Archives

Comunicati

GENEZARET: ARGOMENTAZIONI A CARATTERE TEOLOGICO-LITURGICO

Città sempre della Galilea settentrionale, Genezareth è luogo turistico per le meravigliose bellezze naturali e teologiche che essa include dentro di sé.

Vediamo in questo contributo di evidenziarne i tratti specificamente teologici.
genezaret, galilea, teologia, cinzia randazzo, coeconews

Genesaret diviene il luogo di approdo di Gesù e dei suoi discepoli dopo aver attraversato il mare di Galilea: “Compiuta la traversata, approdarono e presero terra a Genesaret” (Mc 6,53).

Genesaret, denominata anche Tiberiade, è una città della Galilea posta dalla parte nord occidentale dell’omonimo lago.

Approdati a Genesaret, Gesù, insieme ai suoi discepoli, scese dalla barca e la gente “lo riconobbe, e accorrendo da tutta quella regione cominciarono a portargli sui lettucci quelli che stavano male, dovunque udivano che si trovasse” (Mc 6,54-55).

Genesaret è il luogo in cui Gesù realizza la sua missione salvifica per 3 ragioni:

perchè accoglie la gente che gli porta i malati

perchè consente agli indigenti la possibilità di toccarlo: “E dovunque giungeva, in villaggi o città o campagne, ponevano i malati nelle piazze e lo pregavano di potergli toccare almeno la frangia del mantello” (Mc 6,56).

perchè permette ai malati di toccarlo e di guarirlo: “Quanti lo toccavano guarivano” (Mc 6,56).
genezaret, galilea, teologia, cinzia randazzo, coeconews

Genesaret offre a Gesù lo spazio per accogliere i malati e per toccargli la frangia del mantello al fine di ottenerne la guarigione.

Sotto questo profilo Genesaret diviene il luogo propizio per compiere una vera e propria azione liturgica tesa a sanare gli indigenti; azione liturgica che viene realizzata in parte dal popolo e in parte dal maestro attraverso questi gesti:

la gente vede il maestro. Genesaret permette alla gente di “vedere” Gesù.

La gente accorre da tutta la regione della Galilea. Genesaret acquista il ruolo di essere luogo di ritrovo dei malati.

La gente porta sui lettucci i malati. Genezaret offre lo spazio per mettere i lettucci sulle piazze

la gente si avvicina a lui perchè ha udito che era lì. Genezaret diviene il luogo sonoro della presenza del maestro e della diffusione della notizia che il maestro era lì.

Luogo di supplica. Genezaret è testimone dell’azione supplichevole del popolo che chiedeva a Gesù di potergli toccare almeno il lembo del mantello.

L’azione “tattica” del popolo. La gente tocca il lembo del mantello di Gesù.

L’azione sanatrice di Gesù
genezaret, galilea, teologia, cinzia randazzo, coeconews

Da ciò si deduce che l’azione liturgica di Gesù, diretta a guarire i malati, è strettamente interconnessa, o meglio dipesa, da quella del popolo, per cui tale azione liturgica sembra essere posta a coronamento di quella voluta e “compiuta” realmente dalla stessa gente: alla richiesta e alla fattiva azione liturgica della gente segue la conseguente e istantanea azione liturgica di Gesù, perchè Gesù guarice subito quanti lo “toccano”.

Sempre a Genezaret i farisei intavolano una discussione con Gesù “avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani immonde, cioè non lavate – i farisei infatti e tutti i giudei non mangiano se non si sono lavate le mani fino al gomito, attenendosi alla tradizione degli antichi (…)” (Mc 7,2-5).

I farisei si attenevano scrupolosamente alla legge, con lo scompenso di trasmettere una liturgia della Parola vuota, perchè fine a se stessa.
genezaret, galilea, teologia, cinzia randazzo, coeconews

A questa liturgia “letterale” della parola, svuotata del suo senso spirituale, Gesù contrappone quella “spirituale”:

Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto: «Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano essi mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini” (Is 29,13).

Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini». E aggiungeva: «Siete veramente abili nell’eludere il comandamento di Dio, per osservare la vostra tradizione. Mosè infatti disse: «Onora tuo padre e tua madre, e chi maledice il padre e la madre sia messo a morte (Mc 7,6-10).

Alla base di una liturgia della parola vuota di senso sta il fatto che questa poggia sulla tradizione degli uomini e non sulla volontà di Dio.

Gesù, alla liturgia della parola compiuta dai farisei a causa della loro fedele osservanza alla “tradizione degli uomini”, oppone una nuova liturgia della parola fondata sul “timore di Dio”, dove l’elemento che contraddistingue questa liturgia è la predisposizione del cuore ad accogliere la volontà di Dio e non quella della tradizione fondata dagli uomini.
genezaret, galilea, teologia, cinzia randazzo, coeconews

La vera liturgia “spirituale” della parola, proposta da Gesù, prende le mosse dalla cura, dalla attenzione e dal particolare riguardo che il fedele ha nei riguardi di Dio.

