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Intervista al pittore Giorgio Pastorelli in occasione della mostra personale “Emozioni” alla “Milano Art Gallery” organizzata dal manager Salvo Nugnes

In occasione della mostra personale “Emozioni” di Giorgio Pastorelli presso la storica “Milano Art Gallery” l’artista cremonese viene intervistato e racconta la sua passione per l’arte e l’inizio della sua carriera. La mostra, organizzata dal manager Salvo Nugnes direttore di Agenzia Promoter, sarà aperta al pubblico dal 18 ottobre al 2 novembre.

1) DA COSA NASCE LA PASSIONE PER L’ARTE?

Innanzitutto, venendo da una famiglia di musicisti, ho iniziato a studiare musica fin da bambino e quindi per me la musica è stata la prima forma d’arte alla quale mi sono un appassionato, e l’ho studiata fino ai 9 anni, poi verso i 15 anni ho iniziato ad amare la pittura perché guardavo delle persone dipingere e rimanevo affascinato dalla facilità di esprimere delle cose molto belle attraverso le tele, e mi sono appassionato alla pittura, poi mi sono affezionato ad alcuni grandi artisti come Klimt, e ho iniziato a fare il liceo artistico, dopo di che è diventato il mio lavoro.

2)UN PENSIERO A COMMENTO SUL SIGNIFICATO DEL CONCETTO D’ARTE.

Beh l’arte è un modo di rendere visibile l’invisibile, quindi di rendere concreto per un attimo una sensazione, anche se pur soggettivamente parlando, è una forma di comunicazione. È l’utilizzare una tecnica, che sia la musica o che sia la pittura, che rende possibile la concretizzazione di una cosa che hai fatto.

3)QUANDO E COME HA INTRAPESO LA CARRIERA PITTORICA?

Ho cominciato la mia carriera facendo delle copie di quadri antichi, dopo il liceo è diventato il mio lavoro. Pian piano i miei quadri sono diventati una riflessione della mia attività e c’è stato un avvicinamento al dipingere, non quello che mi commissionavano ma bensì quello che sentivo di voler esprimere attraverso i miei quadri. Questo passaggio nel mio percorso artistico è avvenuto verso i 18 – 19 anni.

4) QUALI SONO LE PRINCIPALI TECNICHE CHE UTILIZZA?

Io amo dipingere ad olio, dipingo su tele preparate ovviamente da me, non quelle industriali perché mi piace prepararmi quello che mi serve. Amo dipingere ad olio perché è la forma che più mi rispecchia, poi dipingo anche ad acquarello, però mi esprimo meglio con l’olio su tela.

5) QUALI TEMATICHE PREDILIGE NEI SUOI DIPINTI?

Solitamente io sono un paesaggista, amo dipingere paesaggi, perché mi danno modo di trasmettere molte tematiche. Ad esempio, una delle mie tematiche preferite è quella di bilanciare all’interno del quadro quello che l’uomo costruisce in rispetto alla natura: mi piace cogliere un caseggiato particolare, una strada curata in un certo modo, delle costruzioni umane che però hanno una sorta di bilanciamento con la natura. Quindi dipingo il racconto di un uomo che non è aggressivo e che costruisce la città rispettando l’ambiente naturale circostante, mi piace molto pensare a questa fusione tra uomo e natura. All’interno del quadro voglio esprimere quello che è l’aria, l’essenza volatile delle cose che viviamo. Io cerco di non definire nulla di quello che faccio, cerco di lasciarlo indefinito in una sorta di divenire. La mia è una pittura in divenire, non fissa, non fotografica, potrei descrivermi così.

6) ESSENDO ANCHE MUSICISTA, UNA RIFLESSIONE DI CONFRONTO IN PARALLELO TRA ARTE E MUSICA.

Fra arte pittorica e arte musicale. Ci sono tanti discorsi che si possono fare all’interno di queste due materie; non puoi andare a suonare davanti ad un pubblico senza aver studiato lo strumento perché tutti immediatamente capiscono che non sei preparato nella materia, è immediata questa cosa, l’orecchio ha delle precise esigenze. Mentre per quanto riguarda la pittura, l’occhio si lascia ingannare, nel senso che è più difficile accorgersi se uno ha fatto o meno un percorso tecnico. Comunque secondo me le due tecniche vanno approfondite molto: per arrivare ad eseguire quello che senti devi avere una tecnica che ti consente di farlo.

