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Zucchero Fornaciari – Una carezza, un album intramontabile

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  • 19 Settembre 2010

Una carezza, il nuovo singolo di Zucchero Fornaciari, anticipa l’uscita del nuovo album Live in Italy.
“Stavo pensando molto intensamente a mia madre, che era scomparsa da poco, quando ho sentito un vento caldo avvolgermi, e ho pensato: questa è la carezza di mia madre”, racconta il cantautore al Tg1 parlando di “Una carezza”.

Appena uscito in tutto il mondo, Live in Italy è da lui considerato come il primo vero lavoro live della sua carriera.
E’ composto da due cd con 34 canzoni, di cui 4 inedite e due dvd con 36 canzoni, in un unico packaging, registrate e riprese dai concerti all’Arena di Verona del 21-22-23 settembre 2007 e da quello allo Stadio di San Siro lo scorso 14 giugno.

“E’ difficile esibirsi a Verona, è anche difficile rifare un San Siro come l’ho fatto io”, ha aggiunto Zucchero ai microfoni del Tg1; durante il World Tour 2007-2008, si è esibito in sette mesi in 207 concerti, ha fatto cinque volte il giro del mondo e ha percorso 301.727 chilometri.
“Non ho mai fatto un tour così lungo e non ho mai fatto veramente un album dal vivo inteso come uno o più concerti registrati propriamente per poi farne un disco”, ha affermato Fornaciari.
Live in Italy, esce in tutte le librerie in una confezione speciale con un libro di fotografie e aforismi.

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Viaggio nello spazio, dal 2015 si puo’. E il biglietto? …Astronomico!

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  • 19 Settembre 2010

E’ ufficiale. Il sogno di intere generazioni, quel sogno sempre manifestato dal genere umano, nei romanzi fantascientifici, nelle pellicole futuristiche, nelle menti di adolescenti e non, quel sogno di rendere l’uomo turista ai confini del mondo finora conosciuto e vissuto, potrà, finalmente, realizzarsi. E così, dopo aver contemplato da lontano la Luna nostra “compagna”, i satelliti di Giove, Marte e altri corpi celesti, sarà possibile, fra qualche anno, anche se per pochi privilegiati (e fortunati), viaggiare nello spazio da curiosi e esterrefatti turisti. La data da segnare sul calendario, quella che probabilmente rimarrà nella storia, se tutto andrà bene, è il 2015. Non si creda, tuttavia, che si tratti di un “salto nel vuoto” ( o nello spazio): è un progetto concreto.Patner dell’iniziativa sono la Space Adventures e la Boeing, l’azienda di Seattle che sta approntando, in collaborazione con la Nasa, la costruzione di una navicella spaziale per trasportare gli astronauti sulla Ssi (Stazione Spaziale Internazionale). Si tratta di un velivolo ultra moderno capace di trasportare sette persone, di cui quattro astronauti e tre posti riservati ai futuri turisti dello spazio.La Boeing Company e Space Adventures Ltd. hanno stabilito un protocollo d’intesa per la commercializzazione dei servizi di trasporto previsto per le destinazioni in orbita terrestre bassa (Leo) su veicoli spaziali, Boeing commerciali.Nell’ambito di tale accordo, Space Adventures commercializzerà i posti passeggeri su voli a bordo del Boeing Crew Space Transportation-100 (CST-100) . I potenziali clienti, per la capacità di posti a sedere in eccesso, potranno essere anche da privati, aziende, organizzazioni non governative o semplici, ma comunque facoltosi, appassionati. Boeing prevede di utilizzare il CST-100 per trasportare l’ equipaggio della Stazione Spaziale Internazionale (ISS) e turisti su future piattaforme commerciali a “bassa quota” (spaziale).continua….

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Viaggio nello spazio, dal 2015 si può. E il biglietto? …Astronomico!

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  • 18 Settembre 2010

E’ ufficiale. Il sogno di intere generazioni, quel sogno sempre manifestato dal genere umano, nei romanzi fantascientifici, nelle pellicole futuristiche, nelle menti di adolescenti e non, quel sogno di rendere l’uomo turista ai confini del mondo finora conosciuto e vissuto, potrà, finalmente, realizzarsi. E così, dopo aver contemplato da lontano la Luna nostra “compagna”, i satelliti di Giove, Marte e altri corpi celesti, sarà possibile, fra qualche anno, anche se per pochi privilegiati (e fortunati), viaggiare nello spazio da curiosi e esterrefatti turisti. La data da segnare sul calendario, quella che probabilmente rimarrà nella storia, se tutto andrà bene, è il 2015. Non si creda, tuttavia, che si tratti di un “salto nel vuoto” ( o nello spazio): è un progetto concreto.Patner dell’iniziativa sono la Space Adventures e la Boeing, l’azienda di Seattle che sta approntando, in collaborazione con la Nasa, la costruzione di una navicella spaziale per trasportare gli astronauti sulla Ssi (Stazione Spaziale Internazionale). Si tratta di un velivolo ultra moderno capace di trasportare sette persone, di cui quattro astronauti e tre posti riservati ai futuri turisti dello spazio.La Boeing Company e Space Adventures Ltd. hanno stabilito un protocollo d’intesa per la commercializzazione dei servizi di trasporto previsto per le destinazioni in orbita terrestre bassa (Leo) su veicoli spaziali, Boeing commerciali.Nell’ambito di tale accordo, Space Adventures commercializzerà i posti passeggeri su voli a bordo del Boeing Crew Space Transportation-100 (CST-100) . I potenziali clienti, per la capacità di posti a sedere in eccesso, potranno essere anche da privati, aziende, organizzazioni non governative o semplici, ma comunque facoltosi, appassionati. Boeing prevede di utilizzare il CST-100 per trasportare l’ equipaggio della Stazione Spaziale Internazionale (ISS) e turisti su future piattaforme commerciali a “bassa quota” (spaziale).continua….

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Norcia, una delle più belle cittadine del centro italia

Norcia, è celebre per aver dato i natali, nel 480, a due delle figure più importanti nella storia della Chiesa cattolica: San Benedetto e la sua gemella Santa Scolastica. La cittadina è distesa nella piana di Santa Scolastica ed ha origini antichissime e può gareggiare turisticamente con i giganti vicini del centro Italia quali il Lago di Bolsena, il Lago Trasimeno o il bellissimo comune di Cascia.

Tutti i monumenti più importanti sono concentrati attorno al cuore della città: Piazza San Benedetto.

Uno di questi è senza dubbio la chiesa di San Benedetto, edificata sopra la casa natale dei santi gemelli in Norcia. La chiesa risale alla fine del XIV secolo ma già nel VI secolo vi fu edificato un tempio. La facciata è abbellita da un portale, recante ai lati le statue dei due santi e un rosone. Diverse opere d’arte sono custodite nel suo interno dalla pianta a croce latina. La cripta fu realizzata utilizzando un’antica costruzione romana preesistente.

Accanto alla rocca della Castellina è possibile ammirare il Duomo di Norcia, dedicato a Santa Maria Argentea e costruito nel 1560, dopo che la chiesa originaria dedicata alla santa fu abbattuta per far spazio alla Castellina. Della chiesa ci rimane il portale laterale, in stile gotico-rinascimentale.

Poco distante dal Duomo, in via Battisti, è la chiesa di San Francesco, risalente al XIV secolo.

Per finire, non può mancare una visita alla singolare costruzione sita in via Umberto: l’Edicola. L’Edicola è una cappelletta votiva, costruita nel 1354 prendendo a modello i tempietti funebri di epoca romana.

Lasciando la città di Norcia, incamminandosi lungo la tortuosa via che dalla città porta a Visso, tra suggestivi panorami montuosi di indicibile bellezza, troviamo i piani di Castelluccio, uno dei più grandi bacini corsici chiusi di tutta Italia.

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Vegetariani e tumori, quel che conta è l’headline!

Nell’era dell’informazione supersonica, dove hai giusto il tempo di leggere i titoli e titoletti di un articolo, di prestare attenzione alle prime parole di una notizia, la comunicazione si gioca nelle prime sillabe.

Ci siamo divertiti nei giorni scorsi a fare un elenco dei titoloni di una notizia che pubblicata sulla rivista scientifica AJCN ha fatto scalpore in questi giorni.

Non so se tra web, giornali, tv o radio hai sentito dell’ennesima ricerca che attesta che i Vegetariani soffrono meno di tumori e neoplasie. Si sa da decenni, lo diciamo ad Autodifesa Alimentare dalla prima edizione…

Ecco i vari titoli, leggi che roba! 😉

  • Dieta vegetariana riduce il rischio di tumori
  • Dieta vegetariana, pi
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I dottorati di ricerca: crescità personale, investimento per il futuro o lavoro post laurea?

Col passare degli anni il mondo dell’università sta cambiando notevolmente e dimostra di voler prestare una sempre maggiore attenzione alla realtà produttiva esterna. I vari seminari, corsi, master che vengono frequentemente organizzati e allestiti sono proprio rivolti alla possibilità di voler rendere più accessibile la soglia delle ristrette esigenze curriculari, al fine di creare un maggior collegamento tra le conoscenze acquisite e gli sbocchi produttivi esistenti.

Cosa dice la legge
La legge di riferimento in questo senso è la n. 449 del 27 dicembre 1997, la quale elargisce crediti di imposta a imprese e soggetti di diversa natura dietro una assunzione degli oneri relativi a borse di studio che sono state concesse per la frequenza a corsi di dottorato di ricerca, nel caso in cui il relativo programma di ricerca sia concordato con il soggetto di cui al presente comma e nei casi di assunzione a tempo pieno… di titolari di dottorato di ricerca. La legge in questione, intitolata misure per la stabilizzazione della finanza pubblica, ha delineato tali orientamenti al fine di stabilire un’importante e utile connessione fra il mondo della cultura e il mondo del lavoro: ma per quanto riguarda i dottori di ricerca che operano nell’ambito delle materie umanistiche, questi orientamenti non forniscono alcun ausilio. Al contrario, è possibile ipotizzare che i provvedimenti citati in precedenza creeranno un numero spropositato in favore dei posti di dottorato istituiti nelle facoltà scientifiche e tecnologiche, che, essendo favorite nel mantenere delle relazioni durature e importanti col mondo dell’impresa, potranno usufruire di sostanziose integrazione economiche volte a finanziare borse dottorali, mediante convenzioni con soggetti pubblici e privati che sono in possesso dei requisiti di elevata qualificazione culturale e scientifica e di personale, strutture ed attrezzature idonee.

Gli svantaggi del dottorato di ricerca
L’iniziativa del dottorato di ricerca presenta essenzialmente due svantaggi: anzitutto, la struttura tradizionale della Laurea è rimasta immutata e senza sostanziali variazioni, con una durata che è generalmente superiore alla durata media degli altri paesi, mentre il dottorato di ricerca è un’iniziativa che si è semplicemente aggiunta. Inoltre, il fatto che non si sia richiesto e dato alcun privilegio e vantaggio al dottorato per quanto riguarda l’accesso al mondo delle professioni, ha privato il dottorato stesso di un ruolo essenziale nella ricerca lavorativa. Il dottorato è dunque diventato semplicemente un titolo di mero significato accademico, valutato e richiesto soltanto con finalità propedeutiche alla futura carriera universitaria e di ricerca. Alcuni dottorati, poi, specialmente quelli delle materie scientifiche, il dottorato viene ridotto spesso a una semplice continuazione della tesi di laurea e un percorso obbligato al mondo della ricerca. In questo caso, infatti, il dottorato di ricerca assume i contorni di un mezzo di sfruttamento di lavoro semigratuito e un supporto non legale alla reale attività didattica. Nell’ambito delle professioni esso contraddistingue una sorta di apprendistato, pagato dallo Stato, necessario per essere cooptato con i tipici fenomeni di dipendenza lavorativa.

Materie scientifiche
Nell’ambito delle materie scientifiche, il dottorato di ricerca ha subito delle pesanti ripercussioni sulla sua stessa struttura, soprattutto a causa della sua eccessiva accademizzazione: come primo aspetto che risalta in questo senso, c’è il fatto che si è completamente rinunciato a rendere il dottorato un livello culturalmente più elevato della laurea, a causa di corsi di insegnamento troppo generici e dedicati a persone con interessi diversi (tra l’altro sono dei corsi gestiti male, perché svolti a titolo gratuito e spesso coincidenti con corsi specialistici del corso di laurea, con una conseguente scarsa correlazione tra la capacità di apprendimento degli studenti e il livello del corso stesso). Un altro aspetto che bisogna sottolineare è la presenza del concorso selettivo di ingresso: in questo caso, si ottiene generalmente una borsa di studio che permette di frequentare il dottorato. Questo elemento favorisce sicuramente una sorta di contrapposizione tra i dottorandi per l’inserimento nel mondo della ricerca: si andranno dunque a curare maggiormente i risultati pratici (pubblicazioni o titoli equivalenti…) piuttosto che il miglioramento della preparazione personale.

