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Quotazioni in Borsa, il 2025 sarà un anno vivace per le IPO

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  • 10 Luglio 2025

Nel corso dell’ultimo anno, le richieste di ammissione alle quotazioni in borsa sono state deludenti. Complici anche le politiche monetarie ancora aggressive (per contrastare l’inflazione), molte aziende hanno deciso di rinviare le proprie IPO. Ma nel 2025 potrebbe esserci una maggiore vivacità.

Cosa spingerà le quotazioni in borsa

quotazioniDiversi nuovi protagonisti sono pronti al lancio in Borsa, anche perché le politiche monetarie più accomodanti hanno creato un terreno più fertile alle quotazioni. Saranno in particolar modo i settori dell’intelligenza artificiale, il fintech e la tecnologia a dominare la scena.

L’IA sarà la grande protagonista

La richiesta di IPO più attesa a Wall Street è quella di Discord, la piattaforma multimediale che è molto popolare soprattutto tra i gamer (più di 1,5 miliardi di ore trascorse ogni mese dagli utenti). Nel 2021 l’azienda rifiutò un’offerta di 10 miliardi di dollari da Microsoft e ora si prepara a sbarcare sul listino newyorkese con una valutazione di circa 15 miliardi di dollari (fonte Pocket Option Italia).

Altre realtà che finiranno in borsa sono la startup CoreWeave, specializzata nell’intelligenza artificiale e piattaforme cloud ad alte prestazioni, e Netskope, l’innovatore nella Sicurezza Cloud.

Grande attenzione al tema fintech

Nel settore fintech invece il nome più atteso è quello della svedese Klarna, azienda leader del settore buy-now pay-later, con un portafoglio clienti di 85 milioni e ben 600 mila partner. La valutazione attesa per questa società sfiora i 15 miliardi di dollari.

Sempre dello stesso ambito ci sarà la quotazione in borsa della londinese Revolut, di cui successo è legato ai numerosi servizi offerti che spaziano dal cambio valutario fino al trading online. In mezzo a tante app con bonus senza deposito di dubbia affidabilità, quella londinese invece si caratterizza per numerosi aspetti positivi. Secondo Reuters, l’azienda ha una valutazione che supera i 45 miliardi di dollari, più di grandi nomi come Barclays e societe generale.

I nomi attesi sul mercato italiano

Anche Piazza Affari si prepara allo sbarco di alcune aziende sul listino azionario. Dopo un 2024 decisamente blando, durante il quale ci sono state soltanto 22 nuove quotazioni, il 2025 sarà più vivace anche grazie ad alcuni incentivi destinati soprattutto alle piccole e medie imprese.
Tra i nomi che potrebbero essere protagonisti a Piazza Affari ci sono Cisalfa Sport (valutazione di un miliardo di euro), Plenitude, Enilive, AereoItalia e Golden Goose.

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Mercato dei diamanti, svolta storica per il gigante De Beers

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  • 30 Maggio 2024

C’era un famoso slogan secondo il quale “un diamante è per sempre“. Adesso chi ha coniato quel motto, la celebre società De Beers, finisce vittima di un destino contrario. La Anglo American, società proprietaria del re del mercato dei diamanti, ha deciso infatti di abbandonare le pietre per dedicarsi maggiormente al rame, che a quanto pare è diventato più prezioso.

La dura legge del mercato

diamantiSia chiaro, non vedremo mai un anello con una pietra di rame incastonata sopra, ma il fatto che la celebre società sudafricana che produce diamanti sia trattata quasi come un fardello, è il chiaro segnale dei tempi che stanno cambiando ogni mercato.

La Anglo American – un colosso che nel 2023 ha registrato un fatturato di 32 miliardi di dollari – ha intenzione di disinvestire nella società sudafricana nata nel 1888, o al massimo creare uno spin off della divisione diamanti.
L’annuncio ha provocato uno scossone in borsa del titolo britannico, che è crollato del 4% subito dopo.

