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Energia: Solare, ora tocca ai Robot

Un braccio meccanico, aiutato da un sistema di telecamere, per montare i pannelli solari più rapidamente
Dalla Germania arrivano dei robot che potrebbero contribuire a ridurre i costi e i tempi di installazione dei pannelli fotovoltaici e operare anche in ambienti ostici. Un prototipo è stato richiesto dal Giappone per operare nelle zone contaminate intorno alla centrale di Fukushima.

Dalla Germania arrivano dei robot che potrebbero contribuire a ridurre i costi e i tempi di installazione dei pannelli fotovoltaici. Il progetto è attualmente sviluppato da due aziende, la PV Kraftwerker e Gehrlicher, e permette installazioni più rapide e meno costose, consentendo di operare anche in condizioni meteorologiche non ottimali o durante le ore notturne.

Il progetto prevede la realizzazione di robot in grado di lavorare in modalità automatica nell’allestimento di impianti fotovoltaici a terra: la spesa iniziale potrebbe essere ripagata in meno di un anno di utilizzo continuativo.

Come funziona? Il robot è realizzato con componentistica giapponese, ed è costituito da un braccio meccanico, alla cui estremità sono posizionate delle coppe a ventosa. Può sollevare e posizionare i pannelli fotovoltaici, guidato da una serie di telecamere che gli forniscono una sorta di “vista tridimensionale”. Il macchinario viene fissato a un cingolato in grado di operare su qualsiasi tipologia di terreno.

Il robot è progettato per assemblare impianti solari con pannelli che sono quattro volte più grandi di quelli che si installano di solito sui tetti delle abitazioni. L’idea è di risparmiare sulla manodopera, che rappresenta una frazione crescente del costo dell’energia solare, al contrario del costo dei pannelli che è in diminuzione. Secondo l’azienda produttrice dei robot, PV Kraftwerker, l’installazione di un impianto che prima richiedeva la forza lavoro di 35 lavoratori ora può essere svolta con l’ausilio di soli tre operai, in un ottavo del tempo e a costi inferiori di circa la metà.

Ideale per gli impianti a terra, per quanto riguarda i moduli fotovoltaici da collocare sui tetti, ci sono invece ancora delle difficoltà: le superfici troppo variabili delle coperture degli edifici rendono al momento ancora più economico ed efficiente il tradizionale lavoro manuale, anche perché è indispensabile per le operazioni di collocazione del telaio metallico, del fissaggio dei pannelli a quest’ultimo, e per i collegamenti elettrici.

Come riferisce Technology Review, PV Kraftwerker e altre società stanno sviluppando robot che, guidati dai GPS, possono essere in grado di installare anche le strutture portanti dei pannelli. L’idea è quella di evitare avvitature dei pannelli solari, che vengono invece incollati alla struttura, permettendo ai robot di occuparsi anche dei collegamenti elettrici. Robot di questo tipo potrebbero essere utili per portare energia elettrica in ambienti con condizioni climatiche o ambientali difficili. Un esempio è il Giappone, che ha richiesto un prototipo di questo robot per l’installazione di impianti fotovoltaici nelle zone contaminate intorno alla centrale di Fukushima.

Fonte: Planet Inspired

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Aiuto, mi è scomparso il polo!

Record di fusione del ghiaccio artico, non era mai sceso sotto i 4 milioni di chilometri quadri. In meno di una generazione abbiamo alterato il modo in cui si presenta il pianeta dallo spazio e presto il Polo Nord sarà completamente libero dal ghiaccio in estate, probabilmente questo avverrà nei prossimi 5 anni, al massimo nei prossimi 20 anni, a seconda delle previsioni.

Il disgelo annuale del ghiaccio artico sta raggiungendo il livello più basso mai registrato da quando, nel 1979, è iniziato il controllo via satellite. Lo hanno comunicato gli scienziati del National Snow and Ice Data Center (NSIDC) statunitense.

Gli scienziati hanno appena annunciato il nuovo record dello scioglimento dei ghiacci artici, un primato di cui faremmo volentieri a meno. Dagli anni ’70 la copertura dei ghiacci diminuisce ogni anno: all’epoca era di circa 8 milioni di chilometri quadri, oggi è di meno di 3,41 milioni di chilometri quadri, come ci mostrano le immagini satellitari: il 45% in meno rispetto al 1979.

Durante lo scorso mese di agosto, la velocità di fusione ha superato i 90.000 chilometri quadri al giorno, pari all’area del Portogallo. A 1.000 metri sopra l’Oceano Artico, lato Pacifico, nello stesso mese si sono registrate temperature di 1-3 °C, con punte di 4 °C nel mare di Beaufort, a nord dell’Alaska. Non è solo una questione di caldo artico, ma di pericoloso “svecchiamento”, dal momento che il ghiaccio con oltre 2 anni di età sta sostanzialmente scomparendo, ed è ormai confinato a nord della Groenlandia e delle isole canadesi. Il 27 agosto 2012 è stato battuto il record di 4,17 milioni di chilometri quadri e da allora si sono persi ulteriori 500.000 chilometri quadri. Solitamente il minimo si raggiunge in questi giorni, ma gli scienziati tardano a dare l’annuncio del raggiungimento del minimo, perché quest’anno il ghiaccio non smette ancora di sciogliersi. Uno studio pubblicato a luglio da Environmental Research Letters, comparando i modelli previsionali con le osservazioni, stima che il rapido declino del ghiaccio artico è dovuto all’attività umana per il 70-95%.

Secondo gli scienziati canadesi il record di scioglimento del ghiaccio raggiunto quest’anno potrebbe portare a un inverno più freddo in Europa, dal momento che il calore delle acque artiche sarà rilasciato in atmosfera questo autunno. Dello stesso avviso è il Met Office, l’ufficio meteorologico britannico, che attribuisce alla riduzione del ghiaccio artico gli inverni freddi e asciutti registrati in Gran Bretagna negli ultimi anni. In meno di una generazione abbiamo quindi alterato in modo irreversibile anche l’aspetto con cui il nostro pianeta si presenta a qualsiasi osservatore lo veda dallo spazio – persona,satellite, o extraterrestre- e presto il Polo Nord sarà completamente libero dal ghiaccio in estate: probabilmente, questo avverrà nei prossimi 5 anni, al massimo nei prossimi 20 anni, a seconda delle previsioni.

Greenpeace chiede la creazione di un santuario globale nell’area disabitata che circonda il Polo Nord, e un bando alle trivellazioni petrolifere e alla pesca non sostenibile nel resto dell’Artico. Da giugno 2012, oltre un milione e 700 mila persone hanno firmato la petizione per difendere l’Artico, lanciata dall’associazione ambientalista che sta organizzando una missione per l’inizio del 2013, nel corso della quale intende collocare sul fondo dell’oceano una capsula artica che conterrà tutti i nomi dei difensori di questo patrimonio dell’umanità, l’Artico, che rischia davvero di scomparire, rapidamente, per sempre.

Fonte: Planet Inspired

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Sistema anti-blackout: Smart Grid Carcere Santa Rita niente black out, siamo eco

Un nuovo sistema anti-blackout di un carcere statunitense combina diverse fonti rinnovabili.
Grazie a un impianto a celle a combustibile, pannelli solari, turbine eoliche e un impianto di accumulo di energia, la smart grid del carcere di Santa Rita è considerata una tra le più affidabili degli Stati Uniti e permetterà alla prigione di risparmiare circa 2,2 milioni di dollari in bolletta nei prossimi 25 anni.