La borsa di studio
La borsa di studio relativa al dottorato di ricerca si è evoluta nel corso del tempo, sotto la spinta di particolari interessi. Inizialmente il numero di posti di dottorato era limitato a causa del numero di borse di studio assegnate a ogni facoltà e da queste ultime a ogni materia specifica. La selezione dei candidati idonei avviene tramite concorso generalista, un concorso che dovrebbe premiare il merito, ma non perfettamente definito nel dettaglio dei suoi obiettivi. Attualmente si è però proceduto verso la soluzione delle borse sponsorizzate, ovvero pagate da enti nazionali di ricerca (come ad esempio il CNR, ENEA…): tra l’altro vi sono anche alcune realtà più avanzate, di industrie private che hanno convenienza a veder preparate, a un costo modesto, persone di alta qualificazione. Le borse di studio sponsorizzate vengono pagate quindi da enti esterni al fine di svolgere un lavoro di ricerca su un tema preciso e rappresentano una soluzione senz’altro utile, rappresentando una sorta di anticamera un lavoro vero e proprio successivo.

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Pericolo Sissite: San Valentino, regala il tuo davvero il tuo cuore a chi ami

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  • 13 Febbraio 2009

Mentre tutto il mondo straparla di cuore,
organo-oggetto conteso tra Marketing e Pubblicità, qui sul Blog di
Autodifesalimentare abbiamo deciso di parlarne sul serio!

Cominciamo con la causa originaria più comune delle malattie di cuore: si
chiama “Sissite” ed è una delle malattie degenerative più
diffuse (e allo stesso tempo più sconosciute) della nostra società occidentale,
malattia che noi della Redazione di Autodifesa Alimentare – abbiamo
l’ardire di proclamare –
stiamo portando allo
scoperto
!

Sì sì lo so che dovrei, ma…” seguito da una
excusatio non petita, è il sintomo principale che
indica il lento e progressivo estendersi della “Sissite” che
intossicherà lentamente i vari organi del discernimento… …Tanto che il
malcapitato affetto da questa malattia, da questa sorta di amnesia
selettiva
, protrarrà comportamenti (alimentari e di stile di vita)
sconsiderati che, piano piano, lo porteranno da un piccolo lieve disturbo (mal
di testa, stipsi, ansia, depressione, gonfiore, stanchezza etc…), seguito da
una cronicizzazione del problema, prima, e al divampare della malattia, poi …

In poche parole abbiamo scoperto che la maggior parte delle persone
pensa di sapere esattamente cosa deve fare per stare bene, ma
chissà perchè non ha la minima coscienza delle conseguenza
delle sue azioni ed ha legato a qualche monelleria infantile l’esigenza
di fare esattamente l’opposto di quello che sa essere giusto. Eppure in cattedra
alla scuola della salute non abbiamo un bonario maestro che si
lamenta con i nostri genitori alla riunione trimestrale, ma un medico chirurgo
armato di bisturi. Se va bene!

Soprattutto parlando di prevenzione cardiovascolare, un
argomento molto conosciuto dagli italiani ma davvero poco consapevolizzato, la
“Sissite” è la trappola più pericolosa!

Teoria senza il perchè, senza il domani, senza – in parole
povere – la pratica!

Da un’indagine di qualche mese fa, in occasione della
Giornata Mondiale del Cuore, è emerso come l’89% degli italiani
conosca quale sia la norma per almeno 1 tra i 3 livelli di pressione,
colesterolo e glicemia e come quasi la totalità degli intervistati (il 98%)
sappia il suo specifico valore di almeno 1 di questi 3 fattori. Al contrario,
molto pochi quelli coscienti dell’importanza di monitorare la
pressione regolarmente e di come questi 3 valori concorrano ad alzare il rischio
cardiovascolare.

La “Sissite” imperversa, infatti ben il 45% degli
intervistati, colto sul fatto, ammette di averne almeno 1 fuori della norma,
colesterolo in prima linea con un grasso 20%, “eh,
sì si lo so che dovrei abbassare il colesterolo…
“, seguito da pressione
eh, sì si lo so che la mia pressione è un po’ altina…

La cosa incredibile è che sebbene il oltre 2/3 degli ipertesi segua una
terapia specifica, il 70 per cento di questi (7 su 10)
non riesce a mettere sotto controllo la pressione con i
farmaci… cannando pericolosamente l’obiettivo.

Sarà per caso che affidare alla “pillola della pressione
tutta la vicenda, continuando imperterriti con uno stile di vita alimentare
sbagliato, senza un minimo di movimento, sia alquanto inutile? Il dramma
delle pillole magiche
impera, persone che “a vita” assumono farmaci che
– per altro – non sortiscono sempre l’effetto desiderato! E
chissà perchè pochi hanno interesse ad evidenziarlo!

Ed ogni volta che ci sono articoli su queste tematiche è raro che si ponga
l’attenzione sull’alimentazione nel modo corretto. Sì
l’alimentazione è lì, come spauracchio fastidioso sempre in
agguato
, difficile che si parli di educazione alimentare, mai che si
diano consigli davvero pratici, si promuovano iniziative non sponsorizzate da
Big Pharma o che si trovi un sistema per rendere l’argomento simpatico…
(esclusi i presenti, ovviamente, meno male che in rete c’è un progetto
indipendente che si chiama “Autodifesa
Alimentare
“) …

Sempre le solite frasi fatte che sono subito archiviate dal lettore nello
speciale compartimento mentale “sì sì lo so che
dovrei
“, tanto poi l’articolo continua e, scandalosamente, appare
sempre l’ultimo farmaco, l’ultimo ritrovato
miracoloso… facile, si compra, si ingoia ed è molto rassicurante.
Sfortunatamente per il 70% inefficace. Soldi buttati, chimica in giro, salute
persa.

Le cardiopatie, lo ricordiamo, sono la prima causa di morte
nel mondo occidentale, il corpo invecchia male, non ne può più di tante
disattenzionie, ed il cuore semplicemente si rompe. Oppure si
intasa una vena o scoppia un’arteria nel cervello. Oppure il diabete consuma il
cuore, e anche lì, poco da fare…

E stando all’indagine gli Italiani sono molto sereni riguardo alle loro
condizioni di salute… solo poco più della metà, è un po’ preoccupato per il
suo cuore, un po’ di più si preoccupa se pensa all’ictus. Eh già,
l’ictus spaventa un po’ di più… la possibilità di restare
inabili, di non riuscire a gestire un pezzo di sè, di finire la propria
esistenza su una sedia a rotelle e dipendere dagli altri in tutto. E’ una
prospettiva davvero angosciante per sè e per le persone che ci
amano
e ci assistono.

Dulcis in fundo, è proprio il caso di dirlo, gli italiani non
conoscono la glicemia, uno dei fattori risultati meno
familiari, e quanto questa, a braccetto con il diabete, possa
incidere sulla salute del cuore! Appena 1/5 dei nostri connazionali è al
corrente di questo legame. Ma in fondo perchè preoccuparsi?

Oltre il 77% delle persone nel Bel Paese – forse grazie anche alla
fantastica campagna di disinformazione campanilista su quanto
sia salutare in realtà la dieta mediterraneapasta e pane
tutti i giorni
” – è convinta di mangiare bene. Alla faccia
dell’epidemia di obesità e sovrappeso che dilaga in tutte le classi di età dai
bimbi agli anziani…

Ignara dei meccanismi perversi dei picchi glicemici che innescano un
circolo vizioso che porta a desiderare cibo di continuo, gli italiani pensano
sì sì lo so che dovrei (mangiare meno / fare un po’ di sport) ma…
è più forte di me!
” … una considerazione assolutamente fuori
luogo quando con un semplice programma di nutrizione si può tranquillamente
arrivare a spezzare questa catena, avere più energia e iniziare a stare meglio.

E lo sport? Neanche a parlarne. Il 53% degli over 40 intervistati non sanno
neanche cosa sia.
Che dire? Per ricominiciare a volersi bene c’è sempre il nostro progetto di
Autodifesa
Alimentare

Ed insieme consiglio un bel libro, un libro che dovrebbe
stare in ogni casa ci sia un adulto, uomo o donna sopra i 30 anni.

Un libro che – al di là di cuori di pezza e pelouche sintetici pieni di
cioccolatini – potrebbe essere un vero regalo per San
Valentino. dire_no_alle_malattie_cardiache.jpg

Un libro sul cuore.
Dire NO alle Malattie Cardiache
Come l’Ossido Nitrico può prevenire e far regredire le malattie
cardiache
.

Un manuale di facile e piacevolissima lettura scritto dal Premio Nobel
Lou Ignarro, chimico e ricercatore italo-americano. Un uomo
eccezionale che ho avuto l’opportunità di ascoltare più volte dal vivo. E che mi
ha reso ancora più consapevole! Leggi i dettagli qui.

E allora, a San Valentino, facciamo un regalo davvero con il cuore alle
persone che ci vivono accanto e che amiamo!

Decidiamo di regalargli il nostro cuore sul serio, un cuore nuovo e
revisionato
. E soprattutto concediamoci di vivere
insieme a loro una vita longeva, sana, piena,
vitale, fino all’ultimo meraviglioso giorno!

Viviana Taccione
Wellness Angel Coach e Trainer Autodifesa Alimentare
www.autodifesalimentare.it/blog

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Lago Trasimeno lo specchio dell’Umbria!

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  • 19 Gennaio 2009

Il Lago Trasimeno è una delle più importanti mete naturalistiche dell’Italia. Il Lago è un’interessante oasi naturalistica ricchissima di pesci, uccelli, fauna e flora tipiche della macchia mediterranea. È l’unico rimasto dei tanti laghi che costellavano la terra d’Umbria in epoca preistorica. È poco profondo, circa 8 metri, e riceve acqua per lo più da piccoli torrenti di scarsa portata. La sua condizione bioclimatica lo rende habitat ideale per anguille, carpe, lucci o per bellissimi uccelli quali marti pescatore, cormorani, aironi, folaghe e falchi.

Il Parco naturale del Trasimeno vanta ben 13.200 ettari di suolo ed è il maggiore dei sei parchi regionali dell’Umbria. Ultimamente è stato oggetto di vari progetti di salvaguardia, come il ripristino delle “scese”, cioè le antiche vie che conducevano alle sponde del lago, che oggi consentono al visitatore di immergersi nel pieno della natura del parco.

L’unica isola abitata del lago è l’Isola Maggiore, da visitare assolutamente. Qui si tramanda la secolare tradizione dei pizzi D’Irlanda, introdotta dalla famiglia dei Marchesi Guglielmini, che sull’Isola avevano la propria dimora.

L’altra isola è Polvese, oasi naturale di indicibile bellezza. È visitabile grazie a due distinti sentieri che consentono al visitatore di inoltrarsi nella vegetazione, a stretto contatto con la flora e la fauna locali. È di proprietà della Provincia di Perugia ed è destinata a Parco pubblico in cui è stato di recente implementato un interessante “Parco scientifico-didattico”, allo scopo di ospitare un centro di documentazione e di studi finalizzati alla ricerca e alla didattica in campo ambientale. L’isola è dotata di un “centro soggiorno studi” dove è possibile alloggiare. Polvese però è stata abitata fino agli anni ’50 e conserva ancora numerose testimonianze del passato come la Chiesa di S. Giuliano, un castello risalente al XIV secolo (restaurato di recente) e il Monastero di S. Secondo.

L’Isola Minore è la meno estesa delle tre che sorgono sul lago. Fa parte, dal punto di vista amministrativo, del Comune di Passignano sul Trasimeno ma è di proprietà privata e attualmente disabitata. È detta anche “isoletta”.

Due invece sono i centri più importanti che si affacciano sulle rive del Lago Trasimeno: Castiglion del Lago e Passignano. Entrambi di enorme interesse storico e artistico ma offrono al turista estivo le tipiche e amene vacanze sul lago di antica tradizione.

Poco distante dal lago è Città della Pieve, cittadina di aspetto graziosissimo. La città è situata in una ottimale posizione, cioè su un dorsale che domina buona parte della Valle di Chiani. Nel centro di Città della Pieve è possibile ammirare lo stupendo Duomo, la Chiesa di S. Francesco, l’oratorio di Santa Maria dei Bianchi. Tutta la città è edificata secondo il caratteristico impianto urbano medievale.

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Bolsena, una storia millenaria… ci credereste?

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  • 14 Gennaio 2009

Bolsena è una cittadina d’impianto medievale che insiste sul lato orientale del grande lago, proprio alle pendici dei monti Volsini. Le sue origini risalgono al periodo etrusco quando la popolazione d Velzna, in seguito alla distruzione della città (III sec. a.C.), vi si rifugiarono. Iniziò dunque un periodo etrusco-romano che oggi riporta diverse testimonianza.

In seguito all’invasione longobarda si sviluppò un borgo medievale presso la rupe dove oggi sorge il Castello ed il quartiere medievale.

La cittadella fiorì da quando divenne patrimonio della chiesa. Si narra che 1263 proprio a Bolsena accadde il miracolo eucaristico del Corpus Domini dalla quale prese origine l’omonima festività.

Un sacerdote boemo di allora, dubbioso sulla presenza reale di Cristo nell’Eucarestia, partì alla volta di un pellegrinaggio per Roma. Al ritorno, presso la comunità di Bolsena chiese di poter celebrare la S. Messa. Proprio durante la Preghiera Eucaristica vide le ostie sanguinare e a bagnare il corporale. Da allora non ebbe più alcun dubbio. A Bolsena sono ancora conservate 3 pietre bagnate dal sangue mentre il corporele è racchiuso in uno splendido reliquiario custodito in una cappella del Duomo di Orvieto.

