Archives

Comunicati

Recensione su FXGM

In questa articolo,parleremo del broker FXGM.

FXGM é un Broker che offre l’opportunità di utilizzare una piattaforma di trading per CFD, materie prime, valute, azioni e titoli ed é registrato sia dall´autorità di controllo finanziario cipriota  CySEC con n° registrazione 161/11, sia anche dalla Financial Conduct Authority (FCA) con n° registrazione 593528. Altra tipologia di piattaforma offerta è la piattaforma mobile,  utile per tutti i trader che vogliono fare trading via Smartphone (Android o iOS).

EssendoFXGM un broker sicuro, non promette alti profitti o enormi leverage come succede invece con i broker truffa. Essendo appunto regolamentato, ed essendo un broker onesto, FXGM presenta in primo piano ed in modo chiaro ed inequivocabile informazioni di rischio, contatti, payout e la sezione FAQ.

No Comments
Comunicati

il “caso” BABADOOK

BABADOOK è davvero un GRAN bel film.

Ma non scriverò “E’ il film dell’anno” o “è il film più spaventoso che abbiate mai visto”… perché non sono una fanatica, non sono pagata dalla distribuzione per farlo e, più semplicemente… non è vero.

Chi non ha visto film horror più spaventosi di questo, semplicemente non segue il cinema horror o non è andato nella sua filmografia indietro di oltre 10 anni.

Chi pensa che in questo anno BABADOOK sia l’unico film che vale la pena di esser visto, invece, non segue il cinema.

La critica (ufficiale o meno) dovrebbe iniziare a farsi un esame di coscienza, scendendo dal podio di detentori della verità assoluta e da quello di scribacchini pagati per promuovere il lancio di turno, per tornare al servizio di quello che è in tutto e per tutto nato come un SERVIZIO, ma al pubblico. Queste esaltazioni perpetue (che abbiamo già letto per il MAI NATO, per BITE, e che leggiamo per ogni singolo film che esce ogni settimana – e perfino per NON-FILM come IN THE MARKET o TULPA) spesso oneste, molto più spesso no, non fanno bene al cinema.

Ogni settimana esce il film dell’anno, che sia horror o meno… ad una attenta analisi di mercato… il livello del cinema mondiale dovrebbe esser altissimo, dovremmo esser circondati da capolavori fino allo stremo… ma non serve esser Gianluigi Rondi o il Morandini per capire che non è così… purtroppo c’è molta feccia in giro, al punto che quando vediamo un bel film, gridiamo al capolavoro.

Ma cosa è un capolavoro? Ecco… se pensiamo a QUARTO POTERE, APOCALYPSE NOW, TEOREMA, SHINING, SUSPIRIA, AMADEUS, 8 1/2… ecco solo per citarne alcuni… allora capiamo che BABADOOK è solo un bel film. Non lo dico per sminuirlo, a me il film è piaciuto… ma “elevandolo” oltremodo solo perchè nello squallore generale ha pochi rivali, sminuirei il lavoro di chi capolavori ne ha fatti davvero.

Ho visto il film in lingua originale e devo dire che il doppiaggio italiano ha massacrato la recitazione di tutti, soprattutto quella del bambino. Spero si prenda in questa mania esterofila che abbiamo, anche la buona abitudine di smetterla di doppiare i film.

La recitazione è ad alti livelli per tutti, così come la regia: posata e funzionale. Curatissima la fotografia e la scenografia che rendono l’ambiente quasi una grigia illustrazione bidimensionale, legata all’estetica delle immagini del famigerato libro.

L’idea di mescolare psicologia e metafore sui traumi personali in una trasposizione horror è antica, ma ben venga. Inquietante al punto giusto, spaventa e resta impresso anche se nella seconda parte perde un pò di colpi pur trovando un grande ritmo. Nella seconda parte si cede all’andare incontro al gusto del largo pubblico, riuscendoci bene, ma ammazzando un pò la dimensione “sottile” creata con la prima parte. Mostrare la creatura che si muove a scattini come i fantasmi dell’immaginario Nipponico invece è una caduta di stile imperdonabile che denota una voluta strizzata d’occhio ad una estetica ora “alla moda” (ma in realtà già passata) in scelte visive che invece potevano permettersi di restare “stilose” e personali.