Non lontano da San Francisco, in California, il carcere di Santa Rita, con 4.000 detenuti, ha da poco completato la realizzazione di un sistema energetico che combina un impianto a celle a combustibile da 1 megawatt, pannelli solari, turbine eoliche e un impianto di accumulo di energia da 2 MW in una rete in grado di funzionare indipendentemente dai grandi impianti centralizzati.

L’ultima novità è una centrale fotovoltaica da 250 KW che usa una nuova tecnologia per rincorrere i raggi solari anche nelle giornate uggiose. In questo modo è possibile produrre circa il 30% in più di energia che con i pannelli fotovoltaici fissi.

Niente black-out quindi e alimentazione garantita 24 ore su 24, un fattore di particolare importanza per un carcere di massima sicurezza. La smart grid di Santa Rita è una delle più avanzate negli Stati Uniti e permetterà alla prigione di risparmiare circa 2,2 milioni di dollari in bolletta nei prossimi 25 anni.

Il progetto, finanziato in parte dal Dipartimento USA per l’Energia, dalla Commissione energetica californiana e dalla Commissione per i servizi pubblici della California, utilizza software ed elettronica sviluppati ad hoc per integrare più fonti di alimentazione e sistemi di stoccaggio, in modo da fornire energia sempre, indifferentemente dalle condizioni atmosferiche che possono influire sulla capacità delle fonti rinnovabili. A Santa Rita ogni fonte energetica ha il proprio computer di controllo dedicato, che coordina, in sincrono con gli altri, il flusso energetico della fonte e può anche regolare la frequenza e il voltaggio dell’energia prodotta.

L’azienda energetica Encorp ha lavorato per ottimizzare al massimo ogni sorgente di alimentazione. Se c’è un picco di domanda, la rete vende l’energia prodotta in eccesso dal carcere alla società di fornitura, e lo fa in totale autonomia. In determinati momenti, può ridurre temporaneamente l’aria condizionata o l’illuminazione della prigione per generare energia in eccesso da vendere alla rete.

“Nel corso della nostra storia abbiamo sempre cercato di impiegare tecnologie all’avanguardia” ha detto lo sceriffo della contea di Alameda Gregory J. Ahern in un’intervista. “La smart grid e il nuovo impianto fotovoltaico continuano in quella tradizione”.

Fonte: Planet Inspired

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Yeosu Expo Oceani: Gli Oceani in pericolo (Planet Inspired)

La Corea del Sud in prima fila su ricerca e innovazione, ospita anche un centro dell’Onu.

Si è chiusa a Yeosu, in Corea del Sud, l’expo sugli oceani. L’obiettivo principale era di sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della salvaguardia dell’ambiente marino e dello sviluppo delle tecnologie riguardanti il mare. Anche l’Italia era presente.

Oceani e coste che vivono, diversità di risorse e attività sostenibili“. Questo il tema dell’ esposizione internazionale che si è chiusa recentemente a Yeosu, in Corea del Sud.
Gli oceani sono infatti indispensabili per assicurare continuità di vita sulla Terra, ricoperta per più del 70% delle superficie proprio dall’acqua.

L’obiettivo principale della mostra era quello di sensibilizzare l’ opinione pubblica mondiale sui temi della salvaguardia dell’ambiente marino e dello sviluppo delle tecnologie del mare. Ma anche se l’uomo ha considerato a lungo l’ambiente marino una fonte inesauribile di risorse, sappiamo perfettamente che non è così. li oceani e i mari sono già in uno stato preoccupante di degrado : pesca incontrollata e uso di tecniche distruttive, sversamenti in mare, pesca pirata, inquinamento e cambiamenti climatici ne sono i principali responsabili.

Molto apprezzato all’expo di Yeosu è stato Seabreath, un dispositivo italiano a basso impatto ambientale che produce energia dalle onde del mare. Si tratta di una piattaforma galleggiante a geometria variabile che permette, a costi molto inferiori rispetto a dispositivi analoghi e con una maggiore efficienza energetica, la trasformazione dell’energia del moto ondoso in energia elettrica.

A Yeosu si è parlato proprio di questo: la “Dichiarazione di Yeosu” stabilisce un codice di condotta comune e sottolinea l’importanza della cooperazione internazionale nella tutela delle coste e degli ambienti marini. L’expo è stata naturalmente anche l’occasione per presentare idee e tecnologie per unirsi nell’affrontare le sfide della sostenibilità.

Non è casuale che l’expo si sia tenuta in Corea del Sud, visto che qui nell’ottobre 2011 è stato inaugurato un Ufficio Onu per lo sviluppo sostenibile e successivamente un nuovo centro di ricerca e formazione per aiutare i Paesi più poveri a sviluppare la propria economia nel rispetto dell’ambiente. La Corea del Sud è oggi la settima al mondo come potenza commercialemondiale, e la sesta per base industriale e manifatturiera, mentre pochi decenni fa, era una delle economie più povere del pianeta.

Il governo sudcoreano, con il “progetto Yeosu” punta a trasferire le tecnologie avanzate nei Paesi in via di sviluppo. Tra le nazioni che se ne avvantaggeranno, tre Stati insulari del Pacifico (Figi, Tuvalu, Nauru), quattro Paesi asiatici (Vietnam, Filippine, Indonesia e Sri Lanka), un piccolo Paese americano, il Guatemala, e uno africano, la Tanzania.

Per superare il gap tra i paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo e avviare attività di capacity building è importante la partecipazione di aziende e di organizzazioni internazionali. Il programma servirà inoltre a formare i tirocinanti provenienti dai Paesi in via di sviluppo, a fornire assistenza tecnica ad ogni Paese per risolvere le sue attuali sfide legate all’oceano, e a portare a progetti regionali comuni per il mare.

La prima priorità del progetto è la salvaguardia del sistema ecologico marino, la riduzione degli inquinanti che contaminano gli oceani, e la realizzazione di tecnologia marina di alto livello. Sarà la Korea international cooperation agency (Koica), un ente governativo che gestisce i programmi di assistenza internazionale sudcoreani a finanziare questi progetti.

Fonte: Planet Inspired

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Frecciarossa 1000: Il treno dei Records (Planet Inspired)

Il nuovo Frecciarossa 1000 viaggerà a una velocità media di 360 chilometri orari riparmiando energia e rispettando l’ambiente.

Frecciarossa 1000, prodotto da AnsaldoBreda e Bombardier, sarà il treno più silenzioso e a più basso impatto ambientale, grazie alla forma aerodinamica, che limita il consumo energetico e il rumore, e all’utilizzo di leghe leggere.

Si chiama Frecciarossa 1000, l’ultimo gioiello costruito da AnsaldoBreda (società del Gruppo Finmeccanica) con Bombardier. Il nuovo treno ad alta velocità viaggerà a una media di 360 chilometri orari sulle linee alta velocità di Italia ed Europa e potrà raggiungere i 400 chilometri orari.

