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TOMMASO FRANCHI: LETTINI.

In mostra da Embrice (Roma, Via delle Sette Chiese, 78, Tel. 06.64521396, www.embrice.com), dal 26 maggio all’11 giugno 2011, Lettini, a cura di Paolo Balmas, la produzione seriale di Tommaso Franchi di piccoli oggetti inquietanti, appunto dei lettini. Realizzati in maniera spiritosa, intelligente, bizzarra, con spilli, fiammiferi e altre cose, insomma in maniera divertita. Oggetti caratterizzati da una curiosa fattura con certe sapienze e con certe volute trascuratezze, che fanno vedere un mestiere consumato, malgrado un’esperienza artistica creativa in senso proprio relativamente di giovane età.

Cinquanta sculture minime, dei lettini. Talvolta vuoti, talvolta occupati. Abitati da un’umanità allo stato larvale, esistenze in divenire. Bachi, bozzoli sistemati e protetti in una specie di loro grande dormitorio, a vivere delle avventure, dei movimenti, delle libertà possibili. Ciascuno con un’identità che si evolve in direzioni diverse; per ciascuno è progettata una sua storia particolare, un canovaccio: ce ne sono con più futuro e con meno futuro, di più e meno felici. Una descrizione tassonomica, gerarchizzata, anzi, a gerarchia zero, ché mette tutti nella stessa posizione orizzontale, e che finisce però sempre per riaccostarsi a temi delle nostre principali interrogazioni. Una strana situazione che ripropone il tema dell’immobilità e ci induce a chiederci se a un certo punto fra gli istinti umani non ci sia anche quello di non evolversi, un modo di non accettare la nostra fragilità, di non accettare che le cose cambino bloccando tutto formalmente. Un po’ il principio dell’arte, cioè far vivere in eterno un’immagine, una cosa che non vorremmo che cambiasse, o al contrario, la paura dell’arte, intesa come un mutamento possibile, come creazione, per cui ogni opera invita a crearne un’altra e a mantenere quell’atteggiamento di trasmissione, di desiderio che genera desiderio. Interrogativi inquietanti di carattere un metafisico, cui, Tommaso Franchi – pur negandoli, e assumendo piuttosto un atteggiamento quasi da scienziato – non può impedire di tornare a galla.

Tommaso Franchi è nato a Roma nel 1966, con una laurea in fisica e studi d’arte in Italia e Francia, ha una storia personale che lo porta a fare mestieri anche distanti dal campo artistico. Ha partecipato finora a due collettive a Venezia e a Roma. Una produzione artistica pregressa con uno sperimentalismo didattico, lo ha spinto sulle strade di alcune delle esperienza artistiche già consolidate nella storia dell’arte contemporanea.

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SHAGHAYEGH SHARAFI: LA TERRA CHE NON ESISTE.

terraGalleria Embrice – Roma, Via delle Sette Chiese, 78 – Tel. 06.64521396 – www.embrice.com

SHAGHAYEGH SHARAFI: LA TERRA CHE NON ESISTE.

A cura di Paolo Balmas.

Inaugurazione: venerdì 4 marzo 2011, dalle ore 18.00

Da venerdì 4 marzo a giovedì 17 marzo 2011. Orario: 18.00 – 20.00. Chiuso la domenica.

Da venerdì 4 marzo a giovedì 17 marzo 2011, la galleria Embrice (Roma, Via delle Sette Chiese, 78 – Tel. 06.64521396 – www.embrice.com) propone un allestimento di Shaghayegh Sharafi, artista iraniana (è nata a Tehran nel 1963,) ma formatasi in Italia (si è laureata all’Università degli Studi di Roma nel 1990). Shaghayegh ha già esposto, tra il 2001 e il 2002, al MLAC di Roma (Museo Laboratorio d’Arte Contemporanea); nel 2002 alla Galleria Studio Lipoli di Roma; nel 2005 a Cefalonia (in Grecia); infine, nel 2009, alla Galleria Azad di Tehran. La mostra è curata da Paolo Balmas.

