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Aprire un compro oro in franchising

Non si arresta la crescita del settore dei compro oro: complice la crisi che ha impoverito le famiglie italiane, questo modello di business ha visto un incremento significativo del giro di affari negli ultimi anni. L’attività di un “compro oro” consiste nell’acquistare oro usato pagando un prezzo per grammo inferiore alla quotazione di mercato. L’oro raccolto viene poi conferito alla casa madre che provvede a fonderlo e a crearne lingotti da immettere sul mercato, ricavandone un margine.

Il target dei “compro oro” non è costituito esclusivamente da persone in difficoltà economiche che cercano liquidità, perché chiunque potrebbe essere interessato a liberarsi di un oggetto prezioso non gradito. Il pubblico al quale si rivolge un negozio di comrpo oro è quindi molto vasto e non è limitato esclusivamente alle persone con difficoltà economiche che cercano di disfarsi di oggetti preziosi in cambio di soldi.

Un altro vantaggio importante per chi desidera avviar questo genere di attività è rappresentato dai costi: il locale commerciale può essere anche di dimensioni modeste (è sufficiente un locale di 15-20 mq). L’arredamento del punto vendita è veramente essenziale: è sufficiente un bancone ed una bilancia di precisione per pesare gli oggetti. Per questo genere di attività è consigliabile rivolgersi ad un marchio noto che offre l’opportunità di affiliarsi in franchising: in questo caso infatti si ha la garanzia che l’oro raccolto venga acquistato dalla casa madre. Inoltre per esercitare l’attività è necessario disporre di licenze e autorizzazioni che potrebbe essere difficile ottenere autonomamente. Un altro aspetto da non sottovalutare è rappresentato dalla formazione: chi non ha esperienza nel settore potrebbe non essere in grado di distinguere l’oro vero da quello falso. I corsi organizzati dai franchisor permettono invece di acquisire le nozioni di base per esercitare questo tipo di professione. Di solito l’investimento iniziale per entrare a far parte di una rete in franchising è accessibile e facilmente ammortizzabile già dopo i primi mesi dall’apertura dell’attività.

Fonte: PuntoFranchising.it

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Nuove frontiere della programmazione neurolinguistica

Sono passati più di 40 anni da quando Bandler e Grinder fondarono la PNL (programmazione neurolinguistica), una tecnologia potente e versatile, di facile apprendimento e applicazione e che trova il suo campo di applicazione in modlti settori come le fobie, la crescita personale e la psicologia del cambiamento. Colui che studia e applica le tecniche di PNL ha come obiettivo quello di superare i propri limiti e dirigere al meglio la motivazione e la propria forza interiore.

Si parte dal presupposto che dal punto di vista neurologico ogni individuo è uguale ad un altro. I nostri comportamenti, il nostro carattere, ciò in cui crediamo – in una parola – “ciò che siamo” è conseguenza dei modelli che abbiamo avuto e dell’influenza che quest’ultimi hanno avuto su di noi, oltre che del modo in cui il nostro cervello ha rielaborato queste informazioni. Ogni comportamento, ogni caratteristica del nostro carattere, non è un’informazione scritta nel nostro patrimonio genetico, ma è un’informazione immagazzinata nel nostro cervello, proprio come se fosse un software installato su un PC.

Questi programmi installati nella nostra mente sono codificati in un determinato linguaggio e possono essere ricodificati, cioè programmati in modo diverso affinchè diventino più utili. Questo è l’obiettivo che si prefigge la PNL: trovare il modo di riprogrammare il nostro cervello in modo da ottenere dei risultati più utili ed efficienti.
Ognuno di noi convive con una serie di paure, ha delle convinzioni che lo limitano, ha dei comportamenti poco produttivi o si ritrova spesso in stati d’animo poco potenzianti. Una paura o una convinzione non sono altro che informazioni immagazzinate nel nostro cervello sotto forma di immagini, suoni o sensazioni e che hanno determinate caratteristiche. Cambiando le caratteristiche delle immagini mentali che riusciamo a riscrivere i software installati nel nostro cervello.