Riorganizzazione societaria

Oltre a scorporare il marchio di diamanti, con la motivazione di “migliorare la propria flessibilità strategica“, Anglo American vuole separare le divisioni nichel, platino e carbone metallurgico, così da concentrarsi soprattutto sul mercato del rame e dei minerali ferrosi di prima qualità, dove gli indicatori di volume indicano un costante aumento della richiesta.
Va peraltro ricordato che la stessa società britannica già possiede tre miniere di rame in Cile e un grande progetto in Perù. La Anglo American ci crede così tanto da aver rifiutato una proposta di acquisto da 47 miliardi di dollari da parte della maggiore società mineraria al mondo, Bhp.

Perché tanto interesse verso il rame

Il motivo dietro il forte interesse verso il mercato del rame è abbastanza chiaro. Il metallo rosso è uno dei più importanti per il percorso di transizione energetica. Alla crescita della domanda si contrappone una carenza di offerta che ha spinto le quotazioni al nuovo record storico oltre i cinque dollari per libbra a New York (fonte Pocket Option Italia).
Secondo l’International Copper Association, la domanda globale di rame dovrebbe crescere di 12,6 milioni di tonnellate dal 2020 al 2040. Secondo Goldman Sachs, i prezzi del rame potrebbero toccare i 12.000 dollari a tonnellata nel 2024.

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Crescita e tassi, la BCE è attesa da una partita difficile (e pericolosa)

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  • 9 Settembre 2023

Tra Europa e Stati Uniti non c’è dubbio che il blocco economico messo peggio sia il vecchio continente. In Europa la crescita è debole mentre negli USA marcia resiliente, e intanto da noi l’inflazione sta scendendo con maggiore fatica e un ritmo più lento. Per questo la situazione in cui si trova la BCE è delicata.

BCE tra due fuochi: inflazione e crescita

crescita eurozonaA metà settembre le due più grandi banche centrali (FED e BCE) si riuniranno in meeting per decidere cosa fare dei tassi di interesse. L’istituto americano sembra indirizzato verso una conferma del livello attuale, mentre quello europeo vive un compito più difficile. Perché la crescita economica verrebbe ulteriormente messa sotto pressione, e il rischio recessione fa molta paura.

All’attesa di un ‘soft landing‘ negli Usa si contrappone sempre di più il timore di un ‘hard landing‘ in Europa. Per questo bisognerà agire con estrema cautela da qui in poi. L’istituto di Washington sembra essere riuscito a ottenere la discesa dell’inflazione (su base annua è al 3,2%) senza portare l’economia in recessione. La Bce deve invece ancora uscire dal tunnel (l’inflazione è al 6,1% su base annua, quasi il doppio di quella americana, dati Pocket Option Italia).

Incertezza sul prossimo meeting

Sul piatto della bilancia europea comincia però a pesare di più il quadro di una crescita sofferente, rispetto alla necessità di abbassare l’inflazione. Ma siccome la priorità istituzionale della BCE riguarda i prezzi, non la tenuta dell’economia, la partita rimane molto aperta.
Tuttavia a Francoforte sanno benissimo che gli oneri finanziari sono a un livello prossimo alla insostenibilità, e in questo momento i finanziamenti per le imprese (anche le migliori) sono costosissimi. Il relative volatility index RVI è cresciuto tantissimo nell’ultimo anno, mettendo sotto pressione la stabilità finanziaria delle imprese. Alzare ancora i tassi potrebbe dare il colpo di grazia all’economia, innescando la recessione.

Se la BCE guardasse al fatto che l’inflazione sta calando, potrebbe decidere di fermarsi un attimo e stare a guardare i dati del prossimo mese. Se invece dovesse focalizzarsi sul ritmo con cui sta scendendo (molto più lento del previsto) allora i falchi potrebbero prevalere nella decisione finale.

