forma di un cilindro leggermente schiacciato, della lunghezza di cm 15 circa e del diametro di cm 6 circa.
 
A questo punto la soppressata va fatta asciugare all’aria, e dopo circa due/tre settimane (dipende infatti dal grado di freddo secco o umido del periodo) la soppressata viene messa tra assi con sopra dei pesi in modo da ottenere quella pressatura che conferisce il particolare nome al salume. Trascorsi 5/6 giorni si ritorna all’asciugatura e maturazione, in ambiente ventilato, per un buon mese/mese e mezzo : non poche volte, durante questa fase, si procede ad una leggera affumicatura tramite un braciere acceso nelle vicinanze, al quale vengono aggiunte scorze di arance per garantire un’affumicatura aromatica. L’asciugatura “naturale” è un dato importante nella produzione dei salumi calabresi, visto che in tempi recenti si cerca di anticipare il lento trascorrere delle ore utilizzando degli “essiccatori elettrici per salumi”: c’è poco da fare, le cose davvero buone richiedono tempo, costanza e pazienza!!!!
 
Le soppressate vengono portate, quindi, a maturazione e stagionatura completa, facendo attenzione che non induriscano oltre il necessario: se il prodotto, infatti, non viene consumato subito, visto peraltro che la sua produzione risponde alla bisogna di tutto l’anno, si provvede alla relativa conservazione, che in passato avveniva ponendolo in contenitori di creta e/o recipienti di terracotta (“tarzaruli”) con olio di oliva o nello strutto del maiale. Ai giorni nostri la conservazione avviene con l’uso del sottovuoto, garantendosi (sia nelle metodologie più tradizionali che in quelle più moderne) una tenuta di qualità di oltre un anno.
Come accennato la soppressata in Calabria ha diverse varianti territoriali: dolce o piccante, con finocchietto e non, affumicata o tradizionale, conservata in olio o nello strutto, ecc.; qualunque sia la caratterizzazione la soppressata calabrese è una, e comunque buona: poi ognuno fa e preferisce la sua!!!
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Piccole delizie di una volta, grandi sapori – Il mosto cotto.

Il mosto cotto (anche detto cotto o sciroppo d’uva) è un prodotto tipico agroalimentare ottenuto da uve molto mature, quindi con zuccheri maggiori rispetto a quelle dell’ordinaria vinificazione (23-25% di zuccheri). Storicamente era anche denominato vincotto o sapa, visto che, assieme al miele ed agli altri possibili succhi di frutta ridotti tramite cottura, era il tipico dolcificante dei nostri avi (lo zucchero di canna o di barbabietola erano allora sconosciuti): sapa o saba derivano infatti dal latino sàpa, in diretta affinità col termine latino sàpor. E’ uno di quelle chicche della gastronomia che è ormai difficile reperire in commercio, visto che rappresenta un prodotto di nicchia da veri intenditori: eppure chi fa del suo mestiere una “mission”, ancora lo propone in vendita!!!!

Tradizionalmente si era soliti produrlo ad ottobre, in tempo di vendemmia, pigiando uva ben matura e filtrandone successivamente il succo ottenuto. In pratica si prendeva un recipiente abbastanza capiente che accoglieva l’uva all’interno, pigiata a dovere per far fuoriuscire il succo dagli acini. Si proseguiva poi con la “diraspatura”, ovvero separando il succo fuoriuscito dalle bucce, dalla polpa e dei raspi (l’ossatura del grappolo che tiene insieme gli acini). Filtrato il succo d’uva con l’ausilio di un colino (per eliminare eventuali piccoli pezzi di polpa o di buccia) si versava il mosto in un pentolone abbastanza capiente (un tempo paioli di rame o pignatte di terracotta ormai sostituiti dall’acciaio inox) in modo da riempirlo poco più della metà (durante la cottura infatti il liquido gonfia). Lasciando bollire a lungo e lentamente (anche per ore!!), sì da ridurne il volume di almeno 3/4 rispetto all’inizio; dopodiché si lasciava raffreddare il mosto all’interno del pentolone prima di versarlo in bottiglie di vetro ben tappate per una ottimale conservazione.

Al termine del processo di preparazione si presenta come un liquido violaceo di densità e viscosità simile a quella dell’olio d’oliva, dal sapore particolarmente dolce, colore bruno scuro, densità tale da mantenere una scorrevole sciropposità, profumo gradevole ed intenso.

Ma ciò che incuriosisce i cultori della buona cucina è l’uso del mosto cotto, diffusissimo ancora ed in particolare al sud. Come da tradizione i contadini erano soliti utilizzare molto la “saba” sia per i dolci casalinghi che per dare più sapore a piatti poveri come la polenta o per intingervi altre pietanze come lo gnocco fritto. Sembra anche che il mosto cotto potesse servire per “governare vini deboli“, ovvero dare sapore, zucchero, colore a vini privi di queste caratteristiche. E l’uso finale determinava anche l‘uva da utilizzare per la sua produzione, preferendo quella bianca, più dolce, ove il mosto servisse come condimento e insaporitore dei piatti; rossa per dare colore al vino. Squisito insieme ai formaggi stagionati e saporiti, il cotto d’uva si accompagna molto bene anche come condimento per l’insalata e come sciroppo per i gelati di crema e di panna.

Una curiosità: tra gli antichi contadini calabresi, all’arrivo dell’inverno e con le prime nevicate, vi era l’abitudine di preparare granite (chiamata “scirubetta”….con evidente attinenza dunque con il termine “sorbetto” di più recente uso) con neve fresca e con il cotto d’uva (o col miele di fichi): una vera delizia per grandi e piccini, visto che il gelato industriale era ancora lontano da venire!!!

 ….vaghi ricordi di periodi poveri, allo stesso tempo ricchi di grandi soddisfazioni che provenivano da minime cose!!!

 

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Influenze & raffreddori: farmaci???….no, grazie!!!

Disquisendo di “prodotti tipici calabresi” la prima idea o immagine che se ne ha è quella di squisitezze alimentari dal sapore forte, in particolare salumi, sottoli e tante altre prelibatezze di gastronomia caratterizzate prevalentemente da peperoncino piccante ed altri ingredienti decisi, da degustare magari a ritmo di tarantella & quadriglia……..

Eppure la gastronomia della regione propone molto di più, tra le varie delizie alimentari. Come tra i Mieli & suoi derivati, dove non è difficile trovare delle vere e proprie chicche regionali che poco o nulla hanno a che fare con la descrizione sopra significata; prendiamo in analisi, ad esempio, una referenza delicata, a valenza salutistica e che va opportunamente considerata in particolare durante il periodo autunnale: lo Sciroppo Propoli & Miele di Eucalipto, da assumere prima dell’arrivo della stagione fredda per creare una vera e propria barriera naturale contro Sinusiti, Influenze, Raffreddori, Riniti, ecc.;  in pratica una valida alternativa ai farmaci ed alle alchimie chimico-industriali per far fronte ai disturbi dovuti alle basse temperature.

La propoli tradizionalmente rappresenta, infatti, un antibiotico naturale che protegge da molti microrganismi: si pensi che già in natura viene opportunamente utilizzato dalle api per erigere un muro di difesa dianzi l’ingresso dell’alveare, evitando che indesiderati intrusi (insetti, piccoli roditori, ecc. ) entrino nell’arnia; o come “cemento mastice” per richiudere le fessure che si creano nell’ alveare, per verniciare le pareti interne dell’arnia e per disinfettare gli alveoli e le celle reali.

Diffusa nella medicina popolare come antibatterico disinfettante, negli ultimi anni è stata oggetto di approfonditi studi e continue applicazioni pratiche con conclusioni sorprendenti: la Propoli può senza dubbio essere considerata un antibiotico naturale, le cui proprietà battericide ed antivirali esplicano una azione antimicrobiotica davvero efficace, combattendo le affezioni create da numerosi germi patogeni senza provocare nessuno degli effetti collaterali frequenti nei moderni farmaci.

Dunque la Propoli, unita poi alla delicatezza e squisitezza del miele di eucalipto calabrese ed infusi di erbe aromatiche, beh……se ne ottiene uno sciroppo che è davvero il massimo!!!!! Miele di eucalipto ed infusi di erbe aromatiche, come è risaputo, svolgono infatti una azione balsamica, regalando un immediato sollievo alla gola e al naso chiuso, particolarmente indicati in caso di tosse e malattie da raffreddamento. Utilissimi, infine, ai fumatori che sicuramente avranno ammorbidita e calmata la fastidiosa tosse secca spesso presente e legata al vizio del fumo.

 

Quest’anno facciamo “prevenzione” con lo Sciroppo Propoli & Miele: ne basta davvero poco, ogni giorno, per esser pronti ad affrontare gli acciacchi ed i fastidi della brutta stagione ormai alla porte.

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Una buona grappa, un po’ di liquirizia calabrese…ed ecco pronta in casa la Grappizia!!

La grappa rappresenta da sempre un liquore gradito e deciso, dal sapore unico e dagli infiniti retrogusti, da apprezzare in particolare come fine pasto ovvero dopo cena, non escludendo comunque che non possa essere gustato (…sempre con moderazione!!) in qualunque altra occasione della giornata. Certo che di varietà ed aromi ne esistono una infinità……eppure si sta via via affermando una sua “variazione sul tema”, una sorta di gradito incontro di culture e sapori tipicamente italici: la grappa, tipico prodotto del nord Italia, e la liquirizia, radice naturale che trova nel nostro meridione (in Calabria, in particolare) la culla per eccellenza della sua origine.

Ed ecco per gli estimatori del gusto la Grappa alla liquirizia (da alcuni definita anche Grappizia, con un naturale accostamento tra i due ingredienti fondamentali), liquore da fine pasto altamente digestivo che soddisfa in particolare il palato di chi non apprezza a pieno il secco ed esclusivo sapore della grappa; allo stesso tempo preferito dagli amanti della liquirizia e da chi, in un semplice liquore, ricerca un “quid” in più che faccia la differenza di sapore.

Certo, anche in commercio di varietà, prezzi e tipologie ne esistono una infinità: ma vuoi mettere “prepararselo con le proprie manucce”, e giusto per poter con orgoglio affermare, gratificandosi, “questo l’ho fatto io”???….senza peraltro richiedere grandi competenze e capacità in cucina, poi!!!!

Su internet, ormai diventato per antonomasia la prima fonte di riferimento a vario titolo e per qualunque esigenza, non è difficile reperire delle buone ricette a proposito, utilizzando un prodotto-materia prima di qualità (la grappa appunto), delle radici di liquirizia ed un po’ di zucchero (giusto per i più reticenti, addolcendo così il sapore secco della grappa e parimenti la liquirizia, sì da poter poi disporre di un ottimo liquore da offrire in “tutti-i-momenti”). Seguendo tali canoni bisogna tagliare i rametti di liquirizia a pezzetti con una forbice; metterle a macerare con la grappa e lo zucchero (noterete gradualmente che la grappa inizierà ad assumere una colorazione “ambrata”…più o meno quella della allegata immagine) lasciando “elaborare” il tutto in una bottiglia per almeno 40 giorni, agitando di tanto in tanto. Trascorso questo periodo iniziale occorre filtrare il preparato con del cotone idrofilo inserito sul fondo di un imbuto, ripetendo il procedimento fino a quando diventa bello, limpido e dal colore “intenso” ma fluido in quanto a consistenza. Stagionare infine per almeno altri tre/quattro mesi  in cantina o al riparo dalla luce e al fresco prima di consumare.

Ma cosa si può “sperimentare”, in alternativa, riducendo la “lunga procedura” sopra descritta, riuscendo comunque ad ottenerne un preparato “di spessore & di qualità”???