Nel 1938 Bonifacio IX la concesse in Vicariato alla famiglia dei Monaldeschi della Cervera. Il castello Monadelschi (XI-XIV sec. d.C.) oggi accoglie il Museo Territoriale del Lago di Bolsena ricco di reperti archeologici dell’intera zona lacustre.

Nei pressi della cittadina è possibili visitare la zona archeologica di Poggio Mosconi caratterizzata della cinta muraria che racchiude l’anfiteatro di Marcatelo, luoghi di culto, il foro, una grande basilica. Nella zona archeologica si possono ancora ammirare vecchi affreschi ed eleganti pavimenti a mosaico.

Infine rimane da annoverare la Basilica di S. Cristina, un complesso architettonico che racchiude in sé quattro chiese di epoche diverse: La Grotta di S.Cristina (dove avvenne il miracolo del Corpus Domini)e le catacombe, l’edificio romanico, La Cappella del miracolo e la Cappella di S. Leonardo.

Nel paese è possibile fare delle splendite passeggiate per le vie del borgo o lungo la sponda del lago. Vi sono spiagge facilemte accessibile dotate di opportune strutture recettive. Il paese è dotato anche di un porto turistico da cui è possibile noleggiare posteggi, barche ed effettuare escursioni presso l’Isola Bisentina

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Gli effetti economici degli organismi geneticamente modificati: vantaggi tutt’altro che evidenti!

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  • 10 Gennaio 2009

L’introduzione degli organismi geneticamente modificati (OGM) nel sistema agro-alimentare italiano è sicuramente uno degli argomenti più dibattuti. Tra favorevoli e contrari la disputa è molto accesa: e allora ci possiamo chiedere se può un economista dare delle risposte e delle soluzioni nell’ambito di problemi così tecnici riguardanti l’agricoltura. Anzitutto un economista potrebbe dire che in materia vi è un alto grado di incertezza. Scegliere la tecnologia ogm per un’impresa ha carattere dell’irreversibilità: una volta coltivati questi organismi, non si potrà più tornare indietro. Dunque, dal punto di vista economico, per un’impresa investire nella tecnologia ogm significa perdere un’opzione reale, che viene trattata dalla teoria economica alla stregua di una opzione finanziaria.

L’applicazione del criterio del valore attuale netto
Il criterio del valore attuale netto è sicuramente un modo efficace per comprendere la situazione. Il valore attuale netto (VAN) è la differenza tra guadagni previsti in futuro e costo dell’investimento iniziale: i guadagni futuri devono essere riportati al tempo attuale mediante un coefficiente di attualizzazione che tiene conto dei mancati interessi sul capitale investito. Il ricavo netto futuro sarà quindi dato dalla formula: 1/(1 tasso di interesse premio di rischio). La presenza del tasso di interesse nella formula si giustifica col fatto che, investendo in quel progetto, si rinuncia alla remunerazione che la stessa somma avrebbe in un’attività senza rischio. La teoria economica suggerisce che, nel contesto di incertezza riguardo all’impatto degli ogm e l’irreversibilità della loro scelta, i vantaggi di una loro introduzione dovrebbero essere molto rilevanti per poter essere a favore della loro introduzione. Questo schema, bisogna precisarlo, si applica a tutte le innovazioni, anche agli acquisti dei beni durevoli (computer, auto…). Da un punto di vista squisitamente economico, i favorevoli all’introduzione degli ogm ritengono che il loro utilizzo consenta anche una riduzione degli input intermedi e quindi un risparmio di costi per l’azienda agricola, con un beneficio ulteriore per l’ambiente. Il mercato degli input si trasforma in tal modo, con l’introduzione degli ogm, da quasi concorrenziale a monopolistico, o quantomeno oligopolistico, e la domanda di input diventa più rigida dato che le imprese agricole dovranno far fronte a minori scelte alternative.

Rischio d’impresa
Un altro elemento importante da sottolineare e analizzare riguarda l’aumento del rischio d’impresa : come già detto in precedenza, infatti, l’introduzione degli ogm comporta un alto grado di incertezza e, conseguentemente, degli effetti anche a livello d’impresa. Ad esempio, i possibili effetti nocivi che potrebbero essere evidenziati da future ricerche, avrebbero un impatto notevolmente negativo sul prezzo del prodotto e maggiori costi per un’eventuale rotazione colturale. A questi devono aggiungersi i costi per i danni da contaminazione genetica a terzi produttori di prodotti non ogm: essi possono anche assumere la forma di premi assicurativi per possibili danni.

Come devono comportasi i consumatori?
Le preferenze dei consumatori vengono considerate dagli economisti come un dato. Molto spesso i consumatori ritengono che l’impiego di ogm implica la messa in commercio di prodotti pericolosi per la salute: anche se si tratta di una tesi tutta da dimostrare, l’analisi economica ne deve tenere conto, anche perché produrre un bene senza mercato significa, per le aziende, produrre senza futuro. Le preferenze dei consumatori implicano dunque un rapporto di scambio tra beni ogm e tradizionali a favore di questi ultimi. Se i prodotti ogm e non ogm fossero distinguibili con certezza, esisterebbero due mercati distinti con prezzi diversi, minori per i prodotti ogm: in questo caso si creerebbe un equilibrio non efficiente, un mercato caratterizzato da asimmetria informativa. Se sono un compratore razionale andrò a scontare il rischio di comprare un “bidone” offrendo un prezzo più basso di quello che avrei offerto in caso di un prodotto di alta qualità certa: ma sarà proprio questo basso prezzo a far sì che siano i venditori di “bidoni” a vendere di più e si attiverà un processo che tende a eliminare i prodotti di alta qualità. Questo meccanismo, che nell’ambito della politica economica è conosciuto come “Modello di Akerlof“, si può applicare perfettamente anche al caso degli ogm. La soluzione più probabile in questo caso sarà un netto spiazzamento dei prodotti cosiddetti tradizionali e si verificherà a causa dell’incertezza sulle caratteristiche sul prodotto, in assenza di interventi come, ad esempio, l’etichettatura. L’introduzione degli ogm, anche se etichettati, aumenta sicuramente il rischio anche per le imprese agricole più tradizionali: infatti i produttori convenzionali tendono a osservare un premio sul prezzo del loro prodotto convenzionale, ma questo premio, in caso di apertura agli ogm, non è più certo. L’incertezza, in questo caso, è generata da alcune possibili contaminazioni genetiche e da comportamenti opportunistici da parte dei produttori (si pensi, ad esempio, alla contraffazione dell’olio d’oliva e al vino al metanolo…). La situazione è ancor più realistica in Italia nel caso si provvedesse a una liberalizzazione totale: il contesto agricolo italiano è infatti caratterizzato da una frammentazione della superficie aziendale. Se i consumatori ritenessero, in tale contesto, l’etichettatura non credibile si avrebbe allora lo “spiazzamento” dei prodotti tradizionali in ogni caso.

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Il lago di Bolsena

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  • 9 Gennaio 2009

Il lago di Bolsena è nato in seguito ad un esplosione vulcanica. In origine l’apparato vulcanico del Vulsinio era costituito da sette crateri. Dopo l’esplosione lavica, uno di essi crollò su se stesso formando una caldera di proporzioni enormi che successivamente fu ricoperta dalle acque. Le stesse acque che oggi formano quello che da tutti è conosciuto come il lago di Bolsena. Sono tutt’oggi  ancora evidenti tracce degli antichi crateri lungo il fianco dell’isola Bisentina e nella conca di Latera.

Le zone circostanti il bacino d’acqua iniziarono ad essere popolato soltanto verso la fine dell’era neolitica, quando cioè, sorsero insediamenti con piccoli villaggi di palafitte. In seguito, fu durante l’età del ferro e successivamente in quella del bronzo che i nuovi insediamenti furono condizionati dalla variazione del livello dell’acqua e dalla posizione della riva. Con l’insediamento dei Villanoviani si diede vita ai primi centri di Bisenzio e Bolsena. Nel corso del tempo i due borghi raggiunsero benessere e ricchezza. Ciò è ampiamente dimostrato dai diversi reperti rinvenuti. Con l’avvento degli Etruschi, invece, il lago visse un periodo di grande splendore con l’edificazione del Fanum Voltumnae, un santuario che ospitava ogni anno i rappresentanti delle dodici città della Confederazione Etrusca. Proprio durante questi anni si consumava lo scontro tra le due città, guerra che sarà poi vinta dai Volsini. Nel 664 a.C i Romani occuparono Volsini e rasero al suolo Visentum. Dopo l’assedio, le due città furono completamente ricostruite per assurgere a municipia. Plinio cita il lago nell’opera “Naturalis Historia” mentre nel III secolo Santa Cristina ne verrà proclamata patrona.

Nel Medioevo fecero la loro comparsa i Longobardi e i Saraceni che, in diverse occasioni, saccheggiarono con le loro armi i centri urbani più importanti. In seguito al saccheggio di Bolse, i suoi abitanti decisero di salvare le spoglie di Santa Cristina portandole sull’isola Martana. La distruzione di Bisanzio portò allo spostamento della sede vescovile a Castro. Nel frattempo sull’isola Martana, Teodato, il re goto, imprigionò e uccise Amalasunta, figlia di Teodorico.  Dal XII secolo il lago venne conteso dai comuni di Viterbo, Orvieto e dalla Chiesa. Fu Clemente VI a portare il lago sotto il controllo diretto del Papato. Tale situazione spinse, però, gli abitanti sul piede di guerra, scatenando ribellioni. Quando il Papa fece ritorno a Roma, dopo la cattività avignonese, riuscì a consolidare i propri domini nella zona del lago. Nel frattempo la città di Montefiascone divenne  rifugio di numerosi pontefici. Nel 1537 Papa Paolo III affidò il ducato di Castro a Pier Luigi Farnese, suo figlio. Qui sorsero residenze delle maggiori famiglie nobili romane. Con la caduta di Castro, il lago tornò ad essere di proprietà della Chiesa.

Nel XVII secolo il cardinale Marcantonio Barbarigo diventa vescovo di Montefiascone e benedisse l’opera di Santa Lucia Filippini. Fondò, inoltre, l’ordine delle Maestre Pie. L’ordine di suore si occupava dell’assistenza religiosa ed educativa delle categorie più deboli tra cui i bambini, i poveri e i disagiati. In seguito alla morte del cardinale Barbarigo, il lago visse un periodo buio. Nel XVIII secolo, invece, il livello delle acque del lago iniziò ad alzarsi in modo notevole causando la diffusione della malaria per via dell’impaludamento delle rive più basse. I borghi abitati di Bisenzio scomparvero e gli abitanti di San Lorenzo si spostarono su un colle dove realizzarono il centro abitato di San Lorenzo Nuovo. La zona è anche stata teatro di diverse vicende risorgimentali. Nacque infatti un movimento mazziniano, l’Associazione Castrense, al quale aderirono gli abitanti del lago. Nel 1860 a Talamone sbarcarono i garibaldini, giunsero al lago e scatenarono una rivolta. Ciò fornì loro l’occasione di occupare la fortezza militare di Valentano. Ma l’intervento delle forze pontificie e l’ostilità degli abitanti contribuì al fallimento del tentativo di occupazione.

Successivamente, nel 1871, l’area del lago entrò a far parte del Regno d’Italia. In seguito all’Unità d’Italia non vi fu alcun miglioramento della condizione dei pescatori e dei contadini. Al contrario, le nuove tasse imposte dal governo contribuirono a creare il fenomeno del brigantaggio. Un fenomeno, quest’ultimo, che venne debellato soltanto agli inizi del XX secolo, quando si assiste all’avvento dell’energia elettrica e all’acqua corrente nelle abitazioni. Gli anni successivi sono caratterizzati da numerosi e importanti interventi pubblici tra i quali la sistemazione della via Cassia. In seguito il lago passò sotto il controllo del regime fascista e durante il secondo conflitto mondiale costituirà un rifugio per molti fuggiaschi provenienti da Orvieto, dalla Toscana, da Viterbo e da Roma. Successivamente la zona del lago sarà investita da una grave crisi economica e da un declino demografico. Ciò porta all’abbandono delle terre native e dei campi. 

Oggi l’industria è quasi completamente inesistente. Esistono, tuttavia, piccole imprese artigianali e cooperative agricole. Anche la lavorazione del pesce assume un’importanza fondamentale per la grande varietà di pesci che popolano le acque del lago. L’economia, invece, continua a basarsi sull’agricoltura e conta sulle tradizioni del posto. Essa, però, è bloccata a causa dell’eccessiva frammentazione dei terreni. Il turismo rappresenta un’importante risorsa e vanta un’ottima attrattiva.

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Liberalizziamo la Stevia, dolcificante naturale!

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  • 2 Gennaio 2009

Al Ministro della Salute
Sen. Maurizio Sacconi

La Stevia Rebaudiana è un arbusto perenne originario delle montagne del Paraguay usato da secoli dagli Indios per le sue particolarissime proprietà curative, ma soprattutto per il suo incredibile sapore dolce, che allo stato naturale sotto forma di foglia è di circa 15 volte maggiore del comune saccarosio (o zucchero bianco) SENZA avere le calorie, l’indice glicemico o il potere acidificante di questa terribile polvere bianca.

