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Come distinguere una prima stampa cd da un cd rimasterizzato?

Stampa cd: la prima è la più ricercata

Sembrerà strano, ma una delle domande più frequenti che risuonano tra gli appassionati dell’universo musicale, è di tipo tecnico e riguarda un settore di nicchia, quello della stampa cd. E’ possibile nel vasto panorama discografico di cui disponiamo e dunque nell’immenso assortimento di copie fruibili, rifazioni, cover, edizioni economiche o limitate, riconoscere una prima stampa cd da una rimasterizzazione?
A quanto pare si. Le risposte di vari esperti e degli utenti sul web ci indirizzano verso questa nuova consapevolezza. Secondo il pubblico virtuale, sulla maggior parte dei cd oggi in commercio dovrebbe esserci una chiara indicazione scritta, riportante non solo l’anno di pubblicazione del cd, ma anche la data di stampa cd.
E’ tuttavia raro trovare questo tipo d’informazioni sui supporti multimediali in commercio. Talvolta le copertine riportano soltanto sigle indicanti i processi di registrazione e masterizzazione, la conservazione e la pulizia del cd. Alcuni esempi di abbreviazione presenti su cd, sono DDA, DAA, DDD, ma sono spesso fraintesi e non aiutano comunque a risalire all’originalità della prima stampa cd.

In ogni caso, prima di pervenire al momento della stampa cd, sarebbe necessario comprendere il significato di queste sigle. L’unico modo per farlo sarebbe iniziare a distinguere i termini traccia e sessione, ai quali si fa spesso ricorso nei programmi di masterizzazione. Ognuno dei brani presenti sul disco, occupa generalmente una traccia. In questo caso non ci riferiamo ovviamente al cd rom, dove tutti i dati costituiscono un’unica traccia, bensì al cd musicale. La sessione rappresenta invece la singola registrazione sul cd. Anche qui, in base alla tipologia di supporto, sarà possibile registrare in un’unica sessione o in un numero maggiore di sessioni. La sigla C /DDA starà quindi ad indicare la qualità del supporto utilizzato: Digital Audio.

Ma non occorre spremersi le meningi per riconoscere una stampa originale da una successiva, né tantomeno documentarsi in merito all’ampia gamma di supporti in circolazione. Basterebbe concentrarsi sull’aspetto dei medesimi. L’involucro esterno è infatti sempre indicativo quando si parla di stampa cd. Nel corso del tempo la custodia in plastica ha subito numerose modifiche. Il retro all’inizio degli anni novanta non era trasparente ma nero, e la solidità della confezione era sicuramente maggiore. Tutte peculiarità che adesso non si riscontrerebbero in un cd appena stampato.

Enrico Ferri scrive per www.mediarun.it

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