Ad esempio, molte volte ci si chiede perché in pittura le persone partano dallo studio delle copie dei grandi artisti, in realtà è lo stesso percorso fatto in musica dove si parte studiando Bach, Mozart, proponendo delle vere e proprie copie.

7) È COMPIACIUTO DI ESPORRE IN MOSTRA PERSONALE NELLO STORICO CONTESTO DELLA “MILANO ART GALLARY” CON L’ORGANIZZAZIONE DEL MANAGER SALVO NUGNES?

Sono molto contento di fare questa mostra, e soprattutto di portare quello che è il mio territorio, cioè quello che vivo e quello che faccio qui nella mia città, sono contento di esporlo di portare a Milano questi miei lavori.

8) E’ LA PRIMA VOLTA CHE ESPONE A MILANO?

A Milano si, ho esposto anche all’estero e in varie città della Lombardia ma a Milano non avevo ancora avuto la fortuna di portare le mie tele, grazie al manager Salvo Nugnes sono riuscito a realizzare questa personale.

9) QUALI QUADRI VERRANO ESPOSTI ALLA “MILANO ART GALLERY”?

Alla Milano Art Gallery porto la tematica di Cremona, cioè quello che è la città di Cremona vista con i tre temi principali che sono: in primis la piazza, quindi Piazza Duomo, che è una sorta di  racconto fra quello che noi viviamo e lo sfondo che ci appartiene da sempre ed è una meraviglia del passato; la campagna intorno a Cremona, quello che è ancora, piccole stradine di campagna con in lontananza la città come profilo, e come terzo tema il fiume ovviamente, che accompagna la nostra città da sempre.

10) C’E’ UN ARTISTA PARTICOLARE O UNA CORRENTE/MOVIMENTO ARTISTICO CHE HA INFLUENZATO MAGGIORMENTE LA SUA RICERCA ED EVOLUZIONE STILISTICA?

Beh, amo tanti tipi di pittura molti sono diversi anche da quello che faccio intendo dire amo la pittura nelle sue diverse espressioni, mi piacciono molto Schiele, Klimt ma anche Michelangelo, Raffaello e Leonardo, tutti i pittori che in un certo senso portano avanti un loro ideale pittorico. Io mi rifaccio particolarmente alla pittura dell’800, con le sue pennellate vibranti con il modo romantico di esprimere la realtà, però mi piace anche la pittura moderna, la pittura astratta.

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Leonardo da Vinci e la Macchina del Volo: tutta la verità.

Negli ultimi anni, sulla figura di Leonardo da Vinci si sono sprecati fiumi di inchiostro, portando l’attenzione su aspetti misteriosi e curiosi dell’attività del Genio.
Solo raramente si è approfondito in modo tecnico e scientifico gli episodi specifici dell’opera di Leonardo, se non per creare improbabili collegamenti con altri immaginari tutto sommato “commerciali”; da un lato, con un mondo occulto e paramassonico (danbrownesco/giacobbesco..); dall’altro, con l’attualità di una ricerca positivista e neoscientista (pierangiolesca..). Ma dell’animo di Leonardo, ricercatore cinquecentesco intriso di retaggi alchemistici non meno che di predisposizioni tecnicistiche, si ha avuto raramente una visione corretta e ben storicizzata.

Ad analizzare in modo il più possibile completo un episodio storico dell’opera di Leonardo, è il regista Stefano Pernice, autore del documentario “Leonardo – il volo di Fiesole”. Il Dvd, prodotto dalla Mediaframe di Firenze, è attualmente in distribuzione su web e in tutte le edicole della città che ha visto il Genio protagonista: Firenze.

Il tentativo di volo umano realizzato da Leonardo, si svolse nel 1506, sul colle fiesolano di Monte Ceceri. Tutti i precedenti tentativi di volo umano, che si sappia, erano falliti. Ma Leonardo, dopo anni di studi meccanici e antropologici, era fortemente convinto della funzionalità della sua macchina, tanto da vantarsi dell’imminente riuscita del volo.
Ma dell’evento storico in sé, e della sua parziale riuscita, ahimé non è rimasta una conferma definitiva.

