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Valute, la nuova guerra per scalzare il dollaro si gioca sul terreno digitale

Se gli USA sono la potenza più grande al mondo, lo devono alla loro economia che è la più robusta. Un riflesso di questo è la forza del dollaro americano, che tra tutte le valute, oltre a essere quella di riserva è considerata rifugio sicuro di ultima istanza. Più dell’oro.
Ecco perché durante la fase più acuta della pandemia, verso marzo 2020, l’oro addirittura scendeva mentre il biglietto verde saliva. Perché i mercati accumulavano dollari, ritenuto l’elemento economico più “indistruttibile”. E per farlo erano disposti anche a vendere oro, che normalmente è il bene rifugio per eccellenza.

La nuova guerra tra valute

valute digitaliQuesto aspetto bisogna tenerlo a mente, quando si parla di guerra tra valute. Perché lo scontro – apparentemente economico – in realtà è politico. Scalzare il dollaro americano dal trono delle valute internazionali, significa scalzare gli USA dal trono di potenza globale. Russia e Cina sono quelle che ambiscono più di tutti a questo ruolo.Ma ne’ il Rublo ne’ lo Yuan hanno lo stesso potere del dollaro, che è la valuta principale di tute le correlazioni sui mercati valutari. Normalmente la guerra tra valute ha però un fine molto più blando. Serve a sostenere la forza dei propri prodotti all’estero (svalutando il cambio), a combattere l’inflazione (rivalutando) o la disoccupazione.

Il terreno di scontro è digitale

Negli ultimi tempi però, il senso di guerra tra valute è ulteriormente cambiato. O meglio ampliato. Perché si sta spostando sul terreno digitale. Potrebbe essere questo il prossimo fronte dello scontro fra superpotenze.
Gli Stati Uniti vogliono essere pronti. Per questo la Fed ha avviato la sperimentazione di un dollaro virtuale, come ha confermato il governatore Jerome Powell il 18 marzo.
Deve contrastare l’attivismo della Cina, che si sta muovendo da tempo per avere uno Yuan digitale. Ha infatti già attivato 4 progetti pilota in altrettante città.

Dollaro ancora saldo

Avere una valuta digitale significa rendere i pagamenti elettronici rapidi, sicuri e a basso costo. Chi per primo offrirà una moneta capace di sostenere questo sistema, potrebbe avere un grosso vantaggio.
Per questo dopo anni di inerzia, la FED ha accelerato il passo, definendo il progetto “ad alta priorità. Del resto, l’economia statunitense ha perso terreno nel commercio globale (dal 1990 a oggi, la sua quota nelle esportazioni mondiali si è più che dimezzata) e gli USA non vogliono rinunciare allo status di valuta internazionale di riserva, di cui oggi il dollaro gode. Al momento non ci sono indicatori di inversione trend, che evidenziano una perdita di peso del biglietto verde. Ma la FED non vuole correre rischi.

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Economia globale, lo shock pandemico e quella novità del dollaro che perde quota

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  • 24 Febbraio 2021

Negli ultimi anni il mondo ha dovuto fare i conti con tre diversi shock pesantissimi, che entreranno nei libri di storia. L’attacco alle torri gemelle prima, la grande crisi economica del 2008 e la pandemia del 2020. Eventi che – ciascuno a sua modo – hanno cambiato il mondo e lo scenario dell’economia globale.

L’economia e gli shock

dollaroTuttavia, la pandemia porta con sé una conseguenza che non si era mai vista prima sull’economia. Il dollaro americano, ovvero la valuta che è ritenuta rifugio sicuro per via della solidità dell’economia USA, anziché reagire alla crisi apprezzandosi, è andato in calo.

E’ senza dubbio una grande novità, perché solitamente dopo uno shock accadeva l’opposto. Fu così anche quando vennero abbattute le Torri Gemelle (il biglietto verde salì del 5%). Fu così anche dopo che il fallimento di Lehman Brothers innescò la gravissima crisi finanziaria (+13% in poco più di un mese).
Cosa ancora più curiosa, è in questi due casi lo shock cominciò da eventi nati negli USA e che si propagarono verso il mondo. Stavolta invece il dollaro paga le spese per un evento nato altrove, e che dal punto di vista economico proprio altrove sta creando danni anche maggiori.

La posizione del dollaro

Il dollaro è da sempre l’ancora del sistema monetario internazionale, oltre ad essere la prima moneta di riserva e di scambio. Un safe haven che offre rifugio di fronte al panico.
Stavolta le cose stanno andando diversamente, perché dopo lo scoppio della pandemia, il dollaro ha perso circa l’11,6% sulla media ponderata delle altre valute con l’indicatore MFI Money Flow index che rimane ancora debole.