Il 18 settembre a Berlino questo innovativo treno sarà protagonista di “Innotrans 2012“, la Fiera mondiale del trasporto ferroviario. Le soluzioni d’avanguardia per il risparmio energetico e il disegno aerodinamico sono solo le prime caratteristiche che colpiscono.

Frecciarossa 1000 sarà il treno più veloce mai prodotto in serie in Europa, il più silenzioso, quello con minori vibrazioni e a minore impatto ambientale. La ridotta resistenza aerodinamica, frutto di simulazioni e studi condotti in galleria del vento, limita infatti il consumo energetico e il rumore.
L’utilizzo di leghe leggere per la realizzazione delle casse dei veicoli e degli arredi, oltre a ottimizzare il rapporto massa/potenza, consentirà al termine della vita dei convogli il recupero del materiale senza alcun impatto per l’ambiente.
La commessa delle Ferrovie dello Stato italiane, che ammonta a 1 miliardo e 540 milioni di Euro, è attualmente la più alta in corso in Italia, e prevede la realizzazione di 50 treni, che significano per AnsaldoBreda circa 2 milioni di ore di produzione e l’impegno di 50 ingegneri solo per la parte di ingegneria, 30 per le attività di staff, 200 operai, con oltre 50 imprese coinvolte nell’indotto generato.

“Il successo del Frecciarossa 1000 – afferma Maurizio Manfellotto, amministratore delegato di AnsaldoBreda – va condiviso con i tanti operai, impiegati e manager che ogni giorno vi lavorano con dedizione e passione. Donne e uomini che si stanno impegnando a fondo per consentire ad AnsaldoBreda di competere non solo sul mercato domestico, ma anche e soprattutto su quello europeo ed internazionale, con prodotti che spaziano dall’alta velocità fino ai servizi metropolitani”.

Il nuovo treno ad alta velocità delle Ferrovie dello Stato entrerà in servizio tra un paio di anni, riducendo ancora i tempi di percorrenza tra Roma e Milano, e avvicinandoli più alle due ore che alle attuali tre, almeno per i convogli senza fermate intermedie.
A differenza degli attuali Frecciarossa (ETR 500), che sono dotati di motori solo in testa e in coda, il nuovo treno sarà dotato di 16 motori lungo l’intero convoglio, che avrà una lunghezza di 202 metri. Questa soluzione permette di renderlo più stabile e di farlo viaggiare, anche grazie ad altri accorgimenti, a velocità superiori.

Fonte: Planet Inspired

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Planet Inspired: Coralli a rischio estinzione, arrivano i robot marini che li riparano

Un progetto innovativo dell’Università scozzese di Heriot-Watt
I robot ideati in Scozia lavorano in squadra, come le api, e possono scendere oltre i 200 metri di profondità, al contrario dei sub che adesso svolgono questo compito. Grazie a un database in fase di sviluppo, cercano i frammenti di corallo per rimetterli al loro posto nella barriera.

Negli ultimi 30 anni, le barriere coralline hanno subito un grave declino, tanto da diventare a rischio di scomparsa nell’arco di pochi decenni. Una recente ricerca dell‘Unione mondiale per la conservazione della natura (Iucn) ha rivelato che oggi nei Caraibi meno del 10 % della barriera è ancora viva, contro il 50 % degli anni Settanta.
Secondo il World Resources Institute di Washington, se non si ridurranno lo sviluppo costiero e l’impatto della pesca che, assieme ai cambiamenti climatici, rappresentano le principali cause della distruzione di questi ecosistemi sottomarini, nel 2050 tutti i coralli del mondo saranno in pericolo di estinzione.

Le conseguenze sarebbero devastanti per i circa 275 milioni di abitanti di villaggi costieri: le barriere coralline sono infatti una importante difesa naturale contro l’erosione, le tempeste e le mareggiate, e il loro contributo annuale all’economia (turismo, protezione delle coste, pesca) vale circa 50 milioni di euro.

Su questo scenario così cupo ha aperto uno spiraglio la nuova tecnologia messa a punto nei laboratori dell’Università scozzese di Heriot-Watt. Gli scienziati si sono ispirati alle api e hanno progettato nuovi robot – i coralbot – in grado di riparare le barriere coralline in pochi giorni. La natura impiega anni. I robot lavorano in squadra, proprio come le api, e possono scendere oltre i 200 metri di profondità, al contrario dei sub che adesso svolgono questo compito. La soluzione è innovativa: gli “sciami” di coralbot saranno progettati per cercare i frammenti di corallo e rimetterli al loro posto nella barriera; ma prima di questo, si dovrà arrivare a sviluppare maggiormente la loro capacità di riconoscimento, con la creazione di un database di centinaia di immagini che, in tempo reale, consentano ai robot di distinguere i frammenti di corallo da altri materiali.

“Questo progetto esplora una delle più intriganti prodezze della natura: la teoria dello sciame intelligente“, spiega David Corne, docente di Matematica della Heriot-Watt, “un insieme di semplici individualità collabora per costruire strutture complesse e funzionanti”. Nel caso dei coralbot, significa che tutti i membri dello “sciame” condividono la stessa conoscenza: quindi, se uno si danneggia, un altro è in grado di sostituirlo.

La prima missione che vedrà l’impiego del coralbot dovrebbe essere effettuata al largo delle coste scozzesi. In queste acque profonde, la minaccia alle barriere coralline è costituita soprattutto dalla pesca a strascico. È dunque un luogo ideale per testare questa nuova tecnologia che potrebbe contribuire a evitare la sparizione dei coralli dai mari: ma questo non può prescindere dalla creazione urgente di regole più stringenti, invocate dalla comunità scientifica, che limitino l’impatto dell’attività umana sugli ecosistemi marini.

Fonte: Planet Inspired

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La Perla del Qatar guarda all’ambiente (Planet Inspired)

La popolazione sull’isola del lusso creata al largo del Qatar aumenta ogni anno. Si punta all’ecosostenibilità.
Nell’isola artificiale chiamata la “Perla del Qatar” tanto lusso ma anche attenzione all’ambiente, dall’approvvigionamento idrico alla gestione dei rifiuti, al sistema di aria condizionata che copia quello inventato dagli Antichi Romani per l’energia.

Dopo Dubai, anche il Qatar sta realizzando la sua isola artificiale: 400 ettari di superficie, quasi 20 chilometri di spiagge per 40.000 residenti internazionali. Sono i primi stranieri autorizzati ad acquistare un lembo di terra in Qatar. Già 5.000 i residenti, contro i 3.000 che si registravano un anno fa, segno che la “Perla del Qatar“, come si chiama l’isola, sta crescendo.

Tra hotel a 5 stelle, appartamenti e ville esclusive, porticcioli turistici, c’è molto made in Italy. La sede Sales & Marketing dell’isola, ad esempio, sorge in un edificio istituzionale che ricorda la forma di una conchiglia e che è stato realizzato da architetti italiani. La scelta della cupola dalla forma naturale e armonica rimanda al significato simbolico della conchiglia, visibile anche dal mare. All’interno, invece, la sinuosa scala centrale riprende il disegno elicoidale dell’interno di un nautilus, una grossa conchiglia con l’apertura rivolta verso l’alto.

