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Daiichi Sankyo: Edoxaban, prevenzione nei pazienti con coronaropatia concomitante

Fibrillazione atriale, edoxaban più sicuro del warfarin nella prevenzione degli eventi emorragici gravi e nei pazienti con coronaropatia concomitante

Roma, 15 novembre 2017 – Edoxaban (LIXIANA®), rispetto a warfarin, riduce i sanguinamenti e soprattutto quelli di maggior gravità nei pazienti con FA e riduce significativamente il numero degli eventi ischemici in pazienti con fibrillazione atriale e concomitante coronaropatia. A dimostrarlo sono due approfondite sotto-analisi del trial clinico ENGAGE AF-TIMI 48 (Effective aNticoaGulation with factor XA next GEneration in Atrial Fibrillation), presentate all’American Heart Association (AHA) Scientific Session che sta per concludersi ad Anaheim, in California.

La prima sotto-analisi ha analizzato l’incidenza degli eventi emorragici come definiti dalle quattro classificazioni più comuni, e i risultati dimostrano che, in base alla definizione utilizzata, esiste una differenza di circa quattro volte della frequenza di sanguinamenti nei pazienti con FA a rischio di ictus. Inoltre, in coloro che assumevano edoxaban, si è riscontrata una maggior riduzione del rischio di emorragia, rispetto a warfarin, nei sanguinamenti di maggior gravità. “Questi risultati dimostrano che, rispetto alla terapia standard con warfarin, edoxaban riduce sensibilmente il rischio di eventi emorragici, in particolare quelli di maggior gravità”, ha spiegato Brian A. Bergmark, autore del TIMI Study Group, Divisione di Medicina Cardiovascolare, Brigham and Women’s Hospital e Harvard Medical School di Boston.

Una ulteriore analisi post-hoc del trial ENGAGE AF-TIMI 48, fornisce informazioni su edoxaban in pazienti affetti da FA con coronaropatia conclamata, e ha evidenziato che con edoxaban (60/30 mg) rispetto a warfarin, si verifica una maggior riduzione degli eventi ischemici nei pazienti affetti da coronaropatia rispetto a quelli non affetti. I dati mostrano che nei pazienti affetti da FA e concomitante coronaropatia, coloro che hanno assunto edoxaban hanno presentato una riduzione, rispetto a warfarin, di ictus/eventi embolici sistemici (1,4 versus 2,1%) e di infarto miocardico (1,4 versus 2,0%). I sanguinamenti maggiori, infine, nei pazienti che ricevevano edoxaban sono stati significativamente più bassi rispetto a quelli osservati nei pazienti che ricevevano warfarin, a prescindere dalla presenza di coronaropatia [pazienti con coronaropatia che ricevevano edoxaban vs warfarin (3,5 versus 4,4%); pazienti senza coronaropatia che assumevano edoxaban vs warfarin (2,6 versus 3,2% )].

“Dal momento che i pazienti affetti da FA e coronaropatia concomitante corrono un rischio più alto di infarto miocardico e morte, questi risultati possono avere importanti implicazioni cliniche per gli specialisti che trattino queste frequenti patologie”, ha commentato l’altro autore del TIMI Study Group, Thomas A. Zelniker, Divisione di Medicina Cardiovascolare, Brigham and Women’s Hospital e Harvard Medical School di Boston.

Il trial ENGAGE AF-TIMI 48 è stato disegnato per valutare i profili di efficacia e sicurezza di edoxaban rispetto a warfarin in 21.105 pazienti affetti da FA e con rischio moderato e alto di ictus (CHADS2≥2) o eventi embolici sistemici.3 “I nuovi dati dell’ ENGAGE AF-TIMI 48 trial arricchiscono la mole di conoscenze provenienti dal Programma di ricerca clinico su Edoxaban che fornisce informazioni chiave sui potenziali effetti di questo nuovo anticoagulante orale nelle varie tipologie di pazienti con FA, e in questo caso specifico parliamo di coloro che soffrono anche di coronaropatia o presentano un alto rischio di sanguinamenti”, ha concluso il dottor Hans J. Lanz, Direttore Esecutivo del dipartimento Global Medical Affairs di Daiichi Sankyo.

FonteDaiichi Sankyo

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Fibrillazione atriale TEV: Edoxaban vince la sfida nei pazienti più fragili e anziani

Congresso ANMCO 2017. Fibrillazione atriale e TEV, edoxaban vince la sfida del trattamento di pazienti anziani, fragili e ad alto rischio

Dati real world indicano che i NAO sono spesso utilizzati a dosaggi più bassi di quelli raccomandati, spesso a causa dell’avanzata età del paziente e della presenza di comorbilità, eppure l’utilizzo improprio dei bassi dosaggi aumenta il rischio di eventi tromboembolici. Edoxaban invece dimostra la stessa efficacia e un maggior profilo di sicurezza della terapia standard con warfarin proprio nei pazienti più fragili e anziani, anche a dosaggio ridotto. Al Congresso ANMCO presentati due casi “real life”.