Un rumore, fuochi d’artificio o bombe che cadono. Un film con neri passi femminili, su materiale fittile e paglia: non vanno da nessuna parte. Una teca di vetro con terra che non c’è più, senza le piante. Richiamo alla nascita e alla morte: intorno a noi c’è come un panico che coinvolge tutti.
Ognuno prende e usa gli elementi che gli servono per la sua opera; Shagha avrebbe fatto il suo lavoro egualmente anche se fosse stata in Iran,
Shaghayegh cerca un rapporto di continuità tra quello che ci presenta oggi in questa mostra e quello che ha fatto in passato, è quello di saper partire col piede giusto, cioè di usare sì la tradizione del proprio paese ma sempre e solo alla ricerca di quegli elementi che permettono una comunicazione fra tutti, una comunicazione che anche in qualche modo va al di la delle classi sociali e del tempo storico. Una cosa che ho scoperto proprio frequentando lei è che in Iran tutti conoscono certi autori, certi poeti, magari anche se sono di cinquecento o di mille anni fa, c’è cioè una cultura letteraria diffusa, cosa che da noi non esiste o esiste solo in maniera frammentaria. Si conoscono I primi versi della Divina Commedia, ma poi non si va oltre.
Tornando all’Iran quindi c’è questa specie di stasi, di capacità della cultura, al di la delle differenze di classe di distendersi nel tempo e di attraversarlo come se il tempo non avesse una linearità, non fosse irreversibilmente intriso del senso del progresso ecc. Certe cose rimangono uguali per secoli, sono sempre le stesse e tutti, in qualche modo, possono riferirvisi. Questo è il nucleo ideale del lavoro Shaghayegh Sharafi: attraversare la storia cercando valori elementari che uniscano tutti e che tutti possano comprendere.
la presenza del vaso e della terra può esserci utile a capire, si tratta infatti di cose che vengono dall’interno, sono interiorizzate.

Carlo Severati

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L’OPERA NON PIANGE. Incontro con Vittorio Giusepponi, Paolo Balmas e lo staff di Embrice

Galleria Embrice – Roma, Via delle Sette Chiese, 78 – Tel. 06.64521396 – www.embrice.com

L’OPERA NON PIANGE.
Incontro con Vittorio Giusepponi, Paolo Balmas e lo staff di Embrice
a conclusione della mostra “MALEDUCATA PER DEFINIZIONE”.

sabato 31 ottobre 2009, dalle ore 18.00.

A conclusione della mostra “Maleducata per definizione”, la galleria Embrice promuove un incontro con Vittorio Giusepponi, Paolo Balmas, e gli amici di Embrice per una riflessione sulla scultura e le materie di Vittorio.

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VITTORIO GIUSEPPONI: “MALEDUCATA PER DEFINIZIONE”.

Galleria Embrice – Roma, Via delle Sette Chiese, 78 – Tel. 06.64521396 – www.embrice.com

VITTORIO GIUSEPPONI: “MALEDUCATA PER DEFINIZIONE”.

A cura di Paolo Balmas
Coordinamento di Carla Corrado e Gianluca de Laurentiis

Inaugurazione: venerdì 16 ottobre 2009, ore 18.00 – 22.00

Da venerdì 16 ottobre 2009 – a venerdì 31 ottobre 2009. Orario: 18 – 20, chiuso la domenica.

La galleria Embrice apre la stagione 2009/2010 il prossimo venerdì 16 ottobre con una personale di Vittorio Giusepponi.
Nato ad Offagna in provincia di Ancona nel 1950 e da anni a Roma, Vittorio Giusepponi si è confrontato, nei suoi cicli di lavoro, con la materia nelle sue diverse accezioni: legno, marmo, carta, vetro. In quest’occasione ci propone l’esperienza con la materia nella sua progressione da argilla a ceramica: un’ulteriore tappa del suo essere scultore. Perché “fare lo scultore vuol dire lavorare con la materia, e lavorare con la materia vuol dire imparare che la materia è maleducata per definizione. O fai ciò che lei vuole sia fatto o non sarai mai un artista. Non farai mai qualcosa di vivo.”

È d’altra parte lui stesso ad ammettere – in senso programmatico – che è il confronto con la materia a determinare dalle fondamenta il suo essere scultore: “Nella scultura, è il materiale che ti sceglie, che determina che tipo di artista sarai, cosa esprimerai di te stesso. La statua di legno, oppure di marmo, si carica. Prende dall’universo la sua energia. Non è un miracolo, ma un potere, un potere quasi incredibile, ma assolutamente reale. È un po’ come per l’albero che prende diverse sostanze dalla terra e poi dà frutti, frutti che si aprono sull’esterno incidendo sulla nostra vita dal punto di vista della qualità. Un’opera di scultura, svolge questo compito continuamente.
L’opera sa come gestire il suo apparire, siamo noi che non lo sappiamo e dobbiamo impararlo.
Noi non sappiamo sempre come reagire ai cambiamenti atmosferici, a volte il sole ci da fastidio, a volte se piove ci mettiamo a piangere. L’opera non piange, a meno che non sia una fontana o che non sia la tradizione popolare volerla veder piangere.”

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