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Rippa (Fenalca): “Il Governo a chi vuole far pagare il pedaggio? A rischio le liberta’ costituzionali per favorire la CGIL

Riforma patronato: a rischio 16 sigle su 27 e perdita di quattromila posti di lavoro

Genera forti discussioni in queste ore la normativa dei tagli ai patronati, in rilettura alla Camera, in discussione con la legge di stabilita’.

A rischio oltre 4.000 posti di lavoro nel campo dei servizi al cittadino e alle imprese assicurati dal mondo dei caf, patronati e sindacati che svolgono un ruolo di assistenza storicizzato e organizzato in modo capillare sull’intero territorio nazionale. In allarme ben 16 sigle di patronati riconosciuti dal Ministero del Lavoro su un totale di 27. E da un recente studio dell’Istituto Diritti e Solidarieta’ appare evidente che con le nuove norme e criteri, non mutando il quadro della domanda di servizi, l’offerta che si vedrebbe avvantaggiata e’ riconducibile alla triplice sindacale CGIL CISL e UIL e alle ACLI.

 

A usare toni forti per scuotere le forze politiche in seno alla V Commissione e alla stessa Assemblea parlamentare, Francesco Rippa, il Presidente del patronato nazionale Fenalca che rientra nel raggruppamento Copas (ACAI, CLAAI, ENAC, LABOR, SENAS, SBR): “4000 professionisti dipendenti di ben 16 patronati su 27 rischiano di perdere il posto di lavoro per una riforma strabica del Governo che da un lato taglia i fondi per i patronati dall’altro richiede nuovi adempimenti. Se leggiamo alcuni di questi nuovi vincoli rischiamo davvero di non capire quale sia la ratio legis…. Non piu’ la ventilata qualificazione e un complessivo miglioramento dei servizi, ma un semplice regalo a chi ha strutture grandi come la CGIL, che opera soprattutto nei grandi centri ed e’ pure gia’ presente all’estero. Che senso ha l’operativita’ all’estero e soprattutto nei grandi centri? Penso al vincolo di essere presente in Province con il 60% della popolazione, quando noi abbiamo un ruolo storico nelle periferie e nelle aree depresse. Il Patronato deve vivere a Milano e ad Enna con la stessa autonomia derivante dal pluralismo che e’ un’inviolabile prerogativa sindacale”.

 

In effetti, nello stesso documento redatto dal Copas si paventa la violazione del diritto costituzionale della liberta di associarsi, in quanto l’essenza di rispondere alle esigenze di territorialita’, di pluralismo, di rispetto del fine dei soldi destinati al patronato sancito pure dalla Corte costituzionale viene da questa riforma gravemente intaccato. Senza comprendere la ratio, ad esempio di richiedere 8 sedi all’estero; vincolo operativo dal quale sono escluse le sole confederazioni agricole.

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Il Governo Letta copia (male) Fare

Il decreto Fare si appropria del nome del nostro partito e ne copia malamente e in modo riduttivo alcuni punti del programma.

 

Roma, 12 giugno 2013.  Il Presidente del Consiglio Enrico Letta, per bocca di Dario Franceschini, ha annunciato il decreto “fare” con interventi in favore del rilancio del sistema economico italiano; l’intenzione è lodevole, peccato che al governo abbia fatto difetto un minimo di fantasia visto che ha avuto il cattivo gusto di appropriarsi del termine “Fare”, che identifica un partito che del governo non fa parte.

D’altra parte, un verbo non ha copyright e l’uso “indebito” è solo sintomo di mancanza di creatività e di stile, doti di cui questo governo scarseggia. Passi per lo stile, che è soggettivo, ma maggiore creatività sarebbe decisamente necessaria, viste le condizioni del paese.

