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Provincia Segreta

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  • 25 Luglio 2007

I segreti di Twin Peaks è stata una delle più innovative serie televisive degli anni Ottanta, che ha avuto il pregio di rendere famoso David Lynch, controverso regista americano sottovalutato dal mondo del cinema fino a quando, con lo straordinario successo di questo lavoro, non si è conquistato l’attenzione del pubblico e della critica.Aveva esordito nel1977 con Eraserherad – la mente che cancella, una pellicola tanto particolare da spingere Mel Brooks a ingaggiare questo giovane talento per la regia di Elephant Man. In effetti quest’ultimo ottenne otto nomination agli oscar, fra le quali uno proprio per la regia.

Del 1984 è invece l’ambizioso Dune, che non raggiunse il successo sperato; la delusione diventò ancora più amara quando si seppe del trionfo de Il ritorno dello Jedi, che Lynch aveva rifiutato per portare a compimento il suo kolossal. Due anni dopo uscì Velluto blu, in cui si tratteggia il duplice volto della provincia americana indagato poi a fondo con Twin Peaks, progetto nato da un’idea della figlia di Lynch autrice de Il diario segreto di Laura Palmer.

Nella cittadina statunitense di Twin Peaks viene ritrovato il cadavere di Laura Palmer, interpretata da Sherly Lee. L’omicidio della bella studentessa diciassettenne dà inizio alle indagini dell’ispettore Cooper (Kyle Maclachlan), che scopre la faccia nascosta dell’apparente gioiosa comunità. Nel succedersi degli episodi, alla ricerca di movente e assassino, si dipana l’antica matassa che vede avvicendarsi diversi sospettati fra personaggi detestabili e simpatici, in un clima volutamente ambiguo. La stessa vittima, a prima vista una normale ragazza della porta accanto, sembra nascondere un’esistenza sotterranea molto lontana dal classico stereotipo della brava e bella liceale. Sotto il velo della buona società americana compare quindi una verità ben diversa, fatta di legami e segreti sordidi, di personaggi che, comportandosi al limite della follia, inducono addirittura  a pensare che dietro tutto questo non-senso ci siano gli alieni. Le atmosfere e la trama psicologicamente intriganti, permeate di elementi di sapore hitchcockiano, esularono dal cliché in voga nel 1990 per dare inizio ad un filone originale, con aspetti tipici della telenovela e spunti particolari convogliati in serie successive con X-files. E’ indubbio che le 30 puntate di Twin Peaks siano state contrassegnate dai risvolti belli e brutti del primo esperimento, che all’inizio assume dimensioni trionfali e via si adegua alle esigenze di mercato volte a sfruttare ogni aspetto remunerativo di un simile prodotto, perdendo così progressivamente di valore.

Nello stesso anno Lynch riconferma il suo talento dirigendo Cuore selvaggio, seguito nel 1992 da una pellicola in cui parla ancora di Laura Palmer, Fuoco cammina con me!

La sua filmografia più recentemente annovera lavori come Strade perdute del 1997, Una storia vera del 1999 e Mulholland Drive del 2001, con il quale ha ottenuto una nuova nomination agli oscar.

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Radio Days

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  • 17 Luglio 2007

Certo non si può dire che iniziare il cammino verso la notorietà alla radio ostacoli il raggiungimento di un brillante futuro televisivo. Al contrario, l’esordio radiofonico sembra proprio portare fortuna, visto che alcuni dei volti più noti e amati del grande schermo provengono da quel mondo.

E’ quasi doveroso iniziare il nostro excursus con un personaggio scomparso da pochi anni, ma ancora fortemente presente nei ricordi del pubblico: Corrado Mantoni, per tutti semplicemente Corrado. Di lui abbiamo apprezzato l’ironia garbata, lo stile sobrio privo di aggressività e prepotenza, l’innata simpatia. Il suo nome è legato, non a caso, ad alcune delle più apprezzate trasmissioni televisive: da Canzonissima 1970, in coppia con Raffaella Carrà, a La Corrida. I suoi inizi però risalgono addirittura all’immediato dopoguerra: era la voce di Corrado quella che, nel 1944, da Radio Naja parlava ai soldati di ritorno dal fronte. Pochi anni dopo è sempre lui a firmare il primo varietà radiofonico di successo, Oplà, un programma in cui il parlato e la musica si alternavano armoniosamente. Dopo questa affermazione Corrado continuerà a creare altre fortunate trasmissioni, Sorella radio, La trottola, La Corrida, per poi passare negli anni sessanta alla televisione, di cui rimarrà protagonista indiscusso fino alla sua scomparsa, avvenuta l’8 giugno 1999.

Da molti considerato il suo naturale erede, Gerry Scotti mostra analogie con Corrado sia nello stile sia nel percorso professionale. Anch’egli esordisce come conduttore radiofonico: nel 1976 lavora a Radio Milano International e all’inizio degli anni Ottanta diviene la prima voce della mitica Radio Deejay. Il debutto televisivo avviene poco dopo con Dee Jay Teleision, il primo programma di videoclip della televisione italiana. Da lì la sua carriera è tutta in ascesa. Oggi Gerry Scotti è sicuramente un pilastro delle reti Mediaset che non rimane limitato alla conduzione, ma trova spazio anche nella fiction. E’ lui infatti il protagonista, insieme a Maria Amelia Monti, della sit-com Finalmente soli.