Ancora un safe haven?

Ma perché il ruolo di safe haven stavolta non ha funzionato? Rispondere a questa domanda è importantissimo, perché si traduce nella possibilità degli americani di indebitarsi con molti meno limiti rispetto al resto del mondo.
Di sicuro non si tratta di mancanza di fiducia da parte dei mercati. Anzi, è l’opposto visto che la banca centrale Usa sta monetizzando quantità senza precedenti di debito pubblico. Gli investitori addirittura preferiscono accettare una perdita in termini reali, pur di detenere i Treasury a 10 anni in portafoglio. Più fiducia di così…

Il fatto è che per sostenere l’economia, gli Stati Uniti hanno varato pacchetti di stimoli senza precedenti. Miliardi di dollari che vanno nelle tasche di molte decine di milioni di americani. Li sostengono, ma non è che riformano l’economia o fronteggiano i suoi problemi. Servono a galleggiare. E questo spaventa soprattutto chi opera in Borsa, basta vedere le notizie che arrivano dagli operatori del FTSE Mib oppure le notizie sul DAX. Il punto è che di fronte a un debito pubblico che vola, c’è il concreto pericolo di alimentare inflazione e instabilità.

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Argento, il mercato soffre la ritrovata forza del dollaro USA

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  • 3 Ottobre 2018

Qualche giorno fa la Federal Reserve ha deciso, come da copione, di alzare i tassi di interesse dando così luogo alla terza manovra restrittiva del 2018. E il mercato dell’argento è tornato a incupirsi. Peraltro ha confermato che quella appena effettuata potrebbe non essere l’ultima stretta monetaria, visto che a dicembre si preannuncia un nuovo ritocco.

Le mosse della FED e il mercato dell’argento

argentoAndiamo per ordine, perché per capire le dinamiche del mercato dell’argento occorre capire cosa accade al dollaro. Come detto, la Federal Reserve americana ha deciso di portare i tassi al 2,25%. Questo annuncio non segna l’addio definitivo all’era della politica monetaria “accomodante“, ma di fatto spiana la strada a questo momento che arriverà nel 2019. L’anno prossimo infatti dovrebbero esserci altri 3 ritocchi al costo del denaro, in barba alle critiche di Trump. Il presidente USA infatti ha apertamente detto di sperare che la Fed non sia troppo solerte nel battere il percorso di normalizzazione. Una richiesta evidentemente caduta nel vuoto.

Negli ultimi due anni la banca centrale americana ha aumentato i tassi per otto volte. Non senza ragione, visto che l’economia a stelle e strisce marcia a vele spiegate. Ogni ritocco ha fatto balzare il dollaro, he anche stavolta è scattato al rialzo. Se fino a poche settimane fa l’euro-dollaro viaggiava verso quota 1.18, immediatamente si sono manifestati pattern e figure inversione trend, che è puntualmente hanno avuto conferma dai fatti. L’euro-dollaro infatti è sceso fin sotto quota 1.16 toccando i minimi dall’estate.

Le ripercussioni sui metalli preziosi

L’effetto collaterale è stato il calo delle quotazioni dell’argento. Nel 2018, il metallo bianco ha subito diverse cadute come conseguenza di un’economia statunitense sempre più positiva, di aspettative di maggiori tassi di interesse e di timori di una guerra commerciale globale. Già perché ormai i mercati sono propensi a considerare un rifugio sicuro il dollaro piuttosto che i metalli preziosi (discorso che vale anche per l’oro). Per questo motivo anche chi sta puntando sulla ripresa dell’argento, si cautela comunque con strumenti di protezione. Chi sa cos’è lo Stop Loss trading ben comprende la situazione.

In tutto questo scenario infatti, alcuni analisti ritengono che la corsa del biglietto verde presto potrebbe subire una battuta d’arresto, con la conseguenza che i metalli preziosi torneranno a vivere una stagione propizia. Ma il mercato al momento non manda grandi segnali in questo senso.

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Oro sotto pressione, sul futuro pesano dollaro e inflazione

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  • 22 Maggio 2018

Dollaro e oro sembrano essere ancora più intrecciati rispetto al solito. In particolare, se da un lato il rally del biglietto verde sta spingendo al ribasso le quotazioni del metallo giallo, alcuni fattori di rischio che emergono a livello internazionale potrebbero frenare la propensione al rischio degli investitori.

oroLa combinazione di un dollaro forte e dei rendimenti dei Treasures elevati oltre il 3% hanno indebolito l’oro. Abbiamo visto formarsi sia figure tipo triplo massimo e triplo minimo trading sui grafici, ma poi è arrivata la rottura al ribasso dell’importante quota 1.300 dollari. Un supporto importante, che ha innescato ulteriori vendite.

