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Pietro Romano

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Intervista a Luca Santilli autore de L’ERA DELL’ALCHIMAGO- Romanzo Fantasy edito da Rupe Mutevole Edizioni

Il suo recente lavoro letterario segna un punto di svolta all’interno della sua produzione. Dopo i due romanzi epistolari in versi, rispettivamente Ho raccolto un fiore nero e il sequel di quest’ultimo Gli alberi ricordano di noi, il nostro autore fa il suo ritorno nel panorama editoriale italiano con un romanzo fantasy, L’Era dell’Alchimago. Una piccola cittadina di nome Perl ai confini del Piccolo Mondo viene improvvisamente invasa dalle forze del male. L’oscuro Shaytan è tornato. Solo Axel, giovane amante delle arti alchemiche, e i suoi fratelli Albert e Mary hanno il potere di contrastarlo. I nostri eroi precipitano in una spirale di avventure interminabili dove s’impianta un immaginario storico fatto di simbologie mistiche, rimandi all’alchimia, geografie di popoli sconosciuti e storie millenarie, maghi potenti e creature mostruose.
Un romanzo dagli sviluppi imprevedibili, di cui chiediamo conto al nostro autore.
Salve Pietro, prima di iniziare, vorrei rivolgere un saluto affettuoso ai nostri lettori e ringraziarli. Ringrazio anche te per l’attenzione dimostrata nei confronti della mia produzione artistica, per seguirmi e consigliarmi e soprattutto per le tue prefazioni sempre così precise e professionali.
Sono felice di essere qui e di parlare del mio ultimo libro, L’Era dell’Alchimago edito da Rupe Mutevole Edizioni. Colgo l’occasione per ringraziare Cristina del Torchio fondatrice di Rupe Mutevole che ha seguito l’editing del romanzo con grande pazienza e dedizione, Leonardo Arnone e Isabella Santilli per la creatività nella creazione della copertina.
Crediamo molto in questo romanzo fantasy.
– Luca, come nasce L’Era dell’Alchimago?
Caro Pietro, mi chiedi come sia nato L’Era dell’Alchimago? Il romanzo nasce il 6 Febbraio del 2015. Erano circa le 21:00 quando digitai la prima parola sul formato Word. Da quel giorno non ho fatto altro che pensare ai personaggi del libro e a come rappresentare al meglio le loro emozioni, le loro aspettative, i loro ideali. Che poi in fondo sono anche i miei.
L’esigenza di scrivere e parlare ad un pubblico molto più ampio sicuramente ha guidato la mia ispirazione nella scrittura.
Volevo raccontare della cruda e violenta realtà che ci circonda ogni giorno e di come sia possibile rialzarsi e ricominciare sempre una nuova esistenza anche quando tutto sembra perso. E di macerie nel nostro presente ce ne sono tante.
Il genere fantasy può sembrare in qualche modo confinato ad un pubblico più giovane. Non è così. Sto scoprendo che se un romanzo parla di verità, di emozioni e sentimenti comuni arriva a chiunque. La mia fiducia è ben riposta soprattutto nei giovani lettori e scrittori. Essi rappresentano la salvezza per questo mondo, che potrebbe scivolare in una voragine qualora l’ego, il materialismo e l’odio non vengano placati dalla “luce dei sogni”.
– Il tuo romanzo stuzzica la creatività e la fantasia di noi lettori. Su, confessa, in fondo sappiamo che ti sei divertito a costruirne gli scenari e le vicende. Ecco, vorrei chiederti: cosa rende un romanzo suggestivo? Ti sei dato dei modelli o dei punti di riferimento?
Direi che non si possa parlare proprio di divertimento. Per me, scrivere questo romanzo è stato come fare un viaggio senza sapere a quale porto approdare. Ogni capitolo è stato un susseguirsi di eventi, immagini, dialoghi e paesaggi. Ho preso molto spunto dalla realtà circostante e dai paesaggi dei luoghi natii. Il resto è stato frutto della mia fantasia.
Un romanzo è suggestivo quando questo riesce ad essere un tutt’uno col lettore, quando i personaggi dicono e riflettono molto di te, quando le parole che li descrivono e ne narrano il mondo interiore rimodellano la mente e l’anima di chi legge. Ho sempre pensato ai libri come alleati, come amici, come confidenti, come mondi dove rifugiarsi, crescere e poi uscirne più determinati.
Credo che, quando si scrive un romanzo, tutte le pagine che hai letto degli altri autori partecipino alla stesura della tua opera, come se gli autori che hai letto con amore e rispetto ti sussurrassero tutti insieme “ Hai visto, non era così difficile scrivere un romanzo”. In effetti, mi è stato sufficiente affidarmi al mio istinto e a ciò che in quel preciso momento stavo vivendo per conferire ai personaggi emozioni determinate dal mio sentire.