Il problema più grosso dell’idea alla base di questo decreto comunque non sta tanto nel nome, quanto piuttosto nei contenuti: infatti Letta e il Governo dopo essere stati costretti a prendere atto della vacuità dei programmi economici dei partiti che li sostengono (principalmente PD e PDL, che invece di concentrarsi sull’economia hanno preferito studiare slogan elettorali) hanno scopiazzato qua e là interventi scoordinati per fronteggiare l’emergenza. Saccheggiando anche (ma non solo) il programma di Fare.

Il problema è che il decreto annunciato dal Governo ha un’impostazione profondamente riduttiva; contiene piccoli interventi-tampone ma nessuna azione (e ci dimostri il contrario chi pensa di averne la capacità) capace di impattare strutturalmente e risolvere problemi di medio o lungo periodo.

Gli otto punti del decreto annunciato dal Governo Letta sono piccoli rattoppi, copiati senza metodo e messi malamente assieme; al contrario, i 10 punti del programma di Fare sono una ricetta strutturale per cambiare il corso delle cose. Dirò di più: mentre gli interventi del Governo sono scollegati e incoerenti, i 10 punti del programma di Fare sono concatenati a formare un piano strategico. Infine, i punti del Governo tentano di risolvere (forse) qualche aspetto ma lo fanno solo in un’ottica momentanea, mentre il programma di Fare affronta i temi economici e sociali con interventi strutturali.” E’ la condanna senza appello di Boldrin al “metodo Letta”.

Nel decreto infatti non si parla dei mali veri, come tassazione, spesa pubblica e strangolamento burocratico del paese, né si danno misure concrete per rimuoverli; non si parla di dismissioni pubbliche, di riduzione dei costi dell’apparato dello stato, di sistema creditizio, e men che meno di riduzione della pressione fiscale, anzi si aumenta la tassa sui rifiuti e si dà una stretta alle esenzioni sulla sanità, che è una ulteriore tassa implicita

Insomma, nella pratica Letta continua nel solco tracciato da Monti: a parole dice di voler rilanciare l’economia e il lavoro  mentre nella pratica sa soltanto aumentare le tasse.

Fare, al contrario, da agosto del 2012 ha il vero “decreto del FARE”, su cui in pochi mesi abbiamo addirittura costruito un partito. Al Presidente del Consiglio rivolgiamo dunque un invito: caro Letta, invece di copiare sotto banco, venga a parlare con noi: le spiegheremo che “A CAMBIARE L’ITALIA SI FA COSI’”

 

Fare per Fermare il Declino è il partito politico scaturito dal movimento nato lo scorso agosto. Il manifesto di appello agli italiani da cui il momento di origine del movimento, pubblicato su sei quotidiani e intitolato “Cambiare la politica, fermare il declino, tornare a crescere”, è basato su 10 punti programmatici, semplici e realizzabili, e ha ottenuto una immediata e forte risposta da parte degli italiani, che ha permesso di partecipare alle elezioni politiche già dopo pochi mesi dalla costituzione. Oggi il movimento conta oltre 70mila adesioni. www.fermareildeclino.it – www.fare2013.it.

 

Ufficio stampa

RGR Comunicazione – www.rgrcomunicazionemarketing.it
Leonardo Ristori – [email protected] – Tel. +39.0587.294350

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Ventuno principi che guidano una persona verso una migliore qualità di vita

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  • 9 Maggio 2013

I volontari romani distribuiscono gratuitamente copie dell’ opuscolo “La via della Felicità”

Roma 9 maggio 2013 – Decine di migliaia di copie distribuite, decine le zone del
Lazio coinvolte, 12.000 solo negli ultimi due mesi. Questo il bilancio dei volontari della sezione romana de “La via della Felicità Internazionale” che, anche questa settimana si adopereranno per portare alla comunità i 21 precetti laici scritti dal filosofo ed umanitario L. Ron Hubbard nel 1981 per arginare il degrado morale della società e fornire una guida che aumentasse il potenziale di sopravvivenza dell’individuo ed i suoi simili.