La possibile spinta all’oro

Tuttavia il perdurare di condizioni finanziarie rigide potrebbe creare tensioni sulle valute dei mercati emergenti. Questo finirebbe per spingere l’oro, se i timori di contagio si estenderanno anche ad altri mercati. Del resto l’oro è sempre il bene rifugio per eccellenza.

Gli occhi dei trader saranno puntati soprattutto però sulle mosse della Federal Reserve. I verbali dell’istituto centrale americano – relativi alla riunione di maggio – potrebbero fornire una indicazione importante sia sul dollaro che sui rendimenti USA. Una dichiarazione dal tono “hawkish” potrebbe accelerare la marcia del biglietto verde, spingendo l’indicatore OBV trading on balance volume verso l’alto. Così come le dichiarazioni riguardo le aspettative di inflazione saranno importanti per il sentiment e per le potenziali implicazioni sull’oro.

Se la Fed sembrerà più disponibile a tollerare un modesto aumento dell’inflazione, allora il prezzo dell’oro potrebbe riprendere la marcia al rialzo. Analogo discorso nel caso in cui il prezzo del petrolio – ai massimi di tre anni – dovesse andare ancora su. Ulteriori aumenti del greggio infatti farebbero crescere le paure di un’inflazione in salita e quindi l’oro potrebbe salire a sua volta.

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Euro, quanto durerà la prova di forza sui mercati?

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  • 20 Gennaio 2018

Il 2017 è stato senza dubbio un anno molto positivo per l’euro. E dire che all’inizio dello scorso anno molti pronosticavano un probabile arrivo alla parità da parte del dollaro. Invece è accaduto il contrario, con la valuta comunitaria che ha messo il piede sull’acceleratore nell’ultimo trimestre, arrivando a valori che non si vedevano da anni. C’è da dire che l’euro non si è limitato a guadagnare solo contro il dollaro, ma in generale ha macinato terreno contro quasi tutte le altre valute. Ma questa tendenza positiva fino a quando durerà?

euroNon tutti sono convinti che l’euro potrà ancora andare così forte a lungo. del resto se adottiamo delle strategie Parabolic Sar Forex possiamo vedere che qualche scricchiolio si avverte di tanto in tanto. Anzitutto nel breve periodo i mercati potrebbero aver bisogno di “digerire” i recenti guadagni. E poi non è detto che così come ci sono stati fattori che hanno spinto l’euro, altri sono pronti per spingerlo in senso contrario.

Quanto durerà la spinta dell’euro

In primo luogo si può dire che c’è una sostanziale sottovalutazione del dollaro USA come potere d’acquisto. In secondo luogo la crescita economica della UE è stato notevole, forse anche troppo e quindi potrebbe rallentare. Infine si è ridotto il rischio politico percepito qualche mese fa, ma che comunque è ancora presente (vedi elezioni italiane, l’empasse in Germania e il punto interrogativo sulla Catalogna). A tutto questo si aggiunge la considerazione che il biglietto verde risulta ipervenduto, e sapendo come funziona indicatore Supertrend (strategia e parametri) possiamo ipotizzare che la direzione possa cambiare presto. Infine le previsioni di crescita economica degli USA sono smorzate, lasciando spazio a sorprese positive.

Per questo motivo c’è chi ritiene che il valore equo del cambio euro dollaro si possa collocare nel range da 1.10-1.15. Sì, magari la valuta unica potrà continuare ancora un po’ il suo movimento al rialzo, complice l’attuale surplus delle partite correnti dell’Eurozona. Ma le prospettive sono meno rosee e potrebbero vivere una nuova spinta del dollaro.

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BCE, battaglia a distanza con la FED sul rapporto di cambio

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  • 1 Settembre 2017

La BCE vince. No anzi, la BCE perde. Nel giro di pochi mesi la politica attendista della Eurotower è passata dall’essere saggia nella sua eccessiva prudenza, all’essere vulnerabile e stretta all’angolo. Dopo l’elezione di Trump, gli USA hanno avuto un sussulto molto forte, al punto che la FED (forse incautamente) preannunciò 3 o 4 rialzi del costo del denaro. L’effetto è stato di un continuo e imperioso apprezzamento del dollaro, trascinato da dati macroeconomici sempre positivi.

bceMa da primavera in poi lo scenario è cambiato. Le riforme preannunciate da Trump non si sono viste, i dati macro non sono stati troppo positivi e il dollaro ha cominciato a ridiscendere. L’indicatore alligator-coccordillo, che pochi mesi prima teneva le fauci ben spalancate, le ha chiuse. Anzi è stato l’euro a spalancarle di nuovo. Tanto che adesso la FED ha cominciato ad assumere un atteggiamento da “colomba”. E gli conviene, visto che l’attendismo della BCE ha nel frattempo spinto l’euro verso picchi altissimi. Questo rende meno costoso importare dagli USA, che ringraziano e fanno respirare la loro bilancia commerciale.

