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Fuga di cervelli dalla Francia all’Italia: la storia di Mario Paterlini

Mario Paterlini nasce in Francia da genitori italiani. Dopo la laurea in ingegneria, matura un’esperienza di 20 anni tra Europa e Stati Uniti in una compagnia internazionale, di cui raggiunge in poco tempo i vertici. Nel 2010 il manager franco-italiano decide di varcare le Alpi e puntare tutto sulla storica azienda monzese.  La sua è una storia di fuga di cervelli al contrario: dalla Francia all’Italia.

 

Perché ha scelto di tornare? 

Un’esperienza di business in Italia sarebbe stata una sfida e una grande emozione, mi sentivo un po’ come un pioniere. Quattro anni fa, quando mi è stato proposto di diventare Amministratore Delegato del Gruppo Sapio, non ho pensato a lungo se accettare o meno, mi si offriva fra l’altro l’opportunità di tornare alle mie radici. Mio nonno, infatti, ha lasciato l’Italia all’inizio del ventesimo secolo per costruire la sua vita in Francia.

E’ possibile fare impresa in Italia?

In Italia si può crescere, a dispetto di quanto affermano i media nazionali che etichettano le imprese che scelgono di restare in questo Paese come già morte, vecchie o addirittura folli. Lo abbiamo dimostrato con il Gruppo Sapio, una realtà che realizza il 95% del suo fatturato in Italia. Si può crescere in ogni mercato ma bisogna anzitutto credere in ciò che si fa, essere innovativi, definire obiettivi chiari e stabilire come attuarli, oltre a costruire competenze chiave. Il segreto sta nell’‘execution’, cioè come si perseguono concretamente i propri obiettivi; se l’execution non funziona è perché la piramide aziendale non funziona: non c’è quindi continuità tra la tua idea e l’attuazione sul campo, perché manca una cultura manageriale condivisa.

Quali sono i punti di forza delle imprese in Italia?

Mi piace l’imprenditoria italiana e in particolare credo in quel modello di impresa che chiamo “capitalismo sociale”, dove il profitto è il risultato di ciò che fai quando lavori bene e non l’unico obiettivo da raggiungere ad ogni costo. Credo nell’Italia e negli italiani e per questo ho sempre voluto e ancora voglio, anche con il mio lavoro col Gruppo Sapio, dare il mio contributo per portare l’Italia al massimo del suo potenziale.

Quindi bisogna fare squadra?

Un buon manager non è mai one-man-show, ma una persona in grado di definire delle regole condivise, in grado di sviluppare i propri collaboratori, portandoli al massimo delle loro potenzialità. Preferisco un team compatto piuttosto che una squadra composta da solisti. E ogni dipendente può contribuire al successo di un’azienda soprattutto quando viene coinvolto in prima persona.

 

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