La grande scoperta di Bandler e Grinder sta tutta qui: nell’aver intuito che una cosa ci fa paura, non perché è oggettivamente così com’è, ma perché noi la rappresentiamo mentalmente mediante immagini o suoni che hanno determinate proprietà (submodalità) che a loro volta comunicano al nostro cervello di “attivare” la sensazione di paura. Di conseguenza sostituendo le submodalità della paura con le submodalità che ci trasmettono pace e tranquillità possiamo cambiare le nostre sensazioni relativamente a qualcosa che ci ha spaventato per anni.

Un semplice esperimento consiste nel pensare a un’esperienza passata che ci ha creato una sensazione negativa (come imbarazzo, paura etc..) e verificare che tipo di rappresentazione si forma nella nostra mente. Immagini fisse o in movimento? Avvertiamo una voce interna che ci dice qualcosa? Quali sono le caratteristiche delle immagini e dei suoni che si formano nella nostra mente ? Vediamo immagini vivide o sfocate? Vediamo noi stessi in modalità associata (cioè come se vivessimo in prima persona l’esperienza) o in modalità dissociata (come se rivedessimo dall’esterno la nostra persona mentre rivive quell’esperienza)? Le immagini sono grandi o piccole? I suoni sono forti o deboli, lontani o vicini? Questo bagaglio di caratteristiche associate alle nostre rappresentazioni mentali è ciò che ci permette di classificare un’esperienza come imbarazzante, ansiogena, piacevole, meravigliosa e così via… Quando impariamo a “manipolare” queste caratteristiche, siamo anche in grado di dissociare la sensazione che ci provocavano, ottenendo così il vantaggi pratico di eliminarla.

In rete esistono numerose risorse per imparare la PNL tra queste si segnala il sito dell’Università della PNL che offre corsi gratuiti e recensioni di libri per chi vuole conoscere questa disciplina.

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Franchising, opportunità per inventarsi un lavoro

In una situazione attuale in cui il mercato del lavoro risulta alquanto statico e le aspirazioni professionali di tanti individui non trovano collocazione in un lavoro dipendente, tra le varie possibilità può emergere quella di avviare un’attività imprenditoriale attraverso la formula dell’affiliazione commerciale, che comporta rischi di gran lunga minori rispetto ad un’attività imprenditoriale in proprio e gestita in modo autonomo. Il franchisor (l’azienda affiliante) permette quindi al franchisee (l’affiliato) di liberarsi di una serie di oneri e può fornire una assistenza che va dalla formazione commerciale fino all’arredamento del suo punto vendita. Al tempo stesso il franchisor garantisce un know-how utile  prezioso all’affiliato, conferendo importanti competenze che potrebbero condurlo successivamente anche all’avvio di un’attività del tutto autonoma alla scadenza del contratto di affiliazione. La formula del franchising può essere presa in considerazione anche per sopperire ad eventuali carenze di marketing: persone che hanno delle capacità tecniche (ad es. gli artigiani) ma non hanno le abilità necessarie per far decollare un’attività sotto i suoi vari aspetti, riterranno conveniente affidarsi ad un marchio già noto e consolidato. Un altro aspetto da non sottovalutare, soprattutto nel settore della vendita al dettaglio, è quello relativo all’approvvigionamento delle merci. Essendo parte di una rete di franchising, vi è un unico fornitore di riferimento, in quanto il franchisor effettua gli ordini per tutti i negozi affiliati. Se ne deduce che in questo modo l’affiliato può ottenere delle agevolazioni di costi sulle forniture rispetto a un punto vendita gestito in proprio, il quale spesso ha bisogno di ricorrere a più fornitori ed è costretto a fare ordini non superiori di quelli che poi non riesce a rivendere. Resta il fatto che aprire un’attività in franchising rispetto a un’attività in proprio comporta soprattutto una notevole riduzione del rischio di fallimento. Se il franchisor ha già testato e sperimentato il suo marchio sul mercato, e i consumatori sono già a conoscenza dei prodotti e dei servizi da essi offerti, il franchisee può ritenersi per certi versi ‘tutelato’ sotto questo punto di vista.

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