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La rinascita di Lecce

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  • 2 Dicembre 2014

La città di Lecce splende sempre più di luce propria. L’intero Salento ha vissuto fino agli anni 2000 in una condizione di sudditanza, incarnata sul piano politico, quello sociale, quello culturale, soprattutto quello culturale. Il Tacco d’Italia è lingua di terra periferica in possesso di un patrimonio linguistico, artistico e culturale che non si può accomunare a quello di nessun’altra zona limitrofa, condizione che ha posto il territorio in uno stato di isolamento, incapace sia di essere tutt’uno con il resto della Puglia e sia di avere un’autonomia tale da bastare a se stesso. Dal 2000 c’è stata l’inversione di tendenza, il Salento ha saputo riorganizzarsi sui propri tratti distintivi, che erano tratti popolari, non borghesi, e in quanto tali ripudiati da una certa frangia di accademici con una certa propensione per lo snobismo. La cultura contadina ha fatto da padrone, alimentato la ri-esaltazione dei propri beni gastronomici, dei propri codici e valori, del dialetto, della pizzica, dell’artigianato.

Quella che era una sottocultura, rifiutata, a volte quasi celata per paura di rivelare una storia di povertà e stenti, ha dischiuso il suo enorme potenziale, permettendo al tessuto urbano di riconfigurarsi su standard più meritevoli. Ogni ristorante, ogni b&b Lecce, ogni esercizio in più che col tempo ha posto le sue radici, ha concorso a sostenere e dare slancio a un luogo che, sfilacciando le redini della sottomissione, ha acquisito vita a sé e legittimato la propria esistenza in quanto realtà geo-culturale indipendente.

La vita contadina è stata riscoperta nelle sue virtù, nei valori di genuinità che veicola, nella semplicità dei modi e nel rapporto con i cicli di Madre Natura. I ristoranti, le masserie e i b&b Lecce sono anelli di congiunzione tra un passato che non deve essere dimenticato e la necessità di accoglierlo in un sistema che obbedisca alle logiche della modernità.

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