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La storia dei vestiti per le donne

Com’ è avuto luogo l’ utilizzo sociale dei vestiti eleganti bambina? L’ impellenza estetica comporta lo sviluppo e l’ attualizzazione del pensiero personale o collettivo di ciò che è “bello”, attraverso il modo di vestire. Nella moderna società dell’occidente, esclusivamente i ricchi possono permettersi l’alta moda. Il rischio di esilio sociale può anche limitare la scelta degli abiti. Gli studenti spesso indossano l’ uniforme scolastica, mentre gli studenti alle scuole superiori e università possono vestire divise universitarie. In molti casi nello spazio di tutta la storia ci sono stati ordini elaborati di leggi riepilogative per regolamentare chi poteva vestire stabiliti abiti. Che ad oggi ci sembrerebbero assurde vista la notevole libertà che abbiamo nel decidere cosa indossare. Questo nel passato non poteva succedere, le leggi erano molto restrittive e non si trattava solo di leggi scritte, ma anche di quelle tramandate che si trasmettevano da villaggio a villaggio e che spesso influenzava la vita di chi vi abitava. Spesso una voce di villaggio diventava automaticamente la verità e questo poteva ferire molte donne in particolare che per il modo di vestire venivano poi giudicate. Tutto questo si spiega nel ottimizzare, con l’ abbigliamento neonata, le parti più “belle” del nostro fisico, e a perfezionare quelle quantità minore meno apparenti. Le notizie sociali inviati dall’abbigliamento, ausiliari, ornamenti possono spettare e implicare la classe sociale, conquista, convincimenti religiose ed etniche, stato civile ecc. Tuttavia un unico capo di abbigliamento o singolo complementare può svelare il lavoro o mansione della persona che l’indossa; per esempio, l’alto cappello da chef indossato dai capocuochi. Quando si viaggia una delle cose interessanti da fare è cercare di capire e codificare il modo di vestirsi che molto spesso traduce dei messaggi che noi non ci immaginiamo nemmeno e che conoscere e comprendere ci rende più vicini al quel luogo e a quella gente che lo abita.

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