Dopo quasi un decennio di ostracismo, finalmente la Food

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La dieta a zona… dimagrire mantenendo la forma!

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  • 15 Dicembre 2008

Oggi si parla molto di benessere e di dieta a zona. Indubbiamente una vita sana non può non essere correlata ad una alimentazione corretta. Ma qual é l’alimentazione corretta? Sicuramente una che nel complesso ci faccia sentire energetici, in forma e non appesantiti. Ovviamente ognuno di noi, pur avendo molte affinità comuni, é molto diverso dall’altro e quindi non può esistere un unico regime alimentare valido per tutti. Ecco allora spuntare un infinità di proposte. L’alternativa di cui scriviamo é sicuramente innovativa in quanto non si ferma al concetto di calorie assunte ma va ben oltre: il controllo dietetico delle risposte ormonali.

Alla fine degli anni ’80 il Dott. Barry Sears (scienziato e medico americano, laureato in biochimica, specializzato nella terapia del tumore e nel controllo dietetico delle risposte ormonali) identificò un regime alimentare ben preciso, definito poi a Zona, che regolasse la fisiologia umana (ovvero l’insieme dei processi chimici e ormonali che avvengono nell’organismo). Secondo questa teoria é proprio l’interazione complessa delle risposte ormonali che gestisce la fisiologia umana e l’alimetazione può guidare queste interazioni nella via giusta: la dieta a zona si prefigge l’obiettivo di controllare per mezzo della dieta i livelli di eicosanoidi, importanti ormoni che fungono da “messaggeri biochimici” per i quali alla loro presenza si attivano o meno determinate funzioni cellulari.

Un esempio classico é che gli eicosanoidi regolano il rilascio dell’insulina nel sangue per cui una loro regolamentazione regola indirettamente il diabete. Altro esempio é che regolano anche il rilascio di testosterone e dell’ormone della crescita. Ogni cellula del nostro corpo é in grado di produrli e per semplicità possiamo affermare che esistono due grandi categorie di questi importantissimi ormoni, defini “buoni” e “cattivi”: i primi hanno conseguenze positive per il nostro organismo e quindi sono a noi favorevoli, i secondi possono causare disfunzioni e quindi sono a noi sfavorevoli.

La dieta a Zona, se seguita correttamente, induce la produzione di quelli “buoni” e reprime la sintesi di quelli “cattivi” con il risultato di migliorare molte funzioni del nostro organismo. Essa é concettualmente molto semplice, basta infatti ragionare a livello di ormoni e non di calorie assunte/bruciate, perciò l’effetto ormonale di una caloria di carboidrati é differente dall’effetto ormonale di una caloria di proteine. Sulla base di ciò una precisa quantità di proteine necessaria alla nostra massa muscolare a cui seguono carboidrati e grassi in proporzioni fisse rispetto alle proteine assunte permettono di ottenere una giusta risposta ormonale di eicosanoidi.

Il rapporto individuato dalla dieta a zone prevede di assumere ad ogni pasto carboidrati, proteine e grassi secondo il rapporto 40/30/30. Il passo di partenza é l’individuazione del fabbisogno proteico giornaliero dell’organismo che mantenga e promuova la massa magra del fisico: Sears individua la quantità di apporto proteico di 1-2g per ogn kg di peso corporeo (secondo che si svolga anche attività fisica o meno). Passo successivo é stimare la quantita di carboidrati (prevalentemente frutta e verdura) e grassi (non saturi) che seguano il rapporto 40/30/30 con cui accompagnare i pasti.

La dieta a Zona rapresenta un metodo innovativo e adattabile a ciascuno di noi, che osserva la risposta fisiologica dell’individuo all’assunzione del cibo andando oltre il semplice rapporto calorie assunte-calorie bruciate. Quest’ultimo rapporto, infatti risulta più difficile da stimare e può variare enormemente tra un individuo e l’altro e seguirlo comporta inoltre notevoli sacrifici. Non solo, la dieta a Zona conduce anche alla perdida di grasso e, quindi, di peso ma come effetto indiretto, curandosi principalemte di modulare i livelli di insulina nel sangue e di molti altri aspetti ormonali dando luogo ad un risultato complessivo di benessere fisico sotto molteplici aspetti e quindi anche mentale.

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Il segreto del guadagno? La guida del risparmiatore!

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  • 13 Dicembre 2008

Non è certo agevole il compito del risparmiatore di fronte alla notevole complessità dei mercati finanziari: è da questa insicurezza che nasce la necessità di rivolgersi a professionisti della finanza, persone in grado di massimizzare i risparmi, ovvero il loro rendimento.

Banche e risparmio gestito. La banca è senza dubbio l’attrice fondamentale nell’allocazione dei risparmi delle famiglie. Nonostante un malessere abbastanza diffuso tra gli italiani nei confronti degli istituti creditizi in generale (lamentele riguardanti in particolare i costi dei servizi e delle commissioni), il rapporto tra risparmiatore e istituto si configura come una struttura portante delle strategie di risparmio. In particolare, il risparmiatore può assumere tre diversi atteggiamenti nell’approccio con la banca: 1) di rifiuto, ovvero si agisce in totale autonomia e viene rifiutata ogni proposta da parte dell’intermediario; 2) di delega parziale, si sceglie direttamente la composizione del portafoglio, ma viene delegata all’intermediario la gestione; 3) di delega totale, ci si affida totalmente all’intermediario per la composizione del portafoglio e per la scelta dei titoli.

Il risparmiatore fai-da-te. Per chi vuole operare autonomamente e individualmente, il modo più immediato per investire in borsa è quello del trading online, che permette, da casa o dall’ufficio, con costi contenuti, di collegarsi tramite un computer al sito della banca di cui si è scelto il servizio. Per chi però non vuole arrendersi alla tecnologia, ma al contempo vuole fare di testa propria, bisogna accettare l’intermediazione del proprio istituto di credito.

Acquistare azioni in banca. La compravendita di titoli in banca è un’operazione molto semplice: basta infatti recarsi a uno sportello e rivolgersi al funzionario incaricato. Si compila un modulo e l’ordine può essere eseguito dalla banca stessa, oppure viene inviato a una Sim, che di solito è un’emanazione della banca; l’ordine viene quindi immesso nel sistema secondo le modalità impartite dal cliente e, a questo punto, la banca invia al cliente il fissato bollato che comprova l’attestazione dell’ordine.

Acquistare azioni estere. Stesso discorso vale per l’acquisto di azioni estere: l’unica differenza risiede nel fatto che le commissioni sono generalmente più elevate. Se infatti, per fare un esempio, si acquistano azioni alla Borsa di Parigi, la banca deve appoggiarsi a un intermediario francese, con la conseguenza che la commissione raddoppia. Con l’introduzione del trading online, comunque, questi costi sono stati notevolmente abbassati dalle banche, anche se sono variabili da istituto a istituto.

Acquistare obbligazioni estere. Le banche solitamente acquistano bond esteri al momento dell’emissione nel paese d’origine per metterli poi a disposizione della clientela. Quindi, recandosi allo sportello bancario e volendo acquistare determinate obbligazioni, l’operatore andrà a verificare cosa è rimasto nel portafoglio della banca.

Le gestioni patrimoniali. Per chi decide di delegare a dei professionisti la gestione totale dei propri risparmi, lo strumento più adatto è sicuramente la gestione patrimoniale. Esistono due categorie di gestioni patrimoniali:

1. GPM. Sono le Gestioni Patrimoniali Mobiliari, in cui si può investire prevalentemente in valori mobiliari: è uno strumento molto adatto a chi dispone di capitali molto consistenti, anche perché maggiore sarà la somma in denaro data in gestione più alta sarà la prospettiva di guadagno

2. GPF. Le Gestioni Patrimoniali in Fondi permettono di investire solo in fondi comuni e si adattano a coloro che dispongono di capitali più modesti. Esse sono nate da un’esigenza ben precisa: tra i numerosissimi fondi proposti, è facile che il risparmiatore possa entrare in confusione. Le GPF rappresentano lo strumento più adatto per districarsi in questa “giungla”, in quanto permettono la possibilità di affidare incombenze come la scelta del fondo o il ribilanciamento del portafoglio fondi a un money manager, un professionista della finanza.

I costi. Le spese sono variabili: solitamente sono richieste delle spese periodiche di gestione. I costi in media oscillano tra lo 0,5% e il 2% del capitale investito e tendono ad accrescersi quanto maggiore sarà la componente azionaria della gestione. I risparmiatori sono disposti a sostenere costi aggiuntivi in cambio della garanzia della gestione professionale del loro portafoglio: garanzia che comunque non è sempre scontata. Il consiglio è quello di provare a trattare una riduzione della commissione o di rivolgersi ai gestori che offrono GPF “multimarca”, ovvero che investono in fondi di più emittenti, garantendo una diversificazione di prodotti e portafoglio.

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Città di Castello… cuore dell’Umbria!

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  • 12 Dicembre 2008

Situata nella parte più settentrionale dell’Umbria, lungo la strada che dalla regione di S. Francesco porta in Emilia-Romagna, Città di Castello è adagiata al centro di una pianura ove il Tevere disegna ampie anse.Il centro fu fondato dagli Umbri per poi divenire Municipio romano col nome di Civitas Castelli.

Dopo un periodo di dominio della Chiesa, dalla seconda metà del XIV divenne Signoria di varie famiglie, tra le quali la famiglia Vitelli.

Proprio i Vitelli determinarono il carattere architettonico della città, di matrice prevalentemente toscana. I maggiori palazzi della città, per i quali vennero chiamati architetti del calibro del Sangallo e del Vasari, sono infatti costruiti in arenaria gialla.

Addentriamoci ora nell’affascinante e prezioso centro di Città di Castello.

La piazza centrale della città dell’Umbria, P.zza Matteotti, è dominata dal suggestivo palazzo del Podestà, risalente al XV sec. e la cui costruzione è attribuita a Angelo da Orvieto. L’odierno aspetto della facciata è frutto di un rifacimento barocco ma l’originario aspetto di stile gotico è rintracciabile lungo la facciata laterale, tutta in pietra e alleggerita da bifore.

Angelo da Orvieto è l’autore anche del palazzo Comunale, in P.zza Gabriotti. Sormontato dalla torre Civica, il palazzo non fu mai portato a termine per la travagliata storia del libero comune ma l’influsso toscano è rintracciabile nel bugnato, nel portale e nelle bifore.

Nella stessa piazza è possibile ammirare il fianco sinistro del Duomo, la cui costruzione risale all’XI sec. ma dell’epoca rimane solo il campanile. La facciata principale è in stile barocco ed è opera di Francesco Lazzari. La facciata laterale sinistra invece risale invece al XIV sec. e presenta un bellissimo portale con rilievi e colonne tortili.

L’interno presenta una pianta a croce latina con unica navata e cappelle laterali. Il tutto è di chiara ispirazione fiorentina.

Annesso al duomo vi è il Museo, in cui è custodito il preziosissimo tesoro di Camoscio, di età paleocristiana.

Assolutamente da non perdere è Palazzo Vitelli alla Cannoniera, che sorge vicino al tratto murario a sud della città. Realizzato nel XVI sec. dal Sangallo, Palazzo Vitelli alla Cannoniera è oggi sede della Pinacoteca Comunale che custodisce opere pregevoli come “L’incoronazione di Maria” del Ghirlandaio e un gonfalone del XVI dipinto da Raffaello.

In Piazza Raffello Sanzio è possibile ammirare il Tempio di San Francesco, risalente al 1273 ma ristrutturato successivamente secondo il gusto barocco. Al suo interno vi è la Cappella Vitelli, progettata dal Vasari e completata da una “incoronazione della Vergine con Santi“, dipinta dallo stesso Vasari nel 1540.

Poco distante troviamo il Palazzo Albizzini, al cui interno è ospitata una importante raccolta di opere donata dal pittore alla città assieme al palazzo: la collezione Burri.

Nelle vicinanze è possibile ammirare il più grande e ricco palazzo signorile della città: Palazzo Vitelli a porta Sant’Egidio, costruito nel 1540 su progetto del Vasari.

I vestiboli, i saloni, i soffitti e le scale sono adornati da ricchi affreschi di Prospero Fontana e Cristoforo Gherardi. All’interno vi trova sede il Museo Preistorico-Paleontologico.

A via XI Settembre troviamo la Chiesa di Santa Maria delle Grazie, costruita nel XIV sec. ma quasi interamente rimaneggiata nel 1587. Dell’originale impianto gotico rimane solo il portale del lato sinistro. All’interno possiamo ammirare l’affresco del “Transito della Vergine” eseguito nel 1436 dal pittore Ottavio Nelli.

