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Milano Art Gallery: il rinomato professore Vittorio Sgarbi onora la memoria del celebre maestro Gino De Dominicis

Si è svolto con successo in data 30 aprile il vernissage della mostra commemorativa per celebrare il grande maestro Gino De Dominicis, intitolata “D’Io” e allestita presso l’esclusivo spazio della “Milano Art Gallery”, in via Alessi 11 a Milano, con la curatela del critico Vittorio Sgarbi e la gestione organizzativa del manager della cultura Salvo Nugnes. L’esposizione resterà in loco fino al 29 maggio 2015 ed è visitabile con ingresso libero.

Nel commentare lo stile peculiare e inconfondibile di De Dominicis, Sgarbi ha espresso delle riflessioni molto significative e l’ha ricordato con affettuosa amicizia, essendo stato legato a lui anche da una solida amicizia di vecchia data, oltre che da una sincera stima e ammirazione. In particolare, il professore, spiegando davanti al nutrito pubblico presente durante l’evento inaugurale, ha dichiarato: “Gino è l’artista più antico e contemporaneo, che io abbia mai conosciuto. Nessuno può inserirlo in una corrente, in un gruppo, in una tendenza, secondo le ripartizioni che hanno contraddistinto, dai futuristi all’arte povera, l’intero Novecento. Gino fu ed è beffardo e indipendente, superbo e individualista. Attraversò, infilò con la sua lancia d’oro, avanguardisti, poveristi, e transavanguardisti. Li mortificò con la sua calamita cosmica“.

E proseguendo ha sottolineato: “Lui fu classico e ricco, allegro e malinconico, senza crisi e disagi, senza tormenti e turbamenti, luminoso e notturno, nero e oro; e nero e nero; e oro e oro. Oggi riappare, presente e sfuggente, benché fosse più sfuggente quando era presente. E invece, ora e sempre, hic et nunc, è. Nel suo tempo. In tutti i tempi. Fuori del tempo“.

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Agenzia Promoter – Padre Enzo Fortunato racconta il suo libro “Vado da Francesco” alla libreria Mondadori il 31 marzo.

Il prestigioso contesto della libreria Mondadori Multicenter Duomo, in piazza Duomo 1 a Milano, ospita l’anteprima di presentazione del nuovo libro di Padre Enzo Fortunato “Vado da Francesco” (Mondadori) che si svolgerà in data Lunedì 31 Marzo alle ore 18.30.

 

Sulla scelta del Pontefice di chiamarsi Francesco Padre Enzo evidenzia come “chiamarsi Francesco è un segnale molto forte. Mezzo secolo fa Giovanni XXIII venne a pregare sulla tomba del Santo e spiegò, che nel nome di Francesco è riassunta in una sola parola -il ben vivere-, l’insegnamento di come dobbiamo metterci in comunicazione con Dio e con gli uomini. Nel 1978 Papa Wojtyla disse, che il Papa a motivo della sua missione deve avere dinanzi agli occhi tutta la Chiesa universale nelle varie parti del globo e ha bisogno in modo particolare dell’aiuto del patrono d’Italia e dell’intercessione di San Francesco“.

 

Padre Enzo è responsabile della sala stampa del Sacro Convento di Assisi e direttore degli editoriali di San Francesco patrono d’Italia. Tra le recenti interviste da lui fatte e pubblicate all’interno della rivista dei frati di Assisi, c’è quella al popolare cantante Adriano Celentano, che ha parlando di Papa Francesco ha dichiarato che “i fedeli sono attratti da questo Papa e le chiese si riempiono da quando c’è lui. Quando sento il Papa parlare di Gesù mi emoziono. E’ il papa della svolta. La cosa, che più di tutte apprezzo è la forte concentrazione sulla figura di Gesù. E’ questa la vera svolta epocale, che il mondo aspettava“.

 

Padre Enzo afferma “non esiste strada più solenne della vita di tutti i giorni per ridare bellezza alla nostra umanità, attraverso sani pensieri, nobili gesti e soprattutto una fede, che si sforza di essere coerente, una fede colorata di amabilità francescana. La vera rivoluzione antropologica non avviene fuori di noi, ma dentro di noi attraverso un percorso, che ci permette di essere uomini fraterni o come direbbe San Francesco uomini amabili. Un volto rivolto verso Dio è necessariamente un volto rivolto verso un fratello“.

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Gabriele Contini noto performer Milanese, ci racconta il suo rapporto con la religione

Intervistato il noto artista e performer milanese Gabriele Contini, racconta del suo rapporto con la religione e la Chiesa.

 

1) Nel 2003 mette in scena Salomè, al Teatro delle Erbe di Milano. Perché ha deciso di fare una performance con una tematica del Vangelo?

 

Per realizzare la performance ho preso spunto dal dramma teatrale Salomè di Oscar Wilde. Il dramma è ispirato alla figura della principessa giudaica Salomè, figlia di Erodiade, ed alla sua storia, riportata, pur tacendone il nome, nei Vangeli di Marco e Matteo. Per compiacere la sua volontà, infatti, Erode ordinò la decapitazione di Iokanaan. L’opera venne scritta in lingua francese durante un soggiorno di Wilde a Parigi, appositamente per l’attrice Sarah Bernhardt la quale, nonostante le numerose prove, si rifiutò di interpretare il personaggio sulle scene. Il dramma appare solo in parte come una riproposizione della nota vicenda biblica (Matteo, 14,3-11; Marco, 6, 17-28), e, proprio nel suo essere altro dalla storia antica, ne svela la più recondita, metafisica essenza. Il tema principale è la remissione della propria sorte, il destino che si compie inesorabile e che riguarda l’umanità intera.