Beh……ormai ha preso piede, tra chi è solito ricorrere al “fai-da-te” per la preparazione dei liquori in casa, e di quello alla liquirizia in particolare, l’uso della Polvere di liquirizia calabrese, la migliore in senso assoluto, che in realtà regala tutta la sua esclusiva originalità anche in altri usi di gastronomia (gelato alla liquirizia, tiramisù, risotto zafferano/liquirizia,……): una di quelle chicche, insomma, da tener sempre a portata di mano, in cucina, visto che potrebbe sempre tornare utile. Considerando che è un prodotto “solubilissimo” (giusto per intenderci….come lo zucchero nella tazzina del caffè!!), si può procedere in questo modo nella preparazione della Grappa alla liquirizia:

Ingredienti:

1 lt di buona grappa, 50gr di polvere di liquirizia calabrese, 50gr di zucchero (serve ad ammorbidire il gusto secco della grappa, addolcendo nel contempo il tradizionale gusto “amaro & deciso” della liquirizia).

Basta miscelare il tutto, notando immediatamente una “ambratura” della preparazione: già pronta per il consumo “sin da subito”, col trascorrere del tempo si ottiene una migliore “amalgama” degli ingredienti.

Ovvio che  le quantità dei componenti possono essere variate a seconda dei propri gusti, con una sorta dipersonalizzazione” della ricetta: anche questo “gratifica”, in cucina!!

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La spesa di ortofrutta, sul web….e pure con lo sconto!!!

Quali potrebbero essere le primizie della bella stagione, in Calabria, che possono esser commercializzate mediante l’innovativo sistema del commercio elettronico, con certezza in pratica che arrivino a destinazione in ottimali condizioni??? E’ indubbio, infatti, che il territorio offre in questo periodo una infinità di prodotti ortofrutticoli ambiti ovunque, coltivati come al solito con un occhio attento alla natura…..sicuramente di qualità: ma proporli tutti mediante un sito di vendita on.line di prodotti tipici sarebbe pressoché impossibile, visti i problemi di “tenuta” delle relative referenze.

 

Allora, vediamo un po’……scegliendone quelle che non “soffrirebbero durante il trasporto.

 

Sicuramente la proposta di un buon portale calabrese non può fare a meno delle patate novelle della Sila, prodotto ritenuto superiore in quanto viene coltivato nel Parco Nazionale, ad oltre 1000 metri di altezza, nella zona di Camigliatello Silano e dintorni, consentendole di avere forti connotazioni organolettiche e di essere l’unico prodotto di alta montagna del centro Mediterraneo. Ciò le riserva un sapore unico, forse per il fatto di possedere una percentuale di amido decisamente superiore alla media, rendendola più saporita e nutriente di quellache ordinariamente si riesce a trovare in commercio.

 

 

Tra queste spicca sicuramente poi quella “rossa”. Sorprende infatti in tutti gli usi, ma sembra dare il meglio di se stessa nella preparazione in casa degli gnocchi. Il problema di alcune patate, infatti, è quello di avere troppa acqua nella loro consistenza; di conseguenza quando si impastano non legano uniformemente con la farina, ma creano i cosiddetti “grumi”, sicché la preparazione diviene un po’ più dura; la “rossa calabrese”, invece, quando la si impasta con la farina si lega perfettamente con essa senza formare grumi. Si ottiene così una consistenza di farina e patata in ugual misura, sì da aver il vero gnocco di patate.

 

Altra eccellenza del periodo estivo della regione è rappresentata dalla treccia di Cipolle di Tropea, appena raccolte e confezionate, affinché possano essere poste in vendita nel periodo migliore: bella, rosseggiante e soprattutto saporita e profumata, dagli infiniti elementi salutistici riconosciuti unanimemente a questo naturale prodotto agricolo calabrese.

 

E poi, del peperoncino fresco piccante della Calabria..…ne vogliamo proprio parlare??? Rappresenta, in pratica, l’icona della gastronomia regionale, visto che la fa da padrona un po’ in tante prelibatezze gastronomiche: disporne di quello appena raccolto è davvero una chicca da non farsi mancare, da utilizzare nelle varie esigenze di cucina, ovvero da conservare per la bisogna successiva di tutto l’anno.

 

Ci sono, infine, un paio di “squisitezze” che sembrano a prima vista banalità…eppure rappresentano un indispensabile quanto essenziale completamento delle “cosucce” da tenere sempre a portata di mano: l’aglio in bulbi e l’origano selvatico a mazzetti, due “prodottini” che consentono di fare la differenza a qualunque preparazione gastronomica, in particolare per il loro aroma e profumo: non dimentichiamo, infatti, che sono sempre i particolari che connotano in modo originale qualunque cosa….anche, anzi specie, dietro ai fornelli.

 

E se queste specialità le acquistassimo tutte insieme, visto che più o meno tornano sempre utili ed essenziali in casa, magari riuscendo a spuntare un “taglio prezzo” sull’assortimento?? Più o meno come avviene quando facciamo acquisti di ortofrutta…un kilo di questo, una retina di quello, magari un assaggino di quest’altro…ed alla fine ci “scappa” pure lo sconto sul totale complessivo!!

 

Detto…fatto: qualche avveduto portale di vendita on line di prodotti calabresi ha indossato i panni del fruttivendolo, proponendo un assortimento di primizie calabrese….col taglio prezzo!!

 

I tempi sono quelli che sono……e sfruttare un risparmio anche, anzi specie su internet, non guasta mai!!!!!!

Giorgio Candia – www.saporidellasibaritide.it

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Dalla Calabria…con sapore: il peperoncino piccante!!

I primi tepori della primavera, in Calabria, iniziano come ogni anno a regalare qualche “sciccheria” gastronomica della natura, che forse si qualificano come tra le migliori in assoluto; tra queste sicuramente il peperoncino piccante, frizzante e schietto come non mai, assolutamente naturale, dal sapore deciso e sicuramente unico nelle sue eccellenti qualità…..ed oltre; icona della gastronomia e della cucina della zona, viene proposto anche sul web tramite portali di prodotti tipici, nei quali si può spaziare su una offerta che va dal peperoncino fresco ed appena raccolto, ai sottoli e patè “piccanti”, ai famosi salumi dal sapore “deciso”, alla pasta elaborata con questa esclusiva spezia, alla marmellata di peperoncino…..e molto altro ancora!!!

Sicuramente ciò che rende “sua maestà il peperoncino calabrese” un prodotto di una spanna superiore rispetto ad altri similari è la naturalezza ed il rispetto della tradizione in tutti i suoi processi di coltivazione e produzione; si affaccia, infatti, sul mercato in genere (…e quindi anche sui siti di e.commerce) quando il primo sole caldo ne consente l’ottimale maturazione (fine aprile/inizi di maggio), piuttosto che in tutti i periodi dell’anno (ciò significherebbe una produzione in serra, con contestuale forzatura di coltivazione),regalando la sua disponibilità sino ad autunno inoltrato.

….e poi??? Nessun problema, visto che gli stessi portali di prodotti tipici che propongono il prodotto “fresco” sul web dispongono, tra le varie referenze, anche di un interessante trito di peperoncino essiccato e macinato…..senza nessun altro ingrediente: in pratica scaglie e semi di peperoncino calabrese,utile ed indispensabile in cucina per ogni esigenza eventuale, sì da regalare un tocco “deciso” alle varie pietanze. Ed è qui che la tradizione regionale fa la differenza: raccolto, infatti, di fresco, viene essiccato pazientemente e lentamente al sole, mai in forno, salvo che per qualche istante a fine procedimento di essiccazione, per assorbire eventuali tracce di umidità che potrebbero successivamente creare muffe o altro!!!

In tal modo, e per tutto l’anno, si può disporre di vero peperoncino piccante da utilizzare all’occorrenza nelle varie esigenze di cucina.

Praticamente…quel tocco di sapore calabrese, da tenere sempre a portata di mano!!!

Giorgio Candia http://www.saporidellasibaritide.it – Corigliano (Cs)

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Il web.commerce calabrese che “prende per la gola”….anche nella pasticceria!!

Crisi o non crisi gli acquisti sul web rappresentano ormai una realtà anche in Italia: vi ricorriamo un po’ per tutto, dalla prenotazione di viaggi, ai prodotti elettronici, ai libri….e perché no, anche per acquistare “tipicherie di gastronomia”, prodotti di nicchia difficilmente offerti dalla distribuzione, tradizionale o organizzata che sia.

Tra questi ultimi una menzione particolare va fatta per i prodotti tipici calabresi che per la loro peculiarità, la squisitezza ed originalità hanno un “quid” di particolare che li distingue da quelli di altre regioni (senza ombra di dubbio anche essi eccezionali in termini di gusto ed esclusività). Alcuni siti di vendita on line di specialità della Calabria, visto che la domanda delle referenze regionali è tendenzialmente ben recepita e gradita dai sempre più numerosi internauti, ad un offerta di referenze già abbastanza “assortita” (ricordiamo che si tratta comunque e nonostante tutto di prodotti di nicchia!!) hanno accostato anche delle delizie dolciarie di buon grado e livello, in particolare prodotti elaborati secondo i più esclusivi canoni della tradizione ed artigianalità (non industriale…giusto per intenderci), e comunque preparati con ingredienti assolutamente naturali: ed ecco proposte sulle vetrine virtuali, così, tutte quelle “chicche di pasticceria”, i mignon, che stimolano la gola, il palato e la curiosità!!

<<Ma sì…..che male c’è concedersi qualche peccatuccio di gola, di tanto in tanto??!! E poi, visto che ci troviamo a realizzare l’acquisto di salumi, sottoli, formaggi, ecc. un paio di queste “fornobontà” val proprio la pena assaggiarle!!>>

Evvai, allora, con queste tentazioni di gola, partendo in primis, dalle rinomate e particolarmente elaborate “peschette”, che richiedono per la loro preparazione arte e maestria da parte di esperti pasticcieri: dolci dal bellissimo impatto visivo, costituiti da un morbido corpo di pasta biscotto ripieno di crema nocciola ed imbevute in bagna alkermes, limone o mandarino; sono questi liquori, infatti, che connotano e danno colore in maniera particolare alle varietà proposte.

Chiaramente non può mancare il classico assortimento di dolcetti di pasta di mandorle, gustosissimi e squisiti per via del cuore morbido che si scioglie in bocca, racchiuso da un guscio leggermente consistente: dolcetti di origini antichissime dove la tradizione di pasticceria calabrese ha fortemente conservato la ricetta tradizionale, garantendone così la bontà di sempre. Le varie tipologie proposte vanno ad esempio da quelli alla fragola, al limone o al pistacchio; ai fior di mandorla o quelli più tradizionali e canonici con la ciliegina al centro.

E l’assortimento continua, spaziando dai fiocchetti di pasta frolla farciti con marmellata di limone, albicocca, crema di nocciola, ciliegia o ricoperti di cioccolata; ai “boccioli” ed “occhi di bue”, deliziosi dessert di pasta frolla farciti con marmellata di limone, albicocca, crema di nocciola o cioccolato; o ancora i morbidi pasticcini al cocco,…..

Il tutto a prezzi decisamente competitivi…perché chi gestisce un e.commerce deve saper “prendere per la gola & farvi risparmiare”!!!!

http://www.saporidellasibaritide.it 

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…la nduja calabrese cambia “abito” e si propone (anche) in barattolo di vetro.

Racconta un proverbio calabrese :

 

“Mangia nduja cu r’a cipulla ca ti criscia ‘a mirulla. (Mangia nduja con cipolla che ti cresce il cervello)”!!

 

Chi apprezza la buona cucina già sa di cosa si tratta, ma non si finisce mai di sottolineare l’esclusivo sapore ed i caratteri di questa prelibatezza calabrese, nota a livello nazionale ed internazionale. Essenzialmente si tratta di un “salume atipico” visto che, rispetto ad altri salumi calabresi acquistabili anche tramite siti di prodotti tipici calabresi (giusto per esser certi che siano quelli “buoni ed originali), è “morbida & spalmabile”, quindi non si può affettare né tantomeno usare a “tocchetti”: strano ma vero!!!