L’isola è stata costruita su un antico sito di pesca delle perle lungo la costa del Qatar, quindi i riferimenti architettonici al mare e ai suoi tesori sono costanti. Pensata come location di lusso, comprende anche un quartiere, Qanat, che riproduce in piccolo Venezia, con un sistema di canali e “campielli” pedonali. I primi abitanti sono arrivati da pochi mesi e la passeggiata più gettonata è quella sulla replica del ponte di Rialto.

La United Development Company (UDC) che cura il progetto dell’isola, cerca di garantirne anche la eco sostenibilità, ad esempio monitorando ogni due settimane la qualità dell’acqua per verificare che l’attività di costruzione non impatti sull’ambiente marino. Quanto all’approvvigionamento idrico, l’isola usa l’acqua marina dissalandola grazie a un sistema ad osmosi inversa.

La gestione dei rifiuti è la partita più difficile ed è lì che viene sperimentato un sistema innovativo sotterraneo di tubi, attraverso i quali vengono trasportati via i rifiuti alla velocità di 70 chilometri orari.

Efficiente il sistema di aria condizionata sull’isola, che copia quello inventato dagli Antichi Romani per riscaldarsi: viene raffreddata l’acqua in una stazione centralizzata e poi inviata in rete, con minori sprechi e riduzione del rischio di perdite di gas refrigeranti.

Quando il progetto sarà terminato il Qatar potrà vantare 13 nuove isole e 32 chilometri in più di costa, ma naturalmente il futuro è subordinato alla crisi attuale che ha rallentato la costruzione di nuovi complessi residenziali.

Fonte: Planet Inspired

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Smart Thinking: Bandiera verde per Olimpiadi di Londra dedicate ai diversamente abili

Novità alle Olimpiadi di Londra dedicate ai diversamente abili: tanti edifici ecosostenibili, ma soprattutto monitoraggio delle proprie emossioni di gas serra,per la prima volta nella storia.

A Londra il premio della sostenibilità, sia per gli edifici – dal Parco Olimpico al Velodrome, al Main Stadium – che fanno largo uso di materiali riciclati- siae per la gestione dei rifiuti. Tutti gli acquisti all’interno del parco olimpico e tutti gli imballaggi sono riciclabili al 100% mentre l’usa e getta è green e made in Italy.
Giochi Paralimpici (in corso di svolgimento a Londra in questi giorni), dedicate ai diversamente abili,si svolgono quasi negli stessi impianti delle Olimpiadi da poco terminate.
Essi rappresentano, tra l’altro, un’importante opportunità scientifica per valutare sistemi di riabilitazione e di preparazione, di collaudo di apparecchi sanitari avanzati, anche meccanici, in grado di ovviare a mancanze e incrementare prestazioni. Insomma, un appuntamento sportivo utile per sperimentare scoperte e progressi nel campo della scienza e della tecnologia.

Dovunque, sugli impianti delle Paralimpiadi londinesi sventola la bandiera della sostenibilità , così come su quelli delle Olimpiadi: a iniziare dall’area industriale di Stratford, delle dimensioni di 297 campi da calcio, che è stata completamente bonificata. Il terreno conteneva catrame, olio, solventi, piombo e arsenico.

Le Olimpiadi di Londra sono anche i primi giochi a monitorare le proprie emissioni di gas serra e a poter vantare tanti edifici sostenibili. Il Parco Olimpico, ad esempio, ha ottenuto il certificato FSC (Forest Stewardship Council), per l’utilizzo di legno riciclato nella costruzione degli edifici. Due terzi di tutto il legno utilizzato provengono da piantagioni gestite. Il “Velodrome” vanta 17 chilometri di cavi in acciaio riciclato, l’equivalente di due volte l’altezza del monte Everest. Il progetto si basa su un efficiente utilizzo della ventilazione naturale, al punto che non c’è stato bisogno di installare alcun sistema di aria condizionata. Per la realizzazione delle tre piscine olimpiche, le oltre 800.000 piastrelle in ceramica necessarie sono state consegnate in treno direttamente all’interno del Parco Olimpico.
Il 50% di tutto il materiale da costruzione è stato trasportato via acqua o su rotaia.

Il Main Stadium, 80.000 posti, che ospita le cerimonie di apertura e chiusura, è l’edificio più leggero del Parco Olimpico. La struttura portante del tetto è stata realizzata con 2.500 tonnellate di tubi d’acciaio riciclato. La passerella che conduce dalla stazione di West Ham, invece, viene illuminata 24 ore al giorno grazie alla pressione dei passi delle persone che ci camminano sopra.
Il sistema è della britannica Pavegen e si stima che sarà calpestato più di 12 milioni di volte, producendo 72 milioni di joules. Abbastanza per illuminare la passerella otto ore a pieno regime di notte e 16 ore a mezzo regime durante il giorno. Dovrebbe anche avanzare un 35% di energia che verrà immagazzinata.

Si capisce quindi perché i Giochi abbiano ottenuto il Breeam, il certificato di sostenibilità ambientale britannico e seguano la norma Iso 20121, che nasce dal lavoro della British Standards Institution, commissione incaricata di definire il nuovo standard globale per la gestione degli eventi sostenibili. Già nel 2008 un rappresentante di questo gruppo interdisciplinare era venuto in Italia, a Torino, per incontrare i responsabili scientifici del progetto Eventi a ridotto impatto ambientale applicato al Salone del Gusto e Terra Madre.

Obiettivo della visita era approfondire l’impiego di prodotti e tecniche per incidere meno possibile sull’ecosistema in una manifestazione dai grandi numeri. Tra i materiali analizzati, il Mater-Bi di Novamont, impiegato per la produzione di articoli monouso biodegradabili e compostabili naturalmente. Il risultato della ricerca è stato positivo e l’organizzazione dei Giochi Olimpici ha scelto di distribuire nei punti ristoro le stoviglie per il catering e i bicchieri con i relativi coperchietti sviluppati dalle tre aziende (rispettivamente di Novara, Vicenza e Napoli) fiore all’occhiello della ricerca italiana in questo settore. Tutti gli acquisti all’interno del parco olimpico e tutti gli imballaggi sono così riciclabili al 100%.

“A Londra abbiamo dimostrato che alcune soluzioni possono essere valide ed esportate da eventi straordinari come le Olimpiadi a sistemi di gestione della raccolta dell’organico nelle cittadine inglesi” ha dichiarato Alberto Castellanza, responsabile del settore catering per Novamont.
Insomma, a portare la bandiera green a Londra c’è sicuramente anche l’Italia con le sue aziende all’avanguardia.

Fonte: Planet Inspired

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Planet Inspired: Campus Sostenibile Milano a basso impatto ambientale

Da più di un anno l’Università degli Studi di Milano e il Politecnico di Milano collaborano per un ambizioso obiettivo: la creazione di un campus sostenibile comune.

Per arrivare a un campus sostenibile a Milano si lavora su più fronti: cittadini, energia, ambiente e accessibilità. Al Politecnico sono nati i cassonetti che misurano peso e volume del materiale che viene conferito nei contenitori, inviando con GPRS i dati in rete per il controllo e il management della raccolta dei rifiuti. L’idea viene già sperimentata a Pechino.
Anche le università italiane stanno vivendo un importante momento di passaggio: cercare di trasformarsi in realtà di eccellenza non solo per la qualità degli studi e il livello della ricerca, ma anche per la vita universitaria degli studenti, sempre più improntata all’ecosostenibilità.