Gli australiani sanno fare cinema. Hanno stile, cultura dell’immagine, conoscenza del linguaggio e sempre una certa dose di originalità. Tutto ciò che ci è sempre arrivato (da Peter Weir alla Champion, ma pure passando per “commedie” come MR CROCODILE DUNDEE) è sempre stato sopra la media generale e questa non è una esagerazione.


Trama (da Wikipedia)

Amelia è una madre vedova che ha allevato da sola il figlio Samuel dopo la morte del marito in un incidente stradale. Samuel è convinto che mostri minaccino lui e sua madre, e sviluppa problemi di comportamento. Una sera, Amelia trova in casa un libro per bambini che non ricordava di possedere, intitolato Mister Babadook, e lo legge a Samuel. Samuel si convince che la creatura descritta nella storia sia il mostro che li perseguita, e diventa sempre più incontrollabile. Nei giorni successivi in casa si sentono rumori misteriosi, Amelia è vittima di allucinazioni, e inizia a vedere un’ombra simile al Babadook, che le intima di consegnargli suo figlio. Giunta al limite, tenta di disfarsi del libro, che però si ripropone sempre integro in casa, ogni volta con pagine in più che portano avanti la storia verso un culmine di violenza. Infine una notte il Babadook si rivela direttamente ad Amelia e si impossessa progressivamente di lei. La donna inizia a dare segni di squilibrio, rinchiude in casa se stessa e il figlio, diventando sempre più aggressiva, fino a strangolare il suo cane e quasi ad uccidere il figlio. L’affetto del bambino però le dà la forza di resistere.

No Comments
Comunicati

L’evocazione – The Conjuring

Nel 1971, ad Harrisville, nel Rhode Island, Carolyn e Roger Perron si trasferiscono in un vecchio casale con le loro cinque figlie. Durante il primo giorno le cose sembrano andare per il meglio, anche se trovano la porta della cantina stranamente sprangata e il loro cane si rifiuta di entrare in casa. Il mattino dopo, Carolyn si sveglia con un misterioso livido e il cane viene ritrovato morto. Nei giorni a seguire nella casa si verificano varie forme di attività paranormale, le quali culminano con Carolyn che si ritrova intrappolata in cantina mentre una delle figlie viene attaccata da uno spirito somigliante ad una donna anziana;  horror soprannaturale basato sui fatti riportati dalla coppia di ricercatori del paranormale Ed e Lorraine Warren, le cui esperienze in precedenza avevano già ispirato film come Amityville Horror e The Haunting in Connecticut. La trama, ambientata nel 1971 nel New England, è quindi incentrata sul tentativo dei Warren, interpretati da Patrick Wilson e Vera Farmiga, di aiutare una famiglia da poco trasferitasi in una casa infestata, i Perron, i cui genitori sono impersonati da Lili Taylor e Ron Livingston.

La sceneggiatura è per lo più fedele alle storie narrate dai reali protagonisti ed il regista Wan affermò come impronta stilistica di voler lavorare per sottrazione: «È quello che credi di vedere attraverso la musica e il design sonoro che realmente ti prende», spiegò il regista, il quale preferì quindi che per buona parte del film le entità demoniache potessero essere solo «percepite».

Il film funziona e fa paura: pur sfruttando clichè tipici riesce ad esser sempre sorprendente e con i giusti tempi di suspance ed attesa. Notevole in questo senso l’incipit affidato alla bambola Annabelle  – che sarà protagonista di un disastroso spin off (e di cui forse parlerò più in la, ma anche no) – e le scene del “nascondino” che ci introducono sadicamente verso terrori prevedibili e che proprio per quello spaventano; pensate alle classiche scene dove la fanciulla nuota ignara nelle temibile acqua dove vaga “lo squalo”… sappiamo tutti cosa accadrà da li a poco, eppure ne siamo terrorizzati. Alcuni sostengono che la paura sia la reazione davanti all’ignoto; il cinema spesso sovverte questa regola.