Da questo gruppo, di cui sembrano far parte soltanto grandi talenti, non può essere escluso Fiorello, sebbene la sua formazione appaia più poliedrica e molto legata al mondo dei villaggi-vacanze. Importantissima per lui, comunque, è stata anche l’esperienza radiofonica. Dopo aver lavorato come falegname, muratore e quant’altro, Fiorello compie il grande salto e si trasforma in dj per Radio Marte, emittente della Sicilia orientale, riuscendo a trasmettere 70 ore di musica non stop. Da allora il suo amore e il suo legame con la radio non si sono più interrotti. Fiorello infatti ha fatto parte, neanche a dirlo, della scuderia di Radio Deejay e alla radio è tornato recentemente con Viva Radio Due in coppia con Marco Baldini, suo grande amico.

 Altro nome di spicco del panorama televisivo, musicale e radiofonico italiano è Renzo Arbore, che finalmente è tornato in TV. Sicuramente non sono stati dimenticati i suoi programmi cult: Alto gradimento, Quelli della notte, Indietro tutta. A questo punto non rimane che dire: grazie radio.

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Radionuclidi pericolosi

Pericolo Radon

Il pericolo radon è legato alla radioattività dei tre elementi prodotti in sequenza dalla disintegrazione di questo elemento, cioè polonio, piombo e bismuto. L’inalazione delle particelle di polvere su cui aderiscono i cosiddetti figli del radon diventa un serio rischio per la salute in quanto questi elementi emettono particelle alfa, altamente energetiche, che possono causare danni all’epitelio bronchiale e possono provocare il cancro polmonare.

Infatti, il radon, più esattamente i suoi figli, rappresenta la seconda causa di questo tipo di cancro dopo il fumo delle sigarette.

Cosa si intende per radionuclide?

In natura esistono elementi caratterizzati da differenti pesi atomici. Precisamente gli elementi con lo stesso numero atomico (numero di protoni nel nucleo) aventi un differente numero di massa (ovvero con un numero neutroni differenti) sono detti isotopi. Alcuni di questi sono stabili (ad esempio l’isotopo pesante dell’Idrogeno conosciuto come Deuterio) altri, invece, sono instabili e perciò si frammentano per mezzo di decadimenti radioattivi (come avviene per l’isotopo più pesante dell’Idrogeno, il Trizio). Il decadimento radioattivo non è altro che la perdita di energia o materia o di entrambi da parte di isotopi pesanti instabili sotto forma di particelle e radiazioni. Quelle possibili sono:
a)   particelle alfa : nuclei di elio (2 protoni e 2 neutroni)
b)   particelle beta : elettroni o positroni
c)   particelle gamma : radiazioni elettromagnetiche a elevata energia.
L’attività di una sorgente radioattiva si esprime nel Sistema Internazionale, in becquerel (Bq), unità di misura definita come numero di decadimenti per secondo, quindi omogenea alla frequenza, che di esprime in Hz.

Una seconda unità di misura di attività che è stata molto usata ma ora dichiarata fuori norma, è il curie (Ci): quantità di materiale radioattivo che decade alla stessa velocità di 1 g di radio.

L’uomo L’uomo è sottoposto a radiazioni ionizzanti che provengono continuamente da fonti naturali ed artificiali. Questo stato è chiamato “radiazione di fondo“.

L’82% di questa esposizione di fondo proviene da fonti naturali. Il Radon produce il più grande contributo alla radiazione di fondo con il 55% della dose annuale media. La radiazione cosmica (8%) e la radiazione terrestre (8%) fanno parte della naturale esposizione di fondo a cui l’uomo è sottoposto ogni anno.

Il 18% proviene da fonti artificiali. Di questi, il 15 % proviene dalla medicina diagnostica (Raggi X) e dalla medicina nucleare.

Alcune radiazioni hanno anche effetti terapeutiche tanto che

esistono classificazioni delle acque in base alla radioattività atte a conoscere il potere terapeutico.

L’Uranio è un metallo pesante che si trova in piccole quantità in rocce, suolo, aria, acqua e cibi. Nella sua forma naturale, l’uranio è costituito da 3 isotopi, 235U, 234U e 238U con una netta prevalenza (99.2745%) dell’isotopo 238.

A causa della sua grande vita media (4,46·109 anni), l’ 238U ha una attività molto bassa. Per utilizzarlo nei reattori nucleari, o nelle armi nucleari, è necessario arricchire l’uranio naturale con gli isotopi fissili 235U e 234U. Il materiale che ne deriva è noto come uranio arricchito, e la sua concentrazione di 235U in peso varia fra il 2% ed il 90%.

Il materiale di scarto di questo processo è noto come uranio impoverito (DU = depleted uranium), e contiene meno dello 0.7% di 235U. Il DU è meno radioattivo dell’uranio naturale di circa il 40%, e di circa un ordine di grandezza meno dell’uranio arricchito.

L’uranio impoverito, che emette particelle alfa e beta, con una attività di soli 14.8 mBq/mg, è classificato nella fascia più bassa di rischio fra gli isotopi radioattivi. Per confronto, le attività specifiche dei due radioisotopi che maggiormente contribuiscono al fondo di radiazione ambientale, 40K e 222Rn, sono di circa 400 mBq/mg e 8 GBq/mg, rispettivamente. Ma è pur sempre radioattivo e la sua importanza è notevole dal momento che è presente in elevatissime quantità distribuite in tutti i continenti.

Il DU possiede delle uniche proprietà fisiche quali la densità elevatissima (19 g/cm3, 1,7 volte maggiore della densità del piombo) ed una notevole duttilità.

Inoltre, l’uranio è piroforico, e quindi delle piccole particelle prendono spontaneamente fuoco a contatto con l’aria. 

L’importante presenza di stabilimenti nucleari che producono energia (circa il 40% dell’energia elettrica americana è prodotta in centrali nucleari), permette agli USA di possedere circa 560.000 tonnellate di “materiale di scarto” derivante da questi processi (uranio impoverito) sotto forma di esafluoruro (UF6). 