Dalla cura, dall’attenzione, dalla profonda riverenza e rispetto che l’uomo ha per Dio; attenzione che deriva dal sottomettere la propria volontà a quella di Dio ne scaturisce una liturgia della parola “piena”, nel senso che la parola trasmette in sé il sentimento cardine del timore di Dio, posta al fondamento di una vera e propria liturgia “spirituale” della Parola.

L’intera vita del credente diviene liturgia della parola, secondo Marco.

Sotto questo profilo Genezaret assume su di sé la caratteristica di essere il luogo in cui Gesù fa nascere la liturgia della Parola di Dio, annullando quella propria dei farisei, perpetuata sulla “tradizione” voluta dagli uomini e non da Dio.
genezaret, galilea, teologia, cinzia randazzo, coeconews

Sempre a Genezaret Gesù puntualizza che ciò che contamina l’uomo proviene dal cuore e non dall’esterno (Mc 7,14-16).

Gesù ripete la stessa cosa ai discepoli, spiegando loro che “dal cuore degli uomini escono le intenzioni cattive: fornicazioni, furti, omicidi (…)” (Mc 7,21-23).

Alla luce dell’insegnamento del maestro Genezaret diviene il luogo in cui i discepoli imparano che la vita di ogni uomo può diventare una vera e propria liturgia della Parola di Dio se dal suo interno, cioè dal suo cuore, escono intenzioni buone, tese a propagare nel mondo l’amore che il Padre ha avuto verso il Figlio e il Figlio verso tutti gli uomini.

Genezaret diviene testimone del nuovo insegnamento teologico-liturgico del maestro, in relazione al quale i discepoli comprendono che la stessa vita del credente è tesa a divenire, se lo vuole, – cioè se emana dal suo cuore intenzioni positive, dove traspare il fermo proposito di onorare il creatore – tempio di Dio, dove i “segni” liturgici vengono scanditi dal propagare la Parola di Dio e dal compiere buone azioni.

Cinzia Randazzo

No Comments
Comunicati

I monti dellaGalilea

In questo contributo, che sussegue al precedente, ci accingiamo a presentare le montagne della Galilea che, per il loro alto significato teologico, destano attenzione ai visitatori che sono intenzionati ad assaporare questi encomiastici luoghi biblici di impareggiabile memoria.
monti, galilea, cinzia randazzo, coeconews

I monti nei pressi del lago di Tiberiade

Il monte a cui fa riferimento Marco in 3,13 è quello che si erge sovrano al di là del lago di Tiberiade:

Gesù intanto si ritirò presso il mare con i suoi discepoli e lo seguì molta folla dalla Galilea (…) 13. Salì poi sul monte, chiamò a sé quelli che egli volle ed essi andarono da lui (Mc 3,7.13).

Secondo la costituzione geografica del lago a forma di cetra perchè “la sua lunghezza massima da nord a sud è di 21 km e la larghezza di 11 km da est a ovest, con una superficie di circa 65 km2 e una profondità massima di circa 45 m” , il monte indicato da Marco, sul quale salì Gesù, potrebbe essere il Ğebel Kancan, la cui vetta raggiunge gli 855 metri, cioè la parte più alta del terreno, la cui base poggia sulla pianura del lago, il quale “ha solo una piccola spiaggia che si allarga a nord-ovest per formare la pianura di Genezaret”.

Gebel in arabo dialettale “denota una montagna o un’elevazione del terreno di altezza considerevole”, venendo a coincidere con la parte più alta del lago di Tiberiade, collocato in terra di Canaan (Palestina).

Molto probabilmente Gesù salì proprio su questa montagna, formatasi dal rialzamento del terreno adiacente al lago di Tiberiade.

Su questo monte Gesù istituisce i dodici apostoli, ai quali conferisce l’onere di predicare e di scacciare i demoni, imponendo loro i nomi.

monti, galilea, cinzia randazzo, coeconews

Ne costituì dodici che stessero con lui e anche per mandarli a predicare e perchè avessero il potere di scacciare i demoni. Costituì dunque i dodici.

Simone, al quale impose il nome di Pietro; poi Giacomo di Zebedeo e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanerghes, cioè figli del tuono; e Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananeo e Giuda Iscariota, quello che poi lo tradì (Mc 3,14-19).

Tra quelli che Gesù chiamò e andarono con lui sul monte, egli ne scelse dodici.

Alla chiamata di Gesù segue la elezione dei dodici.

A ognuno di loro impose il nome, indice dell’incarico e della specifica missione affidati loro da Gesù.

La missione data da Gesù a ognuno di loro procede dal nome che Gesù scelse per ognuno di loro.
monti, galilea, cinzia randazzo, coeconews

L’istituzione dei dodici sul monte è scandita da questi tre elementi: chiamata, elezione, incarico.