I Ventuno precetti in esso contenuti stabiliscono le linee guida per una vita all’insegna
della tolleranza e del senso civico. “Cerca di trattare gli altri come gli altri vorresti che
trattassero te”, questo uno dei precetti laici contenuti nel libro La Via della Felicità
, che colma il vuoto morale in una società sempre più materialistica. Ventuno principi che guidano una persona verso una migliore qualità di vita. Interamente basato sul buon senso, può essere seguito come guida morale da persone di qualsiasi razza, colore o credo, animate dal desiderio di migliorare le vite di coloro che li circondano, grazie anche ad un pratica personale dei principi morali in esso contenuti.
Stampato e distribuito dalla Fondazione della Via della Felicità Internazionale
( twth.org) in oltre 70 milioni di copie in 90 lingue e 130 nazioni del mondo,
potrebbe essere il primo codice morale non religioso interamente basato sul buon
senso.

Per informazioni:

thewaytohappiness.org
[email protected]

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Uomo Morde Cane, appendice elettorale: un mini book a 5 stelle

Un instant book sulle recentissime Elezioni. Un’incursione tutta da ridere tra vincitori eccelsi, rimonte clamorose e vincitori a sorpresa. A raccontare il tutto, il più cattivo della blogosfera: Massimiliano Zulli, in arte Uomo Morde Cane.

Dopo l’enorme successo, di critica e di pubblico, di “UomoMordeCane – Il Vaticano smentisce ogni coinvolgimento“, ecco qui svelati tutti i retroscena delle ultime, fantastiche (più “fantasiose” invero) elezioni politiche: quelle che hanno regalato l’Italia a un comico.

No, un altro. Stavolta professionista e che fa ridere volontariamente.

UomoMordeCane, appendice elettorale – Il Parlamento smentisce ogni coinvolgimento” un rapido instant book sulle Elezioni 2013 per forza di cose con il 90% di puttane in meno del precedente, ma confidiamo sempre in un Governissimo insieme a Coso, là.

Massimiliano Zulli, eletto nel 2010 ai Macchianera Blog Awards come “Il cattivo più temibile della blogosfera”, dopo il successo del suo sito di satira e humor caustico www.uomomordecane.it e dopo aver dato alla luce il suo primo ebook, “Uomo Morde Cane – Il Vaticano smentisce ogni coinvolgimento” (di prossima trasposizione cartacea in tutte le librerie fisiche d’Italia) torna nel mondo dei byte con un instant book di venti pagine per addentrarsi nei meandri delle elezioni più chiacchierate della storia d’Italia: quelle del 2013.

Tra sconfitti eminenti, rimonte vincenti e vittorie inaspettate, Massimiliano Zulli in arte Uomo Morde Cane racconta con fare dissacrante la fragile situazione che l’Italia vive in questi giorni.
Senza fare sconti a nessuno, come solo il più cattivo del web sa fare.

Uomo Morde Cane, appendice elettorale: il Parlamento smentisce ogni coinvolgimento.

TITOLO:                 Uomo Morde Cane – Appendice elettorale
AUTORE:               Massimiliano Zulli
COLLANA:             Off Topic
FORMATO:           epub
PAGINE:                 22
PREZZO:                Euro 0,99
EDITORE:             Absolutely Free

“Uomo Morde Cane – Appendice elettorale” fa parte della collana di Absolutely Free Editore Off topic, una collana “larger than life” che raccoglie tutte quelle storie che vanno fuori dagli schemi. Come la vita, del resto.

