Nel dizionario della lingua italiana, alla voce “senzacasa” si legge:
– Sinon. (d’uso per lo più giornalistico, forse influenzato dall’ingl. homeless), di senzatetto, più spesso, peraltro, scritto con grafia staccata: i senza casa.
Quindi quando si parla di “senzacasa” ci si riferisce in particolare ai “clochard”:
–
In realtà i senzacasa, ovvero le persone che non vivono in un’abitazione, sono moltissime e stiamo assistendo ad un incremento costante di chi perde la propria casa per effetto della crisi, tanto che il 90% degli sfratti sono per morosità incolpevole.
Nel corso del 2014 molti movimenti per il diritto alla casa si sono fatti sentire e come conseguenza molte occupazioni abusive sono state sgomberate e le leggi nei confronti di chi occupa abusivamente luoghi chiusi o abbandonati, sono state inasprite.
Come sempre la ragione sta nel centro, il centro di una questione molto difficile da risolvere.
Da una parte ci sono le istituzioni che, non solo non riescono a garantire quell’aiuto reale e concreto per impedire che una famiglia o un singolo dopo la perdita del lavoro finisca in strada, ma premiano chi, per porre rimedio alla propria situazione di disagio, sceglie l’illegalità.
Dall’altra ci sono persone e famiglie che silenziosamente affrontano il loro destino senza ricevere aiuti né dalle istituzioni, né dalle associazioni no profit.
E se a queste persone aggiungiamo chi la propria casa l’ha persa dopo un evento disastroso come un terremoto o un’alluvione? In questi casi poi, oltre al contenitore si perde anche il contenuto, tutti i ricordi di una vita e spesso le persone stesse, i propri cari travolti dalle macerie di un evento inaspettato.
“Casa”, il luogo più importante al mondo, cosa significa per noi, per i nostri figli, per le nostre vite? Cosa faremmo se ad un tratto la perdessimo, se fossimo costretti ad abbandonarla o a vederla crollare?
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