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Diritti dei disabili: un percorso, non un evento

Gli ultimi decenni di storia italiana sono attraversati, fra tanti altri, da un percorso che si snoda tortuoso fra difficoltà, azioni, passi indietro e prese di coscienza: è un percorso che riguarda centinaia di migliaia di persone, di cittadini, e la loro possibilità di partecipazione reale ad una vita quotidiana, sia personale che effettivamente civile, che è loro pieno diritto. Le persone di cui stiamo parlando sono i disabili di ogni tipo ed età, e il percorso a cui stiamo facendo riferimento è quello che conduce ad una piena e soddisfacente attuazione di tutti i loro diritti in tutti gli ambiti della vita. Di questa lunga storia, di questo percorso che è ancora in corso e certo non può dirsi in alcun modo concluso, riteniamo sia giusto parlare.
Non ci sono infatti dubbi ed esitazioni, all’interno della nostra Carta Costituzionale, riguardo al fatto, esplicitamente chiarito, che la condizione di cittadinanza preveda, per la sua stessa natura, un serie di diritti essenziali, come quello alla salute, alla socialità, all’istruzione e al lavoro. E com’è naturale, prevede che questi diritti siano estesi a tutti i cittadini, quindi anche a coloro che si trovino ad essere colpiti da una qualche disabilità. Possiamo trovare un inizio ideale del percorso teso a rendere possibile e reale questo dettato costituzionale in una presa di coscienza essenziale, avvenuta intorno al chiudersi degli anni sessanta del ventesimo secolo. In quel momento storico così vitale, i disabili italiani e le loro famiglie si resero conto di due fatti essenziali: di vivere un’emarginazione di fatto, e del dovere delle istituzioni di porvi fine.
Un cambiamento come questo, un percorso tanto complesso, è da riconoscere come merito, prima di tutto, delle associazioni dei disabili e di quelle che riuniscono i loro familiari: da loro venne quella spinta continua necessaria a creare mutamento sia sul piano istituzionale che su quello quotidiano. Se è infatti evidente come il primo sia necessario, in quanto è su quel livello che vengono approvate le leggi necessarie alla tutela di una categoria così particolare di persone, è solamente sul secondo livello, quello del quotidiano e delle comunità effettive, che si possono verificare quei cambiamenti di pensiero e comportamente che davvero generano un miglioramento delle reali condizioni di vita dei disabili all’interno della società. E a rendere possibili tali cambiamenti fu, ed è, l’azione continua e paziente di schiere di insegnanti, volontari, rappresentanti sindacali.
Mercoledì 31 marzo del 1971: volendo trovare una data precisa in cui collocare uno dei primi grandi trionfi di questo movimento civile, questa è adattissima. Fu in quel giorno che venne approvata una legge fondamentale, la 118, sull’invalidità: e fu la legge 118 a rendere possibile lo sviluppo di una vasta rete di servizi di riabilitazione e assistenza alle famiglie colpite dal problema della disabilità. Con tale avvenimento nacque il concetto che la riabilitazione medica, per quanto possibile, del disabile, fosse sì importante ma non sufficiente; e che a dare valore allo sforzo e al lavoro congiunto del disabile e dell’operatore per recuperare quanto più possibile movimento, comprensione e abilità fosse una preliminare, e doverosa, reintegrazione del disabile come elemento positivo del tessuto sociale.

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