 

In origine la Nduja calabrese veniva prodotta nei comuni allocati in provincia di Vibo Valentia, anche se ormai un po’ in tutta la Calabria si trovano produzioni di ottima qualità. Nel rispetto della ricetta tipica viene preparata con carne di suino (quella destinata alle salsicce, il guanciale e la pancetta, evitando le frattaglie), grasso (sempre di suino), peperoncino (piccantissimo, trito) e conserva di peperoni (dolci); alcune volte anche cotenna preventivamente sbollentata. Messo a riposare l’impasto, si provvede poi ad inserito in budello cieco naturale (orbo), quindi stagionato (affumicandolo con erbe aromatiche): ma il segreto della produzione tipica ed artigianale è che si riesca a cogliere quel giusto grado di morbidezza ed un esatto equilibrio tra gusto e piccantezza”, propri della tradizione.

 

 

Ed eccola pronta e servita, l’eccellenza della gastronomia regionale più nota ed apprezzata in “ogniddove”, da sperimentare in vari usi di cucina, oltre ovviamente a quello più conosciuto (spalmata su bruschette e crostini).

 

Eppure in commercio si ritrovano spesso “vasetti” contenenti la nota nduja…..come mai?? Nulla di strano, è tutto sotto controllo: è il suo utilizzo pratico che ne ha consigliato l’adozione di questo nuovo “packaging”!!


La pezzatura media di questa referenza, nella versione “tradizionale” budello, si aggira infatti intorno al mezzo kilo e dato che è un “prodotto di nicchia” (nel senso che non viene consumato con sistematicità) si è creato un problema di “conservazione” dopo averne gustato anche un bel po’ a tavola: allora, come lo preserviamo il restante??? Congelarla non è il caso, anzitutto perché il problema si riproporrebbe al successivo utilizzo; inoltre qualunque alimento, una volta scongelato, non è consigliabile riporlo nuovamente in freezer.

 

“Naturalmente” qualche esperto buongustaio ha provato a togliere la nduja dal classico budello ponendola in un vasetto di vetro, pigiandola a dovere nel suo interno affinché si evitasse ogni “zona vuota che ne avrebbe pregiudicato la tenuta e la conservazione, coprendola superiormente con dell’olio extravergine.

 

Caso risolto, visto che i risultati sono stati più che soddisfacenti: con tale metodo, infatti,si riusciva a conservare la ’nduja almeno per qualche mese!!

 

Un’occasione da non perdere, dunque, da parte delle aziende più “aperte” alle esigenze del cliente: ecco servita la confezione “sottovuoto, in vetro”, decisamente più versatile, maneggevole e pronta per l’uso: con la “pastorizzazione” si regala alla nduja così proposta anche anni di durabilità, comunque mantenendo inalterate le sue peculiarità in termini di sapore ed offrendo un servizio in più agli “estimatori” del prodotto.

 

Quindi….se il prodotto di base è di buona fattura e qualità, è indifferente preferirne la confezione in ”budello” o al contrario in “vetro”: resta solo un problema di “praticità & versatilità” d’uso!!

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Quei banali aromi della cucina calabrese che fanno la differenza…di gusto!!

Il vero sapore, a tavola, impone una attenzione ed una ricerca certosina anche di quei piccoli ingredienti e particolari che riservano quel qualcosa in più a tutte le preparazioni, in cucina. Bazzecole, pensiamo a prima vista, in realtà vere e proprie perle di gusto, che regalano un sapore di “tempi andati” ad ogni pietanza, specie ai giorni nostri nei quali siamo abituati ad una alimentazione quasi piatta ed insignificante, presi come siamo dal corri e fuggi quotidiano…..anche a tavola!!

 

Una ragione validissima che qualche sito di prodotti tipici calabresi ha adeguatamente considerato, riservando ai propri utenti alcune di queste chicche di una spanna decisamente più in su rispetto a quanto si riesce ad acquistare comunemente nel commercio ordinario.

 

Ecco, ad esempio, l’aglio calabrese: bulbi di colore bianco con venature tendenti al rosa, che si qualifica come uno dei migliori in assoluto in commercio, specie se paragonato a quello proveniente dall’est Europa, magari più economico, sì…ma praticamente insipido. Saranno le caratteristiche intrinseche del terreno della regione, il fatto che viene coltivato, raccolto e preservato in maniera assolutamente tradizionale (estirpato a giusta maturazione dai campi, essiccato e conservato in ambienti freschi ed asciutti, si da poter mantenere il suo gusto per i periodi a venire) ed altre infinite ragioni che lo rendono unico ed esclusivo nel palato.

 

Obietterete “ma l’aglio non ha un buon odore”; chi sa di cucina racconta che se viene usato cotto lascia solo il suo aroma alle pietanze, e nulla più !!! Ove invece, e per una qualunque ragione, lo si usi crudo, basta poi masticare foglie di prezzemolo o di menta…o ancora qualche chicco di caffè, ed il pericolo “alito cattivo” è decisamente ridimensionato.

 

Altro ineguagliabile aroma che la cucina calabrese riserva ai suoi tanti estimatori è rappresentato dall’origano selvatico che viene raccolto nelle colline della pre-sila, in genere tra la primavera e l’estate, allorquando la fioritura è al “top”; viene poi assemblato a mazzetti ed essiccato tassativamente all’ombra (il sole potrebbe essere pregiudizievole, in tal senso!!) dopodiché basta sbatacchiarlo su di un panno, sì da raccoglierne l’essenza che regala il suo odore e profumo già nei primi istanti: se lo si vuol conservare per più tempo (specie per gli usi di cucina a valenza “invernale”) è sufficiente tenerlo in contenitori di vetro ben sigillati.

 

Ed eccolo qui, pronto a regalare la sua magica fragranza ed aroma ad insalate, salse, bruschette, carne, pesce e molti tipi di pietanze tipiche meridionali: ce ne sarete infinitamente grati per avervene suggerito l’esistenza.…perché di pari gusto, in giro, ne troverete ben pochi!!

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Marmellate calabresi di cedro, di kiwi e di bergamotto: e come si fa a non esser tentati da questi peccati di gola??

Cedro, bergamotto e kiwi della Calabria: un trio di frutti dell’agricoltura regionale che riesce a strabiliare, con sapore, nei suoi vari utilizzi della gastronomia regionale. Vediamo un po’…..

 

Il cedro è essenzialmente un agrume coltivato un po’ in tutta la regione, in particolare nel tratto tirrenico della provincia di Cosenza (in particolare nella zona denominata appunto “Riviera dei Cedri”) sposandosi alla perfezione con un habitat naturale, caratterizzato da un microclima ideale per via delle temperature miti durante tutto l’anno e senza particolari escursioni termiche. Il cedro, infatti, è una pianta mediterranea che non preferisce i venti freddi provenienti da nord e le temperature rigide. I terreni ideali per una coltivazione ottimale sono quelli di argilla calcarea mista a sabbia e humus, con presenza di azoto e potassio, propri della Calabria.

 

Si tratta di un arbusto che arriva sino ai 4 metri di altezza, con fiori profumatissimi dal colore rossastro verso l’esterno e bianchi nell’interno, frutto ovoidale dalla buccia ruvida e spessa che costituisce il 70% circa della massa totale.

 

Il suo succo viene utilizzato dall’industria alimentare, per ottenerne bibite analcoliche, frutta candita, liquori, ecc: ma è nell’arte pasticceria che offre il meglio di sé, considerando le peculiarità ed il gusto che regala nelle creme per dolci e nei prodotti tipici della regione.

 

Il bergamotto rappresenta una ulteriore eccellenza della produzione agricola della regione, anch’esso un agrume dal frutto a forma sferica di colore giallastro, con fioritura nei mesi invernali. L’habitat ideale di produzione è il reggino, sotto l’Aspromonte in particolare, a cavallo in pratica tra il Tirreno e lo Ionio.

 

L’ essenza che se ne ottiene garantisce una discreta imprenditorialità agricola della zona: ne e’ ben noto in Italia oltre che all’estero, infatti, l’uso nella industria profumiera, visto che i suoi 300 e più componenti chimici e l’olio essenziale “fissano” il bouquet aromatico dei profumi, esaltandone la freschezza e la fragranza; così come riconosciuto è il suo utilizzo nell’industria farmaceutica, per il potere antisettico ed antibatterico del frutto.

 

Ciononostante non dimentica quella che è la sua “mission”principale: trattandosi di un agrume, viene largamente usato nell’industria alimentare e dolciaria come aromatizzante di liquori, the, caramelle, canditi, ecc.

 

Il kiwi è una pianta da frutto che originariamente nasce in Cina, ma che fu portata in Nuova Zelanda all’inizio del secolo scorso: fu proprio qui che prese questo curioso nome, per via della somiglianza con l’omonimo volatile. Una quarantina di anni fa se ne sperimentò l’impianto in Italia e grazie ad una buona domanda da parte dei consumatori ben presto la produzione nazionale raggiunse dimensioni considerevoli, affrancandosi come il maggior produttore a livello mondiale.

 

La Calabria, grazie al suo clima caldo-umido ed alle caratteristiche strutturali dei terreni, consente un buon rapporto della pianta con l’ambiente, “elevando” così la regione quale la maggior produttrice nazionale: il kiwi calabrese, infatti, è considerato tra i migliori al mondo per qualità organolettiche, da alcuni ritenuto superiore anche a quello neozelandese.

 

Oltre a zuccheri semplici, sali minerali e fibre il kiwi contiene la massima quantità di vitamina C (dunque consigliato contro le malattie da raffreddamento), un notevole apporto di vitamina PP, di vitamine del gruppo B e di minerali come il calcio, il fosforo, il magnesio, il sodio, ma soprattutto il potassio con le relative funzioni equilibratrici sul cuore.

 

Se queste sono le caratteristiche intrinseche di questi tre frutti prodotti in regione, anche i suoi derivati ed elaborati non possono essere da meno: come, ad esempio, le relative marmellate e confetture acquistabili su portali di prodotti tipici calabresi.

Le qualità proprie di queste delizie del gusto sono facilmente desumibili dalla relativa etichetta: vengono infatti preparate sempre e comunque nel segno dell’artigianalità, della tradizione e della bontà; lavorando solo frutta coltivata tassativamente nelle campagne calabresi; nessun utilizzo di conservanti (“proprio come si faceva una volta”, in pratica) e, soprattutto, un contenuto di frutta da “strabiliare” (80/82%)……praticamente il non-plus-ultra!!

 

Aprite un attimo la vostra dispensa e provate ad indagare nelle etichette di quelle che avete in casa: non troverete più del 40/50% di frutta contenuta.…siamo disposti ad accettare scommesse!!!

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…freschi o lavorati i funghi della Calabria sono sempre una vera delizia!!

Sarà per via della ideale collocazione geografica, delle caratteristiche geomorfologiche della regione, del particolare clima mediterraneo e temperato du cui gode anche nel periodo estivo, di una serie di altre infinite ragioni…fatto è che la Calabria ha una buona, anzi eccellente produzione di funghi: almeno 3000 specie, senza tener conto di quelle microscopiche!!

 

Questa risorsa naturale riveste una grande importanza, sia per la soddisfazione dei tanti ricercatori che per il valore economico integrante per l’economia di molte popolazioni montane. Grazie alla abbondante presenza, i funghi in Calabria sono molto utilizzati nella cucina, visto che infiniti sono i piatti a base di funghi assaporati nella ristorazione calabrese.

 

 

In particolare l’altopiano della Sila, per la presenza dei laghi ( Cecita, Ampollino e Arvo) si caratterizza per la disponibilità del rinomato Lactarius delicius, detto “Rossitto, rosito pinicolo “, poiché possiede un colore rosato ed in genere si trova sotto secolari pini o comunque boschi di conifere. Il “re” per antonomasia della “micologia silana” ha il cappello con forma a ombrello, presenta decorazioni squamose da biancastre a marrone-grigiastre, regolari e persistenti. Le lamelle sono fitte, larghe, ventricose, facilmente separabili dal cappello bianco-crema, a sfumature rosaceo-brune quando è in maturità. La carne è bianca e immutabile, con odore lieve di nocciola e sapore unico.

