La crisi del made in Italy? Si punta sull’industria nautica.
Il 2009 non è stato un anno semplice per le aziende italiane e la crisi si è sentita anche nel settore nautico che per oltre un decennio è stato uno dei nostri fiori all’occhiello.
Anche il 2010 si è presentato come un anno da affrontare con la dovuta cautela ma ci sono stati fortissimi segnali di miglioramento e di risalita del settore.Secondo Lamberto Tacoli della Ferretti Group, ad esempio, la crisi ha restituito alla nautica una dimensione più “umana”: sono cambiate le misure e le ambizioni dei manager e si riprende il filone della sana passione dei costruttori che fece la fortuna del settore.
Sono i più seri a sopravvivere alla crisi secondo Giovanna Vitelli della Azimut, che sottolinea la diminuzione dei cantieri nautici a causa della selezione naturale che ha portato la crisi.
Se si considera la maggior crescita del PIL italiano rispetto a quelli di altri paesi dell’Unione Europea (come Spagna, Francia e UK), nonché l’interesse che la nautica italiana ha suscitato in mercati emergenti come la Cina, la Turchia, l’India e il Brasile, le prospettive sono tutt’altro che sconfortanti e la nostra industria nautica ha certamente acquisito, in questo momento delicato, una consapevolezza maggiore di quelli che devono essere i suoi punti di forza.
La tendenza generale del settore è all’insegna della cautela e della qualità come caratteristica primaria della produzione, senza rinunciare a quella spinta di fiducia nel futuro che si respira nei diversi eventi nautici italiani.
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