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Un nuovo sito per cercare soci e partner

www.cercasisocio.com è un nuovo sito, attivo da inizio novembre che si propone per mettere in contatto partner diversi, di diverse nazioni.
Si tratta infatti di un sito di incontro virtuale tra chi vuole condividere idee, cercare soci operativi, finanziatori o entrambi per lanciare o rinnovare la propria impresa.
Oggi le imprese varcano i confini delle nazioni e si espandono, coinvolgendo realtà, culture, persone diverse per le quali è arduo il contatto con potenziali partner.
Che la ricerca sia nel proprio Comune o si allarghi ad altre nazioni, www.cercasisocio.com è il crocevia per l’incontro e lo sviluppo di nuove idee imprenditoriali.
Per incrementare le opportunità di interscambio tra partner internazionali, a breve sarà affiancato da un sito in francese recherchepartenaire.com e uno in inglese b-partnersearch.com.
Il portale offer anche la possibilità di consultare esperti in diversi settori, finanza, estero, marketing da parte degli utenti che vogliono verificare o essere affiancati per la preparazione e il monitoraggio del proprio business plan.
Infine una finestra sarà aperta sulle opportunità in franchising più innovative e interessanti, per chi vuole essere affiancato nella sua attività di imprenditore.

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La sfida continua di Villa Maria

E’ nato nel cuore della Romagna il più grande network privato d’Italia che ora opera anche all’estero. La storia di un sogno realizzato e le aspettative per il futuro.

Intervista apparsa su la Voce di Romagna al Presidente del Gruppo Villa Maria Ettore Sansavini

Non fa tempo a mettere piede dentro un traguardo, che già vede un altro orizzonte più avanti. I suoi collaboratori faticano a stargli dietro: “A volte il mio direttore amministrativo mi sgrida”. Sorride Ettore Sansavini, che con Villa Maria è al timone del primo gruppo sanitario privato per strutture accreditate, con più di trenta cliniche e poliambulatori, tra Italia, Francia, Polonia, Albania e Romania. Una saga imprenditoriale da self made man romagnolo. Perito chimico e diplomato ragioniere alle serali di Forlì, è partito negli anni ‘60 come impiegato in una clinica privata, costruendo negli anni una holding che fattura 500 milioni l’anno e occupa oltre 5mila persone, impegnata anche in società di servizi, nelle cure termali, nell’alimentare e nel biomedicale.

“Faccio l’imprenditore con lo spirito di quando mio nonno, agricoltore, mi portava per i campi a vedere il grano crescere. Ecco: io non amo il rischio del gioco, non mi sono mai seduto al tavolo della roulette. Ma ho il desiderio di costruire. Non si fa impresa per il denaro. Perché i soldi, quando si lavora e si lavora bene, arrivano da soli. E servono per costruire ancora, per far crescere qualcosa”. Un ragazzo di 68 anni, Sansavini, che nel 1973, a 28 anni, fu chiamato a dirigere la clinica Villa Maria di Cotignola ancora in costruzione, investendo poi tutto quanto aveva – i 2 milioni di lire della liquidazione del lavoro precedente – e che da lì ha creato il primo polo sanitario privato italiano. “Avevamo 600milioni di capitale e 600 milioni di debiti. Ho corso un rischio; e ancora ne corro”. La scelta di allora gli ha dato ragione. E adesso, in tempi di crisi e recessione, investe ancora: 25milioni di euro per costruire due piani ulteriori nella clinica di Cotignola sono solo un esempio.

Sansavini, è singolare che la sua avventura nella sanità privata si sia giocata proprio nella Bassa Romagna di allora, che certo mirava ad altri modelli di assistenza…
Villa Maria nacque dal desiderio di un medico, Ilio Barcaroli. Voleva costruire la clinica a Lugo, tra la ferrovia e via Felisio. Non gli diedero i permessi. Allora la fece a Cotignola, ma su un terreno di confine, rivolta a Lugo. Lì ci sono arrivato nel ‘73, come direttore amministrativo. La clinica era ancora in costruzione, l’abbiamo inaugurata il 24 ottobre. Subito ci siamo accreditati con le mutue, poi è arrivato il sistema sanitario nazionale. Il distretto di Lugo fu scelto come uno dei quattro progetti pilota in Italia per sperimentare il nuovo sistema. E noi, unici in Italia, fummo sconvenzionati.