Il Ğebel Kancan viene ad essere il luogo teologico non solo della chiamata degli apostoli, perchè sulla base della loro fede egli scelse quelli e non altri, ma anche della loro specifica missione, riassumibile nell’incarico affidato a loro da Gesù, che è quello di predicare la buona novella e di scacciare gli spiriti maligni.

Su questo monte pertanto, per volontà del Maestro, nasce la chiesa ministeriale, la piccola cerchia ristretta dei fedelissimi di Gesù, perchè solo ai dodici Gesù ha dato il potere di compiere le sue speciali funzioni: quella di predicare e di scacciare i demoni.

Gesù anticipa il mandato vero e proprio degli apostoli che prende piede all’indomani della sua risurrezione (Mc 16,15-20), perchè dopo che risorse Gesù, affidando lo Spirito ai dodici, dette loro l’incarico di predicare in tutto il mondo il kerygma e il potere di togliere i demoni.

Tale monte quindi viene ad essere il luogo di origine della chiesa dei dodici, perchè su questo spuntò questo piccolo germoglio che si estenderà in dimensioni maggiori nella chiesa primitiva, descritta negli Atti degli apostoli (At 1-4).
monti, galilea, cinzia randazzo, coeconews

Il monte diviene per i discepoli il luogo propizio per la preghiera, della quale si nutre la vita dello spirito:

E subito costrinse i suoi discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, a Betsaida, finchè non avesse congedato la folla. Quando li ebbe congedati, andò sul monte a pregare (Mc 6,45-46).

Gesù dimostra di essere unito al Padre nello Spirito, a tal punto che fa precedere la preghiera al Padre prima di salire in barca insieme ai discepoli, per raggiungere l’altra riva vicino a Betsaida.

Forte è il senso del timore di Dio in Gesù, in quanto egli è attaccato al Padre nello Spirito, prediligendo questa sua unica e singolare prerogativa con la preghiera.

Questo monte è il luogo in cui Gesù nobilita la vita dello Spirito mediante la preghiera, iniziando a manifestare il suo singolare timore per Dio; timore che raggiungerà la sua forma più alta nel Getsemani – dove Cristo, ai piedi del monte degli Ulivi, inizia a “patire” per amore del Padre – e il suo culmine sul Golgota con la morte sulla croce.
monti, galilea, cinzia randazzo, coeconews

Il discorso della “montagna”

Prima di salire sulla “montagna” Gesù si aggirava a Cafarnao, presso il mare della Galilea e precisamente nella zona di Zabulon e Neftali; ambedue posti nella Galilea orientale :

lasciata Nazaret, venne ad abitare a Cafarnao, presso il mare, nel territorio di Zabulon e di Neftali, perchè si adempisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia: «Il paese di Zabulon e il paese di Neftali, sulla via del mare, al di là del Giordano, Galilea delle genti; il popolo immerso nelle tenebre ha visto una grnde luce; su quelli che dimoravano in terra e ombra di morte una luce si è levata» (Mt 4,12-16).

Il territorio di Neftali “confinava a ovest con Aser, a sud con Zabulon e Issacar, e a est era delimitato dal fiume Giordano e dal lago di Tiberiade”, comprendendo al suo interno Tabga e il monte delle beatitudini, posto a ovest rispetto alla città di Cafarnao , ai cui piedi si estendeva il territorio di Zabulon.
monti, galilea, cinzia randazzo, coeconews

Dalla testimonianza di Marco Gesù, prima di salire sulla montagna, percorreva il mare della Galilea e camminava attorno alla Galilea (Mt 4,18.23).

Da questi dati si può presumere che la “montagna” sulla quale Gesù salì è quella che si erge in prossimità del lago di Tiberiade, alla quale è possibile arrivare, partendo da Tabga, posta proprio ai piedi del cosiddetto “monte delle beatitudini”.

Tabigah è un luogo “vicino al lago di Genezaret, poco più di 3 km a sud-ovest di Cafarnao, a nord di Hirbet el-Oreimah e ai piedi del monte delle Beatitudini”.

Gesù sale su questo monte perchè vede intorno al mare di Galilea molta folla. Egli, salendo sul monte, si allontana dalla folla e, rimanendo solo con i suoi discepoli che gli si avvicinarono, li ammaestra.

La montagna così diviene il luogo di insegnamento di Gesù, perchè lì il maestro insegna loro i contenuti fondamentali della buona novella che egli apporta nel mondo con la sua venuta sulla terra.

La buona novella insegnata da Gesù non è in contraddizione con l’antica, ma in linea di continuità con essa: “Non pensate che io sia venuto ad abolire la legge o i profeti, non sono venuto per abolire, ma per dare compimento” (Mt 5,17).

