Innanzitutto è bene specificare la differenza tra marionetta e burattino, spesso confusi:
– La marionetta è un fantoccio in legno, stoffa o altro materiale, ed è una figura a corpo intero mossa dall’alto tramite fili. Chi allestisce gli spettacoli di marionette è detto marionettista.
– Il burattino è quel pupazzo che compare in scena a mezzo busto ed è mosso dal basso, dalla mano del/della burattinaio/a, che lo infila come un guanto.
Entrambi questi generi appartengono al teatro per ragazzi (anche se fanno parte anche del teatro di figura), termine usato in gergo teatrale per descrivere gli spettacoli teatrali e le compagnie teatrali dedicate ai bambini, scuole e famiglie.
A differenza del teatro di figura o del teatrodanza (che si autodefiniscono in base agli elementi linguistici utilizzati) o al teatro sperimentale o teatro di avanguardia (che lo fanno, invece, in base alla metodologia) il teatro ragazzi è l’unico che si autodefinisce in base al pubblico, adottando quindi per esso le specifiche del suo essere.
La marionetta è, nella cultura generale, il pupazzo più elegante e vario: nella cultura orientale, come ad esempio la balinese e la giapponese, le marionette erano riccamente e finemente decorate, costruite spesso in materiali pregiati come avorio o porcellana finissima. Per la loro costituzione a figura intera, inoltre, si adattano meglio alla decorazione con vesti e suppellettili.
Per questo motivo c’è una sottile propensione a dividere il teatro delle marionette come spettacolo più fine e ricercato mentre il teatro dei burattini è considerato maggiormente popolare: mentre i protagonisti del teatro delle marionette saranno, in larga parte ma non necessariamente, personaggi di alto rango, i burattini incarneranno maschere popolari spesso mutuate dalla Commedia dell’Arte.
La storia delle marionette è di difficile stesura poiché il genere, da sempre considerato minore, era affidato ad artisti che di rado stesero memorie o diari.
Nella Grecia classica Ateneo di Naucrati cita nei Deipnosophistai l’esistenza di un marionettista chiamato Potino, mentre Diodoro Siculo parla del principe Antioco di Cizico come di un gran collezionista ed amante di marionette, finemente e riccamente decorate di materiali preziosi.
Nel teatro latino siamo a conoscenza di lignolae figurae, ossia marionette danzanti utilizzati a scopo spettacolare con intenti comici, costituiti da legno ma anche di terracotta, osso o avorio. Gli arti non erano sempre mobili, ma caratteristica comune era il foro che veniva praticato alla sommità del capo del fantoccio per potervi infilare una fune o un’asta che permettesse il movimento dello stesso.
Alla fine del medioevo, in tutta Europa era presente l’arte marionettistica, i cui repertori attingevano o alle storie sacre di derivazione biblica o ai cicli cavallereschi di ispirazione laica.
Dalla nascita del teatro moderno, intorno al XVI secolo, si potrà quindi parlare di un vero e proprio teatro delle marionette, con tanto di repertorio stabile, affidato alla memoria di marionettisti prima ambulanti e poi, nel corso dei secoli, stabili.
Nell’Europa dell’est ed in Russia in particolar modo, al contrario del resto d’Europa, si sviluppa invece un repertorio basato sulla tradizione fiabesca orale che connotò in maniera particolare il teatro minimo, arricchendolo di elementi fiabeschi e fantastici di derivazione orientale. Un’influenza interculturale simile è ravvisabile nella produzione spettacolare della Spagna, sulla quale pesa fortemente la tradizione del mondo arabo.
Dal XVI secolo il teatro delle marionette, la cui storia corre parallela al teatro d’ombre ed al teatro dei burattini, diviene intrattenimento dei ceti bassi, non conquistando posti di rilievo nella storia del teatro.
Nell’Ottocento il teatro di marionette divenne un genere di intrattenimento anche del ceto borghese.
A Roma il Teatro Fiano produceva addirittura spettacoli di marionette con musica, che inizia ad essere sempre maggiormente presente negli allestimenti.
Luogo deputato per le messinscene rimarranno però a lungo le piazze e le strade, soprattutto in occasione di fiere, sagre e festività: se da una parte, infatti, la nascita e la diffusione dei teatri pubblici favorì una più ampia diffusione dei generi, va da sé che il teatro minimo restò in secondo piano, alternando momenti di più alto e più basso godimento e popolarità.
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