 

2) Quanto è importante l’arte cristiana nelle sue opere?

Non ci ho mai pensato! Non la definirei arte cristiana, ma “arte cristica” diretta all’essenza del messaggio recondito di Cristo.

 

3) E’ credente? Praticante?

Credo in Dio perché, come diceva il drammaturgo Carmelo Bene: “Non esiste un Dio, ma una presenza sovrasensibile”.

 

4) Cosa ne pensa dell’elezione del nuovo Papa Francesco I?

E’ una brava persona, ma la cosa non mi interessa.

 

5) Secondo Lei, l’attuale Papa contribuirà ad un riavvicinamento dei cristiani alla Chiesa Cattolica?

Non penso. I cristiani sono tanti e di diverse confessioni.

 

6) Regalerebbe una Sua opera al Papa?

Si, certo ne sarei onorato.

 

7) Quale il significato del Crocifisso nelle sue opere?

Il crocefisso ha un significato simbolico esistenziale formidabile è il segno della resa a qualcosa di più grande. Ne faccio uso per decretare la mia volontà di assumere un destino (quello del dolore, della remissione) sopra le mie spalle.

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Gabriele Contini viene intervistato sulla sua nuova performance in progetto

In occasione della realizzazione della performance Dio, l’artista e performer milanese Gabriele Contini viene intervistato circa il significato di tale progetto e la sua idea di realizzazione.

 

1)   Ha in programma qualche performance?

 

Si, mi piacerebbe realizzare la performance dal titolo “Dio”. Ci sono cinque attrici che recitano giaculatorie in italiano, inglese, francese, tedesco, spagnolo. Io starei dietro le attrici defilato, su di una piccola scala con piattaforma.  Io avrei un crocifisso in mano. Al termine delle giaculatorie, a turno, le attrici reciterebbero “Che sarebbe di Dio se esistesse?”; l’ultima in italiano, ad un microfono. Io allora alzerei il crocifisso sopra la testa.

 

2)   Quale il significato della performance “Dio”?

 

Voglio dare un’idea di distacco dalla parte finale a quella iniziale, per far percepire una contraddizione. La performance è fatta in varie lingue.

 

3)   Dove le piacerebbe realizzarla?

 

Al PAC, perché lo considero un luogo privilegiato. Il PAC, Padiglione d’Arte Contemporanea, è una tra le prime strutture italiane espressamente progettata per l’arte moderna e contemporanea.

4)   Che effetto si aspetta dagli spettatori?

 

Io spero di suscitare stupore e meraviglia nei fruitori della mia performance.

 

5)   Come sceglie i protagonisti delle sue performance? Sono suoi conoscenti oppure sono attori?

 

Al momento devo ancora vedere, vorrei chiamare degli attori ma mi devo ancora attivare a riguardo.

 

6)   Quando realizza le sue performance recita una parte oppure è se stesso?

 

No, non direi che recito, piuttosto la mia è una condizione esistenziale, una sorta di immedesimazione.

 

7)   Solitamente, durante la performance, preferisce improvvisare o tenersi ad una traccia precedentemente scritta?

 

Solitamente mi attengo a delle tracce precedentemente

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Intervista all’artista Milanese Gabriele Contini

In occasione della realizzazione della performance Dio, l’artista e performer milanese Gabriele Contini viene intervistato circa il significato di tale progetto e la sua idea di realizzazione.

 

1)   Ha in programma qualche performance?

Si, mi piacerebbe realizzare la performance dal titolo “Dio”. Ci sono cinque attrici che recitano giaculatorie in italiano, inglese, francese, tedesco, spagnolo. Io starei dietro le attrici defilato, su di una piccola scala con piattaforma.  Io avrei un crocifisso in mano. Al termine delle giaculatorie, a turno, le attrici reciterebbero “Che sarebbe di Dio se esistesse?”; l’ultima in italiano, ad un microfono. Io allora alzerei il crocifisso sopra la testa.

 

2)   Quale il significato della performance “Dio”?

Voglio dare un’idea di distacco dalla parte finale a quella iniziale, per far percepire una contraddizione. La performance è fatta in varie lingue.

 

3)   Dove le piacerebbe realizzarla?

Al PAC, perché lo considero un luogo privilegiato. Il PAC, Padiglione d’Arte Contemporanea, è una tra le prime strutture italiane espressamente progettata per l’arte moderna e contemporanea.

 

4)   Che effetto si aspetta dagli spettatori?

Io spero di suscitare stupore e meraviglia nei fruitori della mia performance.

 

5)   Come sceglie i protagonisti delle sue performance? Sono suoi conoscenti oppure sono attori?

Al momento devo ancora vedere, vorrei chiamare degli attori ma mi devo ancora attivare a riguardo.

 

6)   Quando realizza le sue performance recita una parte oppure è se stesso?

No, non direi che recito, piuttosto la mia è una condizione esistenziale, una sorta di immedesimazione.

 

7)   Solitamente, durante la performance, preferisce improvvisare o tenersi ad una traccia precedentemente scritta?

Solitamente mi attengo a delle tracce precedentemente stabilite, ma non sempre, dipende dalla performance che voglio andare a realizzare.

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