Fabris, azienda veneta che opera nel settore della rimozione eternit, della coperture capannoni e dell’istallazione di impianti fotovoltaici diventa certificata SGS, Sincert, SOA.Nordest.
Le certificazioni sopra indicate permettono al suo team di esperti di operare in settori delicati come la bonifica dell’amianto e l’istallazione del tetto fotovoltaico su coperture industriali e di partecipare ad appalti pubblici.
Fabris opera da oltre sessant’anni nell’Edilizia Industriale in tutto il Nord Est e con queste nuove certificazioni si propone ancora di più come un’azienda affidabile, di esperienza e certificata dai più importanti standard, non ultimo quello conforme alla norma ISO 9001:2000.
Nel 1901 l’austriaco Ludwig Hatschek brevetta il cemento-amianto e lo battezza Eternit (dal latino aeternitas, eternità)[3]. Un anno dopo Alois Steinmann acquista la licenza per la produzione e apre nel 1903 a Niederurnen le Schweizerische Eternitwerke AG.
In breve l’Eternit diventa popolarissimo e nel 1911 la produzione di lastre e tegole sfrutta appieno la capacità produttiva della fabbrica.
Nel 1915 vengono messe in commercio le famose fioriere in Eternit. Nel 1928 inizia la produzione di tubi in fibrocemento, che fino agli anni settanta rappresenteranno lo standard nella costruzione di acquedotti. Nel 1933 fanno la loro comparsa le lastre ondulate, in seguito usate spesso per tetti e capannoni.
Negli anni ’40 e cinquanta l’eternit trova impiego in parecchi oggetti di uso quotidiano. Il più famoso è probabilmente la sedia da spiaggia di Willy Guhl.
Dal 1963 l’Eternit può essere prodotto in varie colorazioni.
A partire dal 1984 le fibre di amianto vengono via via sostituite da altre fibre non cancerogene fin quando, nel 1994 l’ultimo tubo contenente asbesto lascia la fabbrica.
Benché sin dal 1962 [4] fosse noto in tutto il mondo che le fibre di amianto provocano una forma di cancro, il mesotelioma pleurico (oltre che alla classica asbestosi), a Casale Monferrato (Alessandria), Cavagnolo (Torino) e Broni (Pavia) Eternit e Fibronit continuarono a produrre manufatti sino al 1986 (1992 per Broni), tentando di mantenere i propri operai in uno stato di totale ignoranza circa i danni (soprattutto a lungo termine) che le fibre di amianto provocano, al fine di prolungare l’attività dello stabilimento e quindi dei profitti. In particolare a Casale Monferrato i morti e i contaminati da amianto saranno migliaia, anche perché lo stabilimento disperdeva con dei potenti aeratori la polvere di amianto in tutta la città, causando la contaminazione anche di persone non legate alle attività produttive dell’eternit.
Fino al 1994, ricorda il presidente di Assoamianto Sergio Clarelli, la situazione era paradossale, perché la legge 257/1992[5][6] riconosceva i rischi per la salute e «metteva al bando tutti i prodotti contenenti amianto, vietando l’estrazione, l’importazione, la commercializzazione e la produzione di amianto e di prodotti contenenti amianto, ma non la loro utilizzazione», a parte eccezioni[7].
Oggi l’azienda è fallita presso il Tribunale di Genova ed il Comune di Casale Monferrato sta spendendo milioni di euro per la bonifica del sito. Nella zona di Casale Monferrato e nell’intera Provincia di Alessandria si contano più di 1600 morti per esposizione ad amianto, morti avvenute perlopiù in silenzio; i responsabili sino ad oggi non sono stati praticamente perseguiti, il processo istituito da Raffaele Guariniello (destinato a far storia prima ancora che giurisprudenza) iniziato contro i due imputati indiziati il 6 aprile 2009 a Torino, prosegue molto a rilento e molte cause rischiano di andare in prescrizione.
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