Diciamo che le amministrazioni non vi favorivano…
Per anni hanno cercato di farci chiudere. L’allora presidente del Consorzio socio sanitario voleva fare della clinica la sede dell’ente. Ma abbiamo resistito, lavorando. Avevamo bisogno di pazienti, di clienti. I soci cominciavano a dubitare del progetto Villa Maria. Io presi a comprare le azioni di chi temeva il futuro, per tenere alto il livello e sostenere il progetto. Mi sono indebitato fin sopra i capelli. Poi ci siamo inventati
l’odontoiatria: la gente andava in Olanda con pullman organizzati per farsi curare, noi abbiamo portato i dentisti a Cotignola. Quindi è arrivata la cardiologia e la cardiochirugia. Insomma: abbiamo portato quelle attività che in regione e in Italia erano più carenti. E ci hanno salvato anche i libici.

Prego?
Avevamo bisogno di lavorare, e negli anni ‘70 c’era questo movimento di pazienti che venivano a farsi curare in Italia.
Ottenni, tramite l’ambasciata, una convenzione: dal ‘75 al ‘79 abbiamo avuto un centinaio di pazienti libici a Cotignola. Venivano anche perché avevamo portato a Villa Maria il professor Boccanera, un ortopedico molto conosciuto.

Si puntava all’alta specialità…
Sempre, come abbiamo poi sempre fatto: mai duplicare i servizi sanitari presenti sul territorio, ma offrire prestazioni di eccellenza lì dove ce n’è bisogno. Rispondendo alle esigenze: dal
1979 abbiamo creato il primo polo cardiochirurgico privato italiano.
La gente andava negli Stati Uniti o in Svizzera, noi abbiamo portato i medici qui. E’ arrivata la notorietà, il 12% della cardiochirugia italiana a Cotignola. Da lì è nata la rete degli ospedali del gruppo.

E finalmente il servizio pubblico si accorge di voi…
Fino al 1996 abbiamo lavorato in maniera sostanzialmente autonoma, con contratti di rimborso per i pazienti curati da noi che venivano da altre regioni. Poi è arrivato l’accreditamento con il servizio sanitario, perché avevamo un sistema di alta specialità importante.

Villa Maria ha cliniche dal nord al sud. In regioni amministrate da forze politiche diverse. Come cambiano i rapporti?
Sono diversi approcci, ma il rapporto è sostanzialmente buono con tutti. Ci siamo sempre proposti di fare quello di cui il pubblico aveva bisogno, o di investire in settori che non erano nemmeno stati considerati.

In Puglia ora le condizioni sono più tese.
Lì abbiamo lavorato molto, la Regione non ci ha riconosciuto quanto riteniamo ci spetti, ed è nato un contenzioso, che in parte ha dato ragione a noi, in parte alla Puglia. Abbiamo ancora della difficoltà a riscuotere i nostri crediti, e ora ci stiamo riorganizzando. Vede, ogni struttura ha una sua autonomia finanziaria, il gruppo finanzia l’avvio, ma poi ogni clinica deve avere la sua autonomia economica.

I tagli della spending review non risparmiano la sanità. Cosa cambierà?
Le Regioni dovranno ridurre la loro spesa sanitaria, vedremo in che direzione. Auspichiamo che non si tocchi il privato, perché noi costiamo solo per quello che facciamo: ad ogni prestazione corrisponde una tariffa, se lavoriamo siamo pagati, altrimenti no.
Oltretutto, se sforiamo il budget che ci viene assegnato a inizio anno, per l’extra non vediamo un centesimo. Difatti ogni anno lasciamo diversi milioni sul piatto.

Chi ve lo fa fare?
Se ci sono delle emergenze non possiamo non intervenire. All’estero a volte è diverso. In Polonia quell’extra ce lo riconoscono, e il lavoro in più viene considerato per accrescere il budget l’anno successivo.