 

Oltre ad essere apprezzati “freschi di raccolto” ed in svariate ricette (p. es. cotti arrostiti sulla brace con aglio e pancetta) la tradizione gastronomica calabrese usa conservarli (..tassativamente!!) in olio d’oliva, acquistabili su siti di prodotti tipici calabresi che li propongono nelle loro vetrine virtuali. Indubbiamente una varietà che solo in Calabria ha quel sapore eccezionale ed originale che lo contraddistingue, visto che tipologie assimilabili a questo si ritrovano anche in altre regioni…eppure con un gusto decisamente meno deciso.

 

Chiaramente in Calabria non manca anche il classico Porcino (Boletus Edulis), ed un’altra infinita varietà di fughi (Amanita caesarea, Calocybe Gambosa / Ordinato, Cantharellus cibarius, Suillus granulatus, Calvatia utriformis, Macrolepiota procera, Suillus luteus, ecc.) anche essi utilizzabili come sott’olio misti che accompagnano qualunque pasto della regione. Si sposano bene, ad esempio, con le deliziose patate silane.

 

Se invece c’è da dare un sapore più deciso ad una pietanza a base di funghi (pasta o carne/lombatine), o anche laddove ci sia da guarnire crostini e tartine rustiche la cucina calabrese ha pronto il piccantino di funghi, diciamo una sorta di tocco di magia non eccessivamente deciso per la sua piccantezza, visto che è gradevole anche per i palati meno “ferrati” al gusto forte del miglior peperoncino calabrese.

 

Qualunque sia la varietà di fungo calabrese, questo viene raccolto secondo un rituale metodico, comunque efficace. I professionisti (i “Fungiari“) hanno esperienza di tutte le zone della Sila e le molteplici specie esistenti. Un buon “fungiaru” conosce tutte le regole per la salvaguardia del sottobosco e le rispetta. E’ capace di alzarsi alle prime luci dell’alba per raggiungere, senza il rischio di essere seguito da altri “cacciatori”, i suoi posti segreti, quelli dove l’umidità, la terra, le radici favoriscono la nascita dei funghi e dove lui torna di volta in volta sicuro di non essere deluso. Come contenitore per la raccolta utilizza un cestino di vimini, mai le buste di plastica; li pulisce dal terriccio sul posto e li deposita nel cestino con la parte imeniale rivolta verso il basso per facilitare la caduta delle spore. Se durante la ricerca trova funghi sconosciuti o velenosi li lascia comunque senza danneggiarli poiché sono utili all’equilibrio del bosco; non ne raccoglie mai se crescono vicino a strade molto trafficate dagli automezzi o vicino a mini discariche lasciate qua e la da qualche “buontempone” (resti di frigoriferi, lavatrici o pezzi di lamiera vari) poiché i funghi assorbono le sostanze tossiche che essi causano e non spariscono con la cottura.

 

Il rispetto dell’equilibrio naturale??…un comandamento, in Calabria!!!

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Pitta ‘nchiusa calabrese: come dire…portare in tavola il meglio della pasticceria regionale!!

La pitta ‘mpigliata (o pitta ‘nchiusa) è un dolce calabrese di pasta sfoglia di antichissima origine popolare, a base di frutti raccolti alla fine dell’annata agraria e conservati poi per la bisogna in cucina della stagione invernale (mandorle, uvetta, noci, pinoli, fichi secchi che in autunno non mancano mai in questa terra) proposto nel proprio assortimento da alcuni siti di vendita on line di prodotti tipici calabresi (sempre e tassativamente prodotta secondo ricetta tradizionale), ovvero da acquistare solo in qualificate pasticcerie della zona.

Nella tradizione popolare della regione rappresentava un dolce da fine pasto offerto in occasione dei matrimoni, festeggiati ovviamente in casa; recita, a tal proposito, un documento del 1728 nel quale vengono stabiliti gli obblighi ed impegni dei rispettivi sposi (una sorta di vero e proprio contratto di matrimonio!!):“……a far la bocca dolce ai commensali penserà la famiglia dello sposo, che a fine pranzo dovrà offrire la pitta ‘mpigliata preparata anzitempo curando che la stessa sia di finezza giusta”.

Se tanto mi da tanto, visto che in tempi andati doveva essere una grande preparazione, ai giorni nostri rappresenta un “signor” dolce di pasticceria da gustare in ogni occasione in cui ci sia da festeggiare, Pasqua e Natale in particolare, chiudendo con gusto, tradizione ed artigianalità una qualunque occasione conviviale con gli amici.

Come viene preparata: l’esecuzione della “Pitta” richiede maestria e soprattutto molta fantasia. Per la predisposizione della sfoglia si impasta anzitutto la farina con vino moscato bianco o vermouth, lievito naturale e un pizzico di sale. Questa viene poi stesa ricavandone una sfoglia rotonda e due quadrate sulle quali si versa un ripieno misto preparato con noci, pinoli, uva passa, miele, zucchero, cannella e fichi secchi.

Questi ultimi vengono creati a ‘mo di rettangolini, arrotolati e disposti come un fiore (…appunto ‘nchiusi, come dire racchiusi o raccolti) sulla sfoglia più grande rotonda, preventivamente cosparsa di miele, zucchero e cannella. Si cuoce il tutto in forno caldo ed in caso di eccessiva secchezza si bagna con acqua e miele.

L’arte pasticciera calabrese vuole che non ci sia da rispettare una forma prestabilita per questo eccezionale dolce: infatti, e se nella versione più comune questa viene proposta nella tradizionale forma “circolare” nulla esclude che non possa assumerne altre, a totale discrezione delle capacità e della fantasia del pasticciere di turno.

…..una vera delizia dunque, della serie “leccarsi le dita”!!!

Giorgio Candia http://www.saporidellasibaritide.it – Corigliano (Cs)

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Gustose sorprese della cucina calabrese: il miele di fichi.

Il miele di fichi è uno dei prodotti tipici calabresi che incuriosisce sia per la denominazione che per la sua versatilità d’uso; ottenuto secondo tradizione propria della regione, si può ancora gustare acquistandolo su siti di vendita on line di prodotti calabresi nella loro offerta di referenze e sciccherie gastronomiche.

 

Ma andiamo per gradi: miele, vi chiederete??? In Calabria questo prodotto è infatti tipicamente ed impropriamente chiamato “miele” , ma non ha nulla a che fare con le api. In realtà è uno sciroppo di cotto di fichi calabresi realizzato facendo bollire i fichi in un po’ d’acqua, tirandoli (escludendo in pratica l’acqua in eccesso) fino ad ottenere una densità molto simile a quella del miele: ecco, forse è proprio la densità che ne da l’idea del più rinomato nettare prodotto dalle api!!

 

Ma cosa lo rende speciale ed esclusivo?? Sicuramente il fatto che è ottenuto esclusivamente con fichi dottati (essendo questi uno dei più apprezzati in assoluto), aggiungendovi un po’ d’acqua durante la cottura. Ma soprattutto, ciò che distingue questo estratto di fichi sta nella sua corposità. Venduto in vasetto, la sua densità è quella della tradizione, della artigianalità e della ricetta tipica calabrese. Giusto per averne un’idea, un vasetto di estratto di fichi di 200/250 grammi richiede più di un kg e mezzo di fichi.

 

Versatilità d’uso, dicevamo: nella gastronomia regionale il miele di fichi viene utilizzato in pasticceria, ad esempio nella produzione dei mostaccioli, cartellate (nèvole in Calabria), mandorlate, torrone, così come è ottimo su gelati e macedonie. Ma in realtà, questo estratto di fichi sta riscuotendo ultimamente enorme successo come ideale accompagnamento di formaggi freschi e carni; suggeriamo, ad esempio, di provarlo assolutamente su un filetto di manzo: un po’ di estratto, a mo’ di aceto balsamico, regala alla carne preparata un gusto assolutamente inimitabile. Oppure sulla panna cotta o immancabile sui lampascioni fritti……insomma è praticamente impossibile non averlo in dispensa per sorprendere e sorprendervi in ogni occasione.

 

Eccovi, a mero titolo di esempio, una ricetta facile facile sulla quale sperimentare questo esclusivo nettare.

 

FRITTATINE DI FARINA CON MIELE DI FICHI (Majatiche)

 

Ingredienti: farina, sale, olio d’oliva, miele di fichi. Amalgamate farina, acqua e sale e preparate delle frittatine sottilissime cuocendole nell’olio. Lasciatele asciugare su un foglio di carta affinché perdano l’eccesso di olio, quindi arrotolatele e versate su di esse abbondante miele di fichi. Servire calde.

Nella tradizione medica del passato (quando si ricorreva al “fai da te” suggerito dalla natura insomma, e prima della comparsa della chimica e delle alchimie) veniva utilizzato anche come sedativo della tosse, magari diluito in una buona tazza di latte caldo.

 

Una curiosità: tra gli antichi contadini calabresi, all’arrivo dell’inverno e con le prime nevicate, vi era l’abitudine di preparare granite (chiamate scirubetta….con attinenza dunque con sorbetto di più recente uso) con neve fresca e con il cotto di fichi: una vera delizia per grandi e piccini, visto che il gelato industriale era ancora lontano da venire!!!

 

….vaghi ricordi di periodi poveri, ma nel contempo ricchi di grandi soddisfazioni che provenivano da cose insignificanti!!!

 

Giorgio Candia http://www.saporidellasibaritide.it – Corigliano (Cs)

 

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Ma quante allettanti e gustose sorprese, dai fichi della Calabria!!

Dite la verità, chi non ha mai sentito parlare del gusto unico e del sapore esclusivo dei fichi calabresi?? Un prodotto coltivato secondo tradizione ed amorevolmente lavorato in tutte le sue successive fasi, sì da poterne avere una delizia della gastronomia tipica della regione che va ben oltre le golose tipicità del periodo natalizio.

Povero, se consideriamo che in fin dei conti si tratta di un semplice frutto che sovente (i fichi secchi) accompagnava i contadini di una volta nelle dure giornate di lavoro nei campi, giusto per spezzare qualche momento in cui le energie avevano bisogno di essere “ricaricate”. Ma nel contempo ricercato, visto che nel corso degli anni è stato “affrancato” a vera prelibatezza, e dato che se ne è creata una vera “eccellenza” nelle sue svariate elaborazioni.

Il segreto risiede sicuramente nelle modalità di preparazione degli stessi, visto che vengono raccolti con cura a fine stagione estiva, quando il sole settembrino li “indora” fino a giusta maturazione; da qui inizia il paziente lavoro di essiccazione naturale: sarebbe infatti semplice passarli in forno (…il tempo “costa”) ma, obiettivamente, non è la stessa cosa!!!

Ed eccoli qui…i veri fichi secchi calabresi, già eccellenti nella loro versione “base”; ma v’è di più, considerato che vengono elaborati con noci e mandorle (le crocette), ovvero tuffati in delizioso cioccolato (bianco o fondente). Tutti prodotti comodamente acquistabili sulle vetrine virtuali di prodotti tipici calabresi che li propongono nel loro assortimento in particolare durante la stagione fredda, quando le temperature rigide invogliano a farsi tentare da sapori accattivanti e lasciarsi coccolare da gusti intensi e avvolgenti .

Eppure le proposte regionali, in merito, non si fermano qui: della confettura di fichi, ad esempio, ne vogliamo parlare?? Si tratta di una classica mostarda preparata, anche in tal caso, a fine estate, con quel mirabile tocco segreto dettato dalla tradizionale esperienza dei produttori, che riescono a cogliere e proporre un giusto equilibrio tra la dolcezza del frutto e lo zucchero aggiunto in fase di preparazione. Ai più nostalgici delle cose buone di un tempo questa marmellata racconta di quando la si preparava in casa con passione ed amore, con le nostre mamme indaffarate a “far manovre” tra pentoloni e cucchiaioni di legno, diffondendosi per le stanze un profumo unico ed indimenticabile che in molti ricordano ancora.
La confettura di fichi regala un sapore dolce e delicato sulle fette biscottate, riservando energie infinite alla colazione del mattino, o sul classico pane per la merenda dei bambini. I più esigenti e dal palato “fine” troveranno ottima questa confettura anche come accompagnamento ai formaggi stagionati.