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L’mportanza mondiale delle risorse rinnovabili

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  • 28 Giugno 2007

Energia, economia, ambiente… tra parole chiave che purtroppo non viaggiano sempre sullo stesso binario. Sembra che il problema maggiore a cui stiamo andando incontro dal punto di vista energetico è la fine della fonte più comunemente usata: il petrolio. Ma è davvero così? Ed è veramente questo il problema? Analizziamo bene le fonti primarie di energia:

Fonti di nergia commerciali Energia nucleare Fonti di energia non commerciali
PetrolioCarbone

Gas naturale

Energia idraulica

Radioisotopi naturaliUranio

Torio

Isotopi dell’idrogeno

Litio

Legno/biomasseColture energetiche

Energia geotermica

Energia solare

Energia eolica maree ed onde marie

Gradiente termico marino

Gradiente salino del mare

Scisti bituminosi

Sabbie petrolifere

Uso razionale dell’energia

Risparmio dell’energia

Si definiscono fonti energetiche commerciali quelle che godono del più largo utilizzo ed hanno un assetto ben consolidato nel mercato energetico. Ad eccezione dell’energia idraulica, tali fonti sono destinate ad esaurirsi poichè hanno tempi di ripristino naturale ovvero di fossilizzazione molto lunghi (milioni di anni) mentre noi le consumiamo nel giro di pochi anni. Di fatto sono fonti non rinnovabili.

Le fonti energetiche non commerciali sono risorse energetiche che, seppure hanno uno sviluppo tecnologico mondiale in continua crescita, sono ancora praticamente ecluse dal mercato mondiale dell’energia. Queste fonti, ad eccezione delle scisti bituminose e delle sabbie petrolifere, sono tutte nuove e rinnovabili. Nuove perchè vanno tenute in conto, sperimentate e valorizzate in una moderna concezione dell’energia. Rinnovabili perchè hanno tempi di ripristino che ne assicurano una disponibilità praticamente illimitata nel tempo.

L’energia nucleare viene considerata a sé stante perchè, pur essendo largamente consolidato il suo ruolo nel mercato ed avendo importanti possibilità di impiego, presenta problematiche che richiedono una trattazione differenziata.

Ammesso che il petrolio stia veramente terminando, viene spontaneo chiedersi perchè il mercato energetico mondiale non cambi rotta per puntare su altre fonti meno preziose e più sicure per l’approvigionamento. Il petrolio è prezioso: l’uomo gli ha dato una imponente importanza economica ma esso rappresenta di per sè un fenomeno geologico di fossilizzazione così particolare da conferirgli un valore paleologico intrinseco che oggi non viene tenuto giustamente in conto. Perchè esaurirla o bruciarla visto che abbiamo la possibilità di scegliere e di scegliere meglio? La possibilità di un’opzione migliore è indiscussa se poniamo un occhio di riguardo all’ambiente. La combustione di combustibili fossili, infatti, è un fenomeno altamente inquinante poichè libera sostanze tossiche quali ossidi di azoto,  biossidi di zolfo, composti organici volatili e ozono che restano nello strato atmosferico in cui ci troviamo, la troposfera, causando diversi danni ambientali (ad esempio effetto serra e smog fotochimico) e alla salute umana (inalazione e conttatto cutaneo di sostanze potenzialemente cancerogene). Anche la combustione del legno libera anidride carbonica (gas serra) ma in misura minore e soprattutto il gas liberato è lo stesso che la pianta ha preso dall’atmosfera per accrescersi. Non male per cominciare a puntare su un bilancio tra emissioni ed assorbimento di gas serra. Ci sono fonti poi, come ad esempio l’eolico, che non hanno nessun impatto sulla salute dell’uomo e dell’ambiente ma ad alcuni arreca impatto negativo dal punto di vista paesaggistico. Ancora meglio, il solare fotovoltaico, non inquina, non disturba la vista di nessun paesaggio naturalistico, può essere adottato a livello domestico per mezzo di impianti su misura rispetto al consumo previsto, richiede un investimento iniziale che una volta rientrato per mezo degli incentivi fornisce energia pulita e graituita.

A questo punto riponiamo il quesito: il problema è davvero la fine del petrolio? L’importanza maggiore è davvero l’economia? Probabilmente per molti individui no ma forse chi ha il potere di influenzare anche solo una fetta del mercato vuole che sia così! 

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Riutilizzazione urbana

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  • 18 Giugno 2007

Se hai meno di 66 mila euro l’anno, non puoi fare un mutuo agevolato, né, spesso, riesci a pagare un affitto. Se non fai parte delle categorie previste, non puoi entrare in graduatoria per la casa popolare. Se ne fai parte, forse, dovrai accettare un appartamento fuori città. L’alternativa, oggi, si chiama autorecupero. Almeno a Roma, dove l’applicazione di una legge regionale del’98 ha permesso di trasformare tredici palazzi di proprietà pubblica, tutti occupati da chi non aveva alternative, in altrettanti cantieri di ristrutturazione. A spese del Comune per gli esterni, e per gli interni della cooperativa formata dagli abusivi, diventati legittimi inquilini per cifre fra i 150 e 300 euro al mese. Mentre la casa resta di proprietà dell’ente pubblico e dopo una generazione può essere assegnata ad altri. Il futuro è nel quattordicesimo indirizzo, quartiere Tufello: edificio vuoto e da non occupare, ma da chiedere come cooperativa di autorecupero.L’intero esperimento romano, una volta portato a termine, darà un tetto a 250 mila famiglie. Poche, ma il metodo è così interessante da aver fatto incuriosire studiosi della materia anche in Europa. Infatti questo esperimento mostra come risolvere  problemi comuni alle metropoli occidentali: disagi sociopolitici (dialogando con le tensioni cittadine, urbanistici e sfruttando edifici vuoti che nella capitale, gli addetti ai lavori, ne stimano almeno 50mila) ed ecologici sia ristrutturando con criteri di bioarchitettura sia diminuendo man mano la costruzione di nuove case popolari. Nel frattempo, il ministero della Solidarietà sociale sta pensando a una legge nazionale.