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Economia cinese, la frenata è evidente ma fa nascere anche opportunità

All’inizio dell’anno, quando vennero rimosse le rigide misure anti-Covid, si pensò che l’economia cinese avrebbe vissuto un vero boom della crescita. Tuttavia la tanto agognata ripresa si è arenata a partire dal mese di aprile.

La corsa già finita dell’economia cinese

economia cineseGli ultimi dati sul Pil del Dragone evidenziano che la Cina ha segnato +0,8% nel secondo trimestre, numero che impallidisce rispetto al 2,2% del periodo gennaio-marzo. Su base annua, la crescita del Pil è stata invece del 6,3%, che sembra incoraggiante, ma in realtà è così alto solo perché messo a confronto col periodo asfissiante delle restrizioni zero Covid.

Gli ultimi dati sulle vendite al dettaglio, sugli investimenti e sulle vendite immobiliari sono stati inferiori alle aspettative. Hanno deluso pure le esportazioni, mentre la debolezza della domanda interna e l’alto tasso di disoccupazione giovanile alimentano ulteriormente le preoccupazioni sullo stato di salute dell’economia cinese.

Anche lo yuan continua a scivolare rispetto al dollaro, con il cambio USDCNY a 7,15 secondo i dati Pocket Option Italia (peraltro in discesa dopo che il Governo si è impegnato a rafforzare il sostegno politico per la sua economia in crisi).

Il cauto ottimismo

Chiaramente questo scenario fa sorgere dei dubbi anche tra gli investitori, che si chiedono se abbia senso puntare sulla Cina oppure sia meglio aspettare tempi migliori. E infatti l’Indicatore OBV (on balance volume) evidenza un progressivo disimpegno dal paese del Dragone.
In realtà alcuni aspetti interessanti ci sono, delle opportunità si possono intravedere.

C’è settore e settore

La morsa meno stretta della politica sul settore immobiliare, tecnologico e farmaceutico. Questo dovrebbe favorire il mercato azionario cinese prossimamente. Sulla base dei fondamentali, esiste inoltre un significativo potenziale di rialzo, che suggerisce di iniziare a costruire un’esposizione accurata.

Ad esempio, nell’ambito delle rinnovabili, e specialmente nella crescita dell’energia solare e nei veicoli elettrici, esistono buone opportunità. Anche perché si tratta di due segmenti del mercato che hanno una scarsa dipendenza dagli Stati Uniti in termini di input. Al contrario, sono fortemente dipendenti da altri Paesi.

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Mercato dei minerali: litio, cobalto e nichel sono trascinati dalla transizione energetica

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  • 26 Luglio 2023

Stiamo attraversando un periodo estremamente importante per il mercato dei minerali, sul quale incide in modo determinante la rivoluzione innescata dalla transizione energetica.
In questo contesto sono specialmente tre i minerali oggetto di una domanda di mercato senza precedenti: Litio, Cobalto e Nichel.

La nuova situazione del mercato dei minerali

mineraliUna fotografia della situazione è stata fornita di recente dall’Agenzia Internazionale per l’Energia (AIE). Nel rapporto riguardante il periodo compreso tra il 2017 e il 2022, viene evidenziato l’incremento esponenziale della domanda dei tre minerali fondamentali, per sostenere la transizione verso un’economia a bassa o zero emissioni.

Secondo l’ente internazionale, la domanda di litio è triplicata negli ultimi cinque anni. Il suo prezzo nel 2015 si attestava intorno ai 5 euro/kg, mentre in seguito è arrivato a 35 euro/kg (+140%). Per lungo tempo l’indicatore supertrend ha puntato solo al rialzo.
La richiesta di cobalto ha registrato un incremento del 70%, quella di nichel è invece cresciuta del 40%.
Questo trittico domina la richiesta sul mercato dei minerali a livello mondiale, grazie alla spinta dell’industria energetica.