Ed una ulteriore “evoluzione” a questa mostarda la si ottiene nella “chicca” marmellata di fichi e noci, una ricetta in cui servono dei fichi maturi ma sodi, scelti tra i migliori e di buona qualità, eliminando quelli piccoli o macchiati; delle noci pestate grossolanamente ed un limone: la segreta ricetta calabrese riesce poi mirabilmente ad amalgamarne i sapori. Già di suo rappresenta una vera e propria chicca gastronomica, anche se da il meglio di sé ove venga utilizzata per farcire crostate e biscotti, ovvero servita con i formaggi!!

…come vedete, dunque, non si tratta mai di “un banale fico” (secco)!!
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Regali di fine anno…e stavolta sarà davvero un enigma: vediamo un po’ come risolvere…risparmiando!!

Ebbene si, ci siamo: si avvicina un momento importante dell’anno, quello in cui dobbiamo un attimo pensare ai regali di Natale. E quest’anno sarà più difficile che mai, visto che ci dobbiamo dibattere tra la classica esigenza di destinare qualcosa che sia davvero “sorprendente ed originale”, e quella del “portafogli” che langue sempre ed ancor di più rispetto alle passate festività: “crisi docet”!!

 

Beh, mettiamo in moto la mente, allora…anzi facciamo lavorare e diamo fondo alla nostra capacità, dimostrando che nel “fai da te” siamo davvero imbattibili: che poi non ci vuole mica tanto, nessuna esperienza o capacità particolare, specie se il web può darci una mano, per questa necessità.

Dunque, tra i regali davvero graditi, la gastronomia fatta in casa va per la maggiore e riceve i migliori consensi da parte di chi riceve un pensiero. Allora….liquore alla liquirizia calabrese fatto con le nostre manucce, un ottimo digestivo per ogni occasione, specie ed in particolare se viene gustato “ghiacciato”: con poco più di 30 €uro riusciamo a risolvere almeno per 5 o 6 regali.

 

Non ci credete??? Prendete la calcolatrice!! Questo specchietto vi da idea della reale spesa cui ci dobbiamo esporre. Secondo queste semplici indicazioni riusciamo ad ottenere circa 6 bottiglie tipo “bordolese” da 700ml.

 

Per la relativa ricetta, secondo i canoni della vera gastronomia calabrese, possiamo ricorrere agli stessi portali che vendono ormai da anni on line la polvere di liquirizia (…la migliore in senso assoluto!!), con un positivissimo riscontro da parte degli utenti serviti….ma in sintesi, eccola qui:

 

Ingredienti:200 gr di liquirizia in polvere, 1,5 litri di acqua, 1.2 kg di zucchero raffinato, 1 litro di alcool a 95°.

 

Preparazione: scaldare l’acqua portandola quasi ad ebollizione, sciogliere prima lo zucchero e poi la polvere di liquirizia facendola cadere a pioggia poca per volta con un cucchiaino da caffè e girando in continuazione con un cucchiaio o un mestolo. Finita la polvere spengere il fuoco e far raffreddare lo sciroppo fino a temperatura ambiente sempre mescolando. A questo punto unire l’alcool girando con il mestolo per amalgamare bene sciroppo e alcool, finito ciò imbottigliare.

 

Si consiglia la preparazione in una pentola di circa 5 litri di materiale con poca aderenza, che non faccia attaccare il contenuto nella cottura (l’alluminio va benissimo). Una volta imbottigliato il liquore di tanto in tanto scuotere le bottiglie, per far si che eventuali grumi di liquirizia in formazione specialmente sul fondo si sciolgano prima di solidificarsi troppo.

Un paio di considerazioni sul costo di preparazione e sulle precauzioni da seguire:

 

utilizzare sempre bottiglie verdi/marroni (bordolesi), in quanto, e specie nei primi giorni successivi alla preparazione, gli ingredienti han bisogno di un po’ per amalgamarsi alla perfezione: più passa il tempo, più il composto alcool/acqua/zucchero/liquirizia si unirà al meglio. In ogni caso è sempre bene usare la solita precauzione “agitare prima dell’uso”.

 

il costo complessivo considera il quantum necessario per ottenere circa 6 bottiglie di liquore di liquirizia calabrese, considerando anche il costo delle bottiglie (facilmente reperibili riciclando quelle del vino) e quello dell’acqua (..ma proprio perché vogliamo essere pignoli in matematica): ci sono margini ulteriori di risparmio, insomma!!

 

se poi volete essere “perfezionisti” basta una etichetta adesiva da annettere alla bottiglia…vi caratterizzerà e vi farà ricordare sicuramente; presso cartolerie e/o copisterie vi potrete facilmente rifornire. Noi vi suggeriamo una nostra idea su come impostarla.……a voi la fantasia !!!

Visto??? Regali fai da te economici, (soprattutto) graditi e facili……come sciogliere un cucchiaino di zucchero nel caffè!!

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Quando un e.commerce diventa un amico al quale puoi sempre rivolgerti per la soluzione di qualche piccolo problema della quotidianità!!

 

La rete, ma che bella invenzione: ci puoi trovare un po’ di tutto, dal rapporto virtuale con gli amici alle informazioni che più ti fanno comodo, dalle notizie dell’ultima ora a beni e servizi che ti viene difficile reperire altrove, alle transazioni finanziarie (minimamente familiari o del tuo business)…ed ovviamente senza spostarti un attimino dalla tua scrivania e negli orari che più ti sono congeniali. Obiettivamente nessuno può negare che ci hanno di certo reso più facile e comoda la vita, compensando un attimino lo stress che la modernità (ahinoi!!) ci richiede in cambio. Quasi quasi verrebbe spontaneo inventarsi un nuovo “logo-tipo” che caratterizza l’uomo dei giorni nostri: …siamo nati per digitare!!

Ecco, poniamo l’attenzione all’acquisto on line di prodotti tipici, in particolare quelli della Calabria: che comodità ricevere a casa tutte quelle sfiziose delizie regionali, senza bisogno di andar lì per sceglierne quelle più appetitose ed accattivanti!!! Eppure la mission di un e.commerce che sia interessante e visibile, oltre che affidabile, non è solo quella di proporre e promuovere, ma anche quella di consigliare, oltre che nell’uso delle referenze portate in vetrina, anche nelle normali esigenze che la vita di ogni giorno può presentare. Un amico, insomma, al quale puoi comodamente rivolgerti in ogni momento nel caso abbia in serbo la classica “dritta giusta”, il suggerimento opportuno insomma per risolvere un qualunque inghippo della quotidianità. Capire questo significa instaurare un rapporto con l’utente che normalmente ti segue per le sue normali esigenze gastronomiche, indissolubile nel tempo.

Semplice, si può modificare un attimo l’impostazione del portale….et voilà, il servizio è bello e pronto: basta inserire nelle categorie prodotti, a fine assortimento, una specifica pagina denominata “….consigli utili” che racchiudano un po’ l’esperienza personale ed il vissuto della vita quotidiana per metterla comodamente a disposizione dell’internauta che ti degna della sua considerazione. Un promemoria al quale poter facilmente accedere, insomma, alla bisogna!!

Nessuna bacchetta magica, per carità, ma qualche piccola utilità già sperimentata che, con semplicità ed economia, può tornarti sempre utile in casa. E così si spazia dai suggerimenti per la pulizia e l’ordinaria manutenzione della lavastoviglie o del forno a microonde, alla conservazione del lievito di birra senza ritrovarselo “scaduto”, al riutilizzo di pandori e panettoni oltre le festività, alla verifica sulla freschezza delle uova che abbiamo in frigorifero, ai metodi per tener lontane d’estate le zanzare…..e molto altro ancora!!!

Il tutto “permeato” da un motivo ricorrente e costante: il rispetto dell’ambiente, evitando quanto più possibile l’utilizzo di dannosi prodotti chimici!!!

….perché un sito di e.commerce deve si vendere, ma anzitutto consigliare: questo è la correttezza, anche e specie sul web!!!

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Delizie estive dell’estate calabrese: il melone gialletto, gusto e salute “garantiti”!!

Di probabili origini africane (secondo alcuni invece provenienti dall’Asia), il melone arrivò in Italia in età cristiana, così come documentato da Plinio, diffondendosi rapidamente durante l’Impero Romano (veniva utilizzato piuttosto come verdura, servito in insalata) tanto che al tempo dell’imperatore Diocleziano fu anche oggetto di tassazione fiscale (laddove superassero un certo calibro e peso).

 

Anticamente il melone venne considerato simbolo di fecondità, forse in ragione dei numerosissimi semi, della estrema fecondità di questi frutti e della relativa pianta, la loro capacità generatrice ed incontrollata, opposta alla ragione dell’intelligenza.

 

Diffusamente presente in tutti i banchi ortofrutticoli, dolcissimo, simbolo della stagione estiva, sperimenta adesso a navigare sulla rete, in particolare la varietà Helios calabrese ( o gialletto) che si caratterizza per il suo colore giallo acceso, la polpa bianca ed il suo sapore ineguagliabile; lo si può infatti acquistare comodamente in quantità sufficienti alla bisogna familiare su portali e.commerce di prodotti tipici calabresi che lo propongono sulle proprie vetrine virtuali quando è giunto a naturale e giusta maturazione, non in serra o con artifici vari, bensì nel momento in cui il caldo sole della stagione ha compiuto “naturalmente” il suo dovere. Solo allora, infatti, la frutta è più ricca di vitamine, di sali minerali e di acidi organici essenziali per il corpo umano, visto che contribuiscono a spazzar via tutti i minacciosi e dannosi elementi del metabolismo. Anche per tale prelibatezza infatti, la Calabria, dove la natura sembra superare se stessa per il giusto areale e le ottimali condizioni pedoclimatiche, offre un prodotto eccezionale in fatto di qualità, gusto e naturalezza.

 

E se queste sono le qualità gastronomiche, occhio a tutte le sue virtù salutistiche; infatti è il frutto migliore per tutti coloro che, d’estate, vogliono in modo dissetante oltre che gustoso fare il pieno di vitamina A e C all’organismo, comunque limitando il valore energetico (dalle 20 alle 40 calorie per 100 grammi), ma in compenso è ricco di zuccheri (saccarosio, fruttosio e glucosio), sali minerali (potassio, sodio, calcio e fosforo) che regalano proprietà rinfrescanti e coadiuvanti per i processi digestivi. Possiede inoltre un’azione lassativa, mitigata dall’abbinamento con il prosciutto, e pare che il suo aroma abbia effetti benefici sul sistema nervoso. Alcuni studiosi argentini e tedeschi sostengono, in effetti, che il melone agisce sulla fluidità del sangue contrastando l’aggregazione piastrinica e questo contribuirebbe a dargli funzione cardio-protettiva per infarti, ma anche per ictus cerebrali. Tra i molti rimedi per lo stress ce n’è uno che non solo non pesa adottare ma è anche gradevolissimo ed in linea con la stagione. L’Istituto francese per la ricerca agricola ha realizzato, in seguito ad una ricerca pubblicata sulla rivista Nutrition, che l’alto contenuto di betacarotene del melone aiuta ad abbassare le proteine dello stress nell’intestino, contribuendo ad un maggior benessere con una cura semplice, ma che della cura non ha neanche il più vago aspetto.

 

La polpa del melone giallo estivo protegge, infine, l’epitelio intestinale, la pelle e favorisce la rigenerazione cellulare: perciò viene definito un cibo antinvecchiamento.

 

Il melone giallo è conosciuto anche con il nome di “melone d’inverno” per la sua caratteristica di poter essere conservato molto a lungo, a volte fino a gennaio. Anche se noto e consumato come frutto, è a tutti gli effetti un ortaggio della famiglia delle Cucurbitacee.

 

Di medie dimensioni, ha una scorza esterna piuttosto coriacea e di colore giallo intenso, abbastanza liscia, solitamente priva delle classiche fenditure del melone tradizionale. La polpa è bianco-giallastra, da qui anche il nome di “melone bianco”, carnosa, molto ricca di acqua, piuttosto aromatica e zuccherina, con la presenza di semi gialli.