Il servizio sanitario nazionale compie 34 anni. E’ un modello da ripensare?
Tutti ci auguriamo che possa continuare, perché è una conquista fondamentale dal punto di vista sociale. Il problema è come viene amministrato. Il pubblico deve garantire che le prestazioni siano al meglio e al minor costo, ma non è detto che sia lui a erogare il servizio. Dovrebbe rimanere indifferente: l’importante è la qualità.

Un altro sistema è possibile?
Non credo: solo con la presenza del pubblico si rischierebbe di non essere competitivi sui costi e di appiattire la qualità. Solo privato si tradurrebbe in solo mercato, riducendo la qualità per un maggior profitto dell’imprenditore.

La direzione indicata dai tagli è l’ingresso delle assicurazioni?
In senso esclusivo non è un’ipotesi percorribile, perché, ad esempio, se un paziente ha malattie croniche o è molto anziano, non trova chi l’assicuri; scomparirebbe un livello di assistenza. Occorre una rivisitazione del sistema assicurativo, verso una copertura totale. Interessante per ridurre la spesa pubblica sono invece i fondi integrativi di chi lavora, come previsto da diversi contratti nazionali. Oggi viene ideologicamente interpretato come un privilegio, invece va proprio a vantaggio di chi è più in difficoltà:
si accorciano le liste di attesa, e chi lavora paga un po’ di più, sì, ma garantisce alti livelli di assistenza per tutti.

Sansavini, la sanità è spesso nel mirino delle inchieste giudiziarie, specie in Lombardia…
Non credo a quelle accuse. Ma va detto che in Italia operano sette/ottocento cliniche private. Non tutti sono uguali; un privato non deve essere compromesso con la politica. La selezione si fa sui requisiti di qualità delle prestazioni, e sono criteri molto severi per chi opera nel privato. Sarebbe auspicabile un terzo organo di controllo anche per il pubblico. E da anni chiediamo che le Ausl si diano un bilancio civilistico, per evitare di scoprire dopo troppo tempo buchi importanti nelle spese.

Anche lei è stato sfiorato da inchieste giudiziarie, indagato…
Anche processi, ma mai una condanna in tanti anni di attività.

Che impegni ha il suo gruppo per il futuro?
Dobbiamo consolidare quel che abbiamo, anche accorpando le strutture più piccole, come faremo in Puglia, Sicilia e Toscana. Il gruppo prosegue poi nel campo industriale del biomedicale. Il 9 agosto (oggi, ndr), riapriremo la nostra azienda per la produzione di dispositivi medici di Medolla, nel modenese. Il capannone era stato danneggiato dal terremoto. Ripartiamo, con maggiori potenzialità, in uno stabilimento poco distante dal primo.
Forte è l’impegno nel campo alimentare e termale. In sanità puntiamo a una crescita in Polonia, e nel giro di tre anni vogliamo aprire una clinica in Tunisia.

C’è crisi e recessione, lei continua a investire…
Proprio adesso lo facciamo di più. Nella ricerca, nell’innovazione. Un esempio: a Villa Maria avevamo già un laboratorio di elettrofisiologia, ma abbiamo fatto una proiezione sulla ricerca, per introdurre nuove metodiche, come quelle portate avanti dal professor Carlo Pappone. Oggi ci rimettiamo soldi, ma stiamo investendo per il futuro, offriamo un patrimonio di attività e conoscenze per tutto il gruppo.

Sansavini, vede un’uscita dalla crisi?
Ho fiducia negli italiani, dal nord al sud, ciascuno con le sue differenze. Il paese si riprenderà.


