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Antonio Campo dall’Orto, una Rai con diverse luci (Il Corriere della Sera)

Il Corriere della Sera traccia un bilancio della Rai

L’addio del direttore generale Antonio Campo dall’Orto lascia la Rai coi “conti in ordine, e un’eredità fatta di diverse luci e alcune ombre. In Italia le chiacchiere contano spesso più dei fatti, ma noi proviamo a partire da questi ultimi.

In termini di presenza sul mercato, la Rai sembra in migliore salute dei suoi competitor: non si sa se per incapacità di questi ultimi o per meriti di Viale Mazzini, fatto sta che il servizio pubblico totalizza –nei primi cinque mesi dell’anno- una quota di mercato che tocca il 40% (in prime time) e il 38% (nell’intero giorno), grazie ai canali generalisti e ai dieci tematici. Mediaset si ferma al 32,1% (prime time), tutti gli altri editori (compresa Sky) sono ben sotto il 10%.

Nel 2017 Rai1 si conferma rete leader, con 19,5% di share in prima serata, e il 17,5% nell’intero giorno, con una tendenza in crescita rispetto allo scorso anno (Canale 5 è ferma al 15,7% in p.t.). L’ombra maggiore che pesa su questi (grandi) numeri è il fatto che il pubblico Rai è fatto prevalentemente di anziani, caratteristiche che accomuna le tre reti generaliste: Rai1 e rai3 vincono sugli ultra 65enni (anche se ci sono segnali di “svecchiamento” rispetto al 2016), Rai2 abbassa un po’ l’età media conquistando sia i 50enni sia i 20enni. Ma sui target più giovani non c’è storia con Mediaset e gli altri editori. Il pubblico più colto (laureati) premia in particolare Rai2 e Rai3. Gli asset forti Rai sono Sanremo, una fiction che fa grandi numeri (da “Montalbano” a “Maltese”) e che si rinnova (“La porta rossa”), l’intrattenimento fra tradizione (“Che tempo che fa”) e innovazione (Facciamo che io ero”, “Il collegio”). Al di là del digitale (RaiPlay) e dell’informazione (irriformabile), la stagione di Campo Dall’Orto si è caratterizzata per un’inedita attenzione editoriale. Speriamo ora non venga definitivamente archiviata.

Fonte: Il Corriere della Sera

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I veti di partito sul piano Rai, Una sconfitta per la politica

La paralisi che colpisce l’azienda pubblica dopo gli attacchi del Pd all’attuale dirigenza, che era stata scelta dalla stessa forza politica. In gioco il futuro del servizio pubblico

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Riassumiamo. Alla Rai c’è un direttore generale, Antonio Campo Dall’Orto (dotato dei poteri da amministratore delegato con una riforma fortemente voluta dal governo di Matteo Renzi) con un piano già pronto per il varo della nuova offerta digitale, ideata per attirare nell’orbita della tv pubblica gli italiani under 35, che viaggiano su autostrade informative lontane anni luce dai prodotti di viale Mazzini. L’attuale piattaforma è al trentesimo posto nella lista dei siti più consultati, poco più di una presenza residuale. Alla guida della nuova squadra (dotata di tecnologie già pronte) è già designata Milena Gabanelli, un marchio professionale sinonimo di innovazione. Ma il Consiglio ha chiesto tempo «per riflettere» fino alla riunione del 22, trovando consenso nella presidenza di Monica Maggioni. Eppure di tutto questo si parla dal dicembre 2016, e c’è una sollecitazione nel nuovo Contratto di servizio perché la Rai si adegui ai tempi digitali. Ancora. Il vertice non riesce a varare i piani economico-produttivi 2017-2018, ovvero quei palinsesti che dovranno essere presentati agli inserzionisti pubblicitari tra appena 50 giorni, a fine di giugno.

Una paralisi aziendale che, guarda caso, arriva dopo i violentissimi attacchi del Pd all’attuale dirigenza. La stessa forza politica che aveva scelto Campo Dall’Orto ora sembra decisa a bloccarlo, magari costringendolo alla resa. Potrebbe essere una spettacolare resa dei conti, così ricca di colpi di scena, se si trattasse di una fiction. Invece tutto avviene sul campo di gioco del vero futuro del servizio pubblico. Operazione pericolosa per «la più grande azienda culturale del Paese» (come si sente dire da anni in mille inutili convegni, anche del Pd, dedicati «al futuro della Rai») e per gli stessi utenti che ora pagano il canone obbligatoriamente, legato com’è alle utenze elettriche. Se la politica (stavolta senza P maiuscola) sospendesse esplicitamente il fuoco anche amico contro l’attuale vertice, lo metterebbe nelle condizioni di operare ben sapendo, sia chiaro, che dovrà rispondere di successi e insuccessi. Ma solo per valutazioni professionali e non partitiche. Se la Rai è ancora lo specchio del Paese, ecco una splendida occasione per dimostrare che si può veramente girare pagina rispetto a un odioso passato fatto di occupazioni, lottizzazioni e editti bulgari o home made.

Fonte: Corriere.it

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