Sfruttando quasi la stessa, vincente squadra tecnico/artistica del precedente INSIDIUS, Wan si muove a suo agio nello spazio filmico e temporale, osando (cosa rara al giorno d’oggi) perfino di risultare controcorrente: nelle scene nelle quali i personaggi vedono un fantasma, il regista decide di non mostrarlo allo spettatore, il quale vede solo l’espressione terrorizzata del personaggio; tale senso di invisibilità rende una scena più paurosa, lasciando immaginare al pubblico cosa il protagonista potrebbe aver visto di tanto raccapricciante

Il direttore della fotografia è John R. Leonetti, spiegò di aver utilizzato una tavolozza di base per tutto il film, cercando di ottenere illuminazioni naturali; per la cantina invece venne usata solo una sola lampada da 250 watt, ed i fiammiferi che vediamo usati dai protagonisti.

Campione di incassi (meritato) ed un budget milionario che appena si percepisce, ma non per una possibile povertà stilistico/tecnica o qualitativa, ma perché ben sfruttato nella perseveranza di ottenere un unico risultato attraverso la fusione di tutti gli elementi senza sopraffazioni verso il raggiungimento dell’obiettivo: il film. Un’opera commerciabile, ma non commerciale che ci fa sperare nella ribalta di un genere troppo contaminato, troppo accomodante che ha trasformato i mostri in marionette al servizio del bell’eroe di turno, privandoli della loro originaria carica negativa che sta alla base di ogni anti-eroe filmico per eccellenza.

Le stesse tematiche ispirarono anche la serie di AMITYVILLE, in cui si respira – fortunatamente – la stessa aria malsana, la stessa impalpabile inquietudine, fornendoci una “ispirata” ma, purtroppo poco riuscita pellicola cult col primo film AMITYVILLE HORROR, per proseguire nel bellissimo sequel “italico” di Damiano Damiani AMITYVILLE POSSESSION (e di questo si, che presto parlerò!) per concludere miseramente con un terzo capitolo che sfrutta quelle produzioni di moda negli anni ’90, dei film in 3D… dimenticando però di fare anche il film assieme al 3D che propongono (ne furono vittime anche classici come Venerdi 13 e Lo squalo).

Tornando a CONJURING: pochi effetti speciali, calibrata ed efficacemente elegante la CGI che si presta a suggestioni mai pacchiane ed una scena di esorcismo elegante, insolita, quasi artistica nella scelta di lasciarci la posseduta sotto un telo, senza offenderci con l’ennesima sequela di faccette, occhiacci e vomiti abusati dalla cinematografia mondiale per 40 anni. A volte basta “togliere ” il superfluo per fare un buon film, a volte basta “solo” raccontare una storia, senza farne percepire il peso… per farcela vivere in prima persona. Wan ci riesce alla grande, supportato da attori credibilissimi, un ottimo sound design e le atmosferiche “corde” del compositore Joseph Bishara che inizia ad esser molto imitato nel genere. DA VEDERE!

No Comments
Comunicati

LORD OF TEARS, lacrime di coccodrillo

Baldurrock’s House ha una cattiva reputazione: costruita sul sito di un vecchio tempio pagano, la fatiscente residenza nasconde molti segreti inquietanti. James Findlay, problematico insegnante tormentato da strane visioni che a Baldurrock è nato, decide di farvi ritorno in cerca di risposte. Incontrando Evie Turner, una giovane e bella donna americana, James inizia a scoprire alcune terrificanti verità che minacciano di annientare entrambi per via di una vecchia maledizione.

lungometraggio Inglese prodotto interamente grazie al Crowdfunding di Kickstarter, LORD OF TEARS grazie ad una campagna spettacolare lanciata sul web, fatta di numerosi trailer, di un sito di forte impatto, è riuscito a raggiungere velocemente la cifra che occorreva per girare il film (appena 6.000 Sterline), riuscendo a chiudere il progetto con ben 12.587 Sterline!

Il film di Brewster è una ghost story che non fa dell’originalità il suo punto di forza ma è una produzione che riesce a intrattenere e perché no? anche ad avvincere pur nella prevedibilità di alcuni snodi narrativi.

Diciamo subito che le cose buone in questa opera prima ci sono, ma che purtroppo sono sopraffatte da quelle negative.