Il rally della domanda

La corsa delle rinnovabili viaggia a forti tassi di crescita, tanto che le previsioni indicano che le rinnovabili supereranno il carbone a metà di questo decennio, come principale fonte di generazione di elettricità. Ma per riuscire in questa transizione occorrono quantità sempre maggiori di materie prime, ed è qui che il mercato dei minerali finisce per essere stravolto.

Investimenti, domanda e offerta

Per riuscire a sostenere una domanda sempre crescente, sono aumentati in maniera significativa gli investimenti ed i progetti nel mercato dei minerali.
Nel 2022 l’incremento degli investimenti è stato pari al 30%, mentre l’anno precedente la crescita fu del 20% (dati Pocket Option Italia).

Nonostante questa corsa agli investimenti, l’equilibrio tra domanda e offerta ancora non è raggiunto. Tutto questo potrebbe influire sui prezzi del mercato dei minerali a livello mondiale, spingendoli al rialzo.
Proprio per questo motivo l’AIE sottolinea quanto sia importante arrivare ad un equilibrio stabile tra la domanda e l’offerta, ma proprio questa sarà la sfida più difficile dei prossimi anni.

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Economia Argentina, la soluzione ai problemi si chiama Brics?

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  • 27 Giugno 2023

Viste le vicissitudini ormai note, l’Argentina è un paese tecnicamente ormai fallito. La crisi costante nella quale si trova avvolta l’economia del paese non conosce fine. Dal Brasile però arriva una sponda importante da parte del neopresidente Lula che potrebbe cambiare gli scenari.

La corte dei BRICS all’economia Argentina

economia argentinaOccorre fare un passo indietro come premessa. Nel 2001 un gruppo di paesi che All’epoca erano considerati emergenti – Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica – si sono riuniti per cercare delle sinergie che consentissero una crescita più vigorosa alle rispettive economie. E’ nato così il BRICS.
Adesso proprio i vicini di casa brasiliani stanno spingendo affinché anche l’Argentina ne entri a fare parte.

Fuga dalla crisi

Al di là dell’eventuale beneficio di questa prospettiva (sul quale nutriamo forti dubbi), il fatto vero è che l’Argentina ha bisogno di una svolta per rialzare la sua economia. L’inflazione è ai massimi storici, la liquidità piange e il peso argentino è ai minimi storici rispetto al dollaro (dati Pocket Option Italia).

Lula tira i fili

Il grande promotore di questo allargamento all’economia Argentina è il nuovo presidente del Brasile Ignacio Lula da Silva. Che in realtà non lo fa in modo disinteressato.
Infatti l’Argentina è il terzo partner commerciale brasiliano (dopo Cina e Usa), e importa dal Brasile soprattutto prodotti industriali. Questo significa che se la crisi dell’economia argentina sfociasse in una ondata di insolvenze delle imprese e dello Stato argentini, il Brasile ne subirebbe pesanti conseguenze.
Ecco perchè Lula spinge per portarla nei BRICS, con la promessa di un maxi prestito da parte della New Development Bank, conosciuta appunto come banca dei BRICS, a capo della quale c’è Dilma Rousseff, ex presidente del Brasile e dello stesso partito di Lula (ma pure della stessa famiglia politica del presidente argentino Alberto Fernandez).

La deoccidentalizzazione dell’Argentina

In questo modo l’Argentina verrebbe sottratta anche al controllo del Fondo Monetario Internazionale, al quale è vincolata per un maxi prestito da 45 miliardi di dollari concesso poco più di un anno fa, al quale si sono aggiunti questa primavera altri 5,4 miliardi.
Anche per questo, la sua economia è ormai “dollarizzata”. Entrare nel giro dei BRICS romperebbe questa correlazione tra valute, spingendo l’Argentina sotto la sfera di influenza di Paesi come Cina e Russia. Non sarebbe una novità da poco, se la seconda economia del Sudamerica sposterebbe il suo asse verso oriente.

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