Rimini, 12 maggio 2017 – Edoxaban (LIXIANA®), ultimo arrivato in ordine di tempo nel panorama dei NAO, si è dimostrato altrettanto efficace e più sicuro del warfarin nella prevenzione di ictus ed embolia sistemica nei pazienti affetti da fibrillazione atriale e nel trattamento e nella prevenzione di recidive della tromboembolia venosa, anche nei pazienti molto anziani e fragili, e in generale nei pazienti che richiedono un dosaggio ridotto perché ad alto rischio di sanguinamenti. E’ quanto illustrato oggi durante il simposio interattivo “Verso un’anticoagulazione sempre più orientata al paziente: cosa aggiunge edoxaban”, promosso dall’azienda farmaceutica Daiichi Sankyo nella cornice del Congresso dell’Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO) in corso a Rimini. Nel meeting sono stati presentati due casi reali di pazienti fragili trattati con edoxaban, uno per la FANV e l’altro per la TEV, ciascun caso con 4 snodi decisionali sui quali il pubblico è stato invitato a esprimersi tramite voto elettronico per scoprire poi la risposta che ha ottenuto più voti e quella operata dal clinico che ha trattato il paziente.

Bassi dosaggi: l’utilizzo improprio nel real world. Sebbene ormai sia riconosciuta l’efficacia e la sicurezza sulla popolazione generale dei nuovi anticoagulanti orali attualmente disponibili, il trattamento dei soggetti più fragili e anziani rappresenta per gli specialisti una sfida difficile e non ancora vinta. Dati real world indicano infatti che i NAO sono spesso utilizzati a dosaggi più bassi di quelli raccomandati. Le comorbilità dei pazienti svolgono spesso un ruolo chiave in questa scelta, eppure l’utilizzo improprio dei bassi dosaggi, non rispettando le indicazioni delle schede tecniche, mette il paziente a rischio di eventi tromboembolici.

Le indicazioni per la dose ridotta di 30 mg di edoxaban sono chiare e semplici: pazienti con compromissione renale da moderata a severa (CrCL 15–50 ml/min), peso corporeo ≤ 60 kg o trattamento concomitante con inibitori della P-gp.

Edoxaban è il NAO testato sul più ampio numero di pazienti (sia con FANV che con TEV) appartenenti a queste categorie, grazie ad analisi pre-specificate su sottogruppi più a rischio di sanguinamenti (anziani, pazienti con insufficienza renale moderata-severa, pazienti in trattamento concomitante con aspirina, diabetici, e con elevata prevalenza di cardiopatia ischemica), e alcuni dei quali trattati con la dose ridotta di 30 mg.

Un’ulteriore sfida per i clinici è rappresentata, inoltre, dai pazienti affetti da fibrillazione atriale che vanno incontro a una procedura di cardioversione elettrica, che spesso viene preceduta da un ecocardiogramma transesofageo (TEE), e anche in questi casi edoxaban sia nel dosaggio pieno che in quello ridotto, ha mostrato risultati consistenti prima nello studio ENSURE-AF e poi nella pratica clinica.

Edoxaban per il paziente con FANV anziano, fragile e sottoposto a cardioversione. Il primo caso reale, illustrato dalla dott.ssa Roberta Rossini, Dirigente Medico I livello, USC di Cardiologia dell’ASST Papa Giovanni XXIII di Bergamo, ha riguardato un soggetto che racchiude tutte le criticità che si trovano ad affrontare gli specialisti: paziente anziano, fragile, con insufficienza renale, in trattamento con aspirina, che deve essere sottoposto a cardioversione in elezione.

Già nello studio ENSURE-AF, edoxaban ha mostrato un livello di efficacia e sicurezza comparabile a una somministrazione di enoxaparina/warfarin per la prevenzione dell’ictus e di altre complicanze tromboemboliche, e ha fatto registrare un’incidenza numericamente inferiore di mortalità cardiovascolare (0,1% vs. 0,5%, rispettivamente), emorragie gravi ed emorragie fatali (0,3% vs. 0,5%, rispettivamente) con un net clinical outcome di 0,7 % vs 1,4 % per warfarin/enoxaparina. “Pur essendo l’ultimo arrivato, edoxaban è destinato a rivestire un ruolo molto importante nello scenario della gestione della fibrillazione atriale. La cardioversione, ad esempio, è una procedura che richiede particolare cautela, perché può comportare il rischio di eventi ischemico/emorragici, specie nei primi giorni dopo la procedura. Per tale motivo, nella pratica clinica, spesso si esegue un eco transesofageo prima di una cardioversione elettrica di FANV, pur in presenza di una anticoagulazione efficace nelle settimane precedenti alla procedura. Ad eccezione di alcune analisi post-hoc, sono stati condotti fino ad ora solo due studi clinici randomizzati che hanno testato i NAO in pazienti candidati a cardioversione elettrica per FA, uno di questi è stato condotto proprio con edoxaban. Lo studio ha dimostrato che edoxaban risulta un’alternativa efficace e sicura al trattamento convenzionale, consentendo l’esecuzione di una cardioversione elettrica con, ma anche senza, l’impiego di ecocardiogramma transesofageo”, ha spiegato la dott.ssa Rossini.