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I brand con maggiore valore economico

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  • 10 Dicembre 2008

La classifica stilata la settimana scorsa da Interbrand, la società inglese attiva dal 1974 su scala internazionale per quanto riguarda la gestione e la consulenza sui principali brand mondiali, illustra quali sono le principali aziende che hanno raggiunto il maggior valore economico: i dati che ne risultano sono molto interessanti, sia per quanto riguarda le comparazioni che si possono effettuare sulle società che sono maggiormente cresciute rispetto al 2007, sia perché offrono uno spaccato fondamentale su come si sta evolvendo la società attuale, in base, ovviamente, ai consumi internazionali. Uno degli aspetti che è necessario sottolineare è la forte presenza nella classifica di società che operano nel settore tecnologico: sono ormai diversi anni che la tecnologia ha invaso la nostra vita quotidiana e questo fatto viene fortemente ribadito dalle venti e più realtà hi-tech che fanno parte del novero delle società dal marchio maggiormente valorizzato. Apple, che ha scalato ben nove posizioni rispetto a un anno fa (dal 33° al 24° posto, ovvero una crescita del 24%), si è distinta tra le altre, soprattutto grazie al lancio e alla commercializzazione su scala mondiale dell’iPhone, prodotto che ha riscosso immediatamente un forte successo; è cresciuta in misura notevole anche la Samsung, il cui marchio vale più di quello della Sony e di Yahoo.

Non deve perciò stupire la presenza dei marchi di società come Ibm, Microsoft, Nokia e Intel nella Top 10 della classifica (rispettivamente al 2°, 3°, 5° e 7° posto): notevole è stata anche l’ascesa di Google, passata dalla ventesima alla decima posizione. Il primo posto in assoluto appartiene però al marchio della Coca Cola, che conferma tale supremazia per l’ottavo anno consecutivo: tra l’altro la parola “coke” è la seconda più utilizzata al mondo dopo “ok“. Un altro dato che sicuramente non stupisce è il forte calo, in termini di posizioni, subito dai colossi del mondo finanziario, come, ad esempio, Morgan Stanley, Citi e Merril Lynch: la perdita è dovuta in maniera abbastanza evidente dalla grave crisi del credito che si è scatenata negli Stati Uniti, la quale ha esposto più intensamente le compagnie al rischio di erosione del marchio. Nella Top 10 figurano inoltre marchi di società automobilistiche come General Motors e Toyota, oltre a McDonald’s e Disney. La crescita più consistente è risultata quella di Google che, oltre al portentoso guadagno di posizioni, è cresciuta del 43%.

Per quanto riguarda l’Italia e limitandosi ai primi cento marchi presenti nella Best Global Brands, quattro sono le aziende del nostro paese: Gucci (al 45° posto), Prada (91°), Ferrari (93°) e Armani (94°). In particolare è il marchio Ferrari quello ad aver guadagnato maggior valore economico. La primazia di Google e Apple in termini di crescita testimonia la capacità delle due società di prevedere e riuscire ad anticipare i bisogni e i gusti degli utenti. La Best Global Brands 2008 risente senza dubbio dell’andamento attuale dell’economia globale: fattori fondamentali come la crisi finanziaria e creditizia che ha sconvolto gli Stati Uniti e la parallela crescita dei mercati emergenti (in particolare quelli dell’America Latina), oltre alla maggiore attenzione nei confronti della sostenibilità, si riflettono in maniera evidente nella crescita o perdita dei diversi marchi. Nonostante ciò, vi sono anche le immancabile eccezioni che confermano la regola: brand finanziari come HSBC (Hong Kong

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Donne a rischio infarto perchè abituate al dolore, ecco delle regole di prevenzione per tutti!

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  • 6 Dicembre 2008

Da sempre i problemi cardiovascolari sono stati appannaggio dei soli signori uomini ai quali viene consigliato di stare attenti ai fattori di rischio fin dai 30 anni.

Più fortunate invece le donne che fino all’ingresso nella menopausa sono protette a livello ormonale dalle malattie cardiovascolari. Dopo la menopausa però la situazione è molto rischiosa e si stima che ogni anno il numero delle donne decedute per infarto sia notevolemente superiore a quelle che sviluppano un tumore al seno.

Questo anche perché le donne hanno più familiarità con il dolore e si allarmano meno in presenza dei segnali di allarme che fanno, giustamente, schizzare i signori uomini dal cardiologo.

Quindi sia per uomini che per donne è bene essere consapevoli dei fattori di rischio che possono mettere a repentaglio la salute dell’apparato cardiovascolare. Anche perchè tenere in forma il cuore, le vene e le arterie è la migliore garanzia di prevenire l’invecchiamento e restare giovani più a lungo.

Quali sono i fattori di rischio?

Si parte con il BMI, il body mass index, un numero che viene calcolato in base all’altezza e al peso corporeo. Quando superiore a 25, 30, 40 indica un rischio cardiovascolare rispettivamente lieve, alto, elevato. E’ un parametro variabile, un body builder che fa sollevamento pesi infatti avrà un alto BMI pur essendo tutto muscoli e massa magra… Ma in linea di massima se siamo sovrappeso lo sappiamo…

Un numero più preciso viene dato dalla circonferenza corporea. Un giro vita superiore a 102 cm per un uomo e superiore a 88 cm per una donna è un indicatore di rischio cardiovascolare.Facile da calcolare, ovviamente, basta un centimetro.

Ma, attenzione, anche le persone magre possono avere del pericoloso grasso nascosto localizzato a livello addominale: si tratta del grasso viscerale che si annida tra gli organi e anche se non si vede è ancora più pericoloso. Come calcolarlo? Ci sono delle apparecchiature che si usano durante i check up nutrizionali che possono verificare la massa grassa alta ed il grasso viscirale.

Un altro indicatore preoccupante – oltre alla pressione alta – si può trovare nelle analisi del sangue: colesterolo alto, trigliceridi, iperglicemia…. Sintomi che indicano un’alimentazione ricca di zuccheri e grassi, dannosa per il cuore.

Recentemente si è scoperto che il cuore può essere danneggiato anche da un’alimentazione carente di proteine magre. E’ vero infatti che le proteine grasse come la carne rossa ed i latticini possono danneggiare l’apparato cardiocircolatorio, ma si è anche visto che una carenza di proteine “giuste” (carni bianche, pesce e proteine della soia) crea un danno al cuore che, essendo un muscolo, ha bisogno di proteine per stare bene. Altrimenti, non funzionando bene i processi rigenerativi cellulari, rischiamo che il nostro cuore si sbrindelli e consumi.

Questo è un rischio che corrono gli sportivi che hanno bisogno di razioni supplementari di proteine dopo l’attività fisica, e anche molte signore che, si sa non amano particolarmente la carne.

Anche una vita sedentaria con scarsa attività fisica è nemica del cuore: Senza massacrarsi in palestra o forzarsi a fare cose che non si amano, basterebbe una passeggiata di 30 minuti al giorno per migliorare di molto la situazione. Cosa che può essere fatta ad ogni età.

In ultimo una vita passata da arrabbiati, stressati, sempre di corsa non agevola la funzionalità cardiaca. Qui solo un corso di gestione del tempo, un’agenda, un elenco di cose da fare e tanti programmi costruttivi per il futuro possono aiutare.

Di tutte queste tematiche parliamo nel dettaglio nel nostro Corso on line di nutrizione e autodifesa alimentare . Un programma di alfabetizzazione nutrizionale che stiamo portando avanti come Personal Wellness Coach. Peccato perderlo!

Quali sono gli integratori che possiamo utilizzare per “nutrire” il cuore?

Innanzitutto, come prescritto anche dai medici e passato dal SSN per chi ha avuto un infarto del miocardio, gli integratori di acidi grassi omega 3 sono i migliori amici dell’apparato cardiovascolare.

Eccellenti perchè senza retrogusto di pesce (arricchiti con timo e menta) sono gli integratori Herbalifeline di herbalife. Basta 1 capsula da assumere 3 volte al giorno ai pasti principali come prevenzione ma anche di più in caso di familiarità con questi problemi omalattia cardiaca conclamata.

Un altro nutriente studiato per il cuore è il niteworks, sviluppato in esclusiva per herbalife dal premio Nobel Lou Ignarro. Questo portentoso integratore, a base di importanti aminoacidi come L-Arginina e L-Citrullina e un potente antiossidante come la Vitamina E, favorisce la produzione naturale dell’ossido nitrico, un gas che naturalmente abbiamo nel nostro corpo e che diminuisce con età, sovrappeso, diabete, cattiva alimentazione e malattie di cuore.

Grazie alla scoperta del valore dell’Ossido Nitrico (NO) per la cura e prevenzione delle malattie cardiovascolari, il Dott. Ignarro – chimico italo americano – si è aggiudicato il premio Nobel per la medicina nel 1998.

Ricapitolando, non solo prevenire, ma sopratutto “nutrire” è meglio che curare!

Con una sana nutrizione cardiovascolare possiamo imparare tutti a volerci più bene e prendere in mano il nostro futuro di benessere.

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Raccolta firma: fuori legge la caccia alle foche!

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  • 6 Dicembre 2008

Fuori legge la caccia alle foche!

Raccolata firme per la petizione popolare:
Al Parlamento Europeo
Al Presidente
Hans-Gert Pöttering

Alla Commissione Europea
Al Presidente
José Manuel Barroso

E al Presidente dell’Intergruppo Parlamentare per il benessere animale:
Neil Parish
Eurodeputato del Regno Unito.

Oggetto: fuori legge la caccia alle foche!
Dato che la Commissione Europea ha già fatto dei passi storici per per far smettere la caccia alle foche, vietando a Luglio 2008 il comercio di prodotti a base di foca all’interno della UE, come cittadini Europei chiediamo che:

– LA CACCIA ALLE FOCHE SIA COMPLETAMENTE VIETATA IN EUROPA a prescindere delle modalità di uccisione “umano” o “disumane”. Ogni uccisione causa sofferenza e stronca una vita!

– L’UNIONE EUROPEA FACCIA VALERE LA SUA INFLUENZA ANCHE IN CANADA

– CI SIANO PENE MOLTO SEVERE PER CHI CONTINUI A CACCIARE DI FRODO LE FOCHE, PENE CHE INCLUDANO LA RECLUSIONE

Il commercio delle foche, per la loro pelliccia e per i prodotti che ne derivano è crudele ed inutile. In Norvegia ed in Canada pare che l’uccisione delle foche sia diventato per alcuni uno sport nazionale che viene addirittura proposto ai turisti!

TI PIACEREBBE ESSERE BASTONATO SULLA TESTA CON FORZA, E AVERE IL CORAGGIO DI CHIAMARLO ‘SPORT’!?

L’uccisione delle foche è davvero inumana anche per le condizioni ambientali, la velocità con cui viene ooperata e l’incapacità delle autorità locale di monitorare questo fenomeno.

Sono anni che i cittadini Europei chiedono che queste atrocità abbiano fine e anche la maggioranza dei Canadesi ed Americani la pensa così.

Boicottiamo sempre – oltre alle pellicce – anche tutti i prodotti alimentari a base di carne di foca che possano in qualche modo superare l’embargo posto dall’Unione Europea o che sono in vendita all’estero.

Firma questa petizione e falla girare.

Le foto che contiene valgono più di mille parole ed è importante che il maggior numero possibile di persone sappia queste cose.

Firmate numerosi a questo link…
Grazie!
Fuori legge la caccia alle foche!

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La dieta per invecchiare bene… e poco!

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  • 30 Novembre 2008

Invecchiare bene è l’unico modo per vivere a lungo ed una buona dieta è il trucco più importante. Il segreto dell’eterna giovinezza consta di uno stile di vita e un’alimentazione equilibrata. Vivere a lungo non è facile. Il problema principale è come arrivare ad un lungo traguardo in condizioni dignitose. Dunque, un giusto apporto di vitamine e di minerali, un’alimentazione corretta aiuta ad aumentare la vita dell’uomo. La moderna ricerca scientifica ha individuato le regole della longevità: individuazione del giusto apporto di nutrienti, riduzione di calorie, corretta attività fisica e assunzione di antiossidanti.

Abbuffarsi è sbagliato
Per l’organismo è meglio consumare quotidianamente diversi spuntini piuttosto che introdurre pasti abbondanti che forniscono lo stesso numero di calorie. Suddividere le calorie in otto piccoli pasti apporta numerosi vantaggi alla salute. Il corpo presenta delle esigenze diverse a seconda dell’età. Da 0 ai 12 anni i bambini hanno bisogno di molto calcio. Appena nati sono alle prese con la costruzione del loro corpo e il fabbisogno calorico va soddisfatto adeguatamente secondo l’età. Ad un neonato bastano 400 calorie al giorno mentre un bambino di circa tre anni deve assumere 1300 calorie. Dai 13 ai 19 anni l’adolescente ha bisogno di molto ferro in quanto le trasformazioni fisiche sono tantissime. Una dieta ricca e completa di circa 2000 calorie è indispensabile affinché lo sviluppo si compia del tutto. Gli alimenti ideali da assumere durante questa fase sono la carne rossa, gli ortaggi, le verdure, i legumi, le uova e la frutta. Dai 20 ai 40 anni il fabbisogno di calorie diminuisce dalle 2000 alle 1800 calorie. L’organismo ha bisogno di più vitamine e il corpo impara a utilizzare meglio le calorie grazie alle vitamine coinvolte nel processo vitale. La vitamina E aiuta a mantenersi giovani e tonici mentre la A previene le infezioni. Dai 41 ai 60 anni i nutrizionisti insistono su un maggiore apporto di fibre. Preziose per la loro funzione le vitamine del gruppo B contenute nei cereali integrali, sono ricche di sali minerali. I grassi, invece, sono le sostanze più temute perché contengono colesterolo e minacciano la linea.