L’Università degli Studi di Milano ed il Politecnico di Milano, ad esempio, stanno lavorando in sinergia per convertire le proprie sedi in un unico “campus sostenibile” e fare così del quartiere Città Studi di Milano, un caso esemplare di vita studentesca a basso impatto ambientale.

Tutti possono dare il proprio contributo – chi studia, chi lavora e chi abita nel quartiere – e le proposte sono raccolte sul portale . Quattro i temi al centro della discussione lanciata sul portale: cittadini, energia, ambiente e accessibilità.

Ogni giorno più di 34.000 studenti e circa 4.000 persone tra docenti, ricercatori e personale frequentano il Campus e il progetto di un campus sostenibile sta nascendo proprio grazie ai suggerimenti di tutti.

Il progetto “Smart Campus” rientra nell’ambito del bando europeo CIP-ICT-PSP-2011-5 (Energy Efficiency in Public Buildings) e intende sviluppare servizi ICT orientati alla trasformazione dei comportamenti degli utenti del Campus. Molte sperimentazioni sono già state intraprese e vanno dalla mappatura di tutti i posti bici offerti (che sono stati incrementati) resa disponibile on line, fino alla progettazione di cassonetti intelligenti.

L’Area Gestione Infrastrutture e Servizi e il Dipartimento di Meccanica, Laboratorio di Robotica, hanno studiato dei cassonetti che misurano peso e volume del materiale che viene conferito nei contenitori, inviando con GPRS i dati in rete per il controllo e il management della fase di raccolta e smaltimento dei rifiuti .

Presso il Rettorato del Politecnico si trovano due dei contenitori realizzati per Expo 2010 a Shanghai. Sono, inoltre, stati appositamente realizzati per il progetto Campus Sostenibile i sistemi “intelligenti” per la raccolta differenziata di plastica e alluminio presenti presso la piazzola ecologica dell’Ateneo. L’idea è di realizzare un sistema di raccolta analogo a quanto il Politecnico sta applicando a Pechino nel Distretto Chaoyang, con 150 cassonetti smart.

Alessandro Balducci, Prorettore Vicario del Politecnico di Milano, crede fortemente in questo progetto ambizioso: “Rendere l’università un laboratorio della sostenibilità ha come scopo in primo luogo quello di migliorare la qualità della vita della comunità che ci vive, sperimentando non solo l’applicazione di soluzioni tecniche che rendano gli edifici e gli spazi produttori di qualità ambientale, ma anche favorendo, tra gli studenti, lo sviluppo di atteggiamenti consapevoli nei confronti del consumo delle risorse, della produzione dei rifiuti, di una mobilità responsabile”.

Dal punto di vista dell’utilità sociale di questo progetto, “rendere l’ università un laboratorio significa anche offrire alla città, all’amministrazione e alle imprese, un luogo di sperimentazione per soluzioni che possono essere estese e applicate all’intera città, che si tratti di auto elettriche, di riorganizzare la ristorazione a chilometro zero, di soluzioni per la produzione decentrata di energia”.

Fonte: Planet Inspired

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Planet Inspired: Acqua, la lotta allo spreco parte dall’agricoltura

Il 70-80% delle risorse idriche utilizzate dall’uomo è impiegato per l’irrigazione agricola: per produrre un chilo di grano sono necessari 500 litri di acqua

La crescente domanda di acqua è strettamente legata al continuo incremento della produzione alimentare e all’inquinamento idrico, che rende enormi volumi di acqua inadatti anche agli usi industriali. Ma il modo per ridurre la nostra “impronta idrica” c’è, a partire dalla riduzione dei volumi di acqua dolce sottratta al ciclo naturale. Siamo oggi sulla Terra 7 miliardi. Se continuiamo con questi ritmi di crescita, nel 2050 sul nostro pianeta vivranno 9 miliardi di persone. Per dissetarle, e nutrirle, occorrerà anche il 70% in più delle risorse idriche attualmente utilizzate.

Ma l’acqua scarseggia già ora, come ricorda il rapporto del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep), redatto in collaborazione con l’Istituto internazionale di gestione dell’acqua (Iwmi): “Attualmente 1,6 miliardi di persone vivono in condizioni di reale scarsità d’acqua, e il numero potrebbe presto salire a 2 miliardi se continuiamo così. Con le stesse tecniche agricole, la crescente urbanizzazione e le nostre abitudini alimentari, il fabbisogno d’acqua per l’agricoltura in termini di evapotraspirazione aumenterebbe dai 7.130 chilometri cubici attuali al 70-90% in più per nutrire 9 miliardi di persone entro il 2050”.

Globalmente, gli esseri umani utilizzano il 54% di tutta l’acqua dolce accessibile, di cui il 70-80% viene utilizzato per l’irrigazione (fonte: UNESCO-WWAP 2003; UNESCO, 2009). Ciononostante oltre 1 miliardo di persone non ha accesso all’acqua potabile e metà della popolazione mondiale vive in paesi in cui il livello delle falde acquifere si sta abbassando e gli acquiferi sono in esaurimento.

Ai problemi di carenza idrica locale e regionale si aggiunge l’inquinamento idrico che rende enormi volumi di acqua inadatti anche agli usi industriali. Ogni giorno, 2 milioni di tonnellate di rifiuti umani sono riversati nei corsi d’acqua e, nei paesi in via di sviluppo, fino al 70% delle acque reflue industriali viene smaltita, senza trattamenti, direttamente nel mare e nei fiumi.

Ad oggi il 41% della popolazione mondiale vive in ambienti caratterizzati da “stress idrico severo” che indica l’assenza di acqua sufficiente a soddisfare i bisogni agricoli, industriali e domestici (fonte: World Resources Institute, 2000). Secondo le proiezioni della FAO, si prevede che, entro il 2025, questa percentuale arrivi a rappresentare due terzi della popolazione mondiale.
Per quantificare l’impatto dell’agricoltura sui consumi idrici, basti pensare che ci vogliono 500 litri di acqua per ricavare un chilo di grano, 450 per una pannocchia di mais, 70 per produrre una sola mela (dati Unesco IHE).

“Il settore agricolo è quindi chiamato a una sfida senza precedenti nella storia dell’umanità e l’innovazione, che include i fertilizzanti, gioca un ruolo decisivo poiché rappresenta l’unica possibilità per ottimizzare la produzione in modo sostenibile, riducendo gli sprechi. I fertilizzanti in particolare, reintegrando i terreni delle loro sostanze nutritive, contribuiscono a produrre alimenti senza la necessità di ampliare l’estensione delle terre coltivabili, con un risparmio idrico notevole in termini di irrigazione” afferma Francesco Caterini, presidente di Assofertilizzanti.

Ma c’è anche un’altra strada per ridurre i consumi idrici. Mutti, che produce concentrato, passata e polpa di pomodoro, è la prima azienda in Italia, e tra le poche al mondo, ad aver calcolato i consumi di acqua della propria produzione, dalla coltivazione del pomodoro al prodotto finito, avvalendosi del supporto scientifico del WWF e del Dipartimento per l’Innovazione dei sistemi Biologici, Agroalimentari e Forestali dell’Università della Tuscia (Viterbo).

