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Bambini e adolescenti migranti: quale protezione e accoglienza

20/11/2015

Presidente Brambilla, Signor Ministro, Autorità, Signore e Signori,
è con grande piacere che, anche quest’anno, ho accolto l’invito a partecipare all’incontro di oggi per celebrare insieme la Giornata internazionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, per ricordare quel 20 novembre 1989 quando fu approvata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, a New York, la Convenzione ONU sui diritti del fanciullo.
Innanzitutto, desidero ringraziare la Presidenza della Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza che, in collaborazione con il Dipartimento delle Politiche per la Famiglia presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ha promosso questa iniziativa dedicata al tema ‘Bambini e adolescenti migranti: quale protezione quale accoglienza’. Un momento prezioso di analisi e approfondimento su un tema complesso, tremendamente attuale e sul quale non possono essere consentite strumentalizzazioni. Ogni dibattito su questo tema non può non tenere conto di un punto fermo: tutti i bambini migranti, profughi e rifugiati, sono prima di tutto bambini in pericolo. E’ fondamentale richiamare l’attenzione sul dramma dei minori esposti quotidianamente a ogni pericolo, minacciati da guerre e malattie, malnutriti, derubati dell’infanzia. Sono fuggiti da conflitti, dittature, fame, violenze, dall’assenza totale di una possibilità di futuro, in molti casi, non mi stancherò di ripeterlo, sono fuggiti dai territori dove sventola la bandiera nera dell’Isis, da quell’indottrinamento votato al terrorismo cui sono sottoposti e dalle atrocità che lì vengono commesse. Abbiamo visto nel recente passato foto e filmati di bambini che giustiziano i prigionieri in tuta arancione: chi riesce a mantenere lucidità e umanità non può non vedere due vittime in quelle immagini della macchina di propaganda dell’Isis: anche il carnefice di 8 o 10 anni in quel caso è vittima del terrorismo che lo trasforma in strumento di morte.
Questi bambini hanno affrontato viaggi terribili, hanno sofferto fame e disidratazione, sono stati rapiti, venduti, ricattati, picchiati, in alcuni casi torturati o addirittura abusati dai trafficanti. Tutti hanno provato il terrore di morire in mare, alcuni nella traversata hanno perso genitori, parenti o amici. Secondo i dati UNICEF, da gennaio 2015 più di 215.000 minori – 700 al giorno – hanno cercato asilo nell’Unione europea e circa 700 bambini sono morti dall’inizio di quest’anno attraversando il Mediterraneo.
Come evidenziato dai dati del Viminale, nel 2015 (fino al 10 ottobre) i minori non accompagnati giunti in Italia sono 10.322, il 73% del totale dei minori soccorsi (ovvero 14.109). Sono dati significativi, che devono destare la massima attenzione e che necessitano di un sistema di accoglienza e protezione strutturato e integrato su tutto il territorio nazionale. Si tratta infatti dei soggetti più vulnerabili, giovanissimi che arrivano senza alcuna figura adulta di riferimento nel nostro Paese e sono a rischio di violenza e sfruttamento, se non adeguatamente protetti, finendo il più delle volte nel tunnel del traffico di esseri umani, della prostituzione, dell’illegalità. Sono oltre 5.000 i bambini e adolescenti considerati irreperibili dal 1° gennaio 2015 ad oggi secondo le stime del Ministero dell’Interno – Dipartimento di Pubblica Sicurezza. Tra le ultime indagini di cui mi sono occupato come Procuratore nazionale antimafia mi ricordo proprio i casi dei minori arrivati in Italia con un numero di telefono in tasca, quello del contatto da chiamare una volta giunti nel nostro Paese. Nel migliore dei casi era di parenti che già si trovavano nel nostro territorio, più spesso purtroppo di sfruttatori senza scrupoli che li costringevano all’accattonaggio o alla micro criminalità.
Nel sistema di accoglienza italiano emergono tanti risultati positivi che non assurgono agli onori della cronaca perché costituiscono l’ordinarietà del funzionamento di un sistema che è andato crescendo rapidamente nel tempo. Esistono infatti in Italia esperienze di eccellenza nell’accoglienza dei minori migranti ma, nonostante l’impegno di molti sia all’interno delle istituzioni che nelle reti associative e di volontariato, ancora oggi i diritti essenziali dei minori stranieri non accompagnati non sono sempre rispettati. In questo quadro s’inserisce il Disegno di legge 1658 – di cui prima firmataria è l’onorevole Zampa – in merito alle misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati che disciplina in modo organico, sul territorio nazionale, la protezione e l’accoglienza dei minori stranieri. Il mio auspicio è che si possano riprendere al più presto i lavori per l’approvazione definitiva di questo disegno di legge, anche andando contro l’ondata di paura e diffidenza che, comprensibilmente, ha invaso le nostre strade all’indomani degli attentati di Parigi. Ho molto apprezzato in questo senso le parole di ieri del Presidente del Consiglio: reagire, senza rinunciare a vivere, con un approccio forte e equilibrato, senza sottovalutazioni ma anche senza isteria.
Per questo è importante ritornare a parlare del disegno di legge Zampa: le norme previste affrontano e rispondono in modo concreto e razionale alle esigenze di un’adeguata accoglienza dei minori non accompagnati. Dalla necessità di uniformare le procedure di identificazione e di accertamento dell’età all’istituzione di un sistema nazionale di accoglienza all’attivazione di una banca dati nazionale per disciplinare l’invio dei minori che giungono in Italia nelle strutture di accoglienza dislocate in tutte le regioni; dalla continuità del finanziamento di un fondo nazionale per l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati che non gravi sui bilanci dei comuni al sostegno organico all’integrazione sociale, scolastica e lavorativa dei minori stranieri non accompagnati, anche vicini al compimento della maggiore età; al coinvolgimento attivo delle comunità nell’accoglienza e nell’integrazione attraverso l’affido familiare. Tali responsabilità – accoglienza, protezione, integrazione – non riguardano solo l’Italia o i singoli Paesi che si trovano sulle rotte di transito, ma l’intera collettività dell’Unione europea. Assicurare i diritti fondamentali dei minori, accompagnare la loro crescita, garantire loro ogni protezione da abusi e pericoli costituiscono doveri inderogabili di un Paese civile e democratico. La cultura della tutela dei bambini si fonda, certo, sulla garanzia della loro sicurezza e dignità, ma si sostanzia anche attraverso la costruzione di basi e di strumenti per la realizzazione di un avvenire migliore.
A chi ne fa, sbagliando, una questione prettamente religiosa, voglio ricordare che chiudere le porte contraddice non solo i nostri principi democratici, quelli scolpiti nella Carta costituzionale, ma anche i valori religiosi che dite di voler difendere. Vi basti ricordare la seconda parte della famosa citazione evangelica delle parole di Gesù, quella più dura: «Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato. […] Tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me».
Auspicando un dibattito vivace e proficuo, auguro a tutti voi buon lavoro.

