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Economia, ecco perché quella Europea è meno resiliente degli Stati Uniti

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  • 20 Ottobre 2023

Dallo scoppio della pandemia in avanti, l’economia globale ha dovuto convivere sempre con il rischio di una recessione imminente. Quello che è parso più chiaro in particolar modo, è l’andamento a velocità differenti della ripresa statunitense e di quella dell’eurozona.
L’economia Europea infatti manifesta una crescita più blanda. Soltanto per poco ha evitato la recessione tecnica (che scatta dopo due trimestri consecutivi di PIL negativo).

Le fragilità della nostra economia

economia globaleSia chiaro che il rischio recessione in Europa è ancora ben presente, e alcuni ritengono che tra la fine di quest’anno e l’inizio del prossimo si concretizzerà. È importante esaminare perché l’area dell’Euro è meno resiliente rispetto agli Stati Uniti.

Imprese e debiti

La prima ragione è che le imprese del vecchio continente hanno un debito maggiormente legato ai finanziamenti bancari che rappresentano il 70% del totale. Negli Stati Uniti invece questa percentuale è appena del 27%.

Si tratta di un dato molto importante, se pensiamo che la Fed e la BCE hanno dovuto alzare ripetutamente i tassi di interesse per combattere l’inflazione. Tutto questo ha avuto un impatto sia sull’andamento delle relative valute, come dimostrano chiaramente gli indicatori di volatilità dell’euro e del Dollaro, ma soprattutto spiega perché l’inasprimento della politica monetaria abbia avuto conseguenze più serie per le imprese europee che non per quella americane.

Deficit e apertura commerciale

In secondo luogo, gli Stati Uniti hanno potuto aumentare il deficit di bilancio per compensare in parte l’inasprimento della politica monetaria. Un vantaggio non di poco conto.
Infine bisogna considerare che gli Stati Uniti sono molto meno legati al rallentamento della crescita globale, visto che la loro apertura commerciale è la metà di quella dell’area Euro, dove il rapporto tra Import + Export rispetto al PIL è al 50% (dati Pocket Option), rispetto al 25% degli USA.

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Mercato dell’argento, l’incremento di offerta può frenare lo slancio

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  • 6 Febbraio 2019

La maggiore attività estrattiva potrebbe dare impulso al mercato dell’argento ma non alla sua quotazione. Il metallo bianco ha vissuto un 2018 tutt’altro che semplice, perché analogamente alle altre commodities, è stato anch’esso penalizzato dagli eventi.

I fattori che hanno inciso sul mercato dell’argento

mercato dell'argentoDue sono stati i fattori che hanno zavorrato i mercati. In primo luogo la crescita del dollaro, innescata dalla guerra dei dazi con la Cina. In secondo luogo la pressione delle forti svendite sul mercato statunitense. Fattori che hanno agito in modo congiunto. Soltanto a partire da dicembre scorso si è assistito a una ripresa del metallo bianco, che era giunto sotto il livello dei 15 dollari per oncia. A dare il senso delle difficoltà del mercato dell’argento, ci pensa il “gold/silver ratio”, ovvero il rapporto tra i due più noti metalli preziosi. Erano 25 anni che questo “ratio” non toccava il rapporto di 1 oncia d’oro per 85 di argento..

Lo scorcio finale del 2018 ha regalato un dicembre positivo (+10%), grazie alla forte correlazione con il dollaro. Ma non si vedono ancora buone prospettive per l’anno in corso. Va però ricordato che il prezzo dell’argento – come altre materie prime – è molto più volatile rispetto a quello dell’oro. I suoi indicatori di volatilità infatti sono frequentemente più “isterici” rispetto a quelli del metallo giallo. Ciò dipende in buona parte dal fatto che si stratta di un bene soggetto sia alla domanda degli investitori (a fini speculativi) che alla domanda del settore industriale (cui è destinato oltre il 50% dell’estrazione).

L’offerta industriale in aumento

Proprio la crescita dell’offerta a fini industriali potrebbe incidere sulle quotazioni. Non ci sono infatti segnali affidabili che possa esserci una ripresa, visto che secondo alcuni esperti infatti, l’offerta di argento potrebbe iniziare ad aumentare per effetto della maggiore attività estrattiva. Questo comporterebbe un freno a ogni tentativo di ripresa dei prezzi, che potrebbero rimanere stabili verso i 16 dollari l’oncia. Sembrano così sempre più lontani i tempi in cui l’argento era giunto a 50 dollari l’oncia, eppure era solo aprile 2011.

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Mercato del nichel in attesa del boom di auto elettriche, ma quando arriverà?

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  • 28 Gennaio 2019

Per tutte le materie prime il 2018 è stato un anno irto di difficoltà. La guerra commerciale tra USA e Cina, l’ascesa del dollaro e i segnali di rallentamento dell’economia globale, hanno spinto giù la domanda e i prezzi. In questo quadro poco entusiasmante, non ha fatto eccezione il mercato del nichel, che come gli altri metalli di base ha subito pesanti cadute.

Le montagne russe del mercato del nichel

nichelIl mercato del nichel era soprattutto aggrappato alla diffusione delle auto elettriche, e alla conseguente crescita della domanda di batterie. Il tanto atteso boom però al momento non c’è stato, e secondo molti analisti non avverrà neppure nel breve termine. Una importante “spalla” per il nichel quindi mancherà all’appello ancora per un po’. Si sono altresì esauriti gli effetti (benvoli) della minore offerta, dovuta ai problemi delle miniere nelle Filippine e al naufragio di alcuni progetti in Australia. Meno offerta significa prezzi più elevati. Così era accaduto infatti a inizio 2018, con una quotazione in crescita fino al 14% nel primo semestre e i migliori indicatori di volatilità trading che invogliavano gli investitori a puntare sul metallo (che non a caso toccò un massimo di quasi 15.645 dollari a tonnellata a inizio giugno).

La guerra commerciale

A compensare alcune spinte positive al mercato, ci ha pensato l’escalation – tra giugno e luglio scorso – della guerra commerciale tra Cina e Stati Uniti. Da lì in poi è cominciata una discesa ripida dei prezzi, proseguita fino alla fine dell’anno. L’avversione al rischio che s’è respirata sui mercati ha messo le ali al dollaro USD, che per alcune settimane è stato caposaldo delle strategie trading intraday forex giornaliero degli operatori finanziari. Tutto questo ha depresso il valore delle merci. Non è servito a nulla neppure il crollo delle scorte (al London Metal Exchange quelle di nichel sono passate da 350.000 tonnellate a 209.000 tonnellate, -40%), un segnale che normalmente evidenzia un deficit di approvvigionamento, e che in teoria dovrebbe far schizzare i prezzi.

Lo scenario futuro

Anche questo 2019 per il mercato del nichel s’è aperto con molte incognite e poche certezze. Più difficile immaginare un improvviso boom dei veicoli elettrici. Gli analisti ricordano inoltre che anche per quest’anno, la maggiore richiesta di nichel arriverà ancora dal comparto metallurgico. L’acciaio inossidabile continuerà ad essere il primo utilizzatore di nichel per ancora molto tempo. Secondo gli analisti i prezzi continueranno quindi a soffrire, a meno che non ci siano significativi miglioramenti nella guerra commerciale tra USA e Cina. Il mercato… fa il tifo per Pechino.

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