 

Per poter comunque gustare un prodotto al top l’importante è saperlo scegliere “ad arte”: e qui l’esperienza ha un’importanza non indifferente. Il gialletto può essere, infatti, scelto maturo per una consumazione entro 8/10 giorni dall’acquisto, oppure più acerbo, per essere conservato più e più tempo. Il melone maturo deve avere un colore giallo profondo, intenso, piuttosto scuro. Se picchiettato con le nocche non deve produrre alcun suono. La scorza deve essere intatta.

 

A seconda dei casi ed in funzione della scelta fatta, le modalità di conservazione sono diverse; quello maturo infatti va in frigorifero nello scomparto della frutta e verdura; non va esposto a temperature inferiori ai 5° C altrimenti potrebbe ammaccarsi. Si consiglia di non conservare il melone assieme alle verdure, poiché produce etilene che è in grado di deteriorarle. Se invece si acquistano meloni gialli per la conservazione invernale è importante tenerli in una cassetta forata, in un solo strato, in luogo fresco, asciutto e ventilato.

 

E che dire della versatilità che questo semplice frutto può offrire, andando oltre la sua scontata funzione di “fine pasto”?? Un compito assolto egregiamente, appunto, dai portali e.commerce di prodotti tipici calabresi che hanno deciso di proporlo in rete, e che ne suggeriscono ricette accattivanti, chicche d’uso facili da realizzare e soprattutto uniche; certo, ed appunto, come fine pasto, da solo o come ingrediente di squisite macedonie, ma anche come primo appetitoso (ed allora, sperimentiamo ad esempio l’insalata di orecchiette, prosciutto e melone); oppure, spaziando verso i secondi piatti, tipo “melone a spicchi con ricotta e prosciutto croccante”, una esclusiva che in pochi conoscono ma che delizia sicuramente una volta preparato e portato in tavola (della serie” ….chiedere il bis!!”); o ancora, rimanendo nella categoria dei “secondi” l’insalata di pollo e melone o l’insalata di lattuga, melone e mozzarella: fresche pietanze, insomma, che deliziano d’estate e rifocillano dalla calura della bella stagione, anche perché il melone è schietto, fresco, maturo e saporito proprio adesso. Ed ovviamente l’ovale del gusto ci delizia anche nei dolci e nei fine pasto, con la crostata di pistacchio al gelo di melone; il gelato al melone fatto in casa; il sorbetto al melone, un gelato/non-gelato che non mancherà di sorprenderci e di sorprendere i nostri commensali. Insomma, il gialletto non è soltanto un semplice frutto da servire affettato.

Il melone Helios calabrese: un “giallo d’estate” dal finale sorprendentemente gustoso…..…sempre!!!

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Una rossa tutta gusto e salute: la cipolla di Tropea.

Chi lo avrebbe mai detto che sarebbe giunto il giorno in cui la prelibata Cipolla Rossa di Tropea sbarcava sul web??? Eppure è così: questa esclusiva ricercatezza, quella vera ed originale, finalmente naviga in rete ed approda sulle vetrine virtuali di portali e.commerce di prodotti tipici calabresi!!!

Coltivata da novembre nelle campagne di determinati territori (calabresi in particolare per potersi a giusta ragione avvalere del titolo di prodotto IGP), viene raccolta nella tarda primavera, affinché possa essere posta in vendita nel periodo migliore: bella, rosseggiate e soprattutto saporita e profumata.

Ma le caratteristiche essenziali del prodotto non si fermano al suo elemento prettamente gastronomico, dato che chi la conosce già ne apprezza in genere solo il suo gusto e la sua originalità culinaria. Si tratta infatti di una prelibatezza in senso lato…anche nel suo rovescio della medaglia, visto che ormai ci sono infinite pagine che sottolineano gli elementi salutistici riconosciuti a questo naturale prodotto agricolo calabrese.

Ne è’ provata infatti la sua azione benefica a livello dermatologico; per i dolori artritici, nei raffreddori (per il contenuto di vitamina C), per la sua valenza antiemorragica. Il contenuto di elementi della vitamina E, quali il magnesio, lo iodio, lo zinco, il selenio,il ferro risultano essenziali poi nella dieta per la prevenzione del cancro. Il consumo di cipolla ci assicura un aumento dell’attività fibrinolitica del sangue, dunque, contro le malattie cardiovascolari e infarto.

E della sua digeribilità…ne vogliamo proprio parlare??? Ecco, un consiglio spassionato ci sentiamo di darvelo per tutte le occasioni in cui si fanno pasti piuttosto grassi: accompagnare a questi, contorni di cipolle di Tropea fritte o lessate, in quanto le sostanze in esse contenute permettono di neutralizzare l’azione coagulante che questi grassi provocano nel nostro sangue e nel contempo evitano che questi grassi si trasformino in colesterolo.

E se invece cercate delle ricette originali per guastare il prodotto, ecco le varie “chicche” d’uso consigliate dagli stessi portali che pongono in vendita il prodotto. Giusto per stuzzicarne la curiosità e l’appetito vi proponiamo ad esempio TONNO, FAGIOLI E CIPOLLA DI TROPEA”. Un buon tonno di qualità, cosicché anche l’olio al suo interno può essere utilizzato e non buttato come accade di consueto; dei fagioli in vetro; della cipolla di Tropea affettata finemente e ammollata per un paio d’ore in acqua tiepida con aceto e zucchero. Una volta scolata condirla con sale, pepe e l’olio del tonno, ed unitela agli altri ingredienti.

Naturalmente un prodotto di punta della gastronomia calabrese quale è la Cipolla rossa di Tropea, non può fermarsi alla sola “materia prima” visto che tanti sono i relativi derivati. Ad esempio la Cipolla di Tropea in agrodolce, un contorno che accompagna tutti i secondi, ovvero utilizzata come ottimo ingrediente per insalate miste ed in particolare per insalate di pomodori freschi. Può essere gustata con l’aperitivo o per completare sfiziose ricette.

Passando poi ad una vera esclusività della regione, la Confettura di cipolla di Tropea, un accostamento che a prima vista potrebbe sembrare “poco ortodosso”, ma che una volta assaggiato rileva tutta la sua esclusività in vari usi: ideale ad esempio per la carne lessa, sul formaggio pecorino stagionato, sul caciocavallo, gorgonzola ed anche sulle frittate in genere.

Cipolla rossa di Tropea, dunque….perché il vostro palato vi ringrazierà sicuramente!!!

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Alimentazione da laboratorio?? No, grazie…

frodi-alimentari1Frodi e sofisticazioni alimentari, forzature chimiche sui prodotti gastronomici, offerte “da sballo” su referenze tradizionalmente di spicco, sapori artatamente contraffatti in laboratorio….. In una economia dove i numeri ormai fanno la differenza ci propinano chissà quali “alchimie alimentari studiate a tavolino”, con disprezzo del gusto e del territorio di provenienza, e con un occhio rivolto solo ed esclusivamente al prezzo: conquistare fette di mercato sembra essere il credo unico delle aziende…ad ogni costo!!

”Fermate il mondo, voglio scendere!!” si comincia ad udire da più parti, gridato ormai a gran voce da chi consapevolmente ha capito che questa tendenza rappresenta un’eredità, un macigno che pesantemente ricadrà sulle generazioni future: si apre insomma un’attenzione rivolta alle cose buone di un tempo, ai metodi tradizionali di produzione, quando le delizie della tavola richiedevano passione, ricette artigianali e soprattutto tanta pazienza.

Come ad esempio al tipo di coltivazione ( e relativi derivati) condotta anni addietro, la cosiddetta “agricoltura integrata” ( o produzione integrata), che prevede l’adozione di tecniche compatibili con la conservazione dell’ambiente e la sicurezza alimentare mediante minimizzazione nell’uso di prodotti chimici (fitofarmaci): rappresenta per il consumatore una certezza dell’origine, della genuinità e della freschezza delle produzioni. Si riesce, in pratica, a proteggere le risorse ambientali attraverso un basso impatto, reso possibile dall’uso coordinato e razionale di tutti i fattori della produzione, zappatoreriducendo al minimo il ricorso a mezzi tecnici esterni ed estranei (cagionevoli per la natura e la salute dei consumatori), sfruttando al contrario le risorse naturali in grado di sostituire gli additivi comunemente utilizzati nell’agricoltura convenzionale: vaghi ricordi insomma di duro lavoro nei campi, fatto di sudore, polvere, fatica.…ma dalle infinite soddisfazioni!!

In particolare:

-la fertilizzazione dei terreni viene ottenuta con sostanze organiche;

-le lavorazioni del terreno vengono condotte prevenendo la degradazione della sua struttura e l’erosione;

– il controllo delle piante infestanti viene effettuato “naturalmente” limitando il ricorso al diserbo chimico. Sono compatibili con questo obiettivo, ad esempio, le false semine, le rotazioni colturali, il diserbo meccanico, ecc.

E’ evidente che da questa metodologia di coltivazione si riescono ad ottenere cibi sani e sicuri, preservando nel contempo le risorse ambientali. Come ad esempio l’olio calabrese commercializzato sul web da siti di prodotti tipici calabresi che hanno basato la loro “mission” aziendale nell’offerta di referenze genuine ed esclusive in fatto di salubrità.

olio-calabriaOlio di ottima qualità, 100% italiano e non di incerta origine, con caratteristiche date dalla posizione geografica e perfette condizioni meteorologiche che solo la collina litoranea calabrese è in grado di offrire, con controllo continuativo che va dalla fioritura sino alla raccolta. La tecnica è quella tradizionale, prevedendo l’uso di pettini manuali e meccanici, su reti e poi in cassette da 20 kg. Il sistema più diffuso di estrazione è a ciclo continuo a freddo (T. max 27 ° C), l’olio viene estratto quotidianamente entro 2 ore massimo dalla fine della raccolta e tenuto in contenitori di acciaio inox a norma CEE. L’olio viene conservato in ambienti freschi, asciutti e lontano da fonti di calore ad una temperatura compresa tra i 12 e i 20°C.

Le caratteristiche proprie del prodotto si possono così riassumere brevemente:

VISIVO:tra il verde ed il giallo oro, lievemente opalescente.

OLFATTIVO: armonico, intenso, dell’oliva colta al giusto punto di maturazione.

GUSTATIVO: leggermente piccante, amarognolo ed intensamente fruttato.

ACIDITA’: bassa acidità, con valori compresi tra 0,2-0,6% di acido oleico.

Rimarcare la qualità dell’olio della Calabria è superfluo, ma val la pena ricordare ( a mero titolo di esempio) importanti riconoscimenti ed attenzioni ottenute a livello internazionale. Quali quelle del professor White, enologo di grande fama di origine americana trapiantato in Nuova Zelanda, il quale condusse uno studio sul prodotto calabrese già 20 anni fa, deducendone che si tratta di una eccellenza tra le migliori esistenti sul mercato italiano e della Comunità europea, l’unico al mondo a garantire dai rischi di infarto.

olive-tondoE non dimentichiamolo, l’olio extra vergine di oliva è alimento simbolo della dieta mediterranea, un prezioso nutrimento dagli innumerevoli pregi adatto ad ogni età. Per cui val la pena scegliere e consumare solo e sempre prodotti di “spessore”. Altro che prezzi da gassosa ed offerte speciali: vale sempre il principio che “non si fa niente per niente”!!

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Prelibettazze pasquali della pasticceria calabrese.

Beh, anche a Pasqua la pasticceria calabrese si da’ da fare e fa parlare di sé con le sue tipiche produzioni di periodo, realizzate con arte, maestria e secondo i più rigidi canoni tradizionali, rispettando le più artigianali ricette gastronomiche della regione.

 

Un modo per festeggiare con delizia e sapore la Resurrezione di nostro Signore, proposta con varie ed accattivanti referenze da siti di commercio elettronico della zona che sulle proprie vetrine virtuali evidenziano un offerta allestita sempre con interessanti e veraci “chicche” della gastronomia locale.