Di buono c’è un innegabile senso della composizione, una ottima fotografia in esterni, gli attori (bravi tutti, sebbene poco conosciuti), la colonna sonora, l’idea di base, le azzeccate locations ma soprattutto, la voglia di costruire un horror insolito, personale, non banale.

Di negativo c’è che questo senso della composizione tende a diventare un pò troppo estetizzante e fine a se stesso, una fotografia in interni troppe volte piatta e poco curata… aggravata spesso dall’uso di filtri eccessivi che danno al tutto il sapore di un videoclip indipendente più che film indie  (specialmente i timelapse ed i flashback) ed una storia complessa che però fa acqua proprio in certi “presunti” colpi di scena, curiosamente spoilerati da una scrittura prevedibile e… anche dalla colonna sonora (vedi la scena della piscina, e la song che recita IO SONO IL TUO FANTASMA, E TU MI MANCHI!!!).

Se LORD OF TEARS è un film che punta sulla autorialità, eleganza e ricerca stilistica al di sopra delle mode, diventa allora imperdonabile – proprio nel finale – vedere questo ossessivo richiamo (fuori luogo) ai fantasmi dell’immaginario asiatico, con la donna pallida dal capello scuro spalmato sul viso e movenze scattose alla Kayako di THE GRUDGE che però 10 anni dopo risultano un pò ridicole e poco funzionali. L’attrice Lexy Hulme è davvero brava nel ricreare la recitazione e le movenze delle pin up; è perfettamente in parte e anche abile nell’esprimersi col corpo e la danza: troppo lunga, riempitiva e fine a se stessa diventa però la scena del balletto, subito seguita da una scena (quella in piscina) dove la stessa si ripropone danzando e quindi nel finale vederla muovere come le striscianti figure Nipponiche penalizzano anche la sua abusata bravura gestuale.

Ammaliante la voce dell’uomo Gufo, affidata a David Schofieldattore di grande esperienza visto in cult come L’ULTIMO DEI MOICANI e IL GLADIATORE che compensa e distrae dal troppo amatoriale costume della creatura/gufo (altrettanto finta ma MOLTO più efficace era la maschera usata in DELIRIA, ma li a dirigere c’era un personaggio di grande esperienza come Michele Soavi!). BLOODY DISGUSTING lo votò con troppo entusiasmo, miglior film del 2013, il che indica anche come le produzioni di buon livello siano scarse sebbene non è difficile comprendere che il taglio del film sia rivolto ad un pubblico mediamente giovane e meno smaliziato. Gli effetti scarseggiano, le lenti a contatto son davvero di bassa qualità (oramai anche su ebay ne forniscono modelli più sofisticati e realistici per poche decine di euro!) e non si capisce come mai una persona dalla testa recisa, appaia come uno spettro la cui gola è tagliata solo nella parte frontale… e non sono nemmeno eccessivamente logiche, plausibili o “spiegate” le dinamiche per cui una presenza amichevole, di punto in bianco diventi ostile proprio verso la persona che cercava di proteggere, se non solo per creare un inatteso twist che una scrittura più curata avrebbe evitato. Il protagonista Euan Douglas, è in parte e sostiene la vicenda anche nei passaggi meno credibili (sebbene sembri un pò troppo dispiaciuto per la morte di una madre da cui eredita una fortuna, e che non vedeva dalla sua infanzia!) mentre la figura del migliore amico è troppo abbozzata per avere poi, il peso che ha nella vicenda.

Sicuramente il regista saprà donarci in futuro qualcosa di prezioso, per il momento, mi sento di andare controcorrente e non promuovere a pieni voti un opera che lascia in conclusione il senso di amaro in bocca, quello delle occasioni sprecate.

No Comments
Comunicati

Noi siamo Infinito, la recensione

Noi siamo finito nasce nell’estate del 2011, dalla trasposizione sul grande schermo del romanzo epistolare scritto da Stephen Chbosky; una notizia che forse non sorprende se si riportano alle mente tutte le volte che si è entrati in sala, in particolar modo negli ultimi anni, per osservare un grande o minore romanzo o romanziere prendere vita sul grande schermo.