Ti confesso che la parte più emozionante per me è stata descrivere i paesaggi dall’alto. Per uno come me che non ama volare, poi… Ritrovarmi con la mente sul dorso di un Kobal, una creatura mostruosa, o di altre creature alchemiche e sentirne le ali membranose sfidare le correnti ascensionali, sì, è stato davvero suggestivo.
-Si è sopra ricordata parte della tua produzione poetica. In che modo il passaggio dalla poesia alla prosa si è rivelato funzionale alla tua maturazione d’artista e scrittore?
Mi fai una domanda dal peso importante. Il solo sentire la parola “poesia” per me è rinascere. Io ho sempre inteso la poesia come un momento di liberazione, di rigenerazione dell’anima sofferente ed espressione di luce sopra le tenebre.
Ecco, la Poesia per me è stata una grande maestra di vita e maestra nella scrittura. Credo che L’Era dell’Alchimago abbia conservato diverse descrizioni alquanto poetiche. La parola chiave che a tal proposito mi torna in mente è “ Incanto”. La poesia incanta, e in un romanzo fantasy dove la magia e l’alchimia segnano tracce e percorsi da intraprendere nell’ignoto, non poteva mancare la mia grande alleata, la poesia.
Non a caso ho scelto di aprire le quattro parti, “ Perl, La Ricerca di un Destino, Verità e Malvagità, La Voce ed il Male”, in cui ho suddiviso i capitoli con delle poesie, attribuite a Eleonor una delle figure più enigmatiche di tutta la narrazione, colei che tesserà la trama di un segreto bagnato nel sangue.
-Sbirciamo ancora un po’ fra i personaggi del tuo libro. Quale rivedi più vicino a te? E perché? Da quali ti senti al contrario lontano?
I personaggi del romanzo ad ogni nuovo capitolo si presentano dinamicamente come se disvelassero nuove scene, nuovi caratteri e nuove emozioni. Se inizialmente mi sono visto molto legato ad Axel, ho in seguito scoperto che, ogni volta che scrivevo di un nuovo protagonista, una piccola parte di me gli apparteneva. Se parliamo del romanzo fine a se stesso, non mi sento lontano da nessuno dei personaggi. Axel, Albert e Mary rappresentano la mia fanciullezza, i ricordi dei tempi della scuola e del liceo, i pomeriggi a giocare nei cortili con i bambini vicini di casa. Margot e Millon invece rappresentano il periodo universitario, quando passavo semestri nei laboratori o sui libri a preparare esami di chimica, biologia, botanica e tante altre materie. Sì, loro parlano di tenacia, di sperimentare e di crederci fino in fondo. Lo stesso vale per ciò che riguarda i capitoli ed i personaggi che parlano dell’Accademia dell’Alchimia Universale.
Poi è il momento di personaggi più crudi e freddi, Corinne e Adron, strega e guerriero del Grande Mondo che rappresentano le forze dell’ipocrisia e delle vane parole dettate solo dalla sete di potere. In questo si può intendere un rimando alle grandi crisi e ai tremendi conflitti che il nostro pianeta attualmente attraversa.
Forse, il personaggio che più mi ha lasciato un segno è Adambra, l’unica che per sua volontà sia riuscita a superare la Voragine Eterna, una spaccatura all’interno del pianeta che separa il bene dal male. La sua determinazione e la sua volontà di cambiare un destino prestabilito mi spronano a fare altrettanto. A costo di perdere molto, la verità rende anche sempre tanta giustizia.
-Serbi altri progetti letterari per il futuro?
Per il futuro, il mio intento è di portare a termine entro il prossimo anno il secondo volume del L’Era dell’ Alchimago. Inoltre, appena recupererò nuova ispirazione, prenderò a terminare la trilogia del romanzo epistolare di cui parlavi in apertura, e dunque continuare il sequel de “Gli Alberi Ricordano di Noi”.
Adesso che il romanzo è stato pubblicato lascerei la parola ai lettori. Spero che sia una lettura appassionante e piena di risvolti coraggiosi. Dai libri mi è sempre piaciuto trarne consigli, discernimento nelle scelte e voglia di vivere. L’augurio è di aver scritto un libro che sia capace di emozionare e divertire.
Vi aspetto nella pagina Facebook L’Era dell’Alchimago. Al suo interno troverete immagini, booktrailer e la prefazione scritta da Pietro Romano.
Concludo ringraziando nuovamente te, Pietro, per quest’intervista