 

Un tempo, quando ancora merendine e brioches erano di là da venire, le massaie si mettevano d’impegno realizzando enormi quantità di questi tradizionali dolci, che sarebbero serviti poi a deliziare grandi e piccini per più e più tempo…diciamo fino agli inizi dell’estate almeno. Ai giorni nostri poche ormai sono le “casalinghe” che ancora si dedicano a questa “nobile arte” pasticciera di periodo: ma chi ancora riserva uno spazio del prezioso tempo a questa “pia opera di gusto” lo fa cercando di conservare i canoni e le ricette più antiche.

 

 

Interessante, in particolare è la gallinella con uova sodo, davvero una stravaganza in termini di lavorazione ed originalità, in particolare per i più piccini: come dire “anche l’occhio vuole la sua parte”!! Si tratta infatti di un dolce di pasta a forma di gallinella, con uovo sodo. La sua lucentezza è data dalla spennellatura, a fine lavorazione e prima della cottura, di tuorlo d’uovo sbattuto. Tra gli ingredienti farina, lievito, sale, semi di anice, uova sode ed aromi naturali, che consentono di mantenere la fragranza di questa ricercatezza per più e più tempo!!

 

La gurpinella (o chinulille pasquali) è un originale fagottino lavorato cotto in forno, con uva sultanina e mandorle tritate. Anche in tal caso la sua lucentezza è data dalla spennellatura, a fine lavorazione e prima della cottura, di tuorlo d’uovo sbattuto. Ed ancora una volta la sua preparazione viene realizzata solo con ingredienti naturali (farina, lievito, sale, semi di anice, aromi naturali, ripieno di uva passa e mandorle).

 

Il “pisaturo” (cullura, cuculi o cuzzupe) conosce una duplice versione: quella con uva sultanina, oppure quella con uovo sodo. Come si vede l’uovo sodo ricorre sovente nelle preparazioni di questo periodo per festeggiare, in particolare, in occasione della tradizionale Pasquetta, da trascorrere tassativamente con scampagnate all’aria aperta della primavera appena iniziata: e non potrebbe essere diversamente, visto che è simbolo di ri-nascita . Anche il pisaturo nella versione con uovo sodo assume una forma caratteristica, interessante ed accattivante, diremmo quasi a forma di bambolina.

 

Menzione a parte va fatta per la Riganella, in quanto la sua origine non è “strettamente calabrese” bensi delle varie comunità albanesi che si sono integrate secoli fa in varie zone del nostro meridione, a seguito delle persecuzioni turche ed ottomane. Ed ecco che i centri delle Presila Greca hanno fatto proprio questo dolce, con qualche variante anche nel nome (lariganata). Nei rituali calabresi è sempre presente il significato di rigenerazione ciclica della vita , che si esprime attraverso le forme, legate nella maggior parte dei casi al cerchio ed alla spirale. E’ difficile darne uno spessore storico certo; ma è inevitabile qualche confronto con mosaici tardo-medioevali. Tanto per cambiare, anche in tal caso la relativa preparazione ricorre solo ad ingredienti genuini:farina tipo “o”, olio di oliva, lievito, zucchero, latte, mandorle,marmellata, uva sultanina.

 

…..prego scegliere, dunque: anche la Pasqua calabrese ha molto da offrire, in questo periodo!!

Giorgio Candia – www.saporidellasibaritide.it

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Turismo gastronomico: l’ampio assortimento dei patè della Calabria.

I veri cultori della buona tavola, si sa, sono sempre alla ricerca di stravaganze ed originalità che magari difficilmente si riescono a reperire nella comune distribuzione, tradizionale o moderna che sia. Un modo per deliziarsi in modo originale, anche nelle piccole cose o negli assaggini che di tanto in tanto vengono proposti come pre-pasto quotidiano oppure in occasione di ricorrenze particolari, momenti in cui le preparazioni messe in bella mostra ai commensali richiedono una cura ed una attenzione più “ricercata” per far davvero bella figura. Ecco, dunque, che crostini, assaggini e tartine varie vanno adeguatamente preparati con salsine, creme e patè di una spanna superiore rispetto al normale.

 

Sono davvero tante le proposte della gastronomia calabrese in fatto di patè, prelibatezze prodotte con sapienza e cura oltremodo artigianale, delizie davvero uniche acquistabili presso siti di commercio elettronico della regione che operano in rete con consolidata esperienza e riconosciuta ed oltremodo provata affidabilità (…in rete, non si sa mai a chi ci si affida!!).

 

Disquisendo di ricercatezze calabresi, senza dubbio la fa da padrona su tutti il patè di peperoncino, punta di diamante delle proposte di questa famiglia di prodotti, un sapore schietto e che univocamente viene ritenuto gradevole e di indiscusso pregio, visto che conosce tra i suoi ingredienti solo materie prime assolutamente naturali: peperoncini piccanti calabresi, olio di oliva, aceto di vino e sale, elaborati ad arte per ottenerne un composto che stupirà di certo voi stessi e gli ospiti .

 

E che dire, poi, del patè di olive (nere o verdi) oppure di quello di carciofi, che oltre a strabiliare nella preparazione di antipasti risulta oltremodo versatile allorquando c’è da risolvere “quattro & quattrotto” il problema del “primo” piatto: due spaghetti, un tocco di patè, un filo d’olio, magari una buona spruzzatina di formaggio grattugiato (grana, parmigiano o pecorino che sia, a seconda delle preferenze)…ed il gioco e bello e fatto.

 

E se invece abbiamo l’esigenza di esaltare il sapore di un secondo a base di pesce, torna più che utile ed opportuno, a tal proposito, il patè di capperi: qui il pepe nero, la sensazione procurata dal leggero tocchetto di peperoncino ed il retrogusto di aceto che si riesce appena a percepire, riservano alle preparazioni a base di ittici una esclusività davvero unica, riservata agli esperti della buona cucina.

 

O se è il caso di rafforzare un piatto a base di funghi…eccovi servita la relativa crema di ricercati funghi calabresi, scelti tra i migliori che il verde ed incontaminato altopiano della Sila può naturalmente offrire.

 

L’ampia varietà proposta continua a spaziare ancora su tipologie dal gusto eccezionale ed inimitabile, quali il patè di di pomodori secchi (beninteso, di veri pomodori calabresi…altro che roba asiatica!!); la crema di Lampascioni, le famose cipolline selvatiche che nella regione ancora i contadini riescono a fatica a reperire; la crema di rape, il patè di melanzane o quello di fave.

 

Ed è normale che tutte le referenze prodotte con ingrediente base “sua maesta il peperoncino calabrese” godono del patrocino dell’Accademia Italiana del peperoncino, nata ed operante già dal 1994 con lo scopo di creare, approfondire e diffondere una vera e propria cultura del peperoncino.

A voi la scelta, dunque…..ed ovviamente complimenti per gli usi, gli accostamenti e le sperimentazioni che sarete capaci di creare: il segreto per aver successo in cucina è sempre quello di avere una buona fantasia ed un eccezionale spirito creativo!!

 

Autore : Giorgio Candia – www.saporidellasibaritide.it

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Al buon intenditore non sfugge la differenza tra la vera sardellina calabrese e quella cinese!!

Rappresenta senza dubbio uno di quei prodotti della gastronomia calabrese che fa davvero gola, sia nella versione dolce che in quella piccante, che riesce a dare il meglio di sé nei suoi svariati usi di cucina.

 

Conosciuta dagli “amanti del gusto” con varie denominazioni (rosamarina, sardellina, caviale calabrese, mustica,..) viene prodotta, nella versione originale e tassativamente calabrese, solo con neonata di sarda o alici, lavata in acqua dolce, riposta su ripiani di marmo, adeguatamente immessa in salamoia entro recipienti di terracotta (tarzaruli) per alcune settimane, amalgamata con pepe calabrese rosso macinato (all’occorrenza, dolce o piccante), e confezionata in opportuni vasetti. Il relativo composto si presenta, così, come una pasta di colore rosso, odore intenso, sapore più o meno piccante a seconda della tipologia di pepe rosso utilizzato in fase di lavorazione . Pronta per l’uso, si conserva per un periodo, in genere, discretamente lungo ( 6/12 mesi), mantenendola a temperature fresche.

 

Eppure anche questo prodotto è soggetto a falsi e tarocchi, considerato che la domanda di prodotto c’è in tutti i mesi dell’anno, mentre la sua disponibilità è limitata da varie condizioni e vincoli; prima tra tutti i vari (…e giusti!!) fermi biologici imposti per garantire il ripopolamento della fauna marittima. La pesca della neonata, infatti, viene realizzata con reti a strascico, opportuni alla bisogna, ma molto pregiudizievoli per i fondali marittimi, devastandoli in profondità, per cui è necessario limitarne l’uso.

 

Oltretutto le varie normative comunitarie stanno via via restringendo la possibilità di utilizzare reti a calibro “ridotto”, cosicché sembra più che giusto il nome “caviale” che tante volte a questa leccornia calabrese viene attribuito, quasi a voler significare e sottolineare il “pregio” che la rosamarina ha sul mercato.

 

Dunque, domanda consistente, offerta ridotta …ed ecco spiegato il motivo dei falsi d’autore perpetrati sul prodotto. Come succedaneo, infatti, della originale neonata di sardina/alice viene utilizzato il pesce ghiaccio (o neosalanx tangkahkeii), di acqua salmastra asiatica: ma agli estimatori del gusto risulta più che evidente la differenza rispetto al prodotto calabrese, acquistabile su siti di vendita on-line che operano in rete, e solo in limitati periodi dell’anno. Un discorso di serietà e linearità commerciale, questo, che alla distanza ripaga: perder vendite sì, ma guadagnarne poi in correttezza e credibilità aziendale, visto che gli internauti che acquistano sul web rappresentano clienti esigenti e molto oculati nelle loro scelte.

E se la sardellina è davvero quella originale calabrese, sotto con gli usi più svariati; racconta infatti tutta la sua schiettezza ed il suo sapore semplicemente spalmata su crostini, fresine o fette di pane, magari preventivamente amalgamata con un buon filo di olio extravergine di oliva, sì da toglierle un po’ di quel sale della stagionatura, creando accattivanti e stuzzichevoli pre-pasto (magari alternati ad altri più delicati nel sapore) che di certo sorprenderanno i commensali; ovvero sulle pizze (in Calabria è consuetudine diffusa preparare la “pitta con rosamarina”); sulla pasta (…chiamiamola una variazione sul tema “pasta aglio ed olio”, aggiungendone giusto una forchettata da far soffrigere nel tegamino); o infine regala paradisiaci momenti di piacere lavorata sulla pasta sfoglia, per creare gli appetitosi rotolini con la rosamarina.

 

Occhio alla scelta, dunque, perché è facile parlare di sardellina calabrese, ma non è sempre la stessa cosa!!

Ed ovviamente, occhio alla ricetta che più stuzzica l’appetito!!

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Divagazioni di gusto, con le clementine calabresi….

Ed ormai le clementine calabresi della Piana di Sibari si fanno sempre più strada!!!

clementineUnanimamente apprezzato come uno dei migliori prodotti tipici calabresi, con il riconoscimento Igp, le sue qualità organolettiche particolari, il sapore unico ed inconfondibile e la quasi totale assenza di semi (..ne potrete rinvenire più o meno una manciata in una intera cassetta!!) ne hanno fatto una delizia inconfondibile e ricercata nel periodo invernale, di una spanna decisamente più in alto rispetto agli analoghi agrumi spagnoli e magrebini: saranno i fattori ambientali e climatici di quello spicchio di Calabria dove viene coltivato, ma forse anche la limitatezza del periodo di produzione che caratterizzano tale referenza, acquistabile ormai anche sul web in quantitativi opportuni alla bisogna familiare, ricorrendo a portali di prodotti calabresi.