Attorno a questo perno centrale ruota tutto il discorso della montagna che si divide in due parti: la prima parte è incentrata sui concetti fondamentali del nuovo regno di Dio, sui quali si fonda il suo ammaestramento (Mc 5,1-47), mentre la seconda parte è imperniata sulla prassi di vita che, alla luce del suo insegnamento, diviene regola di vita (Mt 6,1-7,28).
monti, galilea, cinzia randazzo, coeconews

La montagna è quindi il luogo in cui il maestro impartisce ai discepoli pericopi di edificazione spirituale e pratica.

Sulla montagna Gesù insegna tramite le pericopi di edificazione che sono di due tipi:

anagogico-spirituale anagogico-pratico. Il primo ordine di pericopi, di stampo spirituale, è il sapere da Gesù che verranno ricompensati coloro che vivono beati seguendo la vita dello Spirito e la vita pratica della carità, che si estrinseca nell’operare la pace e nell’essere perseguitati a causa della giustizia.

La seconda pericope spirituale è il venire a conoscenza, dalle parole del Maestro, che per essere sale della terra e luce di vita è indispensabile che la luce della verità risplenda nei cuori e nei fatti di coloro che l’hanno ricevuta (Mt 5,13-16).

La terza pericope dello stesso genere, direttamente espressa dalla bocca di Gesù, insegna che Gesù è venuto a dare compimento alla legge.

Egli dimostra questo affermando che in lui si compie la nuova giustizia, riassumibile nella volontà e nella prassi della riconciliazione e dell’amore verso tutti, specialmente verso i nemici, alla stessa stregua del Padre celeste che estende il suo amore verso tutti, indipendentemente dalle mancanze e dai soprusi di ogni singola persona (Mt 5,17-47).

Queste pericopi (le prime) sono al fondamento per la realizzazione di quelle pratiche (delle seconde).

Infatti l’elemosina compiuta in segreto ha più valore di quella compiuta in pubblico, perchè egli realizza la nuova giustizia in quanto è convinto che al fondamento della stessa c’è Cristo: è lui che ricompensa sulla base della fede in Lui.

Per questo motivo l’elemosina, la preghiera e il digiuno vanno fatti non per farsi vedere dagli altri, ma per la fede in Cristo che, vedendo in segreto le opere del benefattore, dà a lui una mercede sovrabbondante (Mt 6,1-6.16.18).
monti, galilea, cinzia randazzo, coeconews

Per quanto riguarda la preghiera Gesù insegna come pregare Dio padre che è nei cieli, evitando di sprecare vane parole perchè lui sa ciò di cui abbiamo bisogno.

Il perdono è al fondamento della nuova giustizia, il quale sta alla base dell’esercizio di un culto gradito al Padre: il fedele nella preghiera del Padre nostro chiede al Padre di ottenere la remissione dei peccati e il Padre glielo concede, se anche lui ha perdonato le colpe degli altri.

Nella pratica del perdono, della riconciliazione e dell’amore si manifesta la vera fede del credente che ripone fiducia in questi tesori che mai saranno consumati dal tempo (Mc 6,19-21). Il fedele può accumulare questo genere di tesori solo se il suo spirito è predisposto ad accoglierli (Mc 6,22-23).

In tal modo il fedele compie e realizza il regno di Dio e la sua giustizia e, conseguentemente, gli verranno dati dal Padre celeste tutte le cose di cui ha bisogno (Mt 6,25-34). Infatti i veri discepoli sono coloro che compiono fattivamente la volontà del Padre, per cui il fedele è chiamato ad evitare questa serie di comportamenti:

non giudicare, perchè chi giudica verrà a sua volta giudicato nella stessa misura. Non cercare di persuadere persone non intenzionate ad accogliere la buona novella (Mt 7,6).

Coloro che accolgono il regno di Dio e la sua giustizia quando pregano riceveranno dal Padre quanto chiedono (Mt 7,7-11) e non faranno agli altri ciò che non vogliono che sia fatto su di loro (Mt 7,12).

Essi sono coloro che hanno scelto la via del bene che è stretta, perchè pochi vi entrano (Mt 7,13-14).

Questi vengono identificati da Gesù con i veri discepoli che seguono la via accordata loro dal Padre celeste, guardandosi e allontanandosi dai falsi profeti che producono frutti che conducono alla morte (Mt 7,15-20).
monti, galilea, cinzia randazzo, coeconews

La montagna è quindi il luogo in cui il maestro impartisce ai discepoli pericopi di edificazione spirituale e pratica, improntate all’immagine del nuovo regno: la nuova legge, apportata dal Maestro, diviene cibo di vita eterna se vissuta, secondo le regole pratiche che Gesù insegna ai discepoli nella seconda parte del suo discorso.

