Figlio ambizioso, marito infedele, sovrano spendaccione e grande mecenate, questo è il ritratto del Duca Vincenzo Gonzaga, che durante il Rinascimento ha reso grande la città di Mantova, portando alla sua corte grandi promesse dell’ arte italiana ed estera e facendole vivere il suo periodo artisticamente più grandioso.
Per celebrare la figura di questo sovrano dal carattere ricco di contraddizioni e di intemperanze, e passato alla storia fondamentalmente per il suo gusto sfrenato per il lusso e per gli eccessi- tanto per nella vita privata che nella gestione del ducato- è in programma una mostra Mantova dal 18 Febbraio al 10 Giugno.
La mostra “Vincenzo Gonzaga, il fasto del potere” è ospitata presso il Museo Diocesano Francesco Gonzaga di Mantova e comprende anche una sezione distaccata, ospitata presso il Palazzo Ducale, che per l’occasione ha aperto al pubblico quelle che furono le stanze della residenza del Duca dal 1587 al 1612; la mostra raccoglie circa ottanta fra opere artistiche (ritratti del Duca, ritratti di altri componenti della famiglia, capolavori di oreficeria commissionati da Vincenzo Gonzaga stesso o a lui appartenuti), armature dell’epoca, incisioni, libri, lettere e documenti vari.
Questo tipo di eventi a Mantova è stato ideato con l’intento di avvicinare il popolo mantovano ad un personaggio che, oltre 400 anni fa, ne ha segnato così profondamente la storia, intrecciando relazioni, compiendo gesta e realizzando opere che ne hanno influenzato così pesantemente il futuro.
Il ducato di Vincenzo è passato alla storia per le maestose opere ed eventi che egli ha contribuito a realizzare durante i 25 anni del suo regno; innanzitutto, da amante dell’arte e delle cose belle, Vincenzo fu uno dei più importanti mecenati di Mantova, se non il più importante: durante il suo regno infatti egli contribuì a far nascere la storia del melodramma a Mantova, ospitando presso la propria corte l’artista Claudio Monteverdi, che durante il periodo alla sua corte scrisse L’Orfeo; egli inoltre ebbe un peso decisivo nell’operazione di liberazione di Torquato Tasso e mentre era in viaggio nelle Fiandre, scoprì il talento del giovane Peter Paul Rubens e lo condusse con sé a Mantova, dove diventò ritrattista di corte, assieme al pittore fiammingo Frans Pourbus il Giovane.
Il fasto della corte dei Gonzaga durante il ducato di Vincenzo non si espresse però solo per il suo eccellente mecenatismo, ma anche per le suntuose opere esterne alla residenza reale, come la residenza di caccia a Bosco Fontana – opera del cremonese Giuseppe Dattaro – e le chiese di San Maurizio e Sant’Orsola, realizzate dell’architetto cremonese Antonio Maria Viani. Le opere architettoniche più grandiose realizzate da Vincenzo furono però un teatro, con più di 1000 posti che egli realizzò per i suoi artisti, ma che venne totalmente distrutto nel sacco di Mantova del 1630 e l’ ambiziosa cittadella di Casale Monferrato.
Ciò che attira il pubblico a queste mostre a Mantova è certamente anche l’interesse per il profilo psicologico dei personaggi celebrati: indubbiamente il carattere esuberante e la reputazione da latin lover del Duca sono due ingredienti imprescindibili del mix che ha reso il suo nome grande in tutte le maggiori corti europee dell’epoca, nonostante le dimensioni pur piccole del ducato di Mantova.
La vita personale del Duca è infatti stata caratterizzata da parecchi episodi scabrosi per l’epoca: dal primo matrimonio con la tredicenne Margherita Farnese, annullato dopo due anni per l’impossibilità di essere consumato- a causa di una malformazione fisica della sposa- al secondo con la diciassettenne Eleonora de’ Medici, molto discusso anche questo a causa, in primis, dei dubbi della futura suocera Bianca Capello, riguardo la virilità del Duca, chiariti da ripetuti “test” pubblici alla presenza di medici e di altri testimoni e confermati in seguito dai sei figli che Vincenzo ebbe con la consorte e, contemporaneamente, dai ripetuti tradimenti che portarono al concepimento di altrettanti, se non più numerosi, figli illegittimi.
Serena Rigato
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