Rassegna stampa da pietrograsso.org

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Speranza e tasche vuote contro il Muro

In balia di scafisti senza scrupoli. Appesi a barche che hanno visto marosi lontani. Su gommoni che galleggiano per scommessa. Eppure i loro occhi guardano verso l’Occidente. I migranti sognano la loro Terra Promessa. Arrivano con un sorriso di speranza e le tasche vuote. Hanno bisogno di vestiti, medicine, un panino fumante o una minestra fredda: è lo stesso, quello che importa è che sia caldo il benvenuto. E hanno bisogno di pupazzi di peluche: a qualsiasi latitudine i bambini non li riconosci dall’altezza ma dal peluche stretto come l’unica cosa che galleggia sul pianeta Terra. E loro, di galleggiamenti e mari da attraversare, ne sanno qualcosa. Questo esercito inarrestabile ha bisogno di soluzioni.En passant, va preso atto che, nella Storia, vince e non si ferma, chi è numericamente maggiore e chi è più affamato: le forze politiche – a qualsiasi colore appartengano – , bisogna che tengano conto di questo, visto che alcune di loro non vogliono ascoltare quel senso di appartenenza al genere umano, che dovrebbe essere parte integrante anche della loro psiche.
Quando nel 1989 il Muro cadde fu una gran festa. Ora, con un popolo che scappa dalla guerra e dalla miseria, quel Muro è stato ricostruito. Non si vede. È nella testa di chi dice che quei bambini non sono i nostri bambini. Che la disperazione dei loro genitori non è la nostra.
Ma se le soluzioni sostanziali sono azioni di pertinenza, soprattutto, di statisti avveduti e Governi lungimiranti; in un contesto musicale, che aiuto, pur minimalista, si potrebbe dare al problema? Probabilmente nessuno.
Oppure sì, qualcosa gli artisti possono fare. Le canzoni sono fatte di parole che fanno discutere. Che mettono sotto il riflettore il tema.
Pertanto, ben vengano, ad esempio, musicisti come i Negrita che, in alcune loro pubblicazioni e già nel titolo, danno materia per accendere l’attenzione. Gli eventi e le date, nel loro caso si sta parlando del video “1989”, non sono solo da imparare per prendere un voto a scuola: essi sono ponti/collante che la Storia usa per collegarsi al presente.
Un altro artista che vale la pena indicare è il cantautore bolognese Mimmo Parisi e, segnatamente, un suo brano che si chiama programmaticamente, “A Berlino”. Questa canzone, pubblicata qualche tempo fa, in un contesto europeo che fa fatica a trovare soluzioni di apertura verso chi chiede asilo, è più che mai attuale. Il suo brano, tra le righe, sembra chiedere a cosa sia servito quell’annuncio clamoroso sulla caduta del Muro di Berlino, se adesso l’eurocentrismo europeo non sa fare altro che chiudersi a cerchio intorno ai suoi confini.
Ora e purtroppo, quel Muro pare ricresciuto. Come l’erba cattiva. Questa denuncia semantico/architettonica si chiude, inoltre, citando una band emergente che nella primavera scorsa, ha pubblicato un brano che si chiama proprio “Il Muro di Berlino”. Loro si chiamano VioladiMarte e sono calabresi. Il genere frequentato è un concentrato di indie rock e psichedelia, personal mood e armonie complesse. Il loro “Muro di Berlino” rappresenta, metaforicamente, le difficoltà odierne legate alla comunicazione interpersonale e, legato al tema dell’articolo si vuole qui aggiungere, soprattutto, difficoltà di ordine interrazziale.

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