Fonte: LA VOCE DI ROMAGNA
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Modifica delle province

Le decisioni del governo per il riassetto

di Manuel Pantalone

Varata, dal Consiglio dei Ministri, la circolare con i canoni per la riduzione delle province.
“In base ai criteri approvati – si legge in una nota – i nuovi enti dovranno avere almeno 350.000 abitanti ed estendersi su una superficie territoriale non inferiore ai 2.500 chilometri quadrati”.
In Abruzzo, l’unica a possedere tali requisiti, è la Provincia di Chieti con una popolazione di 397.415 abitanti ed un’estensione di 2.588,35 km².
La Provincia dell’Aquila, pur pienamente in regola in relazione al primo parametro (5.035 km²), non soddisfa il secondo. Ha, infatti, meno abitanti del necessario: 310.014.
Ma è salva poiché capoluogo di Regione.
Assolutamente prive di ciascuna prerogativa le province di Teramo e Pescara, entrambe cancellate.
La prima – con ogni probabilità – entrerà a far parte dell’ente territoriale aquilano, la seconda di quello chietino.
 
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Intervento di Ettore Sansavini membro Comitato Esecutivo AIOP Nazionale e Presidente di GVM Care & Research

L’esigenza di provvedere con urgenza ad una revisione della spesa pubblica ha portato il Governo ad anticipare alcuni provvedimenti che, mentre da un lato andranno ad incidere sui costi delle Istituzioni, dall’altro mireranno alla riduzione della spesa per i servizi pubblici.

Consapevoli della necessità di mettere mano ai costi sostenuti dall’intero apparato, quello che stona nei cosiddetti “tagli” alla spesa sanitaria è la paventata riduzione del 2% del fondo sanitario destinato agli erogatori privati accreditati, i quali rappresentano gli unici costi certi, misurabili e verificabili da parte di chiunque.

E’ bene chiarire all’opinione pubblica che le strutture ospedaliere private accreditate vengono remunerate dalle Asl sulla base di tariffe stabilite dalla stessa P.A., il più delle volte a valori ulteriormente scontati e solo per le prestazioni effettivamente erogate.

Basti considerare che, sul totale delle prestazioni erogate dal servizio sanitario, il 25% è stato fornito da ospedali privati accreditati e che il costo sostenuto dallo stato per tali prestazioni è pari solo al 15% della spesa sanitaria complessiva (dati 2010). In altre parole spendendo il 15% si sono curati il 25% di tutti i malati.

Inoltre, le stesse aziende ospedaliere private hanno i loro bilanci pubblicati (cosa che non vale per l’ospedalità pubblica) e sono chiamate sia a soddisfare i requisiti tipici del concessionario di pubblico servizio sia ad operare secondo le logiche del mercato, ossia salvaguardando la redditività e riducendo le inefficienze.

Per questa ragione, una indiscriminata riduzione del fondo sanitario già contrattualizzato con gli erogatori privati accreditati, non farà altro che ridurre la loro capacità di fornire prestazioni sanitarie a favore di tutti i cittadini, quantificabili in 56.000 ricoveri ospedalieri annui in meno per patologie oncologiche, neurochirurgiche, cardiologiche, ortopediche, per la dialisi, ecc., difficilmente assorbibili dalla capacità del sistema pubblico.

Inoltre la spesa ospedaliera pubblica aumenterebbe immediatamente dello 0,6% di ciò che oggi spende lo Stato.

Una manovra è giusta ed equa se mostra di incidere sulle inefficienze e sui costi ingiustificabili e fuori controllo.

Spesso si crede erroneamente che gli ospedali privati “sottraggano” pazienti al sistema pubblico. Al contrario, gli ospedali privati accreditati rappresentano un elemento di complementarietà rispetto al Sistema Sanitario Nazionale, rispondendo in modo efficace ed efficiente a specifiche esigenze dell’utenza e di fatto permettendo uno snellimento del flusso dei pazienti che accedono ai servizi sanitari.

Gli ospedali privati accreditati sono l’unica voce certa nelle spese della sanità pubblica. Questa riduzione decisa dal Governo produrrebbe l’unico effetto di privare significativamente i cittadini del loro fondamentale diritto alla tutela della salute.