“Mutti rappresenta un caso virtuoso essendo una delle prime aziende al mondo a quantificare, con la metodologia ufficiale del Water Footprint Network, un target di riduzione concreto, misurabile e sfidante” – dichiara Stuart Orr, responsabile Freshwater del WWF Internazionale – “Si tratta di un progetto innovativo che ha permesso di identificare soluzioni a maggiore efficienza, coinvolgendo attivamente la filiera agricola in percorsi virtuosi per l’ambiente”.

Questo progetto sperimentale si basa su un effettivo calcolo dell’impronta idrica dell’intera filiera, ha preso in esame la quantità di acqua immagazzinata in ogni prodotto. Dato che l’83% dell’impronta idrica dell’azienda è dovuta alla coltivazione del pomodoro, è agli agricoltori che Mutti rivolge maggiormente la sua attenzione, con una campagna di sensibilizzazione e di supporto per razionalizzare l’uso delle risorse idriche impiegate per la coltivazione.
Mutti si è impegnata ad agire per ridurre le due principali componenti dell’impronta idrica, quella blu relativa ai volumi di acqua dolce sottratta al ciclo naturale per scopi agricoli o industriali, e quella grigia relativa ai volumi di acqua inquinata.

Fonte: Planet Inspired

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Tecnologia Sicurezza Pubblica: Simulare gli incendi per prevenirli (Planet Inspired)

I simulatori di incendi consentono di risparmiare risorse umane ed economiche, riducendo i rischi delle sperimentazioni in campo

In Italia, Protezione Civile e Corpo Forestale si stanno dotando di un sistema ad alta tecnologia, basato su modelli matematici di propagazione del fuoco in contesti boschivi mediterranei, con funzioni tattiche e operative. Gli scenari 3D geo-referenziati sono adattabili a seconda dell’ambiente preso in esame e consentono di ottimizzare l’impiego dei mezzi aerei.
Nel mondo dei videogiochi impazzano quelli in cui ci si improvvisa pompieri, e bisogna intervenire su diversi incendi, anche delicati, come quello di un camion di prodotti chimici ribaltato sulla strada. Si tratta di creare barriere per allontanare i curiosi, preparare le manichette antincendio, e ovviamente guidare il camion.

La Protezione Civile usa invece simulatori d’incendio boschivo che non sono videogiochi, ma computer di ultima generazione, con una grafica in 3D, derivante dallo sviluppo dei simulatori di volo, dell’intrattenimento cinematografico e dei giochi da console.
Il primo è stato Farsite, nordamericano, poi sono arrivati FMIS, modello greco e “Tattica di Fuoco”, sviluppato dai Vigili del fuoco francesi.

In Italia, anche la nostra Protezione Civile e il Corpo forestale dello Stato si stanno dotando di un sistema ad alta tecnologia, basato su modelli matematici di propagazione del fuoco in contesti boschivi mediterranei, con funzioni tattiche e operative .
Il sistema in fase di sperimentazione è un simulatore con scenario tridimensionale foto-realistico su 360°, dedicato all’addestramento per la lotta agli incendi boschivi con simulazione del fronte del fuoco che si estende secondo il vento e il territorio, con fumo, effetti audio, ecc…

Gli scenari 3D geo-referenziati sono adattabili a seconda dell’ambiente preso in esame, con l’obiettivo di ottimizzare l’impiego dei mezzi aerei nelle attività di spegnimento degli incendi.
I modelli tridimensionali degli oggetti coinvolti nelle simulazioni (velivoli, autoveicoli, personale, edifici, vegetazione, ecc.) sono personalizzabili a seconda delle necessità didattiche.

Si possono così sviluppare, su scenari simulati virtuali, modelli previsionali sull’andamento del fenomeno, in relazione ai diversi ecosistemi naturali interessati, al fine di predisporre protocolli operativi condivisi per la gestione ottimale delle attività di spegnimento nonché per affinare le tecniche investigative per l’individuazione di chi appicca incendi dolosi.
Numerosi sono gli studi alla base dei simulatori, impiegati per la modellazione delle situazioni operative e per l’individuazione degli algoritmi più idonei ad analizzare il processo di propagazione di un incendio boschivo.

Al TechFOr, il Salone internazionale delle Tecnologie per la sicurezza, che si è svolto quest’anno a Roma, la Forestale ha presentato il progetto del simulatore che potrebbe essere inserito in un complesso edilizio, sottratto alla disponibilità della criminalità organizzata, a Castelvolturno, che accoglierà presto la “Scuola di Formazione Antincendio Boschivo”.
Le tecniche di simulazione rappresentano certamente una delle principali fonti da cui ottenere rilevanti informazioni consentendo un notevole risparmio di risorse, sia umane che economiche, e riducendo i rischi che derivano dalle sperimentazioni in campo.

Fonte: Planet Inspired

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Città intelligenti: Smart is beautiful – Planet Inspired

Si fa presto a dirsi smart: per diventare davvero città intelligenti occorrono investimenti in ricerca e innovazione

Un convegno organizzato da BAIA (Business Association Italy America), cui hanno partecipato Thales Italia e SELEX Elsag, ha visto i relatori concordi sul fatto che ci sono tutti gli strumenti per ricostruire in modo intelligente le nostre città, rispettando le loro specificità.
L’uso crescente delle tecnologie ICT in settori quali i trasporti, la gestione dell’energia, la sanità e il monitoraggio ambientale, porterà allo sviluppo di un nuovo modello di città sostenibile, dove i cittadini usufruiranno di servizi più accurati, grazie a sensori disseminati nell’ambiente urbano e alla disponibilità di una notevole quantità di dati relativi al funzionamento e all’utilizzo delle infrastrutture urbane. Un importante convegno svoltosi presso la Camera dei Deputati ha fornito l’occasione per approfondire i temi più attuali relativi allo sviluppo delle Smart Cities in Italia.

Organizzato da BAIA (Business Association Italy America), l’evento ha visto i relatori concordi sul fatto che ci sono tutti gli strumenti e le “regole del gioco” per ricostruire in modo intelligente le città, pur tenendo conto che sono molte volte di dimensioni ridotte, e che sono costruite intorno a un centro storico in parecchi casi considerato dall’Unesco patrimonio mondiale dell’Umanità.

Imprese come Telecom, Cisco, Enel, Carrick-Bend, Thales Italia e SELEX Elsag hanno presentato le loro soluzioni per le Smart Cities, mentre il professor Carlo Maria Medaglia (coordinatore CATTID – Università La Sapienza di Roma) ha illustrato la filosofia di queste città del futuro.

“Due buoni esempi di città all’avanguardia sotto il profilo tecnologico e dei servizi possono essere a mio avviso (anche se di scale completamente differenti) Amsterdam, che ha come obiettivo l’abbattimento delle emissioni di CO2, e Paredes una piccola città portoghese che entro il 2015 potrebbe essere la prima città al mondo interamente connessa attraverso una rete di 100 milioni di sensori che gestiranno il traffico, l’illuminazione, il verde pubblico, ed innumerevoli altri servizi” ha detto Medaglia.
”Per procedere su questa strada occorrono investimenti nazionali in ricerca e innovazione, ma non basta. L’innovazione e la tecnologia devono essere non il fine ma lo strumento attraverso il quale sviluppare conoscenza e competitività, puntando sul risparmio energetico, sulla produzione di energia da fonti rinnovabili, sulla mobilità sostenibile, sull’attivazione di nuovi servizi attraverso l’ottimizzazione delle risorse, e sul coinvolgimento e la partecipazione attiva dei cittadini” ha concluso il professor Medaglia.