Noi siamo infinito ha dalla sua il merito e la particolarità di aver reso il suo scrittore il regista della  trasposizione cinematografica, così da poter ritratteggiare in maniera estremamente coinvolgente, fedele e toccante tutta la tensione emotiva sulla quale si costruiscono le storie dei personaggi del romanzo. Ad arricchire il tutto, una colonna sonora finissima e meravigliosa dalla quale spicca imperiosa la famosissima e ricorrente Heroes del Duca Bianco, un cast giovanissimo, estroso e vitale, capitanato da una Emma Watson in grado di mostrarsi nel pieno della sua personalità e maturità recitativa, ed una storia che nell’arco di 90 godibilissimi minuti, esplora in maniera delicata e allo stesso tempo struggente, tutto quel complesso universo di entusiasmi, dolori cocenti e passioni sconsiderate che animano un composito gruppo di quasi adulti. Charlie e i suoi amici, Patrick eSam, questo universo lo rappresentano appieno, Charlie al primo anno delle scuole superiori, cerca con difficoltà ed un’ estrema solerzia negli studi, di costruirsi un ruolo tra i suoi coetanei, mentre Parick e Sam, alle soglie del mondo universitario, cercano di costruirsene uno nel mondo.

Continua a leggere la recensione.

No Comments
Comunicati

Il libro della scrittrice Daniela Lojarro “Il Suono Sacro di Arjiam” edito dalla casa editrice Edigiò

Il Suono Sacro di Arjiam” è il primo romanzo della scrittrice emergente Daniela Lojarro; un romanzo del genere fantasy pubblicato nel 2009 dalla casa editrice Edigiò nella collana Le Giraffe. Il libro è un testo di circa 700 pagine e nonostante la lunghezza possa spaventare soprattutto se trattasi di una scrittrice alla sua prima opera letteraria, le recensioni e i lettori parlano di questo libro come di un romanzo entusiasmante e avvincente che fa dimenticare la lunghezza del testo stesso.

La trama è incentrata su un conflitto che vede due schieramenti contrapposti battersi per impossessarsi del dominio delle vibrazioni del Suono Sacro. Come leggete anche dal titolo stesso del libro, la musica è al centro di questa storia; l’autrice, infatti, è nata nel mondo dell’arte come interprete di opere liriche; Daniela Lojarro ha girato il mondo ed ha visitato numerosi palcoscenici non solo quindi in Italia, ma anche negli USA, in Europa, in sud Africa e nel sud della Corea.

Il Suono Sacro di Arjiam vede Armonia e Malia, i due mondi magici scontrarsi per prendere il dominio delle vibrazioni del Suono Sacro; questo libro è ricco di personaggi e protagonisti, ma alcune figure di spicco che meritano attenzione sono: Fahryon, neofita dell’Ordine sapienziale dell’Uroburo, e Uszrany, cavaliere dell’Ordine del Grifo; questi due esponenti di entrambi i mondi magici saranno costretti a maturare forse troppo in fretta e a prendere atto di quanto sta succedendo.

Il libro è un susseguirsi di avvenimenti in cui spiccheranno non solo i personaggi nominati ma anche altre figure che ricoprono ruoli e situazioni importanti all’interno della trama stessa.

Il libro è stato presentato al salone del libro di Torino nel 2009, anno della stessa pubblicazione dell’opera.

La musica è importante nella vita della scrittrice Daniela Lojarro da sempre; fin da quando era bambina; ha di fatti cominciato prestissimo a suonare il pianoforte; per sua stessa affermazione ha imparato a parlare cantando. Oggi oltre all’attività incentrata sulla musica da palcoscenico, la scrittrice si dedica a un’interessante disciplina: l’Audio – Psico -Fonologia.  Questa è utilizzata e praticata da diversi esponenti del mondo della musica e dello spettacolo in generale: attori, cantanti, presentatori. Si tratta, infatti, di una disciplina alla rieducazione del suono e dell’ascolto.

Di seguito potete leggere la scheda del libro:

Titolo: Il Suono Sacro di Arjiam

Autore: Daniela Lojarro

Casa editrice: Edigiò – collana Le Giraffe

Genere: romanzo fantasy

Anno di pubblicazione: 2009

ISBN: 978-88-6205-210-8

Pag.: 704

 

No Comments