Ci sarà una legge per tutta l’Italia?

In Italia servono case a prezzi accessibili per chi ha redditi medio-bassi e serve agire contro la disgregazione sociale in cui viviamo favorendo anche i progetti multietnici. Autorecupero e autocostruzione sono delle buone risposte a questi problemi. Nelle città grandi può essere più utile il primo strumento, dato che il numero degli alloggi inutilizzati è costantemente superiore a quello delle famiglie in graduatoria per le case popolari. In più, l’autorecupero evita di consumare altro territorio e fa rivivere case vuote, degradate. Nei centri piccoli e medi, dove non c’è questo fenomeno, è più utile puntare sull’auto costruzione. Come è più utile far progettare ai rom le case in cui dovranno vivere, piuttosto che sistemarli in maniera forzosa, e da loro non condivisa, in case alveare.

In giugno 2007, al ministero ha preso il via un tavolo di lavoro informale che sta valutando le varie esperienze fatte, alcune basate su una legge regionale, come quella sull’autorecupero del Lazio o quella sull’autocosruzione dell’Umbria, altre, come in Emilia, realizzate senza copertura legislativa.

Si tratterà di vedere, entro l’estate, se per ottenere uno strumento sicuro e rapido da usare sarà meglio varare una legge nazionale o sostenere un’apposita serie di leggi regionali. Bisognerà anche intervenire sui rischi d’infortunio e le eventuali modifiche delle normative sulla sicurezza per tutelare il futuro inquilino e permettergli al tempo stesso di lavorare alla ristrutturazione o alla costruzione.

Tutto ciò deve essere sostenuto con adeguate risorse. Lo stanziamento per l’inclusione sociale e abitativa degli immigrati prevede già 150 milioni in tre anni. Inoltre, si sta predisponendo un provvedimento che dovrebbe essere finanziato con circa 500-600 milioni dell’extragettito e che riguarda la ristrutturazione degli alloggi pubblici sfitti e inagibili. Altri 350 milioni dovrebbero finanziare ulteriori contratti di quartiere.

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Accademia “Ivan Francescato” di Tirrenia

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  • 10 Giugno 2007

Studio alla mattina, campo o palestra al pomeriggio. Viaggio nel “college” del Coni dove nascono i Bergamasco del futuro che, tanto per iniziare, hanno già vinto un mondiale…

Attualmente sono 24 i ragazzi, nati tra l’87 e l’89, gli studenti -rugbisti del centro Coni. Il “Centro di sviluppo per l’alto livello” è stato intitolato a Ivan Francescato, il tre quarti centro azzurro morto per arresto cardiaco a 31 anni. Successo il 19 Gennaio 1999. Poco più di un anno dopo, l’Italia avrebbe debuttato nel Sei Nazioni, gotha ovale nel quale era entrata grazie al XV allenato da George Coste e di cui Ivan, il minore di quattro fratelli (gli altri erano Bruno, Nello e Rino), tutti finiti in Nazionale, era il volto sfrontato, il talento puro. Dietro quella sua immagine da selvaggio con il ciuffo c’era l’umanità e l’educazione di un rugbista nato mediano di mischia nel Tarvisium. Di una mischia che, retrocedendo perennemente, lo costringeva a inventarsi ogni volta giocate astute e imprevidibili finte. Quelle che poi avrebbe esibito una volta diventato centro.

Storia a parte, tra le 12 stanze doppie, la palestra, la sala pesi e i due campi da gioco (il terzo, in sintetico misto, pronto a breve termine), il gruppo  si è cementato con le cene in pizzeria del mercoledì sera e con il sistema di autodisciplina gestito dal comitato dei saggi” composto da 5 ragazzi. In questo gruppo manca un vero leader ma a questa età non è facile trovarlo. L’autodisciplina, poi, è l’unco metodo che funziona perchè se un “grande” alza sempre la voce il ragazzo, più di tanto, non matura. Ecco allora il decalogo che regolamenta orari da rispettare, abbigliamento da indossare e comportamenti da tenere. Chi sgarra, paga una simbolica multa. Per chi si presenta sovrappeso, invece, sopratutto all’inizio della stagione, si organizzano corse sulla spiaggia all’alba di una giornata che dopo avrebbe previsto altre due sedute tra campo e palestra.

I risultati non mancano: Tra i primi Frutti del centro Coni pisano c’è la promozione nel gruppo A dei Mondiali Under 19, in cui, solo nella decisiva finale contro il Canada, 12 titolari e quattro panchinari erano made in Tirrenia. Eppure l’organizzazione del centro Coni è diversa da quelle inglesi e francesi. Oltre Manica, ogni club ha una propria Academy e i ragazzi vengono seguiti un paio di volte alla settimana dai tecnici federali. I transalpini, invece, dalla decina di strutture regionali esistenti scelgono i 26-28 della futura Under 19 che si allenerà nel centro federale di Marcoussisi, lo stesso della Nazionale Maggiore.