Sulla base di ciò queste pericopi di vita pratica divengono copia vivente di quelle spirituali, perchè le prime sono le dirette copie delle seconde, per cui i poveri di spirito, gli afflitti, i miti, i misericordiosi, gli aspiranti della giustizia, i puri di cuore, gli operatori di pace e i perseguitati vengono denominati beati in quanto, sull’orma dei profeti, avranno una grande ricompensa nei cieli; a loro spetta una mercede sovrabbondante (Mt 5,3-12).
monti, galilea, cinzia randazzo, coeconews

La trasfigurazione

Il monte sul quale avvenne il miracolo della trasfigurazione è molto probabilmente identificato col monte Hermon, dal momento che Gesù, prima di salire sul monte, si aggirava attorno alla città di Cesarea di Filippo in Galilea per annunziare la sua passione.

Questa città è “collocata sulle pendici meridionali del monte Ermon, presso una delle sorgenti del fiume Giordano”.

Il monte Hermon si erge imponente sulla città, essendo la cima più elevata di tutto il Vicino Oriente, svettando di 600 metri su ogni altra parte dei Monti del Libano e dominando sulla pianura di Basan e l’alta valle del Giordano.

Sul monte Gesù si è trasfigurato davanti a Pietro, Giacomo e Giovanni, divenendo le sue vesti candide come la neve. La potenza del suo Spirito ha trasformato le sue vesti, rendendole candide, simboli del suo corpo e del suo spirito immuni da ogni forma di peccato.

Le vesti attestano che solo Gesù possiede questo singolare e unico privilegio, dettato dalla sua figliolanza divina.

Insieme a Gesù apparvero Elia con Mosè che discorrevano con lui.

Apparvero solo questi due profeti, perchè il primo gode della gloria di Dio in quanto è salito al cielo sopra un carro di fuoco (2Re 2,11) e il secondo in quanto è stato il diretto esecutore della Parola di Dio, in quanto a lui solo Dio dette le tavole della Torah (Es 20,2-18).
monti, galilea, cinzia randazzo, coeconews

L’episodio della trasfigurazione si collega a quello del battesimo perchè, dalla nube che avvolse nell’ombra i presenti, si sentì una voce che proclamava Gesù essere il figlio prediletto, invitando gli apostoli ad ascoltarlo (Mc 9,7-8).

Questa voce, sulla falsariga del battesimo, proviene dal Padre, il quale esorta gli apostoli ad ascoltare quanto suo figlio prediletto diceva loro.

Il fatto stesso che Gesù parlava con Elia e con Mosè attesta che questi sono i sapienti dell’antica legge, nei quali risplende la sapienza dell’antica legge e dell’antica giustizia: ambedue parlano con Gesù perchè lo precedono, essendo i precursori della sua nuova legge e della sua nuova giustizia.

A tal proposito Lenhardt afferma che questo ascoltatelo – presente anche nei due altri racconti di Marco e Matteo – dimostra che l’elezione di Gesù Cristo è perchè si ascolti colui che è il figlio benamato e, secondo la risonanza con il capitolo 8 del libro dei Proverbi, colui che è, per i cristiani, l’incarnazione della Torà di Israele o, per riprendere la formula tradizionale, della “saggezza di Israele.

Infatti le vesti splendenti sono possedute solo da Gesù e non da Mosè ed Elia, perchè solo in Lui rifulge in pienezza la sapienza del Padre, per cui Mosè ed Elia, con i quali Gesù parlava, sono l’incarnazione della sapienza anticotestamentaria, nei quali sono insiti, per dirla con Giustino, i semi del Logos (Cristo preesistente).

Da questo punto di vista Gesù parlava con Mosè e con Elia perchè, in qualità di eletti, essi rappresentano la sapienza anticotestamentaria, cioè la Torah che non è in contraddizione ma in linea di continuità con la nuova sapienza, incarnatasi in Cristo; nuova sapienza che rappresenta non una cesura con la Torah, ma il compimento della Torah stessa.

A partire da tale quadro ascoltare Gesù secondo il messaggio della trasfigurazione è dunque illuminarsi della sua Torà e della sua pratica.

Così facendo potremo essere veri imitatori di Dio sull’esempio del Cristo.

Cinzia Randazzo

No Comments
Comunicati

Le montagne in Palestina

I monti della Palestina detengono un proprio e specifico significato teologico, a seconda della loro collocazione a nord, al centro o al sud della Palestina.

Percorriamo in un primo paragrafo le catene montuose situate nella Giudea, a sud della Palestina, per poi passare a quelle della Galilea (nord), e infine a quelle della Samaria (centro).

Ebron

Dopo che l’angelo annuncia il concepimento di Maria per opera dello Spirito Santo, Maria s’incammina verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda: “In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna (ὀρεινήν) e raggiunse in fretta una città di Giuda” (Lc 1,39).

Il termine greco ὀρεινός indica non solo la zona montagnosa ma anche quella collinare.