Attenzione ai piaceri
Una tazza di caffè rappresenta un desiderio di tutti la cui assunzione si ripete più volte nell’arco della giornata. Ma dopo i 40 anni l’assunzione di caffè tende a eliminare il calcio, alleato prezioso per prevenire l’osteoporosi. Pertanto bisogna ridurre la quantità di caffè ingerito e l’assunzione di alcool che brucia minerali e vitamine. Anche i dolci fuori pasti devono essere evitati.

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Assicurazioni: le polizze vita

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  • 30 Novembre 2008

Destinare una parte dei propri risparmi per la costruzione di una pensione integrativa è diventato sempre più un imperativo per l’Italia. Per i giovani di oggi non è infatti pensabile arrivare all’età della pensione senza un qualche strumento integrativo che vada a compensare la rendita garantita dallo Stato. Il modo più tradizionale e semplice per costruirsi una rendita aggiuntiva consiste nella sottoscrizione di una polizza vita. La polizza vita si è evoluta nel tempo: dalle iniziali forme tradizionali si è passati a strumenti più complessi con maggiori contenuti in termini finanziari, come ad esempio le polizze vita “unit linked” e “index linked“, ancorate all’andamento di particolari indici azionari.

Come funziona la polizza vita

La polizza vita è un contratto particolare stipulato tra un privato (il contraente) e una compagnia di assicurazione. In cambio del pagamento di una determinata somma di denaro, la compagnia di assicurazione si impegna, ad una data prestabilita, a corrispondere una rendita o un capitale. La somma di denaro che l’assicurato versa alla compagnia di assicurazione viene definita “premio” e rappresenta la remunerazione della società assicuratrice per il rischio che si assume. Quattro sono i soggetti che danno forma alla polizza vita: 1)la società di assicurazione; 2)il contraente, ovvero colui che stipula il contratto; 3)l’assicurato, la persona, cioè, a cui è riferito l’evento; 4)il beneficiario, ovvero colui che, al verificarsi di un determinato evento, ha diritto a ricevere la prestazione.

Come si sviluppa il premio. Come già detto in precedenza, la polizza vita prevede il pagamento di un premio. A seconda dei tipi di polizza, il pagamento avviene in un’unica soluzione al momento della stipula del contratto (premio unico), oppure attraverso versamenti periodici con scadenza annuale (premio ricorrente) per una certa durata. Esistono poi anche polizze a premio unico ricorrente: sono polizze molto flessibili che consentono, anziché impegnarsi in un versamento unico una tantum di grosso importo, di effettuare più versamenti con una frequenza scelta dall’assicurato e per un importo fissato di volta in volta. Al momento della sottoscrizione del contratto è senz’altro importante informarsi se il premio è al lordo o al netto dei caricamenti, dei costi accessori e delle imposte.

Rendita o capitale? In cambio del versamento del premio da parte del contraente la compagnia assicuratrice si impegna al versamento a una data stabilita, di un capitale o di una rendita. Optando per il capitale si ottiene dalla compagnia assicuratrice il versamento in un’unica soluzione di quanto maturato negli anni in base ai premi versati; chi sceglie invece la rendita, si assicura un vitalizio per il resto della propria esistenza o per un periodo prefissato. Come scegliere tra le due alternative? Dipende dalle necessità finanziarie del singolo e dalle motivazioni che lo hanno portato a sottoscrivere una polizza. Nella decisione finale rientrano anche motivazioni di carattere fiscale, perché il fisco riserva un trattamento diverso a seconda che si tratti di capitale o rendita.

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Origine e storia del lago di Bolsena

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  • 30 Novembre 2008

Il Lago di Bolsena è nato in seguito ad un esplosione vulcanica. In origine l’apparato vulcanico del Vulsinio era costituito da sette crateri. Dopo l’esplosione lavica, uno di essi crollò su se stesso formando una caldera di proporzioni enormi che successivamente fu ricoperta dalle acque. Le stesse acque che oggi formano quello che da tutti è conosciuto come il lago di Bolsena. Sono tutt’oggi ancora evidenti tracce degli antichi crateri lungo il fianco dell’isola Bisentina e nella conca di Latera. Le zone circostanti il bacino d’acqua iniziarono ad essere popolato soltanto verso la fine dell’era neolitica, quando cioè, sorsero insediamenti con piccoli villaggi di palafitte. In seguito, fu durante l’età del ferro e successivamente in quella del bronzo che i nuovi insediamenti furono condizionati dalla variazione del livello dell’acqua e dalla posizione della riva.

La storia del lago di bolsena, almeno quella riconosciuta ufficilamente inizia con l’insediamento dei Villanoviani, che diedero vita ai primi centri di Bisenzio e Bolsena. Nel corso del tempo i due borghi raggiunsero benessere e ricchezza. Ciò è ampiamente dimostrato dai diversi reperti rinvenuti. Con l’avvento degli Etruschi, invece, il lago visse un periodo di grande splendore con l’edificazione del Fanum Voltumnae, un santuario che ospitava ogni anno i rappresentanti delle dodici città della Confederazione Etrusca. Proprio durante questi anni si consumava lo scontro tra le due città, guerra che sarà poi vinta dai Volsini. Nel 664 a.C i Romani occuparono Volsini e rasero al suolo Visentum. Dopo l’assedio, le due città furono completamente ricostruite per assurgere a municipia. Plinio cita il lago nell’opera “Naturalis Historia” mentre nel III secolo Santa Cristina ne verrà proclamata patrona.

Nel Medioevo fecero la loro comparsa i Longobardi e i Saraceni che, in diverse occasioni, saccheggiarono con le loro armi i centri urbani più importanti. In seguito al saccheggio di Bolse, i suoi abitanti decisero di salvare le spoglie di Santa Cristina portandole sull’isola Martana. La distruzione di Bisanzio portò allo spostamento della sede vescovile a Castro. Nel frattempo sull’isola Martana, Teodato, il re goto, imprigionò e uccise Amalasunta, figlia di Teodorico. Dal XII secolo il lago venne conteso dai comuni di Viterbo, Orvieto e dalla Chiesa. Fu Clemente VI a portare il lago sotto il controllo diretto del Papato. Tale situazione spinse, però, gli abitanti sul piede di guerra, scatenando ribellioni. Quando il Papa fece ritorno a Roma, dopo la cattività avignonese, riuscì a consolidare i propri domini nella zona del lago. Nel frattempo la città di Montefiascone divenne rifugio di numerosi pontefici. Nel 1537 Papa Paolo III affidò il ducato di Castro a Pier Luigi Farnese, suo figlio. Qui sorsero residenze delle maggiori famiglie nobili romane. Con la caduta di Castro, il lago tornò ad essere di proprietà della Chiesa.

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Un pericoloso caso di Contro-Informazione Alimentare!

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  • 21 Novembre 2008

Durante il Corso di Autodifesa Alimentare lavoriamo molto sulla dimensione culturale e informativa del nostro “saperci difendere” a tavola. Tutto quello che mangiamo passa dalla decisione di farlo o dalla noncuranza rispetto al non farlo. Decidiamo di mangiare bio (non capita così, per sbaglio) oppure non ci curiamo di mangiare salumi.

Per questo, dato che per scegliere il meglio dobbiamo sapere qual è il meglio, diciamo che la dimensione conoscitiva è sempre la base di partenza. Certo, può non bastare. Un matematico direbbe che è condizione necessaria ma non sufficiente.
Tuttavia senza cultura non esiste vera libertà.

Alla luce di questi presupposti, e dato che in effetti le persone stanno cominciando a capire questa evidente realtà, chi vuole vincere la guerra dei fatturati oggi va oltre lo spot, soprattutto quando non si promuove una singola marca ma si deve difendere un’intera categoria merceologica.

La vera battaglia si gioca e si giocherà sempre più a livello educativo e informativo, ed in questo scenario internet diventa inevitabilmente la cassa di risonanza sia per le idee valide che per le… idee meno valide!

Negli ultimi tempi sta circolando in rete un articolo contro la soia che rappresenta davvero un ottimo esempio di distorsione informativa.

Sarebbe lungo in questa sede analizzarlo punto per punto, ma ho provato ad estrapolare le caratteristiche di un articolo fazioso in modo tale che ognuno di noi possa riconoscerne la natura per riuscire a difendersi dalle sue nefaste conseguenze.

Questo non vuol dire che anche in questi articoli possa esserci qualcosa di vero, ma quello che dobbiamo rifiutare energicamente è farci prendere in giro. Se il tuo approccio è fazioso, io non ho alcun motivo per ascoltare quello che dici! Torniamo agli articoli divulgativi (perché ne esistono anche di scientifici, purtroppo… ma questa è un’altra storia)…

Che caratteristiche hanno questo tipo di articoli?

Ad oggi ne ho estrapolate 5:

1. L’articolo fazioso distrugge qualcosa (un alimento o una serie di alimenti) piuttosto che promuovere qualcos’altro (es. alternative valide);

2. L’articolo fazioso usa termini generici e fa affermazioni palesemente infondate

– “Con la possibile eccezione della lecitina di soia, tutti gli altri prodotti di soia, indipendentemente da quanto ben lavorati, contengono da un basso a un moderato livello di tossine perchè i processi di lavorazione non sono in grado di rimuoverle completamente.” (tutti? proprio tutti? e la soia al naturale? E poi quali sarebbero questi processi di lavorazione? Forse ne esistono di migliori e peggiori?)

– “Le proteine della soia ora sono presenti nella maggior parte del pane in vendita nei supermercati.” (questa è chiaramente una fesseria per noi qui in Italia… ma se anche fosse vero in un altro paese, non sarebbe carino dire in quale paese capita questa cosa?);

3. L’articolo fazioso crea ingiustificati allarmismi puntando su una comunicazione emotiva

– “La giustificazione per incrementare il consumo di soia è basata sul concetto che dovremmo ridurre la quantità di grassi nell’alimentazione infantile. I grassi contengono molte sostanze nutrienti che sono vitali per la crescita e lo sviluppo normali, e contribuiscono alla funzioni corrette del cervello e del sistema nervoso. I bambini nel periodo della crescita hanno bisogno di più grassi, non meno. Privare i bambini dei grassi di cui essi hanno bisogno è un crimine. Più soia nei pasti delle mense scolastiche significa più assenteismo, più ferite, più problemi d’apprendimento, più ADHD e più violenza. Le insufficienze nutrizionali si accentueranno e aumenteranno le malattie. La crescita del profitto delle industrie della soia avviene a spese dei nostri bambini.” (dunque la violenza dei bambini dipende dalla soia… no comment );

4. L’articolo fazioso parla di investimenti o interessi economici senza fare raffronti

– “Solo negli USA vengono spesi 80 milioni di dollari dall’Unione dei Produttori di Soia per sostenere programmi atti a “rafforzare la posizione della soia sul mercato e mantenere e aumentare la presenza della soia e dei prodotti da essa derivati sui mercati nazionali ed esteri”.” (sembra tanto? eppure corrisponde appena al 2,5% dell’investimento pubblicitario annuo della Coca Cola… );

5. L’articolo fazioso suggerisce implicitamente che ciò che è nuovo è male e che la tradizione è il bene

– “La ragione per cui gli occidentali hanno alti tassi di osteoporosi è perché hanno sostituito con l’olio di soia il burro, che è una sorgente tradizionale di vitamina D e di altri attivanti lipo-solubili necessari per l’assimilazione del calcio.” (quindi il burro fa bene! )

Meditiamo, gente, meditiamo…

Vi aspetto in aula per la prossima edizione di Gennaio 2009…
Nel frattempo, senza esagerare… Buona soia a tutti!

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Il lago di Bolsena…? storia millenaria!

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  • 21 Novembre 2008

Situato nella provincia laziale di Viterbo, il Lago di Bolsena è il più esteso bacino craterico d’Italia con i suoi 115 km² di lunghezza. Circondato in buona parte dalla catena dei monti Vulsini, il lago, di forma ellittica ha una superficie di 114 kmq, un perimetro di 43 km e una profondità di 151 metri. Le due isole Martana e Bisentina, di origine vulcanica, sorgono in prossimità della costa. Generalmente le coste sono basse e sabbiose e in brevi tratti anche paludose.
L’apparato vulcanico del Vulsinio era in origine caratterizzato da sette crateri. Dopo una violenta esplosione crollò su stesso creando una caldera che si andò a poco a poco ricoprendo di acqua formando l’attuale lago Bolsena. Nella conca di Latera e lungo le coste dell’isola Bisentina si riscontrano ancora tracce degli antichi crateri. Verso la fine del Neolitico il lago iniziò ad essere popolato da numerose palafitte. Successivamente nell’età del ferro e in quella del bronzo gli insediamenti furono condizionati dal livello delle acque.