Anche il bilancio scolastico, in attesa degli esami estivi, soddisfa i responsabili. Studenti iscritti alle superiori e qualcuno all’università, qualcuno si fa mandare tramite posta elettronica gli esercizi da svolgere così da poter sostenere la maturità. Le mail, d’altronde, così come Skype ed internet in generale, sono presenze fisse nelle camere ipertecnologiche attrezzare per i ragazzi.

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Solstizio d’Inverno

Natale è il periodo delle celebrazioni e dei festeggiamenti per la ricorrenza della nascita di Gesù. E’ un momento molto profondo, almeno così è nato e così dovrebbe essere. Invece, ogni anno, la massa che compone la nostra società, ormai del tutto globalizzata, con finte scuse religiose, si immerge repentinamente e totalmente nella mania del consumismo sfrenato, senza comprendere che in quei giorni specifici del ciclo annuale accade un evento del tutto particolare e ricco di significato, un evento cosmico che ha assunto un alto valore simbolico in tutte le popolazioni storicamente elevate e nobili, a partire dalle primissime ere primordiali.

Il Solstizio d’Inverno è un giorno che appartiene alla spiritualità di tutte le religioni del mondo, seppure in forme diverse, che non segue assolutamente nessun integralismo e settarismo di alcun tipo. L’evento è stato celebrato da molteplici nostri antenati, come ad esempio dimostrano le costruzioni megalitiche di Stonehenge, in Gran Bretagna, di Newgrange, Knowth e Dowth, in Irlanda o attorno alle incisioni rupestri di Bohuslan, in Iran, e della Val Camonica, in Italia, già in epoca preistorica e protostorica. Lo stesso fenomeno fu invariabilmente atteso e magnificato dall’insieme delle popolazioni indoeuropee: i Gallo-Celti lo denominarono “Alban Arthuan” (“rinascita del dio Sole”); i Germani, “Yulè” (la “ruota dell’anno”); gli Scandinavi “Jul” (“ruota solare”); i Finnici “July” (“tempesta di neve”); i Lapponi “Juvla”; i Russi “Karatciun” (il “giorno più corto”).

Di fatto, cosa avranno mai celebrato queste popolazioni il giorno del Solstizio d’inverno? Agli appassionati di mitologia sicuramente non è sfuggito il fatto che quasi tutti questi popoli hanno fatto coincidere col solstizio d’Inverno, come d’altronde oggi fanno i Cristiani, la nascita delle loro divinità: in Egitto si festeggiava la nascita del dio Horo e del padre, Osiride; nel Messico pre-colombiano nasceva il dio Quetzalcoath e l’azteco Huitzilopochtli; Bacab nello Yucatan; Buddha, in Oriente; Krishna, in India; Scing-Shin in Cina.

Nel giorno del Natale (inteso quindi come giorno di nascita) il Sole, nel suo moto annuo lungo l’eclittica – il cerchio che rappresenta il moto apparente del sole intorno alla terra durante l’anno -viene a trovarsi alla sua minima declinazione nel punto più meridionale dell’orizzonte Est della Terra. Precisamente si trova allo Zenit del tropico del Capricorno e manifesta la sua durata minima di luce, circa 8 ore e 50/55 minuti. Quindi, raggiunto il punto più meridionale della sua orbita e facendo registrare il giorno più corto dell’anno, riprende, da questo momento, il suo cammino ascendente. Non deve stupire che nella romanità, “pagana” ai nostri occhi, in una data compresa tra il 21 e il 25 dicembre, si celebrava solennemente la rinascita del Sole, il Dies Natalis Solis Invicti, il giorno del Natale del Sole Invitto. La ripresa del cammino ascendente del sole assume quindi molteplici significati spirituali, primo tra i quali la rigenerazione cosmica in cui il Sole e la Luce sono associati all’idea d’immortalità dell’uomo e del percorso che esso deve svolgere operando la sua rinascita spirituale. Il Solstizio d’Inverno corrisponde, pertanto, alla presa di coscienza della vera spiritualità, in quanto fine della discesa e ripresa dell’ascesa. Durante questo processo la comprensione esoterica può essere rappresentata un’illuminazione riflessa che rischiara il buio della caverna.

La rigenerazione cosmica, rappresentata simbolicamente dal Dio Sole è sempre concepita come un invito ad un lavoro interno per mezzo dell’aiuto di un maestro, di cui il Cristo Redentore è l’ultimo e più splendente esempio: una citazione splendida dice “Il Sole ritorna sempre, e con lui la vita. Soffia sulla brace ed il fuoco rinascerà“.

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Il segreto degli Stradivari

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  • 18 Maggio 2007

Uno scienziato ha spiegato la bellezza del suono dei leggendari violini “stradivari”, gli strumenti costruiti dal cremonese Antonio Stradivari che, da trecento anni, sprigionano note di ineguagliabile bellezza nelle mani dei più celebri concertisti. Il suono meraviglioso di questi violini si deve al fatto che il loro costruttore impiegava sali di rame, ferro e cromo, per favorirne la conservazione e per difenderli dalle aggressioni di funghi e batteri. Questo è il risultato di un fisico statunitense, Joseph Nagyvary, esperto di onde sonore della Texas A&M University di College Station, che ha avuto modo di studiare da vicino no di questi magnifici strumenti per cercare di scoprire il segreto del loro fantastico suono.

