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16 Settembre 2017

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Nella settimana europea della mobilità sostenibile, a Bergamo «Camminando si impara»

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  • 16 Settembre 2017

I bambini delle classi quarte e / o quinte delle scuole primarie dei comuni  di Casazza, Gaverina, Monasterolo, Endine, Caravaggio, Villongo, San Pellegrino, Bergamo, Mapello, Ambivere, Prezzate, Ponte Nossa, Mozzo, Ranica, Tagliuno e Cividino in occasione della Settimana della Mobilità Sostenibile, dal 16 al 22 settembre 2017, sono protagonisti dell’iniziativa «Camminando si impara». Un progetto a tutta salute lanciato da Ats Bergamo Dipartimento di Igiene e Prevenzione Sanitaria, UST Bergamo, Area D Coordinamento educazione fisica e sportiva, Istituti Comprensivi e amministrazioni comunali della provincia di Bergamo per promuovere uno stile di vita più sano e attivo, la mobilità sostenibile, il rispetto per l’ambiente e il senso di appartenenza alla comunità.

Gli studenti sono impegnati in una camminata con partenza e arrivo dalle rispettive scuole, su un percorso misto prevalentemente pianeggiante di 3 – 5 km. L’iniziativa è preceduta da un breve incontro con le classi coinvolte e con i conduttori che illustrano ai ragazzi le attività: ogni percorso, infatti, comprende delle soste dedicate alla lettura dell’ambiente e alla sua conoscenza, sia dal punto di vista naturalistico che storico e culturale con brevi spiegazioni curate dagli esperti locali. L’intera iniziativa dura circa due ore e trenta e al termine, i partecipanti possono dilettarsi con una merenda a base di frutta e acqua distribuita nei rispettivi istituti.

«Questo progetto – sottolinea Mara Azzi, Direttore Generale Ats Bergamo – è stato pensato per far comprendere anche ai più giovani, in maniera diretta e partecipata, l’importanza del movimento, della vita all’aria aperta, della tutela e del rispetto delle risorse ambientali. Crediamo molto, infatti, nel valore formativo di tale iniziativa perché siamo certi che l’adozione di buone pratiche nel campo della salute e della mobilità vada favorita fin dalla più tenera età, dai banchi di scuola, appunto. Solo così i bambini, futuri adulti, potranno far tesoro dell’importanza di certi insegnamenti, trasformandoli in alleati preziosi per il loro futuro».

«Camminando si impara», infatti, nasce dalla sperimentazione tenutasi in tre scuole primarie dei Comuni di Mozzo, Pagazzano e Villa di Serio nello scorso anno scolastico. Un’esperienza che ha consentito di dimostrare la fattibilità e il gradimento dell’iniziativa da parte degli alunni e degli adulti accompagnatori, tanto che l’UST di Bergamo ha emanato nel mese di aprile 2017 una circolare a tutte le scuole primarie per promuovere la partecipazione all’iniziativa e per organizzarla nei propri Comuni nell’anno scolastico 2017-2018, nella seconda metà del mese di settembre 2017, ovvero in occasione della settimana europea della mobilità sostenibile.

16 scuole primarie hanno aderito e, in collaborazione con le Amministrazioni locali, le associazioni del territorio e i gruppi di cammino, dedicheranno una giornata di scuola alla promozione del movimento e della conoscenza dell’ambiente e del territorio, attraverso uno scambio intergenerazionale.

«La scuola – ha commentato Patrizia Graziani, dirigente Ufficio Scolastico Territoriale di Bergamo– diventa così promotrice di salute e si configura ancora di più come luogo di apprendimento e di sviluppo di competenze nel quale agiscono determinanti di salute riconducibili a diversi aspetti come l’ambiente formativo, l’ambiente fisico, l’ambiente sociale, cosi che  benessere e salute diventino reale esperienza nella vita delle comunità scolastiche. Avere un minore impatto ambientale, preferire forme di mobilità pulite e intelligenti, conoscere a fondo il territorio in cui si abita sono valori imprescindibili per la formazione dei buoni cittadini di domani».

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Percorsi di continuità assistenziale, modelli a confronto

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  • 16 Settembre 2017

Le persone affette da malattie croniche in Lombardia sono 3,5 milioni, pari a circa il 30% della popolazione. Tra queste, 600mila sono in condizione di cronicità sociosanitaria. La presa in carico di tali situazioni è cruciale.

Per questo, le Direzioni Sanitaria e Sociosanitaria di ATS Bergamo, ASST Papa Giovanni XXIII, Bergamo Est e Bergamo Ovest, organizzano la mattinata di studi«Percorsi di Continuità assistenziale. Territorio – Ospedale – Territorio: riflessioni su un dialogo tra modelli», in programma martedì 19 settembre dalle ore 8.30 alle 13.00 presso il Centro Congressi Giovanni XXIII in viale Papa Giovanni XXIII a Bergamo.

Obiettivo: condividere metodi e strumenti adottati da diversi sistemi regionali per garantire ai pazienti la continuità nelle cure, nel pieno rispetto della dignità delle persone, della centralità del ruolo della famiglia e dell’equità di accesso ai servizi socio sanitari. In particolare, saranno presentati, oltre al modello dell’ASST della provincia di Bergamo, i casi dell’Azienda USL Toscana Centro con Monica della Fonte e Cecilia Pollini e dell’Azienda per l’Assistenza Sanitaria n.2 Bassa Friulana Isontina con Mara Pellizzari.

A commentare sfide e prospettive di tali modelli: Giorgio Barbaglio, Direttore Sanitario ATS Bergamo, Paola Obbia, Azienda Sanitaria Locale CN1 e Associazione Infermieri di Famiglia e di Comunità e Gavino Maciocco, Dipartimento di Sanità Pubblica dell’Università degli Studi di Firenze.

«Le malattie croniche nella provincia di Bergamo incidono per più del 70% sulla spesa sanitaria globale Per questo abbiamo adottato un provvedimento quadro che prevede la segnalazione precoce dei pazienti fragili e l’attivazione di percorsi protetti per persone che necessitano di una presa in carico e di un accompagnamento, con l’istituzione di un servizio dedicato in ogni struttura. Ma non solo, abbiamo approfondito alcune attività connesse alla continuità assistenziale ospedale – territorio con l’intento di elaborare e condividere con tutti i soggetti accreditati e contrattualizzati un percorso di dimissioni protette e di presa in carico integrata. Attività che illustreremo nel corso della mattinata, riflettendo anche sulle pratiche attivate in altri territori, attraverso una logica partecipativa» – anticipa la dott.ssa Mara AZZI, Direttore Generale ATS Bergamo, che aprirà i lavori del convegno.

L’ingresso è libero previa iscrizione attraverso il portale www.ats-bg.it

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Un po’ di storia della birra belga

Il Belgio può essere considerato un paradiso per gli amanti della birra grazie a più di 1500 birre originali, molte delle quali si bevono in un bicchiere speciale, unico per quella specifica birra. La forma di ogni bicchiere è pensata per migliorare l’esperienza di degustazione della birra a cui fa riferimento il bicchiere stesso. Questa attenzione maniacale che hanno i belgi nei confronti dei diversi tipi di birra ricorda la raffinata ossessione degli amanti del vino: infatti, quando si parla di birra, i belgi sono molto seri.
Dal 2016 la Cultura della Birra Belga è stata iscritta nell’elenco del Patrimonio Immateriale dell’UNESCO. I motivi? Fare e amare la birra fa parte della cultura belga, che ricopre un ruolo significativo nella vita quotidiana e nelle occasioni festive, il numero di varietà, la lunga storia e il fatto che le competenze vengono tramandate dai maestri birrai.
Gli intenditori preferiscono la birra belga per la sua unicità, la varietà, il suo sapore e la corposità. In Belgio sono tantissime le birre tra cui scegliere, si possono assaggiare quelle al sapore di lampone o ciliegia, le birre bianche, le fiamminghe “oud” rosse e scure, le birre trappiste e quelle provenienti da abbazie oltre alle due tipologie forse più famose: la lambic e la geuze.

Quello che ha reso il Belgio famoso per le sue birre eccezionali, dalla corposità unica e prodotte con metodi assolutamente innovativi, è la combinazione che unisce la tradizione che risale a secoli fa e la passione che ancora oggi i produttori di birra mettono nella ricerca della perfezione. Non c’è quindi da sorprendersi se i mastri birrai belgi vengono regolarmente premiati nei più importanti concorsi internazionali dedicati alla birra.

Tutto ha inizio grazie alle donne

L’arte della fabbricazione della birra risale all’inizio stesso della civiltà ed ebbe origine in Mesopotamia nel 9000 a.C. Nel corso dei secoli, la birra arrivò in Gallia attraverso l’Egitto e l’Impero Romano. Dal momento che la fabbricazione della birra veniva fatta inizialmente in casa, i primi mastri birrai furono le donne.
Abbazie e monaci

Nel Medioevo le abbazie divennero centri di sapere per quanto riguardava agricoltura, allevamento e alcuni lavori artigianali fra cui, appunto, la fabbricazione della birra. Ai monaci era consentito berne piccole quantità data la scarsa salubrità dell’acqua. Nell’Europa meridionale si beveva quotidianamente vino, per questa ragione i monaci di queste regioni si concentrarono sulla coltivazione della vite e sulla produzione del vino. Nelle Fiandre, non essendoci un clima favorevole, i monaci si dedicarono alla produzione birra. Grazie a loro, la produzione della birra passò da un’attività domestica ad una vera e propria attività artigianale.

Erbe e luppolo

È proprio durante il Medioevo che le birre furono aromatizzate per la prima volta con una mistura vegetale chiamata “gruit”. I birrai dovevano acquistare la mistura direttamente presso le “gruithuis” (vedi la Gruuthuuse a Bruges) ma le abbazie, che erano esentate da questo obbligo, decisero di passare all’utilizzo di un altro ingrediente, il luppolo, che aiutava a preservare la birra garantendone una durata maggiore. Nell’XI secolo, l’Abbazia Benedettina di Affligem ebbe un ruolo rilevante nell’introduzione e diffusione della coltivazione del luppolo nelle Fiandre.

Nel 1364, l’Imperatore Carlo IV promulgò il decreto il “Novus Modus Fermentandi Cerevisiam”, nel tentativo di migliorare la qualità della birra con il suo “nuovo” metodo di fabbricazione che obbligava i birrai ad usare i coni essiccati del luppolo. Il decreto doveva essere rispettato in tutto il Sacro Romano Impero della Nazione Germanica a cui appartenevano il Brabante e le Fiandre Imperiali (Rijks-Vlaanderen), la regione ad est della Schelda. Nelle Fiandre, la regione ad ovest della Schelda, il diritto d’uso del “gruit” fu ritirato. Questa divisione portò ad una diversificazione della cultura della birra belga. I birrai delle Fiandre Imperiali e del Brabante producevano birre luppolate, che duravano più a lungo, mentre nel resto delle Fiandre continuò l’uso del “gruit” , perciò i birrai acidificavano la birra per conservarla più a lungo. Questo portò allo sviluppo delle birre bruno-rossastre.

Verso la qualità e l’esportazione

Nei secoli XVI e XVII furono introdotte sempre più regole per garantire la qualità delle birre. In Germania, il decreto “Reinheitsgebot” (1516) imponeva che la birra fosse prodotta esclusivamente con orzo, luppolo ed acqua mentre nel Brabante fiammingo, in un conto della città di Halle del 1559 si fa chiaramente riferimento al mosto per la produzione della birra “lambic”. A partire dal XII secolo, iniziò la produzione di birre regionali come la “gerstenbier” (birra d’orzo) di Anversa, la “Leuvense witte” (birra bianca di Lovanio), le birre brune di Diest e Oudenaarde, e le “caves” (birre invecchiate in cantina) di Lier. A poco a poco, i birrai iniziarono ad esportare le birre al di fuori della loro regione.

Alla fine del XVIII secolo decaddero i privilegi delle abbazie, ovvero quando nel 1783 l’Imperatore Giuseppe II le fece chiudere perché usurpavano i diritti dei birrai. Diverse abbazie con i loro birrifici furono distrutte durante la Rivoluzione Francese.

Il XIX secolo vide l’inizio di un nuovo capitolo della storia della birra con l’introduzione della pilsner ceca nel 1839, un successo immediato nel mondo delle birre scure velate. Durante la Rivoluzione Industriale, gli studiosi approfondirono il processo di fabbricazione della birra mediante fermentazione e la coltura dei lieviti in generale.
La produzione di birra in tempo di guerra

La Prima Guerra Mondiale inferse il colpo finale a numerosi birrifici belgi poiché qui le forze di occupazione tedesche confiscarono tini di rame, attrezzatura e veicoli. Solo metà dei quasi 3.200 birrifici sopravvisse. In seguito ai birrifici rimasti che lentamente si erano ripresi, la crisi economica degli anni ’30 e gli effetti della Seconda Guerra Mondiale inflissero un nuovo e duro colpo. Nel 1946 si contavano solo 775 birrifici sopravvissuti.

Nei decenni successivi numerosi microbirrifici chiusero a causa della forte concorrenza e dell’alto costo dell’investimento necessario per nuovi impianti, mentre i grandi birrifici consolidavano il mercato nazionale con acquisizioni.

Birre speciali

In seguito al movimento dei Figli dei Fiori alla fine degli anni ’60, furono riscoperte le birre speciali belghe, in particolare nel 1977, il guru della birra inglese Michael Jackson (1942-2007) accese le luci della ribalta sulla birra belga. Questo portò ad un riconoscimento generale della cultura della birra belga nei decenni a seguire.

Fra il 1985 e il 2000 iniziarono ad emergere birrifici di medie e grandi dimensioni e furono aperti microbirrifici locali soprattutto per la produzione di birra destinata all’esportazione, in alcuni casi su richiesta di importatori stranieri alla ricerca di birre belghe esclusive.

Dalla fine del secolo scorso, l’interesse per le birre speciali autentiche non ha cessato di crescere. L’industria della birra belga vanta ora alcune delle marche più conosciute e popolari. Le birre trappiste diventano sempre più esclusive per la produzione limitata dei monasteri e le particolari birre speciali di birrifici locali e a conduzione familiare sono largamente apprezzate. In un primo momento questa tendenza ha interessato le birre lambic ma si sta oggi diffondendo fino ad includere le birre fiamminghe bruno-rossastre, le birre brune, le bionde forti e le birre ben luppolate.

Negli ultimi anni, birrai amatoriali hanno iniziato a condividere sempre di più le loro birre con il pubblico, vendendole direttamente a clienti o a ristoranti e pub locali.

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Idee regalo particolari

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  • 16 Settembre 2017

L’altro giorno andando a trovare la nonna ricevo una notifica su Facebook, tiro fuori il mio smartphone e mia nonna mi dice che anche lei avrebbe voluto avere un cellulare per comunicare con noi quando è fuori casa. Ho subito immaginato come sarebbe stata mia nonna con uno smartphone in mano… catastrofe! Però effettivamente, non necessariamente le servirebbe uno smartphone ma un piccolo cellulare che le permetta di inoltrare e ricevere chiamate e nient’altro, ve la immaginate la nonna su Facebook o Instagram a farsi i selfie?

Mi ha chiesto dove potesse trovare un cellulare a poco prezzo, ed io che sono bene quanto costino i nuovo modelli, le ho chiesto il budget del suo nuovo, potenziale acquisto. Mi dice di voler trovare un cellulare a non più di 100€… impresa ardua! Ho cercato ovunque senza trovare nulla, era una battaglia persa in partenza. Poi ho fatto una ricerca su internet ed ho trovato il sito Idee Regalo Club, cliccando incuriosito sul link che mi riportava al sito. Non ci credevo, avevo trovato un bel sito che mi consente di ricerca il prodotto prescelto anche filtrando in base al prezzo!

Ho selezionato le caratteristiche del regalo che intendevo fare e finalmente lo trovo, perfetto per la nonna, a soli 69,00€! Finalmente! Cliccando sul cellulare in questione, sono stato riportato al link del sito che lo vendeva al miglior prezzo sul mercato e sono riuscito a far felice la nonna, ho trovato il prodotto che desiderava al prezzo più basso. Spinto dalla curiosità, ho dato un’occhiata alle pagine successive per trovare idee regalo particolari per la mia fidanzata… ho trovato di tutto! Il prodotto al miglior prezzo, esaurienti immagini e una chiara descrizione per ogni oggetto. Senza dover girare a vuoto, sprecando tempo ed energie, ho trovato la convenienza stando al pc. Sicuro ed affidabile, niente di più facile!

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Il pellet italiano

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  • 16 Settembre 2017

Il pellet è un prodotto che si ottiene dalla lavorazione della segatura del legno: essa viene dapprima essiccata ed in seguito pressata fino ad ottenere cilindri di varie dimensioni grazie alla cui combustione è possibile riscaldare ogni ambiente di casa rispettando l’ambiente. Le emissioni di CO2 provenienti dalla combustione sono infatti irrisorie e le ceneri rimaste possono tranquillamente essere impiegate come fertilizzanti. Inoltre, il suo prezzo  decisamente più basso rispetto quello del gas fa si che siano veramente tante le persone che decidono di installare una stufa a pellet in casa per riscaldare ogni ambiente in maniera ecologica e conveniente.

Chi possiede una stufa a pellet in casa dunque, è ovviamente interessato ad individuare pellet di ottima qualità ad un prezzo conveniente, così da poter fare un’ottima scorta ed assicurare a tutta la famiglia il riscaldamento necessario per l’Inverno risparmiando sul gas, che è sempre più costoso. Il pellet italiano in particolar modo, è notoriamente apprezzato per la qualità della materia prima nonché delle tecniche di lavorazione che ne fanno un prodotto dalla resa garantita, grazie al quale è possibile andare a risparmiare in maniera considerevole nel corso dell’intero periodo invernale.

Su pelletoutlet.it è possibile individuare approfondimenti sia sui vari tipi di stufe (o caldaie) e di pellet esistenti, che l’elenco delle più importanti aziende italiane del settore elencate per regione. Individuare dunque il miglior pellet a disposizione nell’area in cui si vive non sarà più un problema e, grazie all’ampia possibilità di scelta, l’utente avrà l’opportunità di individuare quello più a buon mercato tra tutti quelli attualmente disponibili. Adottare il pellet in casa non è dunque soltanto una scelta ecologica grazie alla quale è possibile rispettare l’ambiente inquinando meno, ma è anche un ottimo investimento per ridurre i costi per il riscaldamento di ogni ambiente domestico o commerciale.

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