Fonte: Planet Inspired

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Centro Esrin Frascati: Sguardi Cosmici sulla Terra (Planet Inspired)

Dal 2013 aiuteranno a individuare gli inquinanti, gestire catastrofi, mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici. Vi raccontiamo in anteprima come funzionerà la rete di controllo orbitante, con base a Frascati.

«Le Sentinelle cambieranno il nostro modo di aver cura della Terra, ci aiuteranno a gestire meglio l’ambiente, a conoscere e a mitigare gli effetti del cambiamento climatico, e ci garantiranno anche quella sicurezza civile di cui abbiamo bisogno». Volker Liebig, che da anni dirige i programmi di osservazione della Terra dell’Agenzia spaziale europea Esa e il centro Esrin di Frascati dove sono elaborate le conoscenze ambientali raccolte dai satelliti, spiega l’importanza di un piano con il quale l’Europa vuol guidare un’ operazione di salvaguardia del Pianeta. I cinque satelliti “Sentinel” rileveranno dati sull’ambiente secondo il “Piano Gmes” (Global Monitoring for Environment and Security). E ogni cinque giorni forniranno un completo scandaglio dell’intera Europa.

Ma che differenza ci sarà rispetto alle altre osservazioni fin qui compiute dall’orbita?

«Sarà un cambio decisivo » precisa Volker. «Finora si spedivano lassù degli osservatori che controllavano in maniera specialistica, ma ristretta, alcuni aspetti ambientali. Le Sentinelle, invece, primo sistema del genere al mondo, effettueranno un lavoro di routine, di costante osservazione, mostrandoci ciò che accade sulla terra, sui mari, nell’atmosfera. Ma che cosa ci trasmetteranno per essere tanto utili e necessari? «Nei mari» spiega Volker «misureranno senza sosta il loro aumento ». Ma nello stesso tempo controlleranno la qualità delle acque, gli occhi spaziali sorveglieranno edifici e monumenti, soprattutto in quelle aree soggette a modifiche del suolo capaci di compromettere la stabilità delle strutture.

Altrettanto si farà con il territorio per monitorare cambiamenti rischiosi. «Per esempio, con questi metodi abbiamo misurato un abbassamento di circa dieci centimetri di una pista dell’aeroporto di Fiumicino» aggiunge Volker. «Rilievi del genere sono importanti nella costruzione di metropolitane ma anche per collocare condotte elettriche, sistemare impianti eolici o solari, installare gasdotti».

Un’informazione ancora più sofisticata riguarderà il mondo dei ghiacciai, che possono ridurre gli spessori e scorrere più rapidamente per l’aumento della temperatura sottostante. Naturalmente nelle condizioni delle emergenze determinate da disastri naturali, in tempi brevi, sarà possibile valutare le conseguenze e facilitare gli interventi.

Tutti questi compiti verranno soddisfatti da Sentinelle di diverso tipo costruite da Thales Alenia Space e Astrium, dotate di radar, sistemi ottici e un’ampia varietà di altri sensori. La loro gestione sarà inizialmente curata da Esa e Eumetsat.

Sentinel-1 è quasi completato e se ne prevede il lancio nella seconda metà del 2013. I dati saranno raccolti da vari centri europei e per l’Italia è installata la prima stazione al centro di Matera della Telespazio che con la consociata e-Geos elaborerà i dati inviati poi all’Esrin di Frascati. «Ci stiamo preparando sia per migliorare i servizi per le emergenze e per la sicurezza marittima, fornendo indicazioni in 30 minuti, sia nella produzione di mappe ambientali di varia natura» racconta Federica Mastracci, responsabile delle applicazioni in e-Geos. «La quantità di informazioni che riceveremo sarà enorme ma gli archivi raccolti consentiranno di affrontare i problemi ambientali come mai era avvenuto finora».

Fonte: Planet Inspired

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WASS: Il Robot Dei Mari (Planet Inspired)

L’eccellente connubio tra mondo accademico e sviluppo tecnologico

Un piccolo grande progetto della WASS per l’esplorazione sottomarina utile all’industria, ma che sarà soprattutto amico dell’ambiente.
L’ambiente e la lotta all’inquinamento del mare hanno un prezioso alleato. WASS, la società Finmeccanica che prende il nome dal suo fondatore Robert Whitehead, inventore del siluro, ha ampliato il proprio bacino d’intervento al campo civile. Essere leader a livello globale nell’ingegneria dei sistemi integrati sottomarini (solo nell’ultimo biennio ha depositato oltre 30 brevetti), con un background ultracentenario, ha reso possibile l’ampliamento delle proprie capacità a nuove e promettenti aree di business. Lo dimostra appieno il progetto “V-Fides“, primo prodotto “dual use” sviluppato dall’azienda livornese.

Si tratta di un’ iniziativa finanziata dalla Regione Toscana, dove WASS agisce da capofila di un raggruppamento comprendente Kayser Italia, altra impresa livornese ad alta vocazione in ricerca e sviluppo, ed il Crim (Centro di Ingegneria Microelettronica) della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.

Si tratta di un piccolo robot (solo di dimensioni!) subacqueo, in grado di analizzare le specificità chimico-fisiche dell’acqua a diverse profondità, consentendo una mappatura molto dettagliata del grado di inquinamento da mercurio dei mari in cui si trova a operare.

Dietro la sigla che dà il nome al prototipo si cela un avanzatissimo ingranaggio filoguidato, mirato all’identificazione, la ricognizione e l’esplorazione sottomarina. Questo “piccolo computer dei mari” è in realtà un dispositivo ad altissima tecnologia che integra sistemi complessi e la cui caratteristica principale sarà senza dubbio la flessibilità d’impiego. Il veicolo sottomarino potrà infatti svolgere i compiti più vari, dall’esplorazione dei fondali attraverso sensori acustici e non acustici integrati a bordo, alla sorveglianza e raccolta di informazioni per la sicurezza e la manutenzione delle installazioni industriali. Una bella invenzione, che attraverso il connubio tra ricerca e innovazione valorizza l’ambiente riconoscendone il ruolo di primo piano nella comunità mondiale. Le risorse e le competenze di un grande Gruppo industriale si manifestano così, anche nella realizzazione di attività di ricerca nel campo della robotica subacquea, per applicazioni civili rivolte alla sicurezza dei trasporti e alla tutela della fauna e flora marine.

Fonte: Planet Inspired

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Planet Inspired: India, energia altra sfida da vincere per una crescita sostenibile

Quarta economia del mondo, potrebbe presto superare la Cina

Finmeccanica è presente da tempo in India, in particolare nel settore dei trasporti, nel quale sono previsti forti investimenti per le linee di metropolitana e la rete ferroviaria. L’energia è un’altra sfida da vincere per una crescita sostenibile
L’India, tra i Paesi in via di sviluppo, rappresenta una delle realtà più favorevoli per gli imprenditori stranieri: al vantaggio di una manodopera qualificata e a basso costo (con una diffusa conoscenza della lingua inglese), si affianca l’estrema concretezza del sistema istituzionale-burocratico che favorisce gli investimenti e la presenza di una solida struttura bancaria e finanziaria.