La zona montuosa nella Giudea si colloca sul suo versante settentrionale e centrale, essendo costituita da due catene distinte; l’una, comprendente Efraim (Betel), situata nella parte nord-ovest della regione, mentre l’altra, che si estende nel territorio di Giuda, è situata, sempre a levante, nella parte centrale della Giudea.
montagne palestina, giudea, galilea, samaria, cinzia randazzo

Data la vastità di estensione di queste due grandi catene montuose, riteniamo opportuno puntualizzare che i geografi dividono i monti della Giudea in tre regioni: i monti di Ebron, che partono dal nahal Beer Sheva, una quarantina di chilometri a sud di Ebron, e terminano poco prima di Betlemme; la sella di Gerusalemme, che approssimativamente si estende da Betlemme fino a parecchi chilometri a sud di Ramla; e i monti di Betel, che giungono fino al wadi Sereda.

Dalla descrizione che ci dà Luca, la montagna è situata nella regione di Giuda, la quale è molto probabilmente identificabile con quella dell’Ebron; conseguentemente la città in cui Maria si recò potrebbe essere stata proprio Ebron, perchè essa è una delle città centrali nella regione collinare meridionale di Giuda, poco più di 30 km a sud-ovest di Gerusalemme.

È situata su uno dei punti più alti (ca. 925m s.l.m.) della dorsale montuosa centrale ed è una delle più antiche città ininterrottamente abitate della Palestina.

Si trova in un’area con abbondanti riserve d’acqua costituite da pozzi e sorgenti ed è un centro regionale di coltivazione della vite e dell’olivo.

Quando Maria, entrando in casa di Zaccaria, saluta Elisabetta il bimbo, che Elisabetta portava nel grembo, fece sentire la sua voce piena di letizia: Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo.

Elisabetta fu piena di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: “Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo grembo!

A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo (Lc 1,41-44).
montagne palestina, giudea, galilea, samaria, cinzia randazzo

Elisabetta stessa, avvertendo il sussulto di gioia emanato dal bimbo che portava nel suo grembo, si rese consapevole che Maria era la benedetta fra tutte le donne insieme a colui che Maria aveva nel grembo.

La città di Giuda viene ad essere dapprima, secondo Luca, il luogo in cui è stato concepito Giovanni Battista, il precursore di Gesù e dopo il luogo dove nacque il Battista e dove le venne posto il nome di Giovanni, per cui in tutta la catena montuosa della Giudea proliferavano le notizie della nascita, dell’imposizione del nome Giovanni al bambino, figlio di Elisabetta e di Zaccaria e del miracolo avvenuto su Zaccaria, il quale, quando scelse di dare il nome Giovanni al bambino, egli incominciò a parlare perchè prima era muto (1,59-66).

Un ulteriore indizio che comprova che la città di Giuda, luogo natale del Battista, sia collocata nei pressi del monte Ebron è il fatto che Maria rimase presso Elisabetta fino alla nascita e alla circoncisione di Giovanni il Battista, perchè dopo tornò a Nazareth in Galilea (Lc 1,26.56).

Usualmente, secondo la Legge del Signore, il bimbo veniva circonciso nel tempio di Gerusalemme per offrirlo al Signore.

Gerusalemme infatti non è molto distante né da Ebron e né da Betlemme, città in cui nacque Gesù, perchè entrambe sono ubicate nella regione di Giuda, per cui questo è un ennesimo indizio per supporre che la “città di Giuda” fosse proprio Ebron.
montagne palestina, giudea, galilea, samaria, cinzia randazzo

Viene così resa credibile che la città di Giuda fosse proprio Ebron a motivo del fatto che anche dal punto di vista teologico Giovanni Battista, essendo il precursore di Gesù, non poteva nascere in una città distante da Betlemme, ma in una città vicina come quella di Ebron.

Infatti Ebron è collocata a sud di Betlemme, segno premonitore della inferiorità del Battista nei riguardi di Gesù: “viene uno che è più forte di me, al quale io non son degno di sciogliere neppure il legaccio dei sandali” (Lc 3,16).

Ermon

Un altro monte viene menzionato da Matteo in occasione della tentazione di Gesù da parte del diavolo, dopo che Satana depose Gesù sul pinnacolo del tempio :

Di nuovo il diavolo lo condusse con sé sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo con la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, prostrandoti, mi adorerai».

Ma Gesù gli rispose: «Vattene, Satana! Sta scritto: «Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi culto».

Allora il diavolo lo lasciò ed ecco gli angeli gli si accostarono e lo servivano (Mt 4,8-11).
montagne palestina, giudea, galilea, samaria, cinzia randazzo

Il monte altissimo, su cui viene condotto Gesù, sarebbe da identificare con il monte Ermon, la cui vetta con tre picchi al limite meridionale della catena montuosa dell’Antilibano, è “alta 2814 m s.l.m.

E’ la cima più elevata di tutto il Vicino Oriente, svettando di 600 metri su ogni altra parte dei Monti del Libano e dominando sulla pianura di Basan e l’alta valle del Giordano.

Dalla cima di questo imponente monte si possono ammirare le bellezze naturali e archeologiche di tutto il vicino Oriente, per cui ciò è un indizio credibile per identificare la montagna su cui Gesù venne portato dal diavolo.