Di seguito il link per l’acquisto:
http://www.rupemutevoleedizioni.com/letteratura/novita/l-era-dell-alchimago-di-luca-santilli.html

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UN PERIPLO ALL’INTERNO DELLO SCONFINATO UNIVERSO DI NICOLA MANICARDI- Rupe Mutevole Edizioni

PERIPLO di NICOLA MANICARDI – Recensione a cura di Pietro Romano

Periplo. Con questo titolo si vuole rimandare a un lirismo eversivo, scomposto e disordinato nel suo insieme ma riorganizzato entro una solida struttura d’indagine che vuole il mondo come rete dei possibili.
Muoversi all’interno del disordinato universo di Manicardi significa circumnavigare le infinite combinazioni del suo movimento. Viene edificata unità laddove la disomogeneità crea caos.
Dinnanzi abbiamo un poeta distruttore e costruttore al contempo, il quale ingrandisce e rimpicciolisce l’ottica del suo sguardo a seconda dell’oggetto della sua analisi.
Tuttavia, già Calvino con Palomar c’insegna che lo sguardo non può coprire l’intera dimensione spaziale in cui è immerso. Le coordinate spazio-temporali risultano non pienamente padroneggiabili: due occhi rimangono insufficienti per salvare dalla dispersione confusa l’ordine degli elementi diffusi nel tempo e nello spazio. Quando se ne catturano due o tre, ecco pronta l’onda successiva a sovrastarle.
C’è dunque nell’essenza di Nicola un vivo atteggiamento di denuncia silenziosa nel quale si intravede una trasfigurazione letterariamente possibile della vita. Un occhio ponderato, scrutatore, talvolta scettico ma sempre languido sognatore.
In Tremens (pag.15) mediante un procedimento di tipo visivo/immaginativo, la mente del nostro autore compie un periplo nella Terra silente. Le palpebre si chiudono disegnando una linea retta… verso il Mondo ma non l’Infinito. Il silenzio del globo interpone brevi distanze, desta il presentimento d’inattesi sconvolgimenti, risponde all’assenza di vitalità e significato in cui vita e morte, egualmente compresenti, coincidono. La tesi è l’atto affermativo a cui corrisponde una frattura. Nel silenzio, la sintesi d’entrambe. L’ampliarsi/assottigliarsi d’ogni percezione. Il denso concentrarsi del tutto in un punto di svolta. La metamorfosi che continua a operare incorruttibile.
In Metamorfosi (pag.28), il divenire viene identificato come effusione di tutto quel che vive e resterà metamorfosi. C’è un solo elemento unificante che abbraccia il corso di tutte le cose. Questo è il mutamento che però non ha potere su se stesso. Non può arrestarsi. Non può fermare il suo corso. Le rughe e la rabbia vanno a braccetto metamorfosi dell’inquietudine. La clorofilla resta dello stesso colore…forse un po’ più acida. Dove un processo metamorfico prende inizio, attesta un confine oltre il quale non può andare. L’inquietudine si modella, ma sempre inquietudine resta. Un tema quella della metamorfosi frequentato anche da Rainer Maria Rilke, ancora capace di innervare le trame della poesia del nostro secolo.
In Vuoto (pag.19), prende corpo una riflessione imperniata attorno a una cosmologia orfica dalla quale il mutamento trae atto. Un bicchiere vuoto, l’inizio della digressione. Il vuoto pieno del suo vuoto che pietrifica ogni estremo razionale tentativo di attribuirgli un senso. Quello stesso vuoto fantasma governatore del Cosmo che continua a operare nella negazione. Soltanto effondendosi in esso, risulta possibile radicarsi nel presente. Soltanto presumendolo tra le cose prime, a fianco a Dio, risulta possibile una
spiegazione. A questo punto, però, s’attesta una brusca interruzione,