Antonio Stradivari nacque a Cremona nel 1644 e vi morì nel 1737: fu liutaio, cioè i costruttore di strumenti musicali a corda, più celebre al mondo. L’unico a potere competere con la bravura e la fama di Stradivari fu un altro liutaio cremonese vissuto tra il 1698 e il 1744, Giuseppe Guarnieri del Gesù. Nel corso della sua lunga vita, Stradivari costruì  ben millecento strumenti musicali, tra violini, viole, violoncelli, arpe, chitarre e “antenati” delle chitarre ora in disuso come liuti e tiorbe. Di essi, ora, ci rimangono seicentocinquanta esemplari, tra cui cinquanta preziosissimi violini perfettamente funzionanti, il cui valore ha raggiunto quozienti da capogiro: uno di essi, il violino chiamato “Kreutzer Stra”, è stato venduto all’asta nel 1998 per quasi novecentocinquantamila sterline, equivalenti a un milione e trecentomila euro o a due miliardi e mezzo di lire.

Joseph Nagyvary ha svelato il segreto del loro suono purissimo, caldo ed emozionante, così ricercato dai violinisti di ogni epoca. Secondo lo scienziato, Stradivari, oltre che sulla sua indiscutibile capacità tecnica, ha potuto contare su una serie di circostanze estremamente positive. Lo studioso ha infatti sottoposto uno “stradivari” a una risonanza magnetica e a una spettroscopia a raggi infrarossi atti a scoprire se, nella cassa armonica del prezioso violino, vi fossero sostanze diverse dal legno. Ed ecco la scoperta del fisico statunitense, che è stata recentemente pubblicata sull’importante rivista Science, celebre periodico di informazione scientifica.  In primo luogo Stradivari visse nella seconda metà del seicento e nei decenni successivi in cui vi fu un mutamento del clima: gli inverni erano più rigidi, le estati brevi, le primavere e gli autunni molto freschi. Ciò determino un cambiamento nelle caratteristiche del legno degli alberi di acero e di abete che Stradivari usava per forgiare i suoi strumenti; fibre più sane, con anelli proporzionati tra loro. Ma la diversa composizione del legno è soltanto una delle cause che contribuiscono alla bellezza del suono dei suoi strumenti. L’umidità dell’aria, il freddo, lo hanno indotto a studiare nuove sostanze per conservare il legno. Ebbene si tratta proprio dei sali di ferro , cromo e rame rinvenuti dalla ricerca di Nagyvary. Tutti questi sali hanno un’azione fungicida e servivano a proteggere il lego di acero dalle aggressioni di funghi e batteri che avrebbero potuto rovinare il legno.

Effettivamente, queste sostanze sono particolarmente presenti nei violini “Stadivari” e “Guarnieri”, mentre altri violini dell’epoca non possiedono queste caratteristiche.

Ma siamo sicuri che il magico suono di questi strumenti dipenda solo dai sali usati per la conservazione? La teoria di Nagyvary è stata fortemente contrastata pur essendo molto interessante e non priva di fondamento, ma non tolgono nulla alla genialità del nostro grande artigiano, anzi, del nostro grande artista Antonio Stradivari, che ha saputo raggiungere l’immortalità con gli splendidi strumenti usciti dalle sue mani e di cui, forse, la scienza non basta  a spiegarne il segreto.

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Sushi che passione!

Cena di Natale a base di involtini di primavera, riso alla cantonese e pollo alle mandorle: una tipica famiglia italiana con tanto di nonnina ottuagenari sceglie il menù cinese per la festa più tradizionale del bel paese! Non è fantascienza ma una delle pubblicità con cui una nota marca di torroncini, lo scorso Natale, ha rivendicato la propria intramontabile presenza nelle case degli italiani (pur scegliendo di mangiare cinese, la famigliola non rinunciava infatti ai classici dolcetti Condorelli).

Scelta azzardata? Paradosso? Visione futuristica portata alle sue estreme conseguenze? Sicuramente i cultori della made in Italy e della cucina nostrana avranno storto il naso ma è innegabile che questa pubblicità ha colto una tendenza crescente nel nostro Paese, vale a dire quella della passione per le cucine esotiche.

Più di duemila ristoranti etnici tra cinesi, giapponesi, indiani, egiziani, eritrei, messicani e tailandesi: se è ero che la coltura dei popoli passa anche attraverso la cucina, noi italiani siamo degli insaziabili curiosi, alla continua scoperta di nuove tradizioni. In pratica non facciamo che viaggiare senza muoverci da casa il take away poi è un vero e proprio giro turistico fra le pareti dei nostri comodi appartamenti!).

Cous cous, sushi, tempura, sashimi: parole che abbiamo sentito pronunciare almeno una volta e che ci rendono un pò cittadini del mondo! Ma non basta! Dobbiamo anche imparare a cucinare esotico per i nostri amici: ecco allora gli arnesi giusti, le bacchette, il wok, i coltelli giapponesi dalle lame molto taglienti!

Una vera passione quella per le cucine esotiche. Le più gettonate però sono orientali: quella cinese è ormai ovunque (a Milano i primi ristoranti cinesi nacquero alla fine degli anni ’70) mentre la giapponese è entrata nel nostro mercato con un profilo più sofisticato. I ristoranti giapponesi all’estero, infatti, sono nati subito come ristoranti di lusso: in gran parte si tratta di locali di qualità, con ottimo servizio e abbastanza costosi. Del resto, la loro è una cucina la cui caratteristica primaria è quella di non alterare la freschezza, il sapore, il colore, la consistenza e la stagionalità di ogni cibo; i giapponesi la definiscono con l termine “sappari” che vuol dire pulita, ordinata e leggera. Mangiare giapponese significa sopratutto mangiare pesce crudo ma non bisogna spaventarsi: il pesce crudo infatti ha un sapore che anche chi detesta il pesce riuscirà ad apprezzare.

L’importante è non lasciarsi coinvolgere da chi sceglie il pesce palla (in giapponese “fugu“) come versione cullinaria della roulette russa: è un pesce velenoso che può portare alla morte per arresto respiratorio.