La Macchina del Volo è forse uno degli ultimi esempi d’ingegno umano ispirato alla filosofia alchemica.
Fondata su una ricerca di analogie tra uomo ed animali, e tra aria ed acqua, essa rappresenta un “progetto ideale” i cui valori simbolici coincidono con funzioni meccaniche.
Secondo la leggenda, fu Tommaso Masini da Peretola, detto Zoroastro, a sperimentare la macchina. Si dice che l’”Uccello” riuscì a planare sul cielo di Firenze per oltre 1000 metri, atterrando bruscamente in località Camerata. Le fonti storiche ci confermano, per lo meno, che Tommaso ne uscì praticamente illeso.

Per maggiori informazioni su questo documentario:

http://www.mediaframe.it/catalogo_leonardoilvolo.htm

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Un caso letterario, Il Codice Da Vinci

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  • 11 Aprile 2007

Santo Graal, Cavalieri templari, L’Ultima Cena e La Gioconda: prima che arrivasse il Codice da Vinci questi e molti altri concetti evocavano pressappoco le stesse immagini mentali a milioni di persone, lasciando sì un fisiologico margine di rappresentazione autonoma ma collocandosi sempre all’interno di una stessa dimensione storico-culturale. Ebbene, il ciclone di Dan Brown (questo è il nome dell’autore dell’ormai noto Il codice da Vinci che ha venduto 3 milioni e mezzo di copie negli Stati Uniti ed è diventato un vero e proprio best seller internazionale) ha rivoluzionato queste nozioni, le ha caricate di un senso ambivalente, entrando inevitabilmente in rotta di collisione con molte posizioni storiche e religiose tradizionali. Come avrebbe potuto essere altrimenti?

Il Santo Graal non sarebbe la coppa in cui Cristo ha bevuto durante l’ultima cena ma piuttosto colei che porta con sé la discendenza di Gesù, vale a dire Maria Maddalena, la quale ha partorito il figlio di Cristo dando luogo a una stirpe che arriva fino ai giorni nostri. Siete scoinvolti? Questa è soltanto una delle tesi più ardite su cui è costruito il Codice Da Vinci, ma è sufficiente per capire la dimensione straniante in cui Brown fa precipitare il lettore e sopratutto gli strali che si tira dietro. Ora, il capovolgimento dei pilastri della nostra cultura religiosa e non solo, il trionfo dell’eccentrico inteso come devianza dalla “normalità”, ma sempre collegato a luoghi ed elementi usuali che ne avvalorano la portata di verità, l’assunzione dell’ignoto come regola che schiaccia il noto sono sicuramente i motivi fondamentali dell’enorme successo del romanzo. Il lettore ama scoprire nessi che non avrebbe mai immaginato, si compiace di vedere confermate alcune sue intuizioni cariche di dietrologia sulla storia della chiesa e dei Vangeli. Ma c’è di più: il Codice Da Vinci è la consacrazione dell’elemento femminile, reso protagonista e arteficce del destino, delle grandi menti della cultura occidentale al servizio di un segreto che è anzitutto adorazione di Maria Maddalena in quanto donna.

C’è da dire che tutto questo non può che lusingare migliaia di esponenti del sesso debole alla continua ricerca di una rivalsa su secoli si storia al maschile.

I detrattori di Brown non potranno negare le sue grandi doti di acuto osservatore del mercato: l’autore de Il Codice Da Vinci sa cosa vuole il pubblico e confeziona un prodotto che garantisce alta fedeltà! Addirittura nelle città in cui è ambientato il romanzo (Parigi e in misura minore Londra) sono stati organizzati dei tour che portano il visitatore nei luoghi della narrazione e Hollywood si è già fatta avanti comprando la sceneggiatura da cui ben presto verrà tratto il film: insomma, una vera e propria macchina da soldi!

Per tornare al Codice, vale la pena leggerlo in tutto relax, gustando i colpi di scena e le ardite simbologie.

Pausa.

Una rilettura è d’obbligo: questa volta a caccia di svarioni, con una consapevolezza scientifica da fare invidia al nostro caro Leonardo!

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