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I Diritti Umani devono essere resi una realtà concreta

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  • 23 Febbraio 2012

Si inizia con la conoscenza dei diritti umani e l’invito a metterli in atto nelle proprie relazioni di vita

ROMA 23 febbraio 2012 Rispondono all’appello delle Nazioni Uniti di far consocere ampiamente il testo della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948 i volontari della sezione romana di Gioventù per i Diritti Umani Internazionale.

Negli ultimi due giorni è stato distribuito materiale informativo sui 30 articoli della Dichiarazione Universale e contestualmente i cittadini sono stati invitata a firmare la petizione popolare che chiede l’inserimento dei Diritti Umani come materia scolastica.

Gioventù Internazionale per i Diritti Umani da diversi anni ormai si prefigge di insegnarli ai giovani e sensibilizzarli a praticare i diritti umani, mettendo l’accento sulla conoscenza dei 30 articoli della Dichiarazione Universale, e soprattutto dell’articolo 29, quello che sancisce la responsabilità per ciascuno di assicurarsi che i diritti umani abbiano concreta applicazione.

Per questo, il progetto Gioventù Internazionale ha reso il testo della Dichiarazione accessibile ai più giovani tramite l’uso di video da 30 o 60 secondi, uno per ciascuno dei 30 diritti, raccolti in un dvd dal titolo “30 Articoli. 30 Annunci”. Il DVD rappresenta anche uno degli strumenti didattici della più ampia “Guida per l’educatore”, un piano di lezioni basato sui più alti standard educativi, che si avvale anche di un opuscolo con il testo integrale della Dichiarazione varata dall’Assemblea Generale dell’ONU.

Ispirati dall’osservazione dell’umanitario L. Ron Hubbard – “I diritti umani devono diventare una realtà, non un sogno idealistico”, i volontari sono continuamente attivi con iniziative sul territorio romano per portare i diritti fondamentali dell’uomo alla propria comunità.

Per informazioni
www.youthforhumanrights.org
[email protected]

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A Gennaio scatta definitivamente l’obbligo di controllo per lo stress lavoro correlato

La direzione di Sapra Sanità conferma che il Governo non ha concesso ulteriori proroghe in materia di adeguamenti sullo stress lavoro-correlato e per questo esorta le aziende e gli enti pubblici, che ad oggi non lo avessero ancora fatto,  a mettersi in regola, affidando ad istituti qualificati la valutazione dei rischi.

Forse qualcuno sperava che il complesso meccanismo burocratico italiano consentisse di far slittare, ancora una volta, la data di scadenza entro la quale adeguare la propria azienda su un argomento delicato e piuttosto controverso quale lo stress lavoro correlato. Ma così non è stato, l’Italia è già in forte ritardo sul programma, rispetto agli altri paesi europei, e la data appare definitiva: tra 4 giorni sarà obbligatorio effettuare anche questa valutazione.

Sapra Sanità esorta già da tempo le aziende a mettersi in regola affidando sia la valutazione dei rischi sia lo studio delle contromisure necessarie per ridurre ed eliminare le fonti di pericolo e stress, ad organismi competenti in materia di Medicina del Lavoro e con specifiche qualifiche in ambito di stress lavoro correlato. Questa problematica, infatti, non dovrà essere confusa con qualunque forma di stress si possa verificare sul lavoro. La circolare ministeriale pubblicata lo scorso 18 novembre stabilisce che si può parlare di stress lavoro-correlato solo per lo stress causato dai contenuti del lavoro o dai fattori del contesto lavorativo.

Per tutte quelle aziende che hanno atteso la pubblicazione delle linee guida da seguire in materia, rese note con la suddetta circolare, è scattata una vera corsa contro il tempo. Sapra invita a mantenere la calma: “è necessario programmare un piano dettagliato di valutazione ed intervento con la data di termine per non incorrere nelle pesanti sanzioni previste di legge, e poi provvedere alla sua attuazione il più celermente possibile”.

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