Situato nella provincia laziale di Viterbo, il Lago di Bolsena è il più esteso bacino craterico d’Italia con i suoi 115 km² di lunghezza. Circondato in buona parte dalla catena dei monti Vulsini, il lago, di forma ellittica ha una superficie di 114 kmq, un perimetro di 43 km e una profondità di 151 metri. Le due isole Martana e Bisentina, di origine vulcanica, sorgono in prossimità della costa. Generalmente le coste sono basse e sabbiose e in brevi tratti anche paludose.
L’apparato vulcanico del Vulsinio era in origine caratterizzato da sette crateri. Dopo una violenta esplosione crollò su stesso creando una caldera che si andò a poco a poco ricoprendo di acqua formando l’attuale lago Bolsena. Nella conca di Latera e lungo le coste dell’isola Bisentina si riscontrano ancora tracce degli antichi crateri. Verso la fine del Neolitico il lago iniziò ad essere popolato da numerose palafitte. Successivamente nell’età del ferro e in quella del bronzo gli insediamenti furono condizionati dal livello delle acque.

La caratteristica principale della sabbia è il suo colore scuro proprio perché la zona è di origine vulcanica. Tra i promontori più caratteristici abbiamo Capo San Bernardino, la penisola di Capodimonte, la punta di Sant’Antonio, i monti Volsini ed infine il Monte Bisanzio. Il fiume Marta, che nasce dal porto dell’omonimo centro abitato, rappresenta il suo unico emissario. Grazie al salutare stato delle acque e al suo stato di limpidezza i pescatori del luogo usano cucinare un piatto tipico detto “sbroscia“, un’ottima zuppa di pesce molto apprezzata anche dai turisti. Il cambio delle acque, però, avviene in un lasso di tempo molto lungo stimato in 120 anni. Dai prelievi della falda e del lago è emerso che il ricambio è raddoppiato a causa della diminuzione della portata di acqua da parte del suo emissario. Numerose sono invece le attrattive turistiche di genere archeologico e culturale. Qui infatti si sono succedute la civiltà Villanoviana, Etrusca e Romana, mentre nel borgo sono evidenti i segni del periodo medioevale.

Grande interesse assumono le sagre, la cucina e le feste folkloristiche del posto. Il lago, oltre a rappresentare uno dei pochi laghi italiani balneabile, è utilizzato da molti per praticare la vela, il windsurf oltre che la pesca. Una caratteristica del lago è la presenza delle cosiddette “sesse“. Si tratta di variazioni che riguardano il livello delle acque. Il lago vanta, inoltre, un variegato ambiente naturale, connotato principalmente da querce e castagni.

Tipico è anche un fenomeno che si manifesta anche quando le acque del lago sono calme: l’onda anomala. Solo in apparenza tale fenomeno appare inspiegabile. In realtà l’onda avanza verso la costa, crescendo sempre di più e acquistando forza fino a schiantarsi lungo il costone.

Numerose sono le specie di piante subacquee e le alghe tutt’oggi ancora esistenti nel bacino. La natura incontaminata del posto costituisce un ambiente favorevole per una grande varietà di pesci e uccelli. Tuffetti, morette, fistioni, folanghe, svassi maggiori e minori, aironi cenerini sono le specie avvistate tipiche dell’Europa del nord. Il tritone, il rospo, la rana, il pesce gatto, il persico sole e la nutria rappresentano solo alcune delle principali specie lacustre del territorio. Anche le anguille, una specie già nota ai tempi dei Romani e citate nell’Inferno dantesco della Divina Commedia popolano il lago insieme al coregone, al persico reale, al luccio, al persico trota, alla tinca, alla carpa, alla scardola e al piccolo latterino, preda di pesci predatori e di uccelli. Il vilucchio bianco e l’erba morella si alternano ai lunghi canneti, un rifugio ideale per numerosi uccelli. L’anfiboe, la zannichella e il ranuncolo crescono invece a poca distanza dalla riva.

L’equilibrio ambientale è però fortemente minacciato dalla pesca selvaggia. Un equilibrio estremamente fragile, se si pensa che il lago impiega ben 120 anni per il ricambio totale delle acque. Per questo motivo sono stati costruiti sistemi di fognature in grado di raccogliere le acque delle zone intorno al lago per poi riversarle in un collettore sul fiume Marta. Il letto lacustre presenta irregolarità mentre Bisentina e Martana, presentano entrambe una folta macchia di vegetazione. Grazie a recenti studi archeologici si è scoperto che il livello del lago ha subìto innumerevoli variazioni. Ciò è dimostrato anche da resti sommersi che testimoniano insediamenti nell’età del bronzo. Durante l’età del ferro, invece, per motivi ancora oscuri, si è verificata una rapida evoluzione. Successivamente gli Etruschi hanno ridotto il punto naturale di tracimazione da 306 a 303 metri per recuperare le zone agricole invase dall’acqua. Ciò è stato possibile recidendo uno sperone di una roccia che impediva il flusso del percorso del fiume nell’area che tutt’oggi viene chiamata “sasso tagliato“. Attualmente il livello dell’acqua è determinato dalle paratoie che lo regolano poste a circa 303 metri nel porto di Marta. Oggi lungo le rive numerose sono le trattorie dove è possibile degustare le specialità locali a base di pesce.

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Aiutiamo Dolly ed il gattile di Villa Flora a Roma!

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  • 15 Novembre 2008

Petizione popolare all’Assessore all’ambiente del Comune di Roma e al Sindaco di Roma
Oggetto: Oasi Comunale Felina Villa Flora

A Roma, a Villa Flora, un parco in zona Portuense, c’è un’oasi felina composta da una casetta e un giardino esterno, creata per accogliere gatti in difficoltà.

Aiutiamo Dolly ed il gattile di Villa Flora a Roma

L’oasi felina di Villa Flora è una struttura del Comune di Roma che ospita oltre 230 gatti sfortunati: sequestrati a causa di maltrattamenti, lasciati soli a seguito di decesso dei padroni, abbandonati da persone senza cuore.

Attualmente dopo varie vicissitudini, la colonia felina è gestita da Dolly, una giovane volontaria, con passione ed amore. I gatti sono tutti molto simpatici ed affiatati. Si vede che sono grati per questo rifugio… ma certamente starebbero meglio in una famiglia che li adotti.

Villa Flora vive al momento una situazione di emergenza: il Comune di Roma ha sospeso l’erogazione dei fondi per la sopravvivenza del gattile, e praticamente non arrivano più soldi. Gli operatori pagati se ne sono andati ed è rimasta solo Dolly che, con l’aiuto di pochi volontari, passa le sue giornate a pulire, cambiare sabbiette, dare da mangiare ai gatti, dare i primi soccorsi ai gattini che arrivano sopratutto d’estate.

Il gattile ha bisogno urgentemente di:

donazioni: almeno 24 scatole di cibo per gatti da 400 gr. al giorno, 10 sacchetti di sabbietta al giorno, cuscini, pezze e coperte.

volontari che vadano anche poche ore al giorno a dare una mano, aiutare a sistemare, coccolare i gatti.

adozioni: persone che – in qualsiasi parte d’Italia – vogliano adottare dei mici (tutti adorabili, sterilizzati, vaccinati e sani)

adozioni a distanza: persone che, impossibilitate ad adottare dei gatti, vogliano adottarli a distanza sostenendo il gattile (con una somma simbolica di 15 € al mese)

Chiediamo al Comune di Roma di provvedere al più presto affinchè l’Oasi Felina di Villa Flora possa sopravvivere

Invitiamo nel frattempo tutte le persone di cuore a contattare Villa Flora per dare una mano.

Oasi Felina Villa Flora
c/o Villa Flora – via Portuense, 610 – Roma
Cell. 328 8482439
www.villafloramiao.it

Aiutateci a diffondere questa petizione!
Grazie.

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Herbalife e Inter? L’accoppiata vincente!

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  • 15 Novembre 2008

Il club campione d’Italia nello sport preferito dagli italiani e la società leader nel campo della sana nutrizione. Nasce così l’accoppiata tra l’Inter ed Herbalife. Da questa stagione, infatti, Herbalife è diventato lo sponsor ufficiale dei nerazzurri.

Herbalife ed InterUn’accoppiata ufficializzata durante il Leadership Development Weekend svoltosi a Rimini. Per notare questo tandem vincente basta visitare il sito degli undici di Mourinho, o notare le scritte recanti il marchio che campeggiano sulle maglie dei giocatori o negli spogliatoi, inquadrati puntualmente durante i collegamenti post – partita con le pay tv. Una svolta importante per un’azienda che da anni fornisce in Italia ottimi prodotti nutrizionali alla gente intenzionata a perdere chili e a ritornare nel suo peso forma. Fondata nel 1980, Herbalife rappresenta una delle aziende più conosciute per la vendita di prodotti dietetici e della cura del corpo.

I prodotti più richiesti e commercializzati dall’azienda californiana sono Formula #1, Formula #2, Formula #3 e Thermojetics che consistono rispettivamente in bevande proteiche sostitutive del pasto, compresse d’erbe, compresse minerali e multivitaminiche. I prodotti “Formula” in origine erano commercializzati grazie al programma Herbalife’s Slim and Trim Program, lo stesso che oggi prende il nome di Herbalife Cellular Nutrition Health and Weight Management System apportando delle modifiche negli ingredienti dei prodotti. Dietro la scelta dell’Inter c’è qualcosa in più rispetto ad una semplice strategia legata alla sponsorizzazione. Herbalife, come ormai noto, appare come un marchio consolidato in un settore dove le certezze si riducono sempre di più. Chi sa se qualche campione, oltre a portare il nome dell’azienda californiana impresso sulla casacca che indossa quando scende sul rettangolo verde, ne fa anche uso.

Ciò che più conta è una decisione quella del team, che si è aggiudicato il campionato dello scorso anno, di puntare su un logo, sinonimo condiviso di qualità. A detta di alcuni promoter dell’azienda l’Inter avrebbe inserito i prodotti Herbalife all’interno della dieta nutrizionale della squadra. Era il 2 dicembre 1992 quando Herbalife approdò nel nostro Paese. Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti. Articoli per salute a 360 gradi, con un’attenzione particolare al piano dell’alimentazione, hanno caratterizzato il rodaggio italiano della società d’oltreoceano. A dispetto di chi pensava di associare ad Herbalife il luogo comune del prodotto da cestinare, durante la scorsa stagione estiva è giunto il disco verde della formazione di Moratti. Come a dire, che prima di testare un prodotto, non si possono emettere sentenze, perché il giudice se ne pentirebbe. L’importante traguardo è stato festeggiato in casa Herbalife, impegnata in una campagna pubblicitaria, scandita dall’onnipresente principio informativo (tutti devono sapere a cosa possono servire i prodotti reclamizzati), sull’intero territorio peninsulare. E dai frutti di questa campagna arriva la miglior risposta ai detrattori dei prodotti in questione. Un numero su tutti: Herbalife è presente in ben 67 paesi del mondo e la cifra di coloro che ne restano soddisfatti dall’uso aumenta giorno dopo giorno, con tanto di autorizzazioni rilasciate dalle autorità competenti (in Italia c’è il via libera del Ministero della Salute).

Prodotti efficaci che aiutano in modo concreto chi desidera riacquistare uno stile di vita equilibrato e soprattutto sano grazie al supporto di integratori alimentari. Energia e idratazione rappresentano fattori importanti per i calciatori nero azzurri e i prodotti Herbalife sono fondamentali per garantire una performance al top sul campo. La sponsorizzazione intrapresa dall’Inter è divenuta anche un mezzo per i promoter dell’azienda per accreditarsi verso chi non ha mai provato prodotti simili. Inter, uguale garanzia nel segno dell’efficacia degli articoli venduti.

Come già detto, Herbalife sposa le ambizioni dell’Inter targato Mourinho. Dieci gli obbiettivi già raggiunti dal tecnico da quando siede sulla panchina nerazzurra. In primis la vittoria in Supercoppa. Subito dopo il vantaggio sulle concorrenti per lo scudetto. Punto numero tre il recupero degli infortunati storici (vedi Cordoba e Samuel). Da premiare c’è la coesione del gruppo (mai visto così), il clima di fiducia creatosi tra squadra e tifosi, la tenuta difensiva. Da considerare, inoltre, la barriera contro la stampa prevenuta, un modulo rivoluzionario per l’Inter (il 4-3-3) e la coerenza della campagna acquisti.

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Napoli ha un nuovo santo… e viene da Secondigliano!!!

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  • 15 Novembre 2008

Un esperto nella scienza del perdono. Benedetto XVI lo ha definito così durante la cerimonia di canonizzazione avvenuta in Piazza San Pietro il 12 ottobre scorso.

‘O Superiore lo chiamano a Secondigliano, il quartiere di Napoli dove visse e spese la sua vita a sostegno dei più deboli.

Sei anni fa, quando divenne beato, Papa Wojtyla lo ricordò come apostolo della misericordia. Ma chi è stato San Gaetano Errico, il santo del rione noto in tutto il mondo per il degrado e il malaffare.

Era il 19 ottobre del 1791 quando a Secondigliano, antico casale a nord del capoluogo campano, nasceva un bambino di nome Gaetano.

Il papà Pasquale gestisce un piccolo laboratorio per la produzione dei maccheroni. La mamma Maria Marseglia fa la tessitrice di felpa.

Gaetano viene battezzato nella chiesa madre di Secondigliano, dedicata ai Santi Cosma e Damiano.

A soli 7 anni riceve la prima comunione, tre anni dopo la cresima.