Fa molto giapponese, invece, evitare di conficcare verticalmente le bacchette nella ciotola del riso, non bucare il cibo con le bacchette e mangiare il sushi non appena servito come segno di rispetto per lo chef e la sua arte.

Insomma, non dovrebbe essere poi così difficile imparare il bon ton della cucina nipponica: se riusciamo ad arrotolare gli spaghetti nostrani niente ci dovrebbe spaventare in quanto ad arnesi da cucina!

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Storia di Nikola Tesla

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  • 29 Aprile 2007

Al di là dell’unità di misura dell’intensità del campo magnetico e di chi si è incontrato con i libri di fisica, Tesla è davvero un nome sconosciuto alla massa. Eppure per l’idee e le scoperte che ha fatto non è secondo a nessuno. Il fisico, oltre ad aver sviluppato teorie, progettato e costruito macchine che ancora oggi noi utilizziamo e che ci sembrano scontate, ha davvero anticipato i tempi in cui viveva.
Nikola Tesla nacque l’11 luglio 1856 a Smiljan in Croazia, dal reverendo Milutin Tesla e Djouka proprio allo scoccare della mezzanotte mentre imperversava un violento temporale. Sarebbe stato “il figlio della tempesta”.

Infatti già all’età di tre anni si eccitava per le scintille che l’elettricità statica provocava nel pelo del suo gattino, e da allora il suo interesse per quel fenomeno non mutò fino alla sua morte, avvenuta nel 1943.
Da giovane si stabilì in America e iniziò a lavorare sotto il grande inventore Edison, dove acquisì esperienza e conobbe le persone che influenzeranno tutta la sua esistenza. Edison basava tutte le sue scoperte elettriche sulla corrente continua, mentre Tesla, mostrò subito un intuito della corrente alternata all’epoca ancora sconosciuta. Cercò finanziamenti adeguati alle sue teorie poiché egli sapeva che, se avesse avuto ragione, la corrente alternata avrebbe offerto vantaggi economici notevoli rispetto a quella continua. Successivamente si dedico alla “bobina Tesla” e sviluppò un sistema di condensatore e bobina di sintonia, che è alla base di tutte le radio e televisioni moderne. Tesla brevettò la bobina Tesla e il dispositivo di sintonia radio sei anni prima che Marconi brevettasse la prima radio. Ciò che rese famoso Marconi fu la sua capacità di contrattare col governo e i militari per portate avanti le sue idee. Comunque, sei mesi dopo la sua morte, La Corte Suprema degli Stati Uniti confermò la paternità dell’invenzione della radio a Tesla.

Tesla riuscì a lavorare anche con campi elettrici enormi, fulmini creati in laboratorio di diverse decine di migliaia di volt che lo portarono alla costruzione di un tubo catodico e del microscopio elettronico prima ancora della scoperta degli elettroni e sperimentò persino un tubo luminoso che emetteva raggi X con il quale riuscì a fotografare le ossa della sua mano, proprio come la moderna radiografia.

Come la storia insegna, Tesla si dimostrò un uomo molto versatile le cui invenzioni le ritroviamo continuamente nella nostra civiltà moderna. E’ un peccato ma vi è un motivo per cui un genio come lui sia largamente sconosciuto a differenza dei suoi contemporanei come Edison, Marconi e Westinghouse che invece sono entrati nella storia.

Il motivo del silenzio che avvolge la storia di Tesla risale alla seconda guerra mondiale quando nel 1940 il fisico accennò ad un ordigno al plasma associato ad un prototipo di laser che produceva particelle ad alta energia nella ionosfera. Questa nuova forza sarebbe stata in grado di liquefare il motore di un aereo a 250 miglia di distanza. Nel 1943, in piena guerra mondiale Tesla accennò al governo questo macchinario ma questo ultimo, lì per lì non volle credergli. Morì nello stesso hanno per un attacco cardiaco. Curiosamente però, dopo pochissimi giorni l’FBI aprì un indagine su Tesla e confiscò tutti i suoi appunti e materiali di ricerca poiché potevano contenere informazioni molto preziose per gli Stati Uniti; Il lavoro di una vita fu dichiarato top secret e qualsiasi discussione in merito fu vietata.

Il 18 ottobre 1993, il Dipartimento americano della difesa annunciò di aver cominciato a costruire un centro di ricerche missilistiche sperimentale sulla ionosfera a Gakona in Alaska, il centro noto come HAARP (High Frequency Active Auroral Research Program). L’HAARP esamina esattamente gli stessi fenomeni studiati da Tesla cento anni prima. 

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Nuove norme per la tutela dei cani

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  • 18 Aprile 2007

Saranno più rigide le regole per chi possiede un animale domestico. Ad averlo deciso è il ministro Livia Turco. Un ordinanza studiata appositamente per tutelare quanto possibile i nostri fedeli amici cani, ma anche il cittadino.

Il provvedimento Livia Turco è denominato ” tutela dell’incolumità pubblica dall’aggressione di cani” ed è stato pubblicato proprio adesso, Gennaio 2007, sulla Gazzetta Ufficiale. Tra le novità introdotte troviamo il divieto di tagliare la coda, le orecchie e le corde vocali e il divieto dell’uso di collari elettrici, reputati “fonte di paura e sofferenza” per gli animali. Ma non è tutto. Il ministro ha infatti anche stabilito che, per alcune razze generalmente considerate molto pericolose e violente, si debba imporre in ogni luogo pubblico l’uso del guinzaglio e della museruola; l’ordinanza inoltre esorta anche i proprietari a vegliare con attenzione i loro cani e obbligandoli a munirsi di una polizza assicurativa. Si autorizzano i veterinari a decidere eventuali soppressioni qualora, a loro parere, un cane si rivelasse “troppo aggressivo”. Questo ultimo provvedimento ha scatenato non poche polemiche dalla Lav, Lega antivivisezione. La Lav ha fatto appello alla legge 281 del 1991 in materia di animali domestici la quale stabilisce, tra l’altro, che “i cani possono essere soppressi solo se gravemente malati, incurabili o soltanto se la loro pericolosità è comprovata, indipendentemente dalla razza”.