La posizione scomoda della BCE

La patata bollente è in mano alla Bce. Ha aspettato troppo per il tapering (ovvero la riduzione del piano di stimoli all’economia) e adesso non può più farlo. Il tapering infatti avrebbe come effetto una ulteriore spinta all’euro. Che però è già troppo forte. Sarebbe come pompare una gomma che è ià oltre pressione. La spia delle preoccupazioni dell’istituto centrale europeo sono i rumors riguardo un presunto meeting tra banchieri, addirittura una settimana di anticipo sul board dell’Eurotower. Segno evidente che i timori di aver aspettato troppo sono forti.

E i mercati come hanno reagito? Boom. La valuta comune europea, salita pochi giorni fa oltre la quota psicologica di 1,20 sul dollaro, è ridiscesa fin sotto 1,19 portando giù anche l’indicatore MACD trading. Ma la discesa è durata poco. Però il problema resta. Tutti sapevano che gli Usa stavano lavorando per un indebolimento del dollaro, ma la BCE ha negato finché ha potuto. Adesso però la situazione s’è fatta molto difficile, e la battaglia a distanza tra euro e dollaro sta premiando la FED.

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Oro, ecco i Motivi per cui Cresce di Valore

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  • 23 Luglio 2016

La valutazione oro è cresciuta costantemente in tutto il 2016, quando questo accade è solitamente il segnale che la situazione economica e finanziaria globale risente di varie negatività che portano incertezza e calo della fiducia da parte degli investitori.
Per capire meglio l’andamento futuro del valore dell’oro proviamo ad esaminare alcuni dei fattori standard che generalmente tendano a spingere al rialzo il prezzo dell’oro.
Domanda in Aumento
Come tutti gli altri beni di investimento e non anche il prezzo dell’oro è determinato dalla legge della domanda e dell’offerta, nel 2016 la domanda di oro è aumentata almeno di un quinto, questo ha inevitabilmente messo sotto pressione chi produce il prezioso metallo giallo facendo aumentare il prezzo aureo.
Uno dei fattori che ha contribuito all’aumento della domanda nel 2016 è stata la crisi delle borse cinesi che hanno spinto molti investitori privati ed istituzionali a comprare oro per difendere il valore dei capitali.
Dollaro debole
Il dollaro sta avendo un andamento al ribasso che sembra poter continuare per un periodo relativamente lungo, solo un intervento della Federal Reserve Americana potrebbe portare ad un aumento del valore del dollaro ma vista la situazione di debolezza finanziaria globale sarà difficile che l’istituto americano adotti politiche che portino il dollaro a crescere di valore.
In questo contesto di debolezza del dollaro, l’oro avrà forti possibilità di crescere di valore portandosi ad una quotazione oro sempre più alta nel corso dell’anno.
Rendimenti negativi
Il contesto finanziario mondiale rimane caratterizzato da una situazione negativa e instabile, questo ha portato molti titoli di stato che vengano utilizzati per investimento ad avere rendimenti negativi.
L’aumento dei titoli di stato internazionali considerati a rischio e le perdite finanziarie sempre più frequenti tendano a spingere gli investitori verso asset più sicuri determinando una crescita degli acquisti di oro da investimento.
Insicurezza mondiale
Il permanere dell’insicurezza nello scenario finanziario globale sta determinando negli investitori un sentimento di fiducia sempre più difficile da contrastare, anche i continui tentativi delle banche centrali di rassicurare i mercati azionari sembrano ormai non ottenere molti risultati nel fermare una crisi di sfiducia crescente.
Basta una qualsiasi notizia economica negativa per provocare ulteriori crisi di panico e relativa vendita immediata di asset che in una situazione normale sarebbero considerati sicuri.
Per questo motivo gli investitori cercano riparo dall’incertezza acquistando oro che da sempre è considerato uno dei beni rifugio più sicuri in assoluto, l’oro si è dimostrato nel tempo essere un bene praticamente inattaccabile non solo dalle crisi finanziare ma anche dalle crisi politiche e sociali più gravi.

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