La relatrice si è inoltre soffermata sui problemi della gestione dell’anticoagulazione nei pazienti anziani, i quali presentano un alto rischio trombotico e sono anche frequentemente sottotrattati o non trattati adeguatamente secondo le indicazioni. ” Il paziente anziano rappresenta, ancora oggi, un’importante sfida per il cardiologo, specie in merito alla gestione di terapia antitrombotica. Il paziente anziano presenta un rischio ischemico maggiore, ma è anche quello che, a causa della molteplici comorbidità, può sviluppare un maggior rischio emorragico. Il trial su edoxaban è lo studio che ha arruolato il maggior numero di pazienti anziani, dimostrando che il profilo di efficacia e sicurezza rimane inalterato a prescindere dall’età, con un trend di sicurezza addirittura migliore rispetto a warfarin; risultati peraltro confermati anche con il dosaggio di 30 mg, in pazienti che richiedono una riduzione della posologia perché affetti da insufficienza renale”. Inoltre sicurezza ed efficacia di edoxaban rispetto a warfarin ben gestito risultano costanti, a prescindere dall’età del paziente, dalla somministrazione concomitante di terapia antipiastrinica, e dalla presenza o meno di scompenso, più o meno grave.

Edoxaban per il paziente con TEV (embolia polmonare severa), anziano e fragile. Il secondo caso, illustrato dalla dott.ssa. Cecilia Becattini, Professore Associato di Medicina Vascolare e d’Urgenza all’Università di Perugia, ha riguardato un altro paziente fragile con embolia polmonare a rischio intermedio/intermedio-alto, anziano, con insufficienza renale, clearance della creatinina borderline intorno ai 30ml/min, e scompenso cardiaco. Un caso emblematico che ha confermato i risultati ottenuti da edoxaban nel trial HOKUSAI-VTE che, grazie al lead-in di eparina, ha ottenuto una maggior aderenza alle linee guida e ha potuto arruolare il più alto numero con embolia polmonare estesa, rispetto a quelli di altri NOAC, dimostrando la stessa efficacia e una sicurezza superiore rispetto al warfarin, anche con il dosaggio ridotto a 30 mg.

Edoxaban ha infatti dimostrato risultati di efficacia e sicurezza consistenti in un ampio spettro di pazienti, inclusi quelli fragili che, a causa delle loro condizioni cliniche, rispondevano ai criteri per l’assunzione del dosaggio ridotto. In questi casi, edoxaban si è dimostrato altrettanto efficace e più sicuro del warfarin nella riduzione dei sanguinamenti (7,9% vs 12,8% rispettivamente), mostrando la stessa efficacia nel prevenire le recidive di TEV rispetto ai soggetti trattati con la dose piena di 60 mg di edoxaban. Nei pazienti con embolia polmonare severa e disfunzione ventricolare destra (NT-proBNP ≥500 pg/ml), edoxaban ha dimostrato il dimezzamento di recidive di TEV con una contemporanea riduzione statisticamente significativa di sanguinamenti clinicamente rilevanti.

Inoltre, nei pazienti che necessitano di proseguire la terapia dopo la fase acuta di 3 mesi, edoxaban mantiene il suo profilo di efficacia rispetto al warfarin, ma determina una riduzione significativa dei sanguinamenti maggiori (0,3% vs 0,7% rispettivamente).

Monosomministrazione giornaliera per una maggiore compliance e sicurezza. Edoxaban (LIXIANA®) è anche un anticoagulante orale comodo e maneggevole, grazie alla monosomministrazione giornaliera e alle scarse interazioni farmacologiche. Esso è infatti l’unico NAO ad avere uno studio di fase II dose-finding in cui vengono messi a confronto i regimi di monosomministrazione e doppia somministrazione giornaliere in pazienti con FANV. Lo studio ha dimostrato che i soggetti che assumevano edoxaban una volta al giorno (60 mg in monosomministrazione) presentavano un minor numero di eventi emorragici rispetto ai pazienti cui è stato somministrato il farmaco due volte al giorno (30 mg in doppia somministrazione).

Dunque la monosomministrazione giornaliera di LIXIANA® ha il vantaggio clinicamente provato di una maggiore compliance alla terapia rispetto alla doppia somministrazione, e questo, nella pratica quotidiana, determinerebbe un beneficio per diverse tipologie di pazienti: anziani e soggetti con comorbilità che usano comunemente terapie farmacologiche complesse con più farmaci che possono influenzarne negativamente l’aderenza, pazienti con sospetta bassa compliance, nonché giovani lavoratori attivi, riluttanti ad assumere farmaci.

Fonte: Daiichi Sankyo

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