A 14 anni presenta domanda per entrare prima nei Cappuccini, poi nei Redentoristi, ma è ancora troppo giovane.

Due anni più tardi può accedere al seminario arcivescovile di Napoli. Sarà uno studente esterno perché la sua famiglia non riesce a garantirgli le spese per il pernottamento in seminario.

Ogni giorno, sfida il caldo o il gelo, per raggiungere il seminario che sorge ad otto chilometri da casa sua.

Nel 1808 Gaetano indossa per la prima volta l’abito talare. Nella fase della formazione raggiunge alti risultati in termini di profitto e ogni giovedì va a fare visita agli ammalati ricoverati all’ospedale Incurabili, portando loro anche dei regali.

La domenica va in giro per le strade di Secondigliano a raccogliere i bambini per il catechismo.

Nel 1815 il Cardinale Ruffo lo ordina sacerdote in Cattedrale. Da allora dedica le sue giornate all’insegnamento, svolge il servizio pastorale presso la Parrocchia dei Santi Cosma e Damiano.

Fa della riconciliazione un sacramento da infondere la tra gente, uscendo dal tempio per avvicinarsi alle strade dove vivono i peccatori.

La sua vita è scandita da intensi momenti di penitenza e preghiera, come testimoniano le fossette visibili nella sua stanza, parte integrante del museo realizzato in sua memoria a Secondigliano.

Nel 1818 mentre si trova in preghiera nella chiesa di Pagani gli appare Sant’Alfonso che gli chiede di fondare una congregazione religiosa. Saranno i Missionari dei Sacri Cuori, una comunità che oggi può contare su sedi in tutto il mondo.

Il primo segno che segue a questa visione è la costruzione di una chiesa a Secondigliano. Gaetano la dedica alla Vergine Addolorata e per vederla portata a termine deve misurarsi anche con un manipolo di detrattori anticlericali.

Tra non poche difficoltà, nel 1830 il santuario che oggi accoglie le spoglie del Santo, viene consacrata.

A costruzione finita, Gaetano ordina allo scultore Francesco Verzella una statua che rappresentasse la Madonna così come lui l’aveva vista. Soltanto al quattordicesimo tentativo l’artista riuscì a soddisfare Gaetano.

Cinque anni più tardi l’effige fa il suo ingresso a Secondigliano. E’ una vera e propria festa che dà il via ad un culto intergenerazionale, tramandato fino ai giorni nostri.

Gaetano riserva la sua umanità a chiunque soffra: ai poveri, ai contadini, agli analfabeti, appe prostitute, agli operai, agli ammalati, ai detenuti.

Nel 1833 partono i lavori per la costruzione della Casa Madre dei Missionari dei Sacri Cuori, un luogo riservato alla dimora di quelli che saranno i suoi figli spirituali. Struttura che nel giro di pochi anni subirà un significativo ampliamento.

Tra il 1839 e il 1846, dopo numerosi atti burocratici, la Congregazione viene riconosciuta dal Regno.

Alle 10 del 29 ottobre 1860 Gaetano Errico chiude gli occhi per sempre nella sua casa di Secondigliano.

Il popolo grida: E’ morto un santo.

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Spello: un’antico gioiello nel cuore dell’Umbria

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  • 15 Novembre 2008

Non lontano da Assisi e Foligno, nel cuore dell’Umbria, situata su uno sperone del Monte Subasio, nasce la cittadina di Spello. Quasi 8mila gli abitanti di questa località che più delle altre della Valle Umbra mostrano le preziose testimonianze storico – culturali dell’antica Hispellum.Tra queste spiccano l’anello murario, le Porte Consolare, Urbica, Vetere, le rovine di un anfiteatro, un tempio e delle terme. Il borgo si presenta come incastonato tra le mura risalenti all’epoca augustea per poi estendersi lungo l’asse centrale che dalla Porta Consolare conduce alla zona più elevata dello sperone, la Porta dell’Arce.

Dagli albori del Cristianesimo fino ai giorni nostri Spello si è sempre distinto come il centro più importante della religiosità regionale.

Sul piano topografico, esaminando l’evoluzione urbanistica che ha subito la cittadina, possiamo affermare che Spello avesse il suo insediamento principale nella parte più alta. Soltanto nei secoli successivi l’agglomerato abitativo si sposta nella zona della città romana fino ad inglobare tutta la cittadina così come la vediamo oggi.

Il rione più antico si chiama Posterula ed è individuabile tra la Porta Arce e piazza Umberto I. La zona del Mezota, invece, è racchiusa tra le chiese dedicate a San Lorenzo e a Santa Maria Maggiore. L’altro cosiddetto “terziere” in cui è suddivisa la cittadina si trova nella parte più bassa e prende il nome di Porta Chiusa. Le mura che ancor’oggi circondano Spello sono quelle dell’età romana, restaurate nel corso degli anni laddove si sono presentanti preoccupanti segni di cedimento.

La storia di questa cittadina umbra, lontana dai flussi di turismo di altre città vicine, racconta di un’espansione abitativa che con il passar degli anni supera l’area delle mura per raggiungere via Giulia, lasciando così numerose aree libere all’interno delle mura. Strutture che nel loro circuito più esterno vengono completate nel 1360 dopo una serie di pause intorno alla metà del XIV secolo.

Spello risentirà del controllo diretto da parte della Chiesa. Sarà proprio l’organizzazione religiosa a predisporre la realizzazione di un imponente struttura in una piazza cittadina, testimonianza evidente della presenza della Chiesa in questa porzione dell’Umbria.

L’edificio fu costruito nel 1358 da Filippo D’Antella. Il governo pontificio, intento a sottrarre potere al governo locale, utilizza lo strumento delle nuove infeudazioni per garantirsi alleanze quanto più sicure, ma soprattutto per disporre di un efficace controllo territoriale.

In quest’ottica dal 1368 Spello viene affidata ai Baglioni. Dalla prima metà del XVI inizia, invece, la fase dei vicariati o signorie. Michelotti, Visconti, Fortebraccio, Montefeltro e di nuovo i Baglioni, solo per citare i nomi più illustri di questo lungo periodo che precede il recupero diretto ad opera della Chiesa.

La Santa Sede pone il territorio sotto il suo controllo a partire dal XVI secolo e fino all’Unità d’Italia. Ma cosa succede in questo arco di tempo all’interno della cittadina la cui storia continua ad intrecciarsi con quella della Chiesa?

Gli interventi urbani non trasformano l’assetto di Spello. Le modifiche più evidenti riguardano edifici di natura ecclesiastica, che corrisponde ad un vero e proprio boom di opere nel campo. Gli altri tipi di interventi non mutano la struttura cittadina.

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La Borsa italiana: cos’è e come funziona

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  • 3 Ottobre 2008

La Borsa è un mercato fondato su regole precise in cui vengono scambiate determinate merci, che possiamo definire “strumenti finanziari“. Le merci scambiate in Borsa sono soprattutto azioni, quote parte del capitale sociale di un’azienda, ma non solo. Rispetto al passato nella Borsa non vi è più nulla di fisico: il salone delle grida, gli agenti di cambio…sono un lontano ricordo e, ormai dal 1994, l’intero listino è informatizzato.
Da ciò deriva la possibiltà, ormai nota, del Trading online, uno strumento che consente di operare in borsa anche ai piccoli risparmiatori.

Solitamente, quando si parla di Borsa, si pensa immediatamente alle azioni, ma la Borsa è in realtà un mercato diversificato, dove sono trattati strumenti finanziari sempre più complessi. Proprio a causa di quest’ampia varietà di prodotti, si è reso necessario nel tempo ripartire la Borsa in più segmenti, secondo la logica di “un mercato per ogni tipologia di strumento finanziario“. I mercati regolamentati operanti nel nostro paese sono diversi.

A seconda dei prodotti finanziari scambiati, la borsa si articola in comparti operativi: 1) Azionario (MTA – Mercato Telematico Azionario), in cui si scambiano i titoli azionari quotati in Borsa. A sua volta, questo mercato si suddivide in: a. Blue Chip, b. Star, c. Standard, d. MTA International, e. MTF (Mercato Telematico dei Fondi). 2) SEDEX , 3) After Hours (TAH), 4) MOT (Mercato Telematico dei Titoli di Stato e delle Obbligazioni), 5) Contratti a premio (MTR), relativi ad azioni, obbligazioni convertibili, warrant quotati e diritti di opzione, 6) IDEM (Italian Derivates Market).

Nuovo Mercato. È un mercato che si rivolge alle imprese dotate di maggiori contenuti innovativi e con alte prospettive di crescita. Permette inoltre di dare una forte visibilità europea alle imprese quotate, in quanto il Nuovo Mercato fa parte del circuito Euro.NM, alleanza di mercati azionari per le imprese innovative.

Mercato ristretto. È il mercato in cui vengono negoziate azioni, obbligazioni e warrant che non sono ammessi alle contrattazioni ufficiali di Borsa: tale mercato presenta infatti criteri di ammissione alle quotazioni meno severi rispetto al mercato principale, ma offre comunque all’investitore le stesse garanzie del mercato maggiore.

IDEM (Mercato Italiano dei Derivati). Nell’IDEM vengono trattati gli strumenti derivati come i contratti futures e i contratti di opzione aventi come attività sottostante strumenti come i tassi di interesse, valute…

Mercato dei blocchi. In esso troviamo pacchetti di azione, appunto “in blocco”, ovvero con quantitativi così alti che la loro negoziazione sul mercato azionario principale uno spostamento delle quotazioni (verso l’alto in caso di un grosso ordine di acquisto, verso il basso in caso di vendita): per evitare questa situazione è stato previsto di scambiare questi pacchetti in tale mercato.

Terzo Mercato. È un mercato non regolamentato. Le contrattazioni, infatti, avvengono “spontaneamente” in un locale presso Piazza Affari, dove gli intermediari si scambiano titoli non ancora quotati nel mercato regolamentato.

Le possibilità, per chi vuole investire parte dei propri risparmi in Borsa, sono divrse: 1) essere un investitore individuale e agire in piena autonomia (attraverso il trading, lo strumento più immediato e meno costoso; appoggiandosi alla propria banca); 2) scegliere la strada del risparmio gestito, affidandosi a un professionista dell’investimento (si possono sottoscrivere quote di un fondo o affidarsi a una gestione patrimoniale).

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La dieta macrobiotica

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  • 11 Luglio 2008

Più che una dieta la macrobiotica è una vera e propria filosofia di vita, da makros e bios,  letteralmente lunga, grande vita. Come la quasi totalità delle grandi filosofie proviene dall’oriente, dove è radicata da almeno 5000 anni. Niente di nuovo sotto il sole, ma per noi europei ed il resto del mondo questo tipo di alimentazione è nota dai primi del ‘900 quando George Ohsawa la portò alla ribalta del grande pubblico.

Alimenti base nella cucina macrobiotica sono i cereali, che devono essere non raffinati ed integrali, i grassi, tra i quali sono consentiti il burro di sesamo e l’olio extravergine di oliva (no a burro e margarina), i legumi, la cui acqua di cottura è consigliata come bevanda e le alghe.

Gli alimenti sono classificati in base alla loro componente Yin e Yang. Immaginiamo una scala graduata da 0 a 7, da una parte Yang positivo (da 0 a +7) dall’altra Yin negativo (da 0 a -7), ogni alimento avrà una sua classificazione in base al contenuto Yin e Yang. Sono Yin i cibi a componente acida, ad esempio latte, yogurt, frutta, , spezie. Sono invece Yang gli alimenti con componente alcalina, come la carne, il pesce, pollo, uova, sale. Tutto ciò che è agli estremi è dannoso ma può essere utilizzato come “medicina” quando è necessario curare uno squilibrio nella componente opposta. Il concetto è un po’ difficile e non facilmente illustrabile in poche righe, per cui si rimanda alle centinaia di pubblicazioni specifiche per un approfondimento più completo.

Occorre evitare tutti i tipi di cibo pesantemente trattati e conservati a livello industriale e le ricette di cucina a base di prodotti troppo lavorati, è necessario utlizzare prodotti quanto più possibile non lavorati e naturali, soprattutto biologici. E’ da eliminare tutto quanto dolcificato con zucchero e miele (crostate, torte, ecc), sono da evitare patate, pomodori, melanzane, latte e latticini in genere. E’ da preferire il consumo di pesce alla carne ed è sconsigliato l’utilizzo di  sale comune e/o spezie a favore del solo sale marino naturale. Un pasto sarà armonico se conterra conterrà il 50% di cereali integrali, il 25% di proteine di cui il 10% di origine animale e il 15% di origine vegetale, il 25% tra verdure (cotte e crude) e frutta. Per gli utensili da cucina sono consigliati il legno per i mestoli ed il bambù per i cestelli per cottura a vapore. Per le pentole e tegami è da utilizzare l’acciaio inossidabile o la terracotta. Da evitare gli utensili in alluminio perché andrebbero a modificare le proprietà ed il gusto dei cibi. Le cotture più indicate sono quella a pressione per cereali e legumi, e quella al vapore per i vegetali, pesce e carne, quelle sconsigliate sono quelle maggiormente elaborate quali sformati, torte salate, sughi grassi ed intingoli vari.

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