ci si pente per non andare oltre la propria rete di domande, Dio non va messo in discussione. Il tutto naturalmente mescolato a una buona dose d’ironia. Così Manicardi prende posizione contro il dogmatismo religioso. Dove la fede è dogma, la sete di conoscenza non assurge a vita.
Il perenne immodificabile intrecciarsi di vita e morte è uno dei punti tematici della poesia Arsenico(pag.35) , in cui si riflette sull’erratico itinerario di corpi distratti. Storditi, frastornati, avvelenati. S’intenta, come in un assurdo kafkiano, un processo alla realtà di cui sono vittime e di cui n’è restituita un’immagine poco nitida, sfuocata, indefinita. Ratti che trovano la morte nei metalli che li hanno traditi. (…) Puttane e uomini spia che, dopo aver consumato un pranzo d’amore, brindano con la morte. Un immaginario quasi baudelairiano, a tinte fosche, forse con un implicito riferimento a quegli uomini da ostello morti per aver baciato prostitute con arsenico sulle labbra. In Bambagia di seta pura(pag.36), il sogno di leggerezza del poeta assume le ali delicate d’una farfalla nata da un bozzolo appena dischiuso sulla camicia d’un secondo personaggio la cui identità non viene chiarita. Al suo interno l’io lirico vorrebbe riposare, come a voler soddisfare il suo bisogno di regressione nel grembo materno e rinascere a nuova vita. L’immane sensibilità poetica di questo artista non si ferma a questa visione suggestiva. Intende dare una definizione della stessa sensibilità poetica. In Sensibilità (pag.37), la stilografica solca quel mare di carta- a cui Nascimbeni accennava in prefazione- sulle note della sola leggerezza dell’anima. Di essa si sostanzia la genialità. Da essa prende forma l’ispirazione poetica. Immobile (pag.49) offre un’evocativa panoramica di un sogno di vita ad occhi aperti. Uno scenario notturno sospeso e immobile in cui gli occhi roteando cercano luce e decifrano quel sogno prolungato fino alle prime tenere voci del mattino.
Beta (pag.46) sintetizza la tendenza al gioco e all’ironia. Beta, ch’la seconda lettera dell’alfabeto greco, panciuta e soddisfatta, non rimpiange di essere prima ad alfa in quanto non ha nessun interesse a primeggiare. Un’esplicita dichiarazione d’umiltà da parte d’un poeta votato a una conoscenza che va oltre le cose perché consapevole della profondità della loro superficie. Infine, per concludere il nostro volo d’angelo sulla raccolta, ho scelto di esaminare un altro testo. Numeri (pag.50) costruisce attraverso lo stile colloquiale tipico del nostro Manicardi una precisa simbologia concettuale venata da un accento di lieve ironia. Proprio come beta, anche un numero pari qualsiasi si trova posposto rispetto a un altro elemento numerico che sistematicamente lo precede. Sempre alla ricerca di un’impossibile unità, l’io lirico generosamente dona un numero pari. Forse proprio perché ordinario, un dono comunemente considerato privo di valore ma non per il poeta che vi scorge nuova poesia: Non voglio che rimanga scordato da solo ma che viva rendendovi utile per ancora contare qualcosa. Di seguito, un numero dispari, monco del filamento che lo teneva legato a quell’altro numero pari dopo di lui, diviene oggetto di apprensioni da parte del poeta, che piano lo prende, e veloce passa in rassegna. Di fondo, c’ è la tenace volontà di tenere inalterato un ordine che così funziona perché è il solo modo in cui può schiuderci innumerevoli possibilità di crescita e trasformazione. Anche se non passa in controluce l’inquieta impossibilità di cogliere la molteplicità dei punti di vista e il perché di vita e morte.
Di seguito il link per l’acquisto:

http://www.rupemutevoleedizioni.com/letteratura/novita/periplo-di-nicola-manicardi.html

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