A differenza della Cina, il sistema indiano si regge principalmente sulle capacità tecnologiche, sul lavoro qualificato e sull’eccellenza delle università. Bisogna considerare poi che l’India ha una popolazione attuale di oltre 1,1 miliardo di persone e tassi di crescita che porteranno il Paese a eguagliare il numero di abitanti della Cina entro il 2030.

Quarta economia del mondo per Pil a parità di potere d’acquisto, è una delle poche potenze che ha mantenuto tassi di crescita – da oltre 20 anni – costantemente sopra il 6 %, l’India rappresenta un grande bacino per esportazioni, ma soprattutto un grande Paese dove fare investimenti produttivi.

Finmeccanica ha intrapreso da tempo una strategia specifica per affacciarsi sul mercato indiano con le proprie competenze, i propri prodotti e i propri sistemi. Gli uffici del Gruppo a New Delhi sono la testimonianza della crescente attenzione verso il Paese allo scopo di realizzare il decisivo salto di qualità nelle relazioni con i referenti locali, passando alla creazione di partnership e joint venture con attori nazionali.

Nell’elicotteristica civile, tutti i modelli dell’attuale gamma dei prodotti commerciali di AgustaWestland, ossia l’AW119, l’AW109 Power, il Grand e l’AW139, hanno ottenuto un significativo successo in India negli ultimi cinque anni, con ordini per oltre 30 unità. Tra le principali applicazioni operative di questi ultimi modelli vi sono il trasporto VIP/corporate, le attività di medical evacuation e il trasporto offshore.

Nel settore trasporti su rotaia, Ansaldo STS svolge un ruolo molto rilevante nel Paese, dove detiene oltre il 60 per cento del mercato del segnalamento ferroviario. Un anno fa l’azienda ha firmato il suo primo contratto nel segmento metropolitane per il segnalamento e controllo della metropolitana di Kolkata. Gli enormi investimenti indiani in infrastrutture potrebbero concretizzarsi in diversi ulteriori contratti. Numerose sono le opportunità che si stanno perseguendo, sia per il solo segnalamento sia per i sistemi di trasporto, per quanto riguarda le metropolitane.

Il sistema ferroviario indiano, poi, è gigantesco, un’eredità della dominazione britannica: ancora oggi i treni sono il principale mezzo di trasporto dell’India. Le Ferrovie indiane stanno programmando forti investimenti per le linee merci e l’alta velocità e per l’implementazione di tecnologie destinate alla sicurezza quali il train protection warning system sulle principali linee del Paese. Ansaldo STS è così presente in India con oltre 200 dipendenti e la sede principale a Bangalore.

Particolarmente interessante è poi il presidio del mercato indiano avviato dal Gruppo Finmeccanica, un punto di riferimento fondamentale per tutte le aziende del Gruppo che puntino all’India.
La robusta crescita economica che sta caratterizzando il Paese pone l’India tra i maggiori consumatori a livello mondiale di risorse energetiche primarie: i consumi energetici dell’India dal 1990 al 2010 sono più che raddoppiati. L’obiettivo del governo è infatti soddisfare l’ingente domanda energetica civile ed industriale con piani di sviluppo volti a diversificare le fonti energetiche e incrementare le rinnovabili, anche per far fronte alla grave carenza di generazione elettrica che serve solo il 55% della popolazione


Fonte:
Planet Inspired

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Smart Nature: Al centro del Fucino, la casa di Galileo

Continuano i test sui futuri servizi di navigazione e localizzazione. A portarli avanti la Spaceopal, una joint-venture tra Telespazio e l’Agenzia Spaziale Tedesca

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I primi due satelliti operativi della costellazione Galileo, lanciati il 21 ottobre scorso, hanno superato brillantemente ulteriori test presso il Centro Spaziale del Fucino di Telespazio, che vanno a completare quelli effettuati in Belgio, al Centro dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA).

Galileo è il sistema di navigazione satellitare che permetterà agli utenti di determinare la loro esatta posizione nel tempo e nello spazio, proprio come con il Gps, ma in modo più preciso e affidabile. I test effettuati prevedevano la ricezione e quindi la validazione della funzionalità dei segnali criptati che consentiranno l’offerta dei servizi Galileo PRS (Public Regulated Services – Servizi Pubblici Regolamentati) a enti governativi, organi di sicurezza, Protezione Civile.

Una rete mondiale di stazioni di terra, dalla Nuova Caledonia all’Antartide, controlla continuamente l’accuratezza dei segnali di Galileo. L’attuale fase IOV (In Orbit Validation) del programma Galileo, che si completerà con il lancio dei prossimi due satelliti in settembre, prosegue con una intensivacampagna di test per validare le prestazioni del sistema e testare i futuri servizi di navigazione e localizzazione.

Con il lancio dei successivi satelliti seguirà la fase operativa, che porterà al completamento del sistema, in cui il Centro di Controllo del Fucino gestirà le attività della missione Galileo relative alla generazione e alla trasmissione a bordo del messaggio di navigazione, alla conseguente fornitura all’utenza dei servizi di navigazione, al monitoraggio della qualità del servizio, e alla gestione del segmento terrestre del sistema.

Le attività al Fucino sono state coordinate dalla Spaceopal, una joint-venture tra Telespazio (gruppo Finmeccanica/Thales) e DLR-GfR, l’Agenzia Spaziale Tedesca.

Spaceopal è responsabile della realizzazione e della gestione dei due centri spaziali per il controllo della missione Galileo. In particolare al Fucino, in Abruzzo, si trova il Centro di Controllo GCC (Galileo Control Centre), dedicato alla gestione della missione e del segnale Galileo. AOberpfaffenhofen invece, in Germania, vicino Monaco di Baviera, Spaceopal ha realizzato il GCC che controllerà la costellazione satellitare. Tuttavia entrambi i Centri saranno in grado, nella loro configurazione finale, di gestire sia le attività di controllo della costellazione che le attività di missione.

Il Centro del Fucino è un po’ la casa di Galileo, ha una superficie di oltre 5.000 metri quadrati e a regime ospiterà oltre 100 tecnici e operatori specializzati. Gestirà l’invio del segnale di navigazione ai 30 satelliti Galileo garantendo altresì la qualità del servizio offerto agli utenti finali. Dalla sala controllo principale si potrà gestire l’orbita di tutti i satelliti della costellazione e operare una rete di circa 40 stazioni terrestri.

Il centro gestirà la generazione, la trasmissione e la distribuzione del segnale di navigazione, garantendo la sua integrità, qualità e precisione. In caso di malfunzionamento del sistema, l’utente finale sarà in grado di ricevere un’informazione entro pochi secondi. Da qui, inoltre, verranno costantemente aggiornati gli orologi a bordo dei satelliti rispetto al tempo dell’intero sistema Galileo.

Dal 2014 Galileo dovrebbe fornire le prime tre tipologie di servizio, a un livello iniziale: un servizio aperto e gratuito, un servizio di ricerca e salvataggio, un servizio pubblico regolamentato. Il servizio per la sicurezza della vita umana e il servizio commerciale, invece, saranno testati a partire dal 2014 e verranno forniti non appena Galileo raggiungerà la piena capacità operativa.

Fonte: Planet Inspired

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