Un particolare merita di essere puntualizzato: il diavolo fa vedere a Gesù dalla cima di questo monte tutti i regni del mondo, e questi regni sono direttamente ammirabili dal Monte Ermon:

Per la sua posizione al centro del territorio siro-palestinese, l’occhio dell’osservatore che si trovi sulla più alta delle sue tre cime principali (2759 m sul livello del Mediterraneo) abbraccia un panorama estesissimo: da Tiro sino al Carmelo, i monti della Galilea e della Samaria, dal lago di Tiberiade sino al Mar Morto, le steppe della Transgiordania e la regione dei Drusi.

“I regni del mondo” è un’espressione volta a indicare la vastità dei possedimenti e dei tesori riposti nell’Oriente antico; tutto ciò non è visibile dal monte Tabor, la cui visuale è ristretta alla terra di Canaan, terra promessa che Mosé vede dall’alto del monte Tabor per volontà di Dio:

In compenso della dolorosa esclusione di Mosè dalla Terra Promessa, la Bibbia interpreta come un gesto amichevole di Dio il fatto che, prima della morte, abbia potuto contemplarla da lontano, dall’alto del Pisgāh, una delle cime del monte Nebo che fa parte della catena degli Abarim, estendentesi lungo la costa orientale del mar Morto.

Da tale altura la vista non raggiunge in realtà l’intera estensione geografica della Terra Promessa, fino a Dan e Neftali al nord e al Mediterraneo a ovest, come dice letteralmente Deut 34,1-3 (…).

Mosè morì su quell’altura, «nel paese di Moab», come malinconicamente osserva Deut 34,5.

Un ulteriore indizio rende credibile che il monte, sul quale Gesù viene portato dal diavolo, non è il Nebo perchè, secondo la testimonianza di Matteo, Gesù si ritira in Galilea (Mt 4,12).

Il fatto che Gesù torna in Galilea non inficia in nessun senso che il diavolo lo abbia condotto sul monte Hermon, anzi tale monte facilita la sua discesa verso Cafarnao in Galilea, mentre invece se Gesù fosse stato condotto sul Nebo avrebbe dovuto attraversare il Giordano e parte della Giudea per arrivare in Galilea, ma siccome non c’è alcuna testimonianza in proposito dagli evangelisti è preferibile optare verso la prima ipotesi.

Pertanto questo monte permette a Satana di mostrare a Gesù tutti i regni e le ricchezze che questi possedevano.

Da questo monte Gesù notava la enorme ricchezza e la vastità dei regni del vicino Oriente.

Tale panorama permise a Satana di invertire il culto a Dio, cercando di persuadere Gesù di rivolgere a lui il culto in cambio del possesso di questi regni.

La risposta di Gesù è negativa.

Egli rifiuta Satana e la sua proposta di sottomissione a lui, perchè a Dio solo viene tributato il vero culto e Lui solo è degno di adorazione. Egli rifiuta Satana non in forza del suo libero arbitrio, ma in forza dei comandamenti che Dio ha dato al suo popolo (Dt 6,13).

Con questa risposta Gesù si appoggia al comandamento del Padre per ridare valore al culto “sabbatico”, cioè al culto che Egli rivolge quotidianamente a Dio come gli ebrei in giorno di sabato, i quali adorano Dio e si prostrano a lui compiendo un servizio per Dio e non per il mondo.

In Gesù rifulge il concetto del timore di Dio in senso ascendente: il timore di Dio per l’uomo, cioè il suo prendersi cura dell’uomo e della sua iniziativa di aiutarlo si compie in Cristo perchè Cristo, nel suo diniego a Satana, ha mostrato all’uomo e a Satana il suo filiale e unico attaccamento al Padre.

La Torah, secondo Manini, riassume il contenuto di fondo del precetto del sabato, strettamente connesso alla virtù del timore di Dio; timore che Gesù adempie nella risposta a Satana: “Si tratta ancora di un’imitazione di Dio: come Dio ha santificato il settimo giorno, così chi osserva il comandamento”.

Il sabato rappresenta il culmine dell’attaccamento di Dio al suo popolo; conseguentemente chi osserva il precetto del sabato imita Dio, comportandosi come lui: il sabato è imitazione di Dio: il Signore libera il popolo e di sabato il padrone dà riposo a persone e animali; è un giorno in cui l’uguaglianza prevale sulle dimensioni sociali (…). Il sabato è memoria e imitazione dell’opera di Dio per la salvezza.

In poche parole la Torah, incluso il precetto del sabato, ci dà le fondamenta o le linee basi, a partire dalle quali è possibile vivere il timore di Dio, ovvero l’amore per Dio: Insieme, le due tavole ci insegnano cosa vuol dire il duplice comandamento dell’amore: ama Dio con tutte le tue forze e ama il prossimo tuo come te stesso.