Ci sono anche aspetti positivi dell’ordinanza che migliorano la situazione dei cani, come ad esempio il divieto di tagliare la coda e le orecchie che per un cane sono veri e propri strumenti di comunicazione, e delle corde vocali, già vietate dalla legge contro i maltrattamenti. E sopratutto è finalmente risolata la controversa questione dell’uso dei collari elettrici, ore definitivamente al bando poiché considerati strumenti di tortura piuttosto che un modo di contenere un carattere esuberante (come promesso da alcune pubblicità ingannevoli) vista la reazione aggressiva da parte degli animali. I cani non hanno bisogno di essere educati con i collari elettrici. E’ il padrone che deve far comprendere, con atteggiamenti sensati e coerenti, al suo “amico” quale sia il giusto comportamento.

Il giudizio però non può essere positivo quando nella nuova ordinanza si accenna alle razze ritenute pericolose. L’ordinanza definisce “aggressivo” un cane che abbia almeno una volta tentato di fare male a una persona o ad altri animali senza un reale motivo ovvero senza essere mai stato in alcun modo provocato. E’ una distinzione importantissima perchè l’aggressività immotivata per gli animali è un evento molto rara. Quello che non si può accettare di buon grado di questa ordinanza è che a decidere per la soppressione, ovvero se un cane è pericoloso, sia il veterinario. L’ordinanza lascia in questo modo intendere che chi non è in grado o non vuole più mantenere il proprio cane o se lo considera particolarmente aggressivo e pericoloso per sé e per gli altri trovando un veterinario accondiscendente può farlo abbattere. Rendiamoci conto che è quasi impossibile trovare cani pericolosi e molto comune trovare cani gestiti male. E’ necessario che coloro che decidono, nell’arco della loro vita, di adottare un cane, capissero di avere delle responsabilità come se si trattasse di un figlio.

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Un caso letterario, Il Codice Da Vinci

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  • 11 Aprile 2007

Santo Graal, Cavalieri templari, L’Ultima Cena e La Gioconda: prima che arrivasse il Codice da Vinci questi e molti altri concetti evocavano pressappoco le stesse immagini mentali a milioni di persone, lasciando sì un fisiologico margine di rappresentazione autonoma ma collocandosi sempre all’interno di una stessa dimensione storico-culturale. Ebbene, il ciclone di Dan Brown (questo è il nome dell’autore dell’ormai noto Il codice da Vinci che ha venduto 3 milioni e mezzo di copie negli Stati Uniti ed è diventato un vero e proprio best seller internazionale) ha rivoluzionato queste nozioni, le ha caricate di un senso ambivalente, entrando inevitabilmente in rotta di collisione con molte posizioni storiche e religiose tradizionali. Come avrebbe potuto essere altrimenti?

Il Santo Graal non sarebbe la coppa in cui Cristo ha bevuto durante l’ultima cena ma piuttosto colei che porta con sé la discendenza di Gesù, vale a dire Maria Maddalena, la quale ha partorito il figlio di Cristo dando luogo a una stirpe che arriva fino ai giorni nostri. Siete scoinvolti? Questa è soltanto una delle tesi più ardite su cui è costruito il Codice Da Vinci, ma è sufficiente per capire la dimensione straniante in cui Brown fa precipitare il lettore e sopratutto gli strali che si tira dietro. Ora, il capovolgimento dei pilastri della nostra cultura religiosa e non solo, il trionfo dell’eccentrico inteso come devianza dalla “normalità”, ma sempre collegato a luoghi ed elementi usuali che ne avvalorano la portata di verità, l’assunzione dell’ignoto come regola che schiaccia il noto sono sicuramente i motivi fondamentali dell’enorme successo del romanzo. Il lettore ama scoprire nessi che non avrebbe mai immaginato, si compiace di vedere confermate alcune sue intuizioni cariche di dietrologia sulla storia della chiesa e dei Vangeli. Ma c’è di più: il Codice Da Vinci è la consacrazione dell’elemento femminile, reso protagonista e arteficce del destino, delle grandi menti della cultura occidentale al servizio di un segreto che è anzitutto adorazione di Maria Maddalena in quanto donna.

C’è da dire che tutto questo non può che lusingare migliaia di esponenti del sesso debole alla continua ricerca di una rivalsa su secoli si storia al maschile.

I detrattori di Brown non potranno negare le sue grandi doti di acuto osservatore del mercato: l’autore de Il Codice Da Vinci sa cosa vuole il pubblico e confeziona un prodotto che garantisce alta fedeltà! Addirittura nelle città in cui è ambientato il romanzo (Parigi e in misura minore Londra) sono stati organizzati dei tour che portano il visitatore nei luoghi della narrazione e Hollywood si è già fatta avanti comprando la sceneggiatura da cui ben presto verrà tratto il film: insomma, una vera e propria macchina da soldi!

Per tornare al Codice, vale la pena leggerlo in tutto relax, gustando i colpi di scena e le ardite simbologie.

Pausa.

Una rilettura è d’obbligo: questa volta a caccia di svarioni, con una consapevolezza scientifica da fare invidia al nostro caro Leonardo!

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