Eppure, proprio il limitato periodo di disponibilità dell’agrume (in genere da ottobre a febbraio inoltrato) ha spinto avvedute aziende calabresi ad effettuare delle sperimentazioni di prodotto, si da rendere fruibili “i lavorati” dalle clementine 365 giorni all’anno…praticamente sempre!! Non si può, economicamente parlando, lavorare solo per 3 o 4 mesi all’anno, e poi chiudere bottega!!!

clementinemdTrattandosi di un frutto dalle peculiarità salutistiche uniche, tutta vitamina C e salute, è scontato che il primo lavorato che ne potesse derivare fosse la marmellata di clementine, dicitura oltremodo esatta in quanto a norma di legge, e secondo una direttiva del 1982 dell’Unione Europea, il resto dei prodotti che sono a base di frutta ma non di agrumi può essere chiamato solo “confettura”. In tale magico ed accattivante “orcio” l’82% della frutta contenuta racconta tutta la corposità di un prodotto esclusivo, di gusti e retrogusti infiniti, di una purea lavorata naturalmente (…proprio come si usava una volta!!) senza addensanti e/o pectine varie che ne riducano i tempi di preparazione, facilitandone nel contempo la produzione. E’ sempre vero, infatti, che le cose davvero buone hanno bisogno di tanta pazienza e passione.

specialitaE dalla semplice marmellata di clementine si è poi passati a evoluzioni alternative, quali quella di Clementina & liquirizia, o di Clementine & peperoncino, due interessanti innovazioni nate dall’unione con altre peculiari eccellenze della gastronomia calabrese. Elaborazioni allettanti, che stimolano la curiosità dei cultori del gusto, di chi è insomma alla ricerca di qualcosa di nuovo che delizi il palato, e dove i siti che li propongono in assortimento nelle vetrine virtuali ne suggeriscono chicche d’uso originali ed accattivanti.

clementine-golosinepicSe c’è poi da festeggiare un connubio del gusto, ma di quelli coi fiocchi, beh le clementine si sposano benissimo col cioccolato: ed ecco sul podio delle sciccherie dolciarie le Clementine golosine, spicchi di clementine candite e ricoperte di puro cioccolato fondente, un prodotto tassativamente naturale e senza conservanti, una delizia della serie “…una tira l’altra”!!

clementine-caramellateE se poi c’è da chiudere un pranzo con un tocco di originalità (magari accompagnando con un tonificante amaro), guarnire un gelato o una macedonia in maniera decisamente diversa dal solito…beh, signore e signori eccovi le Clementine caramellate, prodotto anche qui ultranaturale, visto che conosce come ingredienti solo clementine, zucchero ed acqua.

Le clementine calabresi: perchè oltre al frutto fresco e naturale c’è “moooooolto” altro da gustare!!

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Minime divagazioni sugli imminenti regali di Natale: quando la rete propone originalità, comodità e (…soprattutto!!) affidabilità.

Poniamo che per Natale quest’anno voglia ricordarmi di quel fraterno amico di passate, indimenticabili e complici scorribande giovanili, che attualmente lavora a Trieste: e sarà davvero un problema rinnovargli la mia immensa stima nei suoi confronti proprio in occasione delle festività più importanti di tutto l’anno!!

E poi, se questo piccolo presente proprio deve essere, che sia qualcosa a lui gradito, originale, non i soliti e scontati regali, magari poi riciclati o messi in un angolo del nostro domestico dimenticatoio!!

Ed è qui che si svela tutta la bellezza ed innovativa soluzione che la rete può offrirci: ordino direttamente da casa mia, all’ora che mi è più congeniale (…anche di notte, se non mi gabba il sonno, o di domenica!!), con le scelte di prezzo più adeguate alla bisogna…ed al resto pensano tutto loro!!

Ecco: ad esempio una confezione regalo di prodotti tipici della gastronomia calabrese, acquistabile su portali che durante tutto l’anno propongono sempre e comunque ricercatezze originali ed introvabili nella consueta distribuzione commerciale (marmellatine senza conservanti, sottoli in genuino olio di oliva, salubri salumi tipici, ecc.) e che proprio in occasione delle feste di fine anno rifanno il look alle proprie vetrine virtuali, magari integrandole con qualche delizia dolciaria del periodo di quelle zone!!

Ma siamo proprio certi che questi siti siano davvero affidabili, o non si tratta delle solite boiate di cui (..ahinoi!!) internet è piena zeppa??

Beh, diamo una occhiata a quelli che sono i giudizi espressi da altri utenti (sistema cuge.org) che, a vario titolo (regalistica o consumo personale) si son rivolti a loro, ed ogni dubbio è più che risolto.

Infatti, quando un sito è davvero affidabile, i feedback di altri clienti vengono evidenziati in home page, quasi fosse un “biglietto da visita” della propria correttezza e linearità sul web, un giudizio a 360°, visto che riguarda la condotta aziendale in senso lato (efficienza dell’azienda sulla rete, in termini di qualità dei prodotti consegnati, del servizio di spedizione, di assistenza, della sicurezza delle transazioni bancarie, ecc.)

L’importante è che vengano forniti con dovizia di particolari i dati del destinatario…per il resto il capillare sistema di consegne ed il monitoraggio della spedizione (fino alla verifica di chi firma la relativa bolla di recapito!!) svolgeranno egregiamente il loro compitino.

Internet, che bella invenzione…..in particolare sotto Natale!!!

 

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L’Unione Europea decreta l’Igp per le patate silane!!

Le patate, un alimento semplice, povero e quanto mai indispensabile, da tenere in cucina per ogni uso ed opportuna ricetta. E di questo tubero assolutamente naturale di tipologie, in commercio, sì che ce ne sono…

Eppure non sono tutte uguali!!! Prendiamo ad esempio la patata calabrese della Sila, forse non tanto conosciuta nella distribuzione commerciale usuale, ma che invece si può acquistare su siti di prodotti tipici calabresi, che la propongono on.line sulle proprie vetrine virtuali. per quantitativi sufficienti alle esigenze della famiglia.

Si tratta di un prodotto a forte caratterizzazione territoriale, coltivata nel Parco Nazionale della Sila: particolare essenziale in quanto nasce ad oltre 1000 metri di altezza sul livello del mare, nella zona di Camigliatello Silano e dintorni, consentendole di avere forti connotazioni organolettiche e di essere l’unico prodotto di alta montagna del centro Mediterraneo.

A ciò si aggiungano le caratteristiche intrinseche di lavorazione di questo prodotto, economicamente povero, ma ricchissimo di sapore e di qualità: ciò è dovuto alla specifica tipologia di coltivazione della stessa, nel rispetto della natura, con mezzi meccanici e con apporto di stallatico; viene contestualmente irrigata in modo naturale, senza forzature ed aggiunta di additivi ormonali e/o di fertilizzani chimici.

Particolarità che caratterizza la zona di coltivazione, la Sila, è il fatto chi ci si trova in un altopiano cinto tutt’intorno da una catena montuosa completamente rimboschita, quasi a volerlo coronare e difendere dagli agenti esterni. Presenta aspetti paesaggistici unici ed invidiabili, un clima caratterizzato da primavere e da autunni piovosi, estati moderatamente temperate ed inverni rigidi: ai più sembra quasi di trovarsi in un angolo di Svizzera…..in Italia!!

Sono elementi che, ognuno per propria competenza, contribuiscono fattivamente alla qualità di questo prodotto agricolo, visto che possiede una percentuale di amido decisamente superiore alla media, rendendola più saporita e nutriente di quella che ordinariamente si riesce a trovare in commercio. Sono piccoli ma essenziali caratteristiche che certo non sfuggono al palato attento degli amanti del gusto e della buona tavola!!

Se tanto mi da tanto….eccone il relativo riconoscimento: nei giorni scorsi (rif. Gazzetta ufficiale U.E. n.266 09/10/2010) l’Unione Europea, infatti, ha finalmente decretato l’indicazione geografica protetta (IGP) per le Patate Silane, incassando così per l’Italia una certificazione di spessore per uno dei più rinomati prodotti agricoli della regione, poste così al riparo da imitazioni e falsi in Europa. Una soddisfazione di rilievo per le produzioni agricole italiane (…e calabresi in particolare!!) confermando il gusto pieno e sincero di questa fantastica squisitezza gastronomica del nostro meridione, di cui si ha notizia già nelle statistiche del Regno di Napoli del 1811.

Quindi la «Patata della Sila» è ufficialmente nella lista dei prodotti di eccellenza dell’agroalimentare europeo, di cui l’Italia è leader indiscusso.

Ecco cosa significa quando si lavora seriamente, anche in agricoltura: i risultati, prima o dopo, non tardano ad arrivare!!

 

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Internet, che bella invenzione: porta in “ognoddove” le tipicità del territorio – Il caso del pepe rosso calabrese.


Avete presente un tipico balcone estivo dei centri rurali calabresi, con tante piantine di fiori in bella mostra, ed in evidenza i “filari” di pepe rosso appesi ad essiccare naturalmente al caldo sole del nostro meridione?? Ecco, è proprio da li che proviene il pepe rosso macinato che si può acquistare su siti di prodotti tipici calabresi presenti sulla rete, e che lo propongono in quantità ottimali per le necessità familiari.

Vediamo un po’ di conoscere l’intera filiera attraverso la quale si ottiene questo eccezionale ed indispensabile insaporitore di cucina, tassativamente secondo tradizione e metodologia esclusivamente artigianale.

Il pepe rosso viene messo a coltura in orto già con il primo timido sole della stagione primaverile, viene curato con amore e passione proprio come natura vuole, senza cioè l’ausilio di concimi e forzature varie, irrigato alla bisogna tenendo particolarmente conto della più o meno accentuata calura estiva.

Una volta giunto a giusta maturazione, quando il suo bel faccione racconta di tutto il sapore in esso racchiuso (in genere in piena estate), viene raccolto ed i singoli pezzi sono pazientemente “cuciti” (‘mpilati) dalla parte del gambo con spago o filo ben resistente, avendo cura di avvicinarli quanto più e possibile l’uno all’altro.

Ecco, i filari son belli e pronti: sembra finita?? Mica vero!! Adesso inizia un lavoro di guardiania non indifferente, perché se il sole deve fare il suo lavoro di naturale essicazione, almeno fino a settembre, i filari vanno gelosamente preservati da qualsiasi forma di umidità che su di essi, casualmente, possa abbattersi: quindi, con gli occhi sempre rivolti ai mutamenti meteorologici, evitare che prendano una qualunque “burrasca estiva”, un po’ di foschia…..insomma qualunque minaccia risulti pregiudizievole per la qualità del prodotto finale. Un infinito e maniacale tragitto “dentro/fuori” che solo la passione per le cose buone riuscirà poi a compensare.

Sono rituali che ormai difficilmente si ritrovano nelle produzioni industriali moderne: di “pepe rosso macinato” sì che se ne trova, in commercio, ma tutta l’elaborata procedura sopra raccontata si salta, o meglio, si riduce a pochi minuti, provvedendo più facilmente ad infornare i peperoni rossi maturi.

La modalità “tradizionale”, invece, non prevede l’infornatura (una temperatura superiore a 70° può infatti alterare la qualità del prodotto) se non un attimino,sempre e comunque dopo l’essiccatura naturale al sole per come descritto, per levare definitivamente ogni traccia di eventuale umidità residua.

Per ridurre il pepe in polvere anticamente si utilizzavano i tradizionali “sazieri” (mortai, in pietra o in legno): ed è ancora vivo il ricordo di massaie calabresi che, legata la capigliatura in comodi “frazzulittuni” (le bandane, dei tempi moderni) provvedevano a questo lungo e laborioso lavoro. Ai giorni nostri anche in Calabria il procedimento è decisamente facilitato (fortunatamente!!) da “polverizzatori” e mixer di fattura meccanica, avendo naturalmente cura di levare preventivamente il gambo da ogni singolo frutto.

Ed eccolo qua, il pepe rosso macinato è bello e pronto, gelosamente custodito in contenitori da cucina che ne preservino la fragranza ed il gusto fino alla nuova produzione, pronto da essere utilizzato per ogni leccornia della gastronomia regionale (…e non solo!!), in primis per dare quel bel tono accattivante ai tipici salumi calabresi, la cui rinomanza è ben nota in ogniddove. O per regalare un po’ di saporito colore alle gustose patate della Sila, nell’ uso “umido” in particolare; oppure sul baccalà;……

A voi la scelta dell’utilizzo più opportuno che ne farete!!

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