Questa forma di timore di Dio Gesù la adempie nella risposta a Satana.
montagne palestina, giudea, galilea, samaria, cinzia randazzo

Il monte degli Ulivi

Rimandiamo per la descrizione topografica di questo monte alla mia precedente monografia.

Gesù, arrivato nei pressi di questo monte, dette ordine a due discepoli di andare nel villaggio collocato di fronte a loro, perchè lì c’era un asino legato, l’unico che ancora non aveva portato alcuna persona su di sé, per condurlo a lui (Mc 11,1-6).

I discepoli fecero come Gesù aveva loro comandato e condussero l’asino da lui.

Il monte degli Ulivi è perciò il luogo in cui Gesù prepara il suo ingresso in Gerusalemme, perchè quando l’asino giunse da lui, da lì Gesù partì su questo per entrare in Gerusalemme.

A partire da tale quadro il monte degli Ulivi detiene un significato teologico, perchè diviene il luogo di preparazione per l’entrata di Gesù nel tunnel della sua passione.

Il monte dunque prepara la via che conduce Gesù all’ingresso nella città santa, dove tutti acclamano la sua messianicità, in vista della consumazione della sua pasqua.

Il monte degli Ulivi, sempre secondo i vangeli, è anche il luogo in cui Gesù inizia la sua passione: Giunsero intanto a un podere chiamato Getsemani, ed egli disse ai suoi discepoli: «Sedetevi qui, mentre io prego». Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni (…) (Mc 14,32-42).

Alle pendici del monte degli Ulivi, nel Getsemani , Gesù inizia la sua passione perchè la sua anima è triste fino alla morte. Gesù predica la sua morte e, prima che giungesse a tale podere, predisse il rinnegamento di Pietro (Mc 14,30-31).

Il rinnegamento di Pietro, predetto da Gesù in prossimità del monte degli Ulivi (Mc 14,26), racchiude un senso simbolico-teologico: esso esprime il rinnegamento, da parte dell’umanità, della Verità incarnatasi in Cristo.
montagne palestina, giudea, galilea, samaria, cinzia randazzo

Gesù, proprio nel Getsemani, “collocato ai piedi del monte degli Ulivi”, è colto dalla paura e dall’angoscia perchè percepisce prossima la sua morte; per tale motivo si getta per terra e inizia a pregare per non cadere in tentazione, invitando Pietro, Giacomo e Giovanni a vegliare insieme a lui.

Gesù conservò intatto il suo attaccamento al Padre anche al culmine della sua più profonda angoscia perchè sapeva di dover morire, restando sveglio e pregando il Padre, affinchè alcun demone s’impossessasse della sua anima.

In Gesù restò intatto il suo timore verso il Padre proprio e specialmente all’apice della sua più profonda angoscia.

Gesù si accorge della debolezza dei discepoli perchè non rimangono svegli ma si addormentano, per cui la loro anima è in preda alle passioni e, conseguentemente, fluttuante è il loro timore verso Gesù : Tornato indietro, li trovò addormentati e disse a Pietro: “Simone, dormi? Non sei riuscito a vegliare un’ora sola? Vegliate e pregate per non entrare in tentazione; lo spirito è pronto, ma la carne è debole.

Allontanatosi di nuovo, pregava dicendo le medesime parole.

Ritornato li trovò addormentati, perchè i loro occhi si erano appesantiti, e non sapevano che cosa rispondergli.

Venne la terza volta e disse loro: «Dormite ormai e riposatevi! Basta, è venuta l’ora: ecco, il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani dei peccatori.

Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino” (Mc 14,37-42).

Gesù, alla base del monte degli Ulivi, sperimenta non solo la desolazione morale, perchè sente l’abbandono del Padre a livello interiore e anche fisico “cadono gocce di sangue” , ma anche psichica, dal momento che si rende conto che Giuda si avvicina a Gesù per arrestarlo e farlo sentire abbandonato da tutti. Infatti tutti fuggirono, abbandonatolo (Mc 14,43-52).

Per Gesù, quindi, a partire da tali vicende, il monte degli Ulivi fu il luogo di inizio non solo della sua passione morale, ma anche di quella fisica. I due episodi, quello dell’angoscia di Gesù nel Getsemani e quello dell’arresto di Gesù, ne sono la prova tangibile e ne comprovano gli effetti in modo evidente.

Inoltre il monte degli Ulivi diviene il luogo del superamento della passione di Gesù, perchè ivi Gesù tornò in cielo dal Padre (At 1,9-12). Luca attesta che l’ascensione avvenne sul monte degli Ulivi insieme agli apostoli.

Sulla base di tali avvenimenti, il monte degli Ulivi scandisce in tre tappe il suo soggiorno in Gerusalemme:

preparazione della passione (ingresso in Gerusalemme)

inizio della passione (angoscia e arresto nel Getsemani)

superamento della passione con l’ascensione.

Cinzia Randazzo

No Comments