Comunicati

Passa dal PaaS il percorso verso l’Open Hybrid Cloud

UnblogdiAsheshBadani,generalmanager,CloudedOpenShift,RedHat

Spesso, nella nostra vita di consumatori, siamo chiamati ad affrontare delle scelte: puntare sull’oggetto dei nostri desideri, che può avere costi elevati e magari non è immediatamente disponibile, oppure piuttosto decidere di risparmiare con un prodotto che risponde comunque alle nostre necessità, ma non mette a rischio né le nostre finanze né la nostra pazienza. In questo senso, qualità e durevolezza da una parte devono incontrarsi con comodità e convenienza dall’altra.

Si tratta di una scelta radicale che però non tutti si devono trovare ad affrontare e soprattutto, non la devono affrontare le organizzazioni chiamate a scegliere tra uno sviluppo personalizzato delle applicazioni ed un percorso di sviluppo maggiormente automatizzato e quindi più veloce. Questo vale per ogni livello dello stack software, dalle applicazioni al middleware ed il sistema operativo, fino all’hardware ed allo storage. I datacenter sono complessi e costosi da far funzionare. Aggiornare e gestire infrastrutture proprietarie è difficile e costoso. La diffusione del cloud computing è una diretta conseguenza del desiderio da parte delle organizzazioni di ridurre la dipendenza da una progettazione personalizzata ad ogni livello ed ottenere rapidamente un vantaggio competitivo.

La portabilità dei workload è un elemento fondamentale per l’automazione della piattaforma. Avere un sistema operativo che opera comodamente nel datacenter completando workload mission critical, al tempo stesso con la scalabilità necessaria a supportare le necessità cloud è la base. Garantire che il middleware sia costruito su una tecnologia open permette una flessibilità nello sviluppo delle applicazioni che è critica in un mondo di grande libertà di scelta per lo sviluppo e di affinità di linguaggi. Costruire l’intera infrastruttura richiede una attività continua di costruzione, integrazione e gestione del codice sorgente, in modo che la piattaforma sia “attraente” per gli sviluppatori. Ridurre le difficoltà di configurazione della piattaforma e migliorare le capacità self-service per gli sviluppatori abbassa le barriere all’adozione rendendo più semplice uno sviluppo ed un’implementazione rapida delle applicazioni.

OpenShift è stato introdotto nel 2011 per rispondere a tutte le problematiche appena descritte. Punto di partenza della progettazione del prodotto (o dei servizio) è stato lo sviluppatore di applicazioni desideroso di usare solamente strumenti e framework familiari (o moderni) per focalizzarsi unicamente sulla creazione del miglior gioco su piattaforme mobile, della più efficace app per la produttività commerciale, del miglior servizio di messaggistica che avesse mai sognato. Tutta l’infrastruttura attorno alla gestione delle build e del codice, alla configurazione, al testing, allo staging, all’implementazione e alla scalabilità era lasciata alla piattaforma. Questa piattaforma era stata progettata per migliaia di applicazioni attive in un ambiente multi-tenant, col supporto di più linguaggi e framework grazie ad un framework estensibile, in grado di abilitare l’integrazione di sistemi esterni quali data store e tool di monitoraggio. La piattaforma stessa è stata disegnata come servizio, al quale poter accedere tramite una console web per un utilizzo in modalità self-service da parte degli sviluppatori e per una disponibilità on-demand. Il messaggio di fondo rivolto agli sviluppatori era di lasciar perdere le preoccupazioni relative alle sfumature del sistema operativo ed alla configurazione del middleware, ma di concentrarsi sull’applicazione, demandando tutto il resto al PaaS.

Nel corso degli ultimi due anni, il mercato PaaS è cresciuto e la sua adozione è incrementata in modo esponenziale. Con migliaia di applicazioni costruite, configurate e implementate sul PaaS pubblico di OpenShift, abbiamo individuato molti requisiti. Per motivi di mitigazione del rischio, governance, policy di sicurezza e normative, un gran numero di workload non può muoversi immediatamente nel public cloud. In qualche caso, in ambienti di public cloud ci sono poche competenze disponibili oppure c’è una maggior necessità di fiducia. Indipendentemente dai motivi, una porzione significativa del mercato è interessata da soluzioni di cloud privato. E molti di quelli che richiedono queste soluzioni sono grandi aziende che si affidano pesantemente a Red Hat per carichi di lavoro mission critical e comprendono perfettamente i vantaggi che l’automazione e la standardizzazione delle piattaforme applicative possono portare al loro complesso ambiente. Questi sono i potenziali clienti di OpenShift Enterprise – un’offerta PaaS provata che fornisce i vantaggi di un PaaS pubblico alle organizzazioni che possono gestire l’intera infrastruttura.

 Fondamentale perché una piattaforma sia sostenibile per il futuro è l’apertura: open source, API aperte, open standard, open governance. Una piattaforma aperta porta a una comunità, ed è chiaro che il futuro di piattaforme tecnologiche di grande durata si basa su una comunità attiva di utenti, contributor ed evangelisti. Linux, Hadoop e MongoDB sono tutti esempi di comunità legate a piattaforme tecnologiche che permettono a diverse tipologie di utenti di adottare la tecnologia con maggiore fiducia, grazie al supporto di un ecosistema di fornitori, implementatori ed arricchitori. OpenShift Origin è una comunità ai primi passi, che serve a concentrare le energie degli utenti sul PaaS che desideriamo, incoraggiando altri a partecipare ed a contribuire ad avanzarlo. L’innovazione si sviluppa al meglio attraverso la collaborazione tra voci differenti, ed i primi contribuiti portati dalla comunità fanno già assolutamente ben sperare.

Dove questo percorso porterà è difficile da prevedere a questo punto. Ci sono sicuramente provider che punteranno decisamente verso un cloud pubblico e ci sono livelli significativi di adozione attorno ad una comunità di cloud privato. Come abbiamo scoperto nel corso di lunghe discussioni con alcuni dei più importanti ed evoluti utenti IT al mondo, la decisione non è per forza alternativa – la necessità di una “E” è significativa. Alle organizzazioni che decidono di sposare la “e”, mi sento di indicare la open hybrid cloud come il loro futuro IT.

Le tendenze attuali indicano che cloud private basate su OpenStack verranno maggiormente adottate man mano che le aziende che vivono una realtà di cloud ibrido comprenderanno il valore dello IaaS da una piattaforma comunitaria aperta ed innovativa. Tuttavia, affrontare i problemi di scalabilità a livello di elaborazione e di rete senza dedicare la stessa attenzione alle applicazioni e ai dati risolve solo in parte il problema e permette di ottenere solo una porzione dei vantaggi legati all’automazione. Le funzionalità IaaS e PaaS dovranno necessariamente essere sempre più collegate, o quanto meno coordinate, per raggiungere tutto il valore di una nuova infrastruttura cloud. Effettuare provisioning, gestione e monitoraggio di workload già esistenti oltre a nuove applicazioni su un cloud privato, e realizzare la cosiddetta “IT-ombra” nel public cloud può portare via tempo ed energie assolutamente non necessarie. Collaborare con provider in grado di operare in maniera indifferente su tutti questi mondi distinti è quello che le aziende dovrebbero fare, mantenendo la trasparenza dell’esperienza utente.

Mi aspetto anche che DevOpps evolva, man mano che l’adozione della piattaforma cloud diventi sempre più prevalente negli ambienti IT. Strumenti come Puppet e Chef sono necessari oggi, perché i livelli IaaS e PaaS della piattaforma cloud sono ancora emergenti ed in fase di graduale sviluppo. Provisioning, patching e lifecycle management delle applicazioni diventeranno un set integrato di funzionalità che può essere controllato parzialmente dagli sviluppatori dei servizi, e completamente configurato dagli amministratori della piattaforma cloud.  Man mano che questi ruoli ed i relativi skill, si distinguono, sarebbe ragionevole che  sviluppatori di applicazioni e servizi usassero una raccolta di tool e library per costruire esperienze utenti realmente “immersive” e dotate di funzionalità specifiche, senza dover imparare metodi complessi per la compliance ed il patching dei sistemi. D’altra parte, gli amministratori delle piattaforme cloud si concentreranno sulla gestione e sulla scalabilità delle grandi quantità dei sistemi operativi, middleware, sistemi di messaggistica ed ambienti di test per istanze estese e distribuite che sono stati personalizzati per un utilizzo individuale da tanti utenti differenti. I workload dovranno essere monitorati e trasmessi attraverso datacenter tradizionali e condivisi in cloud pubbliche, private ed ibride. Gli elementi di efficienza nasceranno da una gestione intelligente dei costi, da livelli di servizio differenziati e da tassi di utilizzo.

Il periodo che stiamo vivendo nel mondo IT è particolarmente dinamico. Man mano che queste tecnologie evolvono, possiamo attenderci  di ottenere grande valore con l’agilità e la scalabilità che deriva dalle tecnologie applicative automatizzate che sostengono sistemi PaaS e danno il la a piattaforme hybrid cloud.

 

 

 

 

 

No Comments Found

Il servizio gratuito di pubblicazione dei comunicati stampa è offerto dall'Associazione link UP Europe! di Roma