Archives

Comunicati

PAVANELLO SERRAMENTI E PALAZZO LAMPEDUSA: DA ROVIGO A PALERMO, PER FINIRE A NEW YORK CON DAVID BOWIE

Un palazzo storico di Palermo, anzi un palazzo unico, in cui è nato il 23 dicembre 1896 e vi ha vissuto a lungo l’autore de Il Gattopardo, è stato al centro di un’affascinante storia da raccontare: quella del suo recupero e della sua ritrovata bellezza.

Palazzo Lampedusa a Palermo è un patrimonio che trascende l’ambito architettonico e oltrepassa anche i confini nazionali. Sono pochi infatti gli edifici che possono essere considerati protagonisti di uno dei più importanti romanzi della letteratura del Novecento, come Il Gattopardo. E se nell’opera di Giuseppe Tomasi di Lampedusa non vi è lieto fine, la travagliata storia di Palazzo Lampedusa si è conclusa nel modo più bello, con un restauro e un ripristino che hanno fatto rinascere lo stabile seicentesco, restituendogli tutto il fascino che aveva perso durante un lungo periodo di abbandono.

Un ruolo fondamentale in questo emozionante recupero l’hanno svolto proprio le accurate descrizioni lasciate dallo scrittore, dalle quali sono partiti gli architetti per riportare il Palazzo al suo antico splendore. L’architetto Alice Franzitta lo ha spiegato con una metafora illuminante: “Le sue frasi sono state il vangelo per la ricostruzione. Abbiamo trascritto l’intera pagina del suo libro I racconti con la descrizione all’ingresso, ma ci sono molte frasi anche nelle altre stanze”. Di grande utilità sono state anche le fotografie aeree scattate sopra il Palazzo prima che i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale – che portarono lo scrittore a sviluppare quella nostalgia per il passato che risalta nel suo capolavoro – e ulteriori demolizioni avvenute successivamente, lo riducessero a rudere, tanto che il suo destino sembrava quello di lasciare spazio a un palazzo multipiano in cemento armato. La sfida ha richiesto quindi un buona dose di coraggio, ma in soli cinque anni quest’angolo di Palermo è cambiato radicalmente, grazie a capitali esclusivamente privati che sono riusciti a mettere a disposizione i dieci milioni che servivano per completare i lavori a regola d’arte. Lavori che hanno valorizzato il risultato finale con accorgimenti di equilibrata modernità, come spiega sempre l’architetto Franzitta: “Abbiamo voluto che il ripristino rivelasse la sua contemporaneità attraverso dettagli come la balaustra in vetro serigrafato anziché in pietra, i tagli contemporanei nelle volte, la geometria delle colonne, la stilizzazione degli archi e alcuni infissi collocati al pianoterra con una forte inclinazione rispetto al prospetto”.

A questo punto il lettore potrebbe chiedersi cosa c’entri David Bowie. Be’, il collegamento tra Palazzo Lampedusa e il Duca Bianco da poco scomparso a New York c’è eccome, in quanto la rockstar aveva inserito Il Gattopardo nella lista dei cento libri che amava di più. Un esteta del suo calibro avrebbe sicuramente apprezzato il fascino riacquistato dall’edificio. E anche Giuseppe Tomasi di Lampedusa, se lo vedesse oggi, sicuramente proverebbe piacere nel constatare che sia tornato a essere “casa” come lui amava chiamarlo (“…casa voglio chiamarla e non Palazzo…”).

Per rendere il loro intervento ancora più proficuo, gli attuali proprietari hanno espresso la volontà di consentire che Palazzo Lampedusa sia visitabile a orari stabiliti, in modo che tutti possano sentire la Storia che si respira nel luogo. Un’anteprima è stata trasmessa lo scorso 13 febbraio durante il magazine televisivo Linea Verde Orizzonti: http://bit.ly/1TuW3PN

Per Pavanello è un grande onore che i propri serramenti siano stati scelti per recitare una parte di primo piano in un’operazione di tale portata culturale e architettonica. Il loro inserimento si distingue, oltre per i pregi intrinseci nella qualità costruttiva che caratterizza i prodotti dell’azienda di Rovigo, per una perfetta armonia con gli intonaci e i colori originali che sono stati presi a esempio dai curatori del progetto. La medesima coerenza stilistica si nota nelle diverse soluzioni ad arco, per le quali sono state prese come rigoroso riferimento le forme barocche dell’epoca, riconoscibili anche nei traversi.

Per ulteriori informazioni scrivere a [email protected] o telefonare allo 0425/474515.

 

 

 

Federico Nanut

Ufficio Stampa L’Ippogrifo®

Tel. +39 040 761404

Skype Ippogrifo.nanut

www.ippogrifogroup.com

 

No Comments
Comunicati

Dietro la Maschera: David Bowie a Berlino

Abbiamo visitato per voi la mostra fotografica David Bowie I Berlino: a new career in a new town, presso la galleria ONO Arte Contemporanea di Bologna. Nascosta in un vicolo del centro storico, in vetrina la gigantografia di Bowie offre al passante una visione inaspettata. Ed entrando negli ambienti della galleria, mossi su tre livelli, si incontra un interessante spaccato della vita dell’imprevedibile David Bowie, artista a tutto tondo che ha vissuto intensamente e mutevolmente attraverso gli ultimi cinque decenni della musica e del cinema.

I curatori hanno indagato con passione gli anni di trasferta a Berlino del cantante, dal 1976 al 1979. All’apice del successo (sono già usciti Hunky Dory, Ziggy Stardust, Aladdine Sane), il Duca attraversa un momento di massima angoscia. Non riesce a riconoscersi nella vita americana di Los Angeles, dove si è trasferito, e si trascina sempre più oltre il limite, assorbito da magia nera e cocaina, denutrito da una folle dieta a base di soli latte e peperoni. Ma Bowie non è nato per affondare e, dimostrando ancora una volta un’ incredibile capacità di rinascere attraverso nuove esperienze, getta letteralmente la maschera. Attraverso il respiro autentico di una Berlino ancora divisa dal muro ritrova forza e ispirazione per lavorare, conBrian Eno e il produttore Tony Visconti, a tre grandi album che segneranno la storia della musica: Low, Heroes e Lodger. L’esposizione bolognese ripercorre quegli anni attraverso scatti inediti e immagini fortemente evocative, come quelle scattate a Bowie e Eno negli studi di incisione Hansa By The Wall, e attraverso i contributi scritti dai curatori, che ricostruiscono quegli anni arricchendoli di dettagli e aneddoti avvincenti. Non è un caso che Bowie, dopo anni di silenzio, sia uscito a sorpresa (l’8 gennaio, suo 66esimo compleanno) con un nuovo struggente singolo, Where are we now, accompagnato da un videoclip che ripropone vecchie immagini berlinesi: la città tedesca di nuovo punto di partenza, anche attraverso un nostalgico sguardo al passato.

Ma più di ogni altra cosa, ciò che cattura è l’inafferrabile volto di Bowie, che finalmente riusciamo a cogliere senza maschera in numerosi scatti di grandi autori (alcuni in vendita), anche antecedenti e successivi al periodo berlinese. Imperdibile il ritratto in bianco e nero di Barrie Wentzell, alla Gare du Nord di Parigi nel 1973: un giovane Bowie seduto in relax, con uno sguardo naturale e quasi sbarazzino, senza trucco, i capelli vaporosi, ci regala per un attimo la sensazione di poter toccare la sua anima più innocente e nascosta. Di grande suggestione anche lo scatto di Mac Cormack, che cattura il cantante mentre, a Mosca, osserva dalla finestra la parata di maggio, in una città gelida e dai contorni sfuggenti. Le foto di Philippe Auliac ci offrono un Bowie in concerto, in una sequenza di fotogrammi quasi cinematografica, ma anche un inedito Iggy Pop al naturale, in un primo piano sincero e affascinante. E poi immagini di viaggio, treni e attese, in una carrellata di scatti non posati e suggestivi. Vicino ai ritratti più noti, di Brian Duffy, Mick Rock e Justin de Villeneuve, che hanno incarnato l’immagine di copertina di grandi album, o altri scatti che ci propongono il ben noto Bowie, talvolta alieno e talvolta alienato, spicca un affascinante ritratto a colori del 1972 di Mick RockBowie mirror. In un gioco d’effetti che richiama atmosfere quasi fiamminghe, il cantante si riflette nello specchio, tra una natura morta e il verde di un misterioso giardino, nel